lunedì 26 novembre 2012

Disconnessi digitali: quando i figli oscurano il web

[23/11/2012 La Voce]
Milano – Una ricerca europea commissionata da McAfee ha rivelato un preoccupante gap tra quello che gli adolescenti fanno online e quello che ne sanno i loro genitori. In tutta Europa, molti ragazzi accedono online a contenuti non appropriati, nonostante quasi i tre quarti (71,2%) degli adolescenti e anche di più nel nostro Paese (76.5%) affermino di avere la fiducia dei propri genitori a proposito di ciò che fanno durante la navigazione sul web.

Quasi un terzo dei genitori europei (31,8%) e il 44% di quelli italiani è convinto che il proprio figlio adolescente dica tutto ciò che fa su internet, e il 63,6% dei genitori ha fiducia nel fatto che non acceda a contenuti non appropriati. Tuttavia, questa disconnessione digitale tra figli e genitori fa sì che molti adolescenti intraprendano attività discutibili, pericolose e addirittura illegali: Il 41,7% di adolescenti europei (43% in Italia) ammette i propri genitori disapproverebbero i siti che visitano; Il 43,6% degli adolescenti europei, e quasi la metà in Italia (47,5%) ha visto almeno un video con contenuti che i genitori non approverebbero.

Il 34,1% degli adolescenti europei - cifra che in Italia raggiunge quasi la metà degli intervistati (47,5) - ha ammesso di aver acquistato musica pirata online mentre un preoccupante 6% ha ammesso di aver comprato alcolici o farmaci su Internet; il 26,5% degli adolescenti italiani ha inviato o pubblicato su Internet una propria foto osé, rispetto a una media europea del’11,6%; il 25,6% dei ragazzi intervistati ha ammesso di cercare online le soluzioni delle verifiche scolastiche; nell’ordine, i più scorretti sono risultati gli adolescenti spagnoli (34%), quelli tedeschi (33,5%) e quelli italiani (30%).

Il 23,5% degli adolescenti europei ricerca intenzionalmente online immagini di nudo o esplicitamente pornografiche - e più di un terzo (37,7%) visualizza questo tipo di immagini fino a un paio di volte al mese (54% nel Regno Unito); il 15% dei ragazzi europei ha dichiarato di essersi effettivamente incontrato di persona con qualcuno che aveva conosciuto online.

Il 44,2% dei genitori si è dimostrato convinto di sapere come scoprire che cosa il loro bambino sta facendo on-line, ma solo un quarto dei ragazzi ha dichiarato di non sapere come nascondere il proprio comportamento ai propri genitori.
La ricerca europea ha svelato che la maggior parte degli adolescenti adotta una serie di misure per nascondere il proprio comportamento online: Il 47,5% degli adolescenti minimizza la finestra del browser quando un genitore entra nella stanza; in Italia lo fa il 54%.

Il 38,8% cancella la cronologia del proprio browser; Il 28,7% degli adolescenti ha visualizzato qualcosa fuori casa; il 28% nasconde o elimina contenuti video non appropriati; il 17,7% dei ragazzi ha creato un indirizzo di posta elettronica privato sconosciuto ai propri genitori.

I pericoli online questi sconosciuti.
Nonostante i tanto pubblicizzati pericoli associati con il furto di dati e di identità, molti adolescenti di tutta Europa non temono di pubblicare dati personali on-line. Ancor più preoccupante, la maggior parte dei genitori non si rende conto di quanto può essere pericoloso lasciare queste informazioni online alla portata di tutti:

Il 27% degli adolescenti e il 32% dei genitori hanno dichiarato di essere indifferenti sulla pubblicazione on-line dei nomi utente utilizzati nei programmi di instant messaging; Il 23% dei ragazzi è indifferente alla pubblicazione online del proprio indirizzo di posta elettronica, con quasi un quarto dei genitori che non ci vede nulla di male.

Poco più di un terzo degli adolescenti (34,8%) ha dichiarato di essere indifferente circa la pubblicazione di una propria foto online e il 35,3% ha dichiarato di non trovare nulla di male nel pubblicare una descrizione di quello che appare nelle foto; il 20,9% degli adolescenti ha pubblicato online la propria data di nascita, con gli adolescenti in Germania e nei Paesi Bassi che tendono a farlo più spesso (28,5% in ciascun paese).

Il 12% dei ragazzi ritiene che pubblicare propri dati personali intimi non sia un rischio, con i genitori ancora più indifferenti su questo punto (16,8%); il dato più inquietante è che il 9,5% dei ragazzi non ci penserebbe due volte prima di pubblicare i dettagli di luogo e data di un appuntamento. E anche il 16,7% degli adulti non se ne preoccuperebbe.

Come affrontare il problema: "Sono dati che arriveranno come una doccia gelata per molti genitori, e speriamo che questo li incoraggi a prendere misure immediate per proteggere i loro figli", ha dichiarato Ombretta Comi, marketing manager per l'Italia di McAfee. "È emerso con tutta evidenza l’enorme divario tra quello che i genitori pensano che i figli facciano su internet e quello che i figli adolescenti fanno veramente".

I genitori devono assumere un ruolo attivo per garantire ai loro ragazzi un’esperienza online sicura e protetta".
I genitori dovrebbero avere frequenti conversazioni con i ragazzi ed entrare in sintonia con loro su quello che stanno facendo online e avvisarli dei rischi e delle conseguenze delle loro azioni;
I genitori devono anche imparare a configurare i programmi di parental control, oltre a tenere un occhio vigile e sapere se/e quando e come gli adolescenti scoprono il modo intorno a loro;
I genitori dovrebbero essere onesti con gli adolescenti a proposito dei metodi per tenere sotto controllo e monitorare le loro attività online; in questo modo molti ragazzi ci penserebbero due volte prima i fare certe cose online, sapendo che i genitori possono vederli.

"Essendo cresciuti nel mondo online, gli adolescenti spesso hanno più dimestichezza dei loro genitori nell’approccio a Internet, rendendo difficile per i genitori fornire le indicazioni necessarie, e questo li rende ancora più vulnerabili', conclude Ombretta Comi. "Ma i genitori non devono arrendersi - devono superare i limiti per acquisire familiarità con la complessità dell'universo online ed essere sempre informati ed aggiornati sulle varie minacce che attendono i loro ragazzi online."

R.R.

Mamme digitali: dalle bollette allo shopping, smartphone e tablet ormai indispensabili per la gestione familiare

[23/11/2012 Key4Biz]
La maternità rappresenta una potente spinta a sviluppare comportamenti evoluti sui canali digitali. E’ quanto emerge dalla ricerca che Nielsen ha realizzato per Nostrofiglio.it, presentata il 30 ottobre scorso al Diana Majestic di Milano in un evento esclusivo intitolato “Digital Family”.
Dall’indagine, condotta su oltre 1.000 mamme con figli di età compresa tra i 0 e i 5 anni, emerge, infatti, il profilo di una donna che, sulla spinta del numero sempre maggiore di impegni legato alla cura dei figli, trasforma personal computer e device mobili di ultima generazione in una preziosa risorsa per la gestione dell’economia famigliare, dal punto di vista sia materiale sia economico.

Il 61% delle mamme possiede uno smartphone touchscreen o dotato di tastiera qwerty, mentre il 25% possiede un tablet. La penetrazione di questi device tra le intervistate è rispettivamente 1,2 e 1,5 volte maggiore rispetto a quella tra le donne 25-44 (a cui appartiene la quasi totalità delle rispondenti). L’elevata penetrazione di smartphone e tablet è un primo indizio di come le mamme di oggi adottino velocemente le innovazioni tecnologiche – e in particolare quelle che consentono l’accesso alla rete –  piegandone l’utilizzo alle effettive esigenze della vita quotidiana. [Leggi tutto...]

Wonderbook, il libro in realtà aumenta

[23/11/2012 La Stampa]
Da poche settimane Sony ha lanciato la “piattaforma” Wonderbook, sistema che sfrutta la realtà aumentata, sviluppato da SCE London Studio. Di Wonderbook “Il libro degli incantesimi” e del futuro prossimo in casa Sony, ne abbiamo parlato con Marco Saletta general manager di Sony Computer Entertainment Italia.

Da pochissimo avete lanciato Wonderbook, qual è il pubblico a cui si indirizza questo particolare prodotto?
La piattaforma Wonderbook si rivolge alla famiglia e ai bambini in età compresa tra i sei e i nove anni. Wonderbook è un progetto che nasce come “Libro degli incantesimi” e che evolverà nel prossimo futuro, esplorando mondi sempre legati alla lettura, ma diversi da quello che è oggi “Il libro degli incantesimi”. Faccio riferimento a prodotti che potranno essere a sfondo scientifico, naturalistico, pensiamo anche alle graphic novel.

Da Nintendo abbiamo una nuova console che sfrutta il doppio schermo, da voi abbiamo una piattaforma che usa la realtà aumentata. L’hardware videoludico va verso direzioni che, in un certo senso, destrutturano la console tradizionale, per contro i titoli dedicati agli hardcore gamers presentano scarsissime caratteristiche di innovazione. In casa Sony come si vive questa dicotomia?
La sensazione è che gli hardcore gamers avranno sempre un ruolo rilevante, per Sony in modo particolare, ma anche per l’industria videoludica in generale. È però necessario esplorare strade nuove. “Call of Duty” arriverà, probabilmente, nel 2030 alla sua trentesima edizione, nel frattempo sarà obbligatorio per l’industria esplorare campi diversi. Se si vuole allargare la fetta di mercato non c’è alternativa. In Italia la penetrazione del videogame è intorno al 40% delle famiglie, se vogliamo aumentare la penetrazione del prodotto, occorre innovazione. Sony con la realtà aumentata, prima ancora di Wonderbook, già con prodotti come “Invizimals” per PSP, che ha riscosso un grosso successo, sta aprendo e cercando territori inediti.

Ha parlato di console portatili, ma in un periodo in cui tablet e smartphone riscuotono molto successo per il gioco in mobilità, soprattutto catturando un ampio bacino di pubblico casual, ha ancora senso proporre console portatili?
Direi di sì, nel senso che il gioco sul tablet e quello sul telefonino rimane una prerogativa casual, il gioco su piattaforma portatile, mi riferisco in particolare alla PlayStation Vita, soddisfa un bisogno di giocatori più esigenti. Quando Sony lanciò Vita, si rivolse espressamente a un target hardcore. Credo che nei prossimi due anni i titoli sviluppati continueranno a rivolgersi allo stesso genere di pubblico, dopodiché bisognerà valutare se ampliare, anche nel caso della PlayStation Vita, il target a una platea più allargata. Detto questo non c’è dubbio che tablet e telefonini, oggi siano territorio anche per videogiocatori. 
Parlando di titoli, Sony sta portando avanti un’interessante commistione tra narrazione e gioco, ha aperto Playstation Playstation Network una serie di titoli interessanti che sovrastano la classica divisione tra casual e hardcore. Cosa dobbiamo aspettarci, su questo versante, in futuro?
Dobbiamo tornare alla domanda precedente, perché le strade sono due: hardcore gamers e famiglia. L’esplorazione vera per quanto riguarda le piattaforme la stiamo facendo sul target famiglia, quindi prodotti che sfruttino il “Move” e poi abbiamo Wonderbook. Per gli hardcore gamers abbiamo tutto un mondo di entertainment puro. Poi ci sono titoli che permettono di immergersi nella storia anche a livello emotivo, in questo senso “Heavy Rain” ha dato una direzione. E da questo punto di vista credo che nel 2013 Sony avrà una lineup molto interessante, molto sperimentale, che guarda a lungo termine anche per gli anni a venire. E speriamo che ci siano novità anche per l’hardware…

Speriamo, anche, di no…
Perché no? In realtà in questo momento si sente la necessità di nuove console, perché il consumatore videoludico, dopo sette anni, di Xbox 360 e PS3, inizia ad avvertire il bisogno di qualcosa di nuovo. E per nuovo si intende grafica che, sembra impossibile, ma a quanto pare, non è mai abbastanza.
Mentre spengo il registratore non posso che immaginare “Call of Duty 30”.
Alessandra C

L’iPad è il dispositivo più richiesto dagli adolescenti per Natale


[23/11/2012 iPaddisti]




Si avvicina il Natale e i bambini iniziano a chiedere i primi regali da poter ricevere da parenti e genitori. Una classifica stilata tramite dei sondaggi a campione ha permesso di comprendere quali sono i prodotti più richiesti dagli adolescenti: in cima, ovviamente, esclusivamente prodotti tecnologici e dispositivi d’alto costo e prezzo.
Al primo posto non poteva mancare l’iPad, che è il dispositivo hi-tech più desiderato dagli adolescenti. Secondo, poi, il sondaggio condotto dalla Nielsen i ragazzi vogliono, al secondo posto, il nuovo device della Nintendo, il Wii U. A seguire l’iPod Touch, l’iPad mini o un iPhone. Il 40% di loro desidera avere la console della grande N, per mantenere salta la cultura del videogioco in Italia, invece il 31% vuole un Kinect per l’Xbox360, per provare ancora il sensore di movimento di Microsoft, nonostante siano passati due anni dal lancio della periferica. Naturalmente non vi sono tantissimi ragazzi che chiedono PlayStation 3 e Xbox360, essendo oramai console che sono già entrate nelle case di tutti. All’ultimo posto risultato abbastanza poco soddisfacente per la Apple TV e Microsoft Surface, che non raccolgono grandi numeri. Anche la PlayStation Vita, la neonata console portatile dlela Sony, non riscontra un buon successo.

I nativi digitali italiani: il 91% dei ragazzi è sui social network

[23/11/2012 Gizmodo]
In Italia, i giovani tra i 18 e i 30 anni, i cosiddetti nativi digitali, quelli cresciuti (o addirittura nati) durante il boom dei social network e del web 2.0, sono il 14% della popolazione, la percentuale più bassa di tutta Europa. Di questi, il 91% è iscritto a un social network, il 55% è iscritto a un forum, il 34% segue uno o più blogger con continuità, il 17% ne ha uno proprio.
Sono i dati emersi dalla ricerca “Generazione 2.0 Made in Italy” presentata a Milano e condotta da Federico Capeci di Duepuntozero Reasearch (Gruppo Doxa) e promossa da Asseprim, l’Associazione nazionale dei servizi professionali per le imprese.
Secondo la ricerca, che ha esaminato un campione di 1.500 casi rappresentativi degli utenti di internet italiani suddivisi per fascia di età, sesso, area geografica, istruzione, utilizzo internet, la generazione 2.0 italiana risulta connessa, globale e interattiva attraverso video, foto e testi in blog, forum e social network. Un dato che non stupirà molti di voi che a questa categoria appartengono e vivono la cosa in amniera assolutamente naturale.
Tra i siti più frequentati compaiono, prevedibilmente, Youtube, Facebook e Wikipedia, che di fatto rappresentano l’intrattenimento, la socialità e l’informazione, spesso contemporaneamente.
I giovani 2.0, poi, consultano post e commenti nel web (65%), partecipano a concorsi a premi e consultano/acquistano in gruppi d’acquisto (63%), scrivono qualcosa di sé e dei propri pensieri (61%) e seguono i consigli in rete di persone che non conosce (59%).
L’esito della ricerca è che per relazionarsi con questo target enti, istituzioni, genitori e imprese devono comprendere e agire secondo lo S.T.I.L.E. 2.0: S come socialità, T come trasparenza, I come immediatezza,L come libertà, E come esperienza. Questi sono i parametri di base emersi dalla ricerca “Generazione 2.0 Made in Italy”.
“Non si può più prescindere dall’online e dal ‘mondo digitale’ con cui, per lavoro o intrattenimento, dobbiamo relazionarci tutti i giorni – ha dichiarato Umberto Ripamonti, Presidente di Assirm -. Anche le aziende stesse stanno sempre di più puntando su questo strumento per le iniziative di marketing e, secondo i dati Kantar, nel 2012 gli investimenti delle aziende in attività di Digital Marketing sono cresciuti del 3,3%“.
“La ricerca offre un interessante spaccato sociologico sulla riconfigurazione comportata dalle nuove tecnologie, ed in particolare da Internet, di esperienze, comportamenti, atteggiamenti e vissuti dei giovani Italiani oggi- ha osservato Guendalina Graffigna, Vice Direttore del Centro Studi Assirm -. Quello che l’autore definisce il nuovo ‘S.T.I.L.E’ della generazione 2.0, le cui ricadute sul piano delle strategie di comunicazione e marketing delle aziende, nonché degli approcci della ricerca di marketing, appaiono tutte ancora da esplorare e metabolizzare…una bella sfida, insomma, per la nostra community professionale”.
[Fonte: Assirm]

lunedì 15 ottobre 2012

Bambini sicuri sui social media

[14/10/2012 Città Nuova Online]
I bambini sono oggi nativi digitali. Sembrano conoscere il mondo virtuale del web e cosa farci quasi di default. Ma questo spazio non sempre è un luogo adatto a loro, alle loro giovani menti, alla loro età, alla loro inesperienza del mondo, quello reale. Spesso i genitori temono quello che possono fare in Rete tutto il giorno. Ma da una parte non riescono, o non vogliono, staccarli dagli schermi e dall’altra, troppo spesso, non sanno come difenderli durante la navigazione.

Sensibilizzare figli e genitori a un uso consapevole di questi strumenti si può. È l’ambizioso obiettivo che si pone il progetto "Safe Social Media". Abbiamo incontrato la dott.ssa Francesca Ranni, coordinatrice del progetto per l’associazione "Davide.it Onlus", capofila del progetto, che ci ha spiegato meglio in cosa consiste.

In cosa consiste "Safe Social Media"?
«Safe Social Media è un progetto finanziato dal programma dell'Unione europea Daphne III e mira a prevenire e combattere la violenza presente nei social media, strumenti oggi sempre più utilizzati da bambini e ragazzi. Iniziato a gennaio 2011, è promosso da tre organizzazioni: l'associazione "Davide.it", che da anni si occupa di tutela dei minori online, con sede a Torino, "Intermedia consulting", con sede a Roma e l'organizzazione spagnola "Cece". Finora ha visto coinvolti 6 mila adolescenti di oltre cinquanta scuole medie e superiori italiane, con i loro genitori e insegnanti. Un percorso analogo è stato fatto in Spagna».

Parliamo dei pericoli online: quali sono quelli più prossimi ai bambini e come evitarli?
«Le nuove tecnologie sono una grande risorsa, ma comportano anche dei rischi, perché è più semplice entrare in contatto con contenuti violenti, nocivi, per i quali i ragazzi non possiedono ancora i giusti strumenti d'interpretazione. Il discorso vale sia per Internet che per i videogiochi. Sui social network occorre scegliere con cura le persone con cui entrare in relazione e pensare bene prima di postare foto o commenti: tutto ciò che si mette su Internet rimane per sempre! Attenzione anche alle azioni di cyberbullismo: i ragazzi non devono contribuire alla loro diffusione, ma “spezzare la catena” e parlare con gli adulti di cui si fidano». 

Come ridurre i contenuti violenti non adatti ai più piccoli?
«
Installare un buon filtro per la navigazione, che protegga da contenuti nocivi e non adatti è un buon punto di partenza, ma è poi fondamentale agire dal punto di vista educativo. Nell'indagine condotta per "Safe Social Media" emerge che appena il 35 pe cento dei ragazzi parla in famiglia di cosa succede online: un dato allarmante. I genitori devono essere vicini ai propri figli anche in questo aspetto così importante della loro vita, che occupa gran parte della giornata. Devono parlare con loro, capire cosa fanno su Internet, quali siti frequentano, come usano i social network e poi dare alcune semplici regole, come fanno già nella vita reale. Per il mondo virtuale spesso valgono gli stessi princìpi: non dare confidenza agli sconosciuti, trattare con rispetto i propri amici, essere responsabili nel prendere decisioni sono alcuni di questi».

Discrepanze generazionali. Come aiutare genitori e insegnanti a trasformarsi in protagonisti digitali?
«Siamo convinti che coinvolgere genitori e insegnanti, cioè le figure di riferimento più importanti nell'educazione e nella crescita dei ragazzi, sia fondamentale. Per questo "Safe Social Media" tenta un approccio educativo congiunto, con incontri formativi destinati agli adulti e materiale di approfondimento che è possibile reperire anche sul sito web del progetto».

Il vostro è un progetto ambizioso. Quali sviluppi futuri prevede?
«Questa edizione del progetto durerà fino a gennaio 2013 e vedrà la pubblicazione dei risultati dello studio che stiamo conducendo sugli stili di vita digitali degli adolescenti italiani e spagnoli. Per il futuro ci auguriamo, in presenza di adeguate risorse, di poter coinvolgere sempre più ragazzi e offrire a sempre più famiglie l'opportunità di una formazione su temi così importanti ma ancora trascurati dai curricula scolastici tradizionali».
Eloisa De Felice

Adolescenti e tecnologia, senza regole fisse

[12/10/2012 Techcorner]
I teenager di tutto il mondo usano la tecnologia per tenersi in contatto con gli amici. Dietro a tale certezza, si celano però diversi dubbi, per esempio su quali siano le regole o chi decide in famiglia cosa sia permesso. Per scoprire questo e altro, Ericsson ConsumerLab ha condotto una ricerca su un campione di duemila giovani americani tra i 13 e i 17 anni.
Lo studio rivela che se gli adolescenti hanno sempre più voce in capitolo sul funzionamento delle nuove tecnologie, sono i genitori ad avere ancora molto controllo su come e quando i loro figli possono utilizzare computer, telefono cellulare e Facebook. Proprio "Facebook" e "come usare il computer" sono le due voci rispetto alle quali i genitori sembrano avere le regole più rigide, soprattutto per i giovani tra i 13 e i 14 anni. Circa il 30% dei genitori prende le decisioni per i figli a questa età. Secondo lo studio, i genitori prendono questo tipo di decisioni sugli adolescenti in base all'età dei propri figli e allo stile educativo adottato.
Ed è proprio attraverso la comprensione di quest'ultimo che si può prevedere come verranno prese le decisioni relative all'uso della tecnologia. In particolare, i teenager americani classificano i genitori secondo cinque tipologie di stili educativi. Si va dall'Autoritario (9%), dove i genitori hanno regole molto rigide, con limitazioni non solo sul come ma anche sul quando poter utilizzare determinati dispositivi, al Direttivo (14%) con mamme e papà esigenti ma anche in grado di adeguarsi.
Non può mancare il Democratico (50%) che a larga maggioranza coinvolge i propri figli nel processo decisionale, così come il Permissivo (15%), dove i genitori che danno maggiore autonomia ai figli e che evitano il confronto. Infine, il basso coinvolgimento (12%), con genitori poco esigenti che lasciano i figli decidere da soli. Nella maggior parte dei casi teenager e genitori decidono insieme – prevale quindi lo stile educativo "democratico" – e non c'è quasi nessuna differenza di genere.
Per quanto riguarda invece ciò che i teenager possono tenere nelle proprie camere, 85-90% del campione è autorizzato ad avere con sé il proprio telefono cellulare e iPod touch. La grande maggioranza degli adolescenti intervistati, inoltre, ha nella propria stanza un televisore. Anche in questo caso non ci sono differenze di età o genere.
Le cose cambiano quando invece si parla di computer: solo al 50% dei tredicenni infatti è consentito avere un computer nella propria camera. Anche a 17 anni, il 34% dei ragazzi e il 28% delle ragazze non sono autorizzati ad avere un computer sulla scrivania della propria cameretta. Segnale evidente che c'è una differenza su come i genitori percepiscono il telefono cellulare e il computer.
In sintesi dallo studio emerge che l'utilizzo della tecnologia da parte degli adolescenti non dipende solo dalla loro età ma anche dallo stile educativo dei propri genitori. Un altro importante fattore è la conoscenza che i genitori stessi hanno della tecnologia, che contribuisce a farsi un'opinione e, a sua volta, influenza l'utilizzo della tecnologia da parte dei figli.
Anche se Internet è utilizzato a tutte le età, dal report emerge una differenza sostanziale sull'importanza che le diverse generazioni gli attribuiscono : il 57% dei teenager infatti considera importante avere accesso a Internet in qualsiasi luogo ci si trovi, la percentuale dei genitori scende al 35% , quella degli anziani si ferma al 24%. Infine, lo studio rivela che il 40% dei teenager americani tra i 13 e i 17 anni possiede uno smartphone - che può essere usato come un computer - e, coloro che non lo usano, ne vorrebbero uno.

10° Rapporto Censis, comunicazione sempre più social e mobile

[09710/2012 Mediapolitika]
Sempre più italiani su Internet. Cresce l’utenza di smartphone e social network, diminuiscono i lettori di libri e quotidiani a vantaggio dell’informazione online. In questo contesto, la condivisione telematica delle biografie personali comporta una rinnovata concezione della privacy, con la diffusa percezione, tra gli internauti, dei rischi per la sicurezza di dati e contenuti pubblicati in rete. Di questi temi si è discusso durante la presentazione del 10° Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione “I media siamo noi. L’inizio dell’era biomediatica”, promosso da 3 Italia, Mediaset, Mondadori, Rai e Telecom Italia e presentato il 3 ottobre a Roma presso la Sala Capitolare del Senato.
Al discorso introduttivo del presidente del Senato, Renato Schifani, che ha sottolineato le potenzialità e i rischi della comunicazione digitale, hanno fatto seguito, tra gli atri, gli interventi di Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, Presidente e Direttore Generale del Censis e del presidente dell’Ucsi, Andrea Melodia.
I consumi mediatici nel 2012 – La tv resta ancora il mezzo più pervasivo, ma cambia il modo di guardarla: il 42,4% degli italiani cerca su YouTube i programmi preferiti per personalizzare i propri palinsesti, crescono gli utenti di mobile tv e tv satellitari (+1,6%) e della radio via web tramite il pc (+2,3%), a dimostrazione dell’integrazione dei vecchi media con la rete. In costante crescita gli iscritti a Facebook, passati dal 49% del 2011 all’attuale 66,6% degli internauti, corrispondenti al 41,3% degli italiani e al 79,7% dei giovani. Nel comparto della telefonia spopolano gli smartphone (+10%), posseduti da più della metà dei giovani (54,8%). Prosegue, invece, la crisi della carta stampata (-2,3% di lettori per i quotidiani, -11,8% per la free press) e dell’editoria libraria (-6,5%).
L’era biomediatica – L’individuo è al centro del sistema mediatico grazie alla miniaturizzazione dei dispositivi e al proliferare delle connessioni mobili: in quella che il Censis ha definito “era biomediatica”, l’aspetto che più colpisce è “l’esasperazione della personalizzazione”, da cui deriva il rischio di un conformismo dell’informazione “fai da te”, come ha sottolineato De Rita. Alla bio-mediatica, che vede i media come un’estensione delle funzioni vitali, deve accompagnarsi una bio-media-etica, che preveda “un sistema il più possibile condiviso di valutazione qualitativa, sul confronto, sul dialogo, sulla responsabilità personale”, ha chiosato Melodia.
L’industria dei contenuti digitali – Cresce il ruolo di Internet nel mercato della pubblicità, con un +12,3% di investimenti nel settore, al secondo posto, dopo la tv, per capacità di influenzare le scelte d’acquisto dei consumatori. In rete occorre re-inventare non solo la pubblicità, come ha evidenziato Novari, ma anche l’editoria, che grazie all’edicola digitale, come dimostra l’esperienza degli Usa, può trovare soluzioni alla crisi del settore venendo incontro alle nuove esigenze dei lettori, ha sottolineato Costa, amministratore delegato Mondadori. Diffusione e redistribuzione dei contenuti digitali interessano anche il mercato televisivo secondo la duplice prospettiva esposta da Nieri, di Mediaset, e Marano, della Rai. Da un lato, servono regole allo sfruttamento da parte della rete dei contenuti prodotti, dall’altro, la vera sfida della multimedialità consiste nella creazione di contenuti “web-nativi” per offrire un “servizio globale”.
Internet e privacy – Il 75,4% di chi accede a Internet ritiene che la propria privacy possa essere violata sul web, quasi la stessa percentuale rivendica il diritto all’oblio, più della metà degli italiani vorrebbe una normativa più severa a tutela della privacy, minacciata oggi da “enormi banche dati” che mettono in pericolo il nostro “corpo elettronico”. Lo ha affermato il Garante della privacy, Antonio Soro, invitando a considerare la tutela della privacy un “diritto e non un costo” e “una sfida di libertà” da vincere con una maggiore “coesione tra i vari poteri”.
Elena Angiargiu

Vietare la tivù ai bambini?

[09/10/2012 My Tube Enrico Franceschini - Repubblica.it]
Uno studio pubblicato in Gran Bretagna dà l’allarme con accenti ancora più gravi del solito su un tema ampiamente dibattuto: i danni che la televisione può causare ai bambini. Nella ricerca condotta dal professor Aric Sigman, un noto psicologo, per la rivista Archives of Disease in Childhood, si afferma che la crescente ossessione dell’infanza per tivù, computer e video giochi può causare danni allo sviluppo mentale e problemi fisici a lungo termine. Secondo dati citati dall’autore, un adolescente inglese passa sei ore al giorno davanti a uno schermo, senza contare la scuola; negli Stati Uniti la media è otto ore al giorno. Lo studioso ritiene che in particolare nei primi tre anni di vita di un bambino, quando per uno sviluppo sano del cervello occorre interagire “faccia a faccia” con i genitori (non con uno schermo), la televisione e altri mezzi di intrattenimento digitali dovrebbero essere messi completamente al bando, cioè portati a zero ore; e che il tempo dedicato a tivù, computer, tablet e telefonini debba poi crescere gradualmente fino a un massimo di due ore al giorno per i ragazzi al di sopra dei 16 anni. La sua ricerca calcola che quando un bambino inglese compie 7 anni di età, avrà già trascorso un anno intero di 24 ore al giorno guardando tivù, computer o videogames, e quando ne compie 18 avrà trascorso davanti a uno schermo tre interi anni della sua vita. Non tutti gli esperti concordano con la preoccupazione espressa da Sigman (e riportata oggi in prima pagina dal quotidiano Guardian di Londra): per esempio Dorothy Bishop, docente di sviluppo neurospicologico all’università di Oxford, sostiene che le sue tesi non contengono nuovi dati e che l’impatto dello schermo sullo sviluppo cerebrale da lui descritto è soltanto una supposizione, “si potrebbe concludere in modo analogo che i bambini non dovrebbero leggere libri”. Ma tutti concordano che uno stile di vita sedentario per bambini e adolescenti è tra le principali cause di obesità e disturbi cardiaci.

Europarlamento: passo per protezione minori in rete

[09/10/2012 ANSA]
''Internet sta diventando sempre piu' pervasivo nella vita dei minori e, se da un lato offre nuove e inedite opportunita' ai bambini e ai ragazzi di far sentire la loro voce, dall'altro li espone a rischi elevati e richiede un intervento su almeno tre fronti: accesso ed educazione, protezione, e cittadinanza digitale''. E' quanto ha detto Silvia Costa, eurodeputata del Pd la relatrice del rapporto approvato oggi in commissione cultura sulla protezione dei minori nel mondo digitale.


La relazione contiene specifiche indicazioni rivolte alla Commissione sulle modalita' con cui la protezione dei minori nel mondo digitale puo' essere incorporata nelle sue azioni e provvedimenti secondo una metodologia piu' efficace, potenziando i meccanismi gia' esistenti come le hotlines nazionali, secondo gli standard INHOPE, i red buttons, gli alert per i genitori e gli altri, per assicurare un approccio coerente e coordinato nei confronti della sicurezza online del bambino.


Quattro, quindi, i cardini della proposta di Silvia Costa: una cornice generale di diritti e di governance, il diritto di accesso e di educazione nei media e nei nuovi media, il diritto alla protezione, il diritto alla cittadinanza digitale.


In materia di protezione, la relazione chiede a Commissione e Stati membri di valutare l'opportunita' di iniziative specifiche da parte dei servizi preposti alla sicurezza e alla tutela, come quello giudiziario e di polizia, con l'obiettivo di realizzare tempestivi interventi sui contenuti pericolosi, in accordo con le legislazioni nazionali, anche di Paesi terzi.


TUTELARE MINORI, SCURRIA (PDL) - Il Parlamento europeo mira a proteggere i giovani che navigano in rete proteggendoli dai ''rischi di azioni criminali'' ed eliminando il digital divide che colpisce in particolare i minori soprattutto in ambito scolastico. E' questo il senso della relazione approvata oggi in commissione cultura sulla ''tutela dei giovani nel mondo digitale''. ''Il primo tema da affrontare - ha detto l'eurodeputato Pdl Marco Scurria, coordinatore Ppe in commissione cultura - e' sicuramente quello del divario digitale, e in particolare la tutela delle fasce meno protette, tra le quali i minori''. La relazione approvata oggi contiene impegni o codici di condotta che predevono la visualizzazione di un'apposita etichetta sui siti internet per combattere le discriminazioni e gli altri contenuti illeciti o nocivi online.


''Vanno indubbiamente incoraggiate le azioni di contrasto alla criminalita' online messe a punto con successo da alcuni Stati membri - ha segnalato Scurria - ma le differenze culturali e giuridiche esistenti tra essi, non permettono di stabilire con chiarezza i contenuti da sanzionare''. I contenuti illeciti o nocivi provengono anche da paesi terzi e quindi la relazione mira a ''un approccio coordinato sia a livello europeo che internazionale per permettere di armonizzare la tutela contro questo tipo di contenuti''.

lunedì 1 ottobre 2012

New Media: a scuola con iPad. Vetrya e 3 Italia lanciano una sperimentazione con la Scuola Media Signorelli di Orvieto

[Key4Biz 21/09/2012]
Se gli studenti pensano ed apprendono in modo diverso, la scuola prova strade nuove. Da queste considerazioni è nato l'accordo tra Vetrya, società leader nello sviluppo dei nuovi media, l’operatore mobile 3 e la Scuola Media Luca Signorelli di Orvieto. L’obiettivo della sperimentazione di tecnologie innovative per la didattica digitale è quello di valutare l’impatto che possono avere sui metodi di insegnamento e sul processo di apprendimento.
Il progetto, che partirà il 24 settembre, è rivolto ai ragazzi nati negli anni novanta, i cosiddetti nativi digitali.
Il progetto sperimentale di Vetrya persegue l’idea del Ministro Francesco Profumo: un tablet per ogni studente.
Vetrya fornirà, infatti, a titolo gratuito 30 tablet Apple iPad retina display ai ragazzi, con specifiche applicazioni sviluppate in accordo con il personale docente della Scuola. Le applicazioni prevedono non solo il supporto digitale dei “libri di testo” realizzati dai docenti in collaborazione con gli allievi, ma anche moduli didattici del corso di studi e soluzioni interattive per sessioni di formazione e comunicazione verso i genitori.
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Sms scavalcati da internet mobile, ma sulla banda larga fissa l’Italia resta in ritardo

[Key4biz 21/09/2012]
Il sorpasso ‘storico’ è avvenuto nel 2011 ed è stato certificato dalla Relazione Agcom 2012: per la prima volta, internet mobile ha battuto gli sms. Gli italiani, insomma, hanno speso più per navigare in internet dal cellulare (2,41 miliardi, +18% sul 2010) che per inviare sms (2,3 miliardi, +1,5%).
I ricavi derivanti dalla fornitura di servizi dati registrano una crescita complessiva dell’8,9% e nell’ultimo trimestre del 2011, le sim utilizzate per il traffico dati sono cresciute a quota 19,4 milioni contro i 17,1 dell’ultimo del 2010 - per un volume di traffico che ha superato i 190 petbyte (+52% rispetto al 2010).
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giovedì 20 settembre 2012

Internet e pubblicità: il Comitato Economico e Sociale europeo chiede regole più stringenti per la salvaguardia dei minori

[Key4biz 19/09/2012]
Il Comitato Economico e Sociale europeo (CESE), riunitosi ieri in sessione plenaria, ha sollevato il problema della salvaguardia dei minori dai contenuti dannosi online e nell’ambito della pubblicità televisiva, chiedendo l’adozione di nuove, specifiche regole.
Il CESE è un organo consultivo dell'Unione europea che fornisce consulenza qualificata alle istituzioni Ue attraverso l'elaborazione di pareri sulle proposte di leggi europee, e si esprime inoltre con pareri elaborati di propria iniziativa su altre problematiche che a suo giudizio meritano una riflessione. [Leggi tutto...]

40 milioni di euro per la scuola digitale: le nuove tecnologie per trasformare apprendimento e insegnamento

[Key4biz 18/09/2012]
40 milioni per la scuola digitale: 24 messi a disposizione dal Miur (Leggi articolo Key4biz), altri 16 saranno cofinanziati dalle Regioni.
Gli obiettivi del potenziamento delle capacità ‘digitali’ delle scuole – quando, si potrebbe dire, i problemi della scuola italiana sono ben altri che le dotazioni tecnologiche – sono stati illustrati dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, che stamani ha siglato accordi siglati con 12 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria). [Leggi tutto...]

martedì 11 settembre 2012

Toys R Us Tabeo, il tablet per bambini

[WebNews 10/09/2012]
Se in passato le lettere per Babbo Natale comprendevano giocattoli di ogni genere, da diverso tempo a questa parte l’elenco si è allargato anche all’elettronica di consumo. I più piccoli sono sempre più interessati alla tecnologia, come confermato dalle ultime novità in arrivo presso le catene di negozi Toys R Us: la celebre società che si occupa di produrre giochi per l’infanzia ha infatti annunciato l’arrivo di un tablet dedicato ai bambini, la cui immissione sul mercato avverrà il prossimo 1 ottobre.

Battezzato Tabeo, il dispositivo offre un display da 7 pollici, una CPU da 1 GHz, 4 GB di spazio per l’archiviazione con la possibilità di giungere fino a 32 GB mediante schede di memoria ed un design che si allontana da quello dei dispositivi elettronici per i più piccoli, avvicinandosi invece a quelli presenti sugli scaffali dei negozi di elettronica. Ad animare il tablet sarà Android, con uno store di app sviluppato dalla stessa Toys R Us e che ad oggi annovera oltre 6000 titoli.
Distribuito con oltre 50 app installate di default, il Tabeo garantirà la dovuta protezione mediante sistemi di controllo parentale appositamente realizzati per filtrare i contenuti non idonei. Una fotocamera frontale consentirà di scattare foto e registrare video, mentre un’uscita HDMI permetterà di collegare il dispositivo ad un TV. Per accedere ad Internet sarà possibile utilizzare le reti Wi-Fi, con il Flash Player che consentirà di riprodurre anche contenuti non accessibili mediante altri tablet.
Il Tabeo sarà in vendita soltanto nei negozi della catena Toys R Us, ad un prezzo di 149,99 dollari per unità, a partire dal 1 ottobre, con l’obiettivo di tendere la mano ai più piccini, sempre più attratti dai dispositivi elettronici e dunque in un certo senso bisognosi di soluzioni su misura.
Davide Falanga

lunedì 10 settembre 2012

Dai 3 anni bambini immersi nel digitale

[Il Sole 24 Ore 09/06/2012]
Era il 1984 quando Steve Jobs arrivò da Cupertino a Reggio Emilia per conoscere di persona l'azienda distributrice dei suoi prodotti, appena rilevata e diventata sede di Apple Italia (lo rimase ancora per qualche tempo). Proprio in quello stesso anno, nella città emiliana, il primo Mac entrò nelle scuole dell'infanzia, che «Newsweek» consacrerà nel 1991 come le migliori del mondo. Una sincronicità significativa se si conosce il progetto educativo di Reggio Emilia: «Il bambino ha cento lingue, cento mani, cento pensieri, cento modi di pensare, di giocare e di parlare» scriveva in forma di poesia Loris Malaguzzi. [Leggi tutto...]

Internet e sviluppo socio-economico: Italia 23esima nel Web Index, ma il 60% della popolazione mondiale ancora senza accesso

[Key4biz 06/09/2012]
La Svezia si colloca in prima posizione del Web Index, la classifica mondiale dei paesi in cui internet è usato al meglio delle sue potenzialità. Lo studio è stato condotto dalla World Wide Web Foundation di Sir Tim Berners-Lee, uno degli inventori di internet, e vede l’Italia in 23esima posizione mondiale (12esima in Europa). Al secondo e terzo posto troviamo Usa e Regno Unito.
Il Web Index è la prima analisi multi-dimensionale del Web e valuta il suo utilizzo, l'utilità e l'impatto sulle persone e le nazioni. Lo studio copre 61 paesi sviluppati e in via di sviluppo e incorpora indicatori che determinano l'impatto politico, economico e sociale del Web, così come indicatori della qualità della connettività e delle infrastrutture. [Leggi tutto...]

Scuola, nuova campagna della privacy: sì a cellulari e tablet, no alle foto sui social network

[Giornale Il referendum 08/09/2012]
Settembre, tempo di bilanci e di novità. Con l’inizio della scuola ormai alle porte (l’apertura dei cancelli è prevista per il 12 settembre), le commissioni si riuniscono e decidono le regole per i prossimi nove mesi. L’argomento più caldo è sempre lo stesso: la tutela dei dati personali di genitori ed alunni. Il presidente dell’Organo Garante per la Privacy, Antonello Soro, parla delle nuove decisioni per l’anno scolastico e fornisce un vero e proprio “decalogo” di nuove regole per presidi, insegnanti e studenti: nessuno è esente dalle norme già in vigore.
Spicca, fra tutti, un provvedimento che fa discutere. Sono ormai lontani i tempi delle bacchettate, dei giornalini sotto il banco e degli oggetti personali ritirati: ora, a scuola, si può perfino portare il cellulare o il tablet. L’utilizzo di questi strumenti tecnologici è infatti previsto nella nuova normativa: uno studente ha diritto a portare il proprio iPad e a servirsene durante la lezione “per motivi strettamente personali”. È, questa, una decisione controversa. Gli smartphone, infatti, hanno sicuramente delle potenzialità interessanti ai fini dell’ascolto e dell’apprendimento (con un semplice telefono si può registrare la lezione per memorizzarla a casa, oppure avere a disposizione un vocabolario ed un’enciclopedia per meglio comprendere concetti difficili), ma sono anche una fonte di distrazione. Solo cinque o sei anni fa, in classe, ogni cellulare doveva essere introdotto spento, e il massimo svago fornito era di mandare un sms: oggi, la decisione di tenere accesi anche dei supporti elettronici che lasciano un libero accesso al mondo informatico e scattano foto e video fa sicuramente discutere. In difesa del nuovo provvedimento, c’è da dire che la libertà lasciata alle singole scuole è molta: l’ultima parola spetta quindi al preside e al consiglio degli insegnanti di ogni istituto.
Giro di vite, invece, sulla pubblicazione di foto e video su Internet, anche attraverso qualsiasi social network: senza il consenso dei diretti interessati, non sarà più possibile nemmeno condividere attraverso Facebook le immagini di una gita scolastica o il video di una recita. Avranno vita breve, quindi, i filmati effettuati di nascosto e poi caricati attraverso siti come YouTube o ScuolaZoo: chi viene sorpreso può essere passibile di denuncia.
Un tema caldo è anche quello della pubblicazione dei nomi e dei dati degli studenti: sono ufficialmente dichiarati pubblici gli scrutini e gli esiti di interrogazioni ed esami. Il risparmio di carta ha avuto la meglio: approvate le pagelle online e i registri elettronici, anche se il Garante si riserva di tornare sull’argomento in un secondo tempo. Tutti, di conseguenza, potranno visionare le valutazioni proprie e dei compagni; vietato, in compenso, lasciar trapelare informazioni su condizioni di salute o possibilità economiche delle famiglie. Voti sì, ulteriori comunicazioni no: a questo punto, ci si chiede se la cosa migliore non sia uno spazio in Internet dove ogni studente può visionare la propria cartella personale, lasciando al singolo la decisione di diffondere o meno risultati e condizioni. La scuola dovrà anche prestare estrema attenzione all’utilizzo delle informazioni di allievi e famiglie, comunicando ogni movimento ed ogni pubblicazione: i genitori hanno sempre diritto di ricorso. Anche i questionari per sondaggi o raccolta di opinioni dovranno sempre essere proposti previa approvazione del singolo studente.
Per quanto riguarda le consegne dei temi in classe, invece, non è stato considerato lesivo della privacy assegnare dei compiti con riferimenti al “mondo personale” degli alunni. Sta ovviamente al buonsenso dell’insegnante l’evitare alcuni argomenti delicati, senza introdursi prepotentemente nella riservatezza della persona. Di sapore orwelliano è l’ultima regola, ossia quella riguardante le telecamere nell’edificio scolastico: esse però potranno essere accese solo negli orari extra-scolastici, quando insegnanti e studenti non saranno presenti nell’edificio. Per la prima volta viene consentita una sorveglianza telematica negli istituti, mirata più ad evitare intrusioni nell’edificio che al controllo della disciplina studentesca. Un po’ assurdo il cavillo che segue: tutte le immagini dovranno essere cancellate dopo ventiquattro ore.
Nuove regole per la privacy, dunque, che guardano verso il mondo informatico e sociale. La scuola comincerà già con queste nuove norme; alcune, tuttavia, risultano un po’ contraddittorie. Gli alunni possono registrare la lezione con un tablet, ma finiranno nei guai se diffondono foto o video della scuola; gli studenti devono rispettare la consegna di un tema in classe un po’ troppo approfondito, ma possono rifiutare un questionario i cui dati verranno utilizzati solo dal consiglio di istituto; è proibito mettere su Internet i video della gita scolastica, ma a fine anno i voti di ogni persona sono ben visibili sui tabelloni. In fin dei conti, la situazione non è cambiata di molto: ci vorrebbero delle regole più omogenee ma soprattutto decise, volte a promuovere il saggio uso della tecnologia e a limitarne il più possibile, fra le mura di scuola, lo scopo ludico oppure offensivo. Oltretutto, è in qualche modo triste vedere imposte per legge le regole del vivere civile e del buonsenso: c’è veramente bisogno di una norma che vieti la pubblicazione di dati sulla salute degli studenti e sul loro status economico? E’ il momento che spariscano le gogne sulla pubblica piazza, e si torni a un atteggiamento meno schematico e rigido, ma sicuramente più umano.
Chiara Gagliardi

Il curriculum diventa social

[La Stampa.it 05/09/2012]
Se volete avere piu' chanche di raggiungere la realizzazione professionale, entrate in rete. Secondo la ricerca internazionale "Business etiquette " condotta da Robert Half, nell'era digitale i social network rappresentano una possibilita' di attrarre attenzione professionale positiva, a patto di rispettare alcune regole.
Social network, usare con cautela
L'indagine svolta da Robert Half sottolinea l'importanza che social network come Facebook, Linkedin e Twitter stanno assumendo nella delicata fase della ricerca del lavoro. L'associate director di Robert Half, Erika Perez, commentando i dati raccolti fa notare come oggi il 41% dei selezionatori verifichi le referenze degli aspiranti candidati sui profili di Facebook e di Twitter.
Diviene fondamentale, dunque, fare un uso corretto delle proprie bacheche e pagine personali. Nella sua ricerca, la Robert Half stila le regole da rispettare per mantenere un comportamento appropriato. Di seguito le riassumiamo punto per punto.
Per avere successo con i social network, bisogna:
1- manifestare un punto di vista, condividendo articoli e notizie rilevanti e offrendo un valore aggiunto formulando osservazioni che potrebbero essere non ovvie per gli altri.
2- instaurare rapporti con gli altri, raccogliendo osservazioni sul proprio network.
3- proporsi come un punto di riferimento per i propri contatti, postando idee professionali, ritwittando i post altrui, ringraziando per i ritweet ricevuti (questo aiutera' ad allacciare i rapporti con i follower, incoraggiando discussioni).
4- connettere Twitter e LinkedIn per ottenere maggiore visibilita'.
5- cercare di aggiungere almeno una persona al proprio network ogni settimana: i profili in crescita sono piu' visibili di quelli stagnanti;
6- arricchire il proprio profilo con piu' informazioni possibili, aggiungendo competenze chiave e chiedendo ad ex colleghi di scrivere una raccomandazione: si otterra' cosi' una maggiore visibilita' del proprio percorso lavorativo;
7- restare focalizzati sulle attivita' professionali, evitando frivolezze: si potrebbe perdere l'interesse di chi desidera ricevere informazioni di lavoro;
8- mantenere un certo riserbo ed evitare gli sfoghi personalii commenti negativi sul capo o sui colleghi o le informazioni confidenziali possono essere lette dalla persona sbagliata.
M. Campodonico

Come proteggere i minori online: i suggerimenti degli esperti McAfee

[Bitcity 06/09/2012]
"Chi ha figli che utilizzano Internet si sente come intrappolato in un paradosso tecnologico." dichiara Giorgio Bramati, Consumer Partner Manager, McAfee "Da un lato sappiamo bene quanto sia importante per i nostri figli poter familiarizzare con le nuove tecnologie e con i fantastici vantaggi che offrono. Dall'altro non possiamo non essere preoccupati dei pericoli presenti su Internet".
Per questo motivo McAfee ha reso disponibile un decalogo per aiutare i genitori a proteggere i propri figli online. "Sedersi con i ragazzi per leggere insieme queste 10 regole aiuterà i genitori a lasciar addentrare tranquillamente i propri figli nell'universo di Internet per imparare, esplorare e comunicare" aggiunge Bramati. "In molti casi, poi, i ragazzi sono tecnologicamente più preparati rispetto agli adulti, pertanto alcuni genitori potrebbero sentirsi intimiditi e restii a imporre regole che sono fondamentali per la protezione dei propri figli quando navigano e socializzano online, ma fortunatamente, sono disponibili software per la sicurezza che possono limitare le attività online dei ragazzi e allentare la pressione sui genitori che tentano di restare al passo con i nuovi rischi".

Ecco il decalogo di McAfee:

  1. Controllare l'utilizzo di Internet da parte dei minori. Installare il computer in una zona molto frequentata della casa e limitarne l'uso notturno. E' consigliabile prendere anche in considerazione un software di monitoraggio della sicurezza dei minori come IMSafer.
  2. Proteggere il computer con un software di protezione efficace e mantenerlo aggiornato. 
  3. Assicurarsi che i propri figli capiscano le regole di base per l'utilizzo dei siti di socializzazione come Facebook e i blog. I ragazzi devono custodire le proprie password e non pubblicare mai dati personali o foto inappropriate. I blog e i siti di socializzazione offrono strumenti per la tutela della privacy che possono essere attivati per bloccare l'ingresso a utenti potenzialmente pericolosi (forniti automaticamente ai ragazzi di età inferiore ai 15 anni).
  4. E' indispensabile che i ragazzi informino i genitori se organizzano appuntamenti di persona con gli utenti conosciuti online. Prima di eventuali incontri di questo genere, accertarsi dell'identità di queste persone e accompagnare i ragazzi all'appuntamento in un luogo pubblico.
  5. Quando utilizzano i programmi P2P di condivisione dei file, i ragazzi non devono mai scaricare file provenienti da sconosciuti. E' possibile che scarichino file infetti, immagini, giochi e musica inadatti o file multimediali protetti da leggi sul copyright. I ragazzi non devono consentire agli utenti di caricare i loro file musicali a meno che non siano certi di disporre dell'autorizzazione alla condivisione.
  6. Non consentire ai propri figli di compilare moduli su sondaggi online. Se desiderano iscriversi a siti legittimi come Disney o simili, dovranno prima rivolgersi a uno dei genitori che potrà leggere l'informativa sulla privacy del sito e le relative norme di condotta.
  7. Consentire ai propri figli di utilizzare solo chat room monitorate e fare in modo che utilizzino uno screen name che non consenta di risalire alla loro vera identità. Come nel caso dei blog e di Facebook, i ragazzi non devono mai rivelare informazioni personali o condividere foto. I ragazzi devono sapere che le persone possono mentire riguardo alla propria identità e che gli amici conosciuti online sono pur sempre degli estranei.
  8. Spiegare ai ragazzi che devono ignorare messaggi di e-mail e instant messaging provenienti da sconosciuti. Non devono mai aprire allegati che non si aspettavano di ricevere nè fare clic sui collegamenti inclusi nei messaggi. Come nel caso dei blog e di Facebook, non devono mai inviare informazioni personali. Configurare correttamente l'applicazione di messaggistica immediata utilizzata dai ragazzi e accertarsi che non si avvii automaticamente all'accensione del computer. Fare in modo che spengano il computer e chiudano la connessione quando il PC non viene utilizzato
  9. Utilizzare browser per ragazzi e motori di ricerca creati appositamente per i minori. I browser per i ragazzi come Il Veliero non visualizzano parole o immagini inappropriate. Questo tipo di browser offre siti web precaricati adatti ai minori e filtri terminologici preimpostati. E' necessario solo accertarsi di esaminare e approvare i siti web e le parole predefiniti. I motori di ricerca per i bambini come il nocchiero effettuano ricerche e mostrano risultati limitati.
  10. Consentire ai propri figli di trovare siti web idonei e utili utilizzando gli elenchi creati da esperti del settore. L'American Library Association mette a disposizione un ottimo elenco: The ALA Great Web Sites for KidsFirst Gov for Kids pubblica siti per bambini con contenuti di educazione civica ed elenca gruppi di siti adatti ai minori.

giovedì 30 agosto 2012

Social Media e tv, un binomio inscindibile

[Il Giornale.it 29/08/2012]
Secondo una ricerca effettuata da Ericsson ConsumerLab utilizzare i social network mentre si guarda la tv sta diventando un fenomeno di massa.
Il 62% dei consumatori infatti utilizza i social media mentre guarda la TV, su base settimanale, registrando un incremento del 18% rispetto allo scorso anno. Anche in Italia questo fenomeno sta diventando sempre più comune: nel nostro Paese la percentuale sale al 69%. In rapporto al genere degli intervistati, il 66% delle donne dichiara questa abitudine, contro il 58% degli uomini. In particolare, il 25% dei consumatori a livello globale utilizza i social media per discutere in tempo reale ciò che sta guardando, percentuale che in Italia si attesta invece intorno al 30%. I dispositivi mobili inoltre stanno avendo un ruolo importante nella fruizione della TV, come dimostra il fatto che il 67% dei consumatori utilizzi smartphone, tablet, o PC portatili per la visione di TV e video. Inoltre, il 60% dei consumatori afferma di utilizzare servizi on-demand almeno una volta alla settimana.
E anche guardare la TV in mobilità sta diventando una pratica sempre più diffusa: il 50% del tempo speso nella visione di TV e video su smartphone avviene fuori casa, tendenza in crescita il cui aumento è facilitato dalle connessioni a banda larga mobile.
Anche se le modalità di fruizione e i bisogni stanno cambiando, solo l'8% degli intervistati dichiara di voler ridurre i propri abbonamenti TV in futuro. Infatti, piuttosto che prestare attenzione alla riduzione dei costi, i consumatori sono disposti a pagare di più per una migliore esperienza di fruizione tanto che il 41% dichiara di essere disposto a pagare per TV e video in alta definizione.
La propensione alla spesa deriva anche dal fatto che oltre la metà dei consumatori vuole poter scegliere la propria TV e contenuti video. I dati sono stati rilevati in Brasile, Cile, Cina, Germania, Italia, Messico, Corea del Sud, Spagna, Svezia, Taiwan, Regno Unito e Stati Uniti. Complessivamente, sono state condotte e 12mila interviste, rappresentative di più di 460 milioni di consumatori.
Maddalena Camera

Banda larga: in Italia manca la ‘cultura’ digitale, non le infrastrutture. Per Franco Bernabè, ‘Governo nella giusta direzione’

[Key4biz 27/08/2012]
Non è la mancanza di infrastrutture a banda larga il vero problema dell’Italia, quanto la scarsa propensione dei cittadini, delle imprese e della PA ad avvantaggiarsene. Un assunto forse non pienamente condivisibile, ma di sicuro molto caro al presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè, che ha ribadito la sua convinzione a margine del suo intervento all’edizione 2012 del think net ‘Vedrò’ (Dro, 26-29 agosto).
Tornando su un concetto più volte espresso anche in diverse altre occasioni, ossia che il gap che affligge l’Italia – notoriamente indietro in termini di nuove tecnologie digitali – non è tanto infrastrutturale quanto culturale, Bernabè ha sottolineato che “Le infrastrutture di cui noi disponiamo, i programmi che Telecom Italia ha in corso di sviluppo della banda larga e ultra larga danno tutta l’infrastruttura necessaria…il problema è che la pubblica amministrazione è ancora arretrata e le stesse imprese non utilizzano le potenzialità che la rete può dare”.
La vera priorità, insomma, non è tanto quella di accelerare sulla rete di nuova generazione (concetto per altro già evidenziato in occasione della presentazione dei risultati del gruppo telefonico), quanto quella di stimolare l’adozione e l’utilizzo delle nuove tecnologie. Compito che, a giudizio del manager, spetterà al Governo. [Leggi tutto...]

Internet mobile: cresce il peso dei dati sui conti degli operatori. Negli Usa mercato da 80 mld

[Key4biz 29/08/2012]
Internet mobile…croce e delizia degli operatori telefonici. Se infatti è in atto un acceso dibattito sulla contrapposizione tra operatori e OTT, con i primi che chiedono un cambiamento degli attuali business model che preveda la collaborazione dei secondi al mantenimento delle reti, uno studio condotto dalla società di consulenza americana Chetan Sharma dimostra come i dati stiano iniziando a contribuire alla crescita dei profitti delle telco mobili d’oltreoceano.
 Negli Usa, secondo il report US Mobile Data Market Update Q2 2012, nel secondo trimestre 2012 i ricavi legati ai servizi dati sono cresciuti del 5% rispetto al trimestre precedente e del 19% su base annua a quota 19,3 miliardi. La società prevede che entro la fine dell’anno il mercato varrà 80 miliardi di dollari.
Mentre l’Arpu legato ai servizi voce è sceso di 63 centesimi, quello dati è cresciuto di 60 centesimi (+3%) rispetto al primo trimestre e rappresenta ormai il 42% dell’Arpu totale, con la previsione che raggiunga il 50% entro il prossimo anno. gli utenti, in sostanza, spendono mediamente 30 dollari al mese per i servizi voce e circa 20 per i dati. [Leggi tutto...]

Usa 2012, siti e social network al servizio degli elettori

[TM news 30/08/2012]
Livestreaming, notizie in tempo reale, articoli che rimbalzano da un profilo all'altro. Il Web non è mai stato così coinvolto nelle elezioni americane. Si diceva anche nel 2008, quando Barack Obama puntò molto su Internet, ma rispetto al 2012 non avevamo ancora visto niente.Facebook ha mandato un team in trasferta alla convention repubblicana di Tampa e farà la stessa cosa con i democratici a Charlotte."Adesso ci sono più persone iscritte a Facebook di quante fossero registrate per il voto nel 2008 - dice il manager del team Noyes - la consapevolezza riguardo ai social media è cresciuta".Facebook ha anche realizzato due progetti con CNN: uno è "i'm voting", app per condividere opinioni sui temi elettorali; l'altro è "Facebook Election Insights" che permette di studiare la popolarità dei candidati a seconda di quanti parlano di loro sul social network, con statistiche Stato per Stato, servizio simile a quello messo in campo da Twitter, con "Political Index".Google ha schierato tutti i suoi strumenti, dal social network Google+ a YouTube. Per le due convention è stato organizzato un servizio di livestreaming, che continuerà anche la notte delle elezioni. Nella nuova "sezione Politics and elections" invece, vengono raccolte tutte le news e i video. Per i militari e i residenti all'estero c'è un'area speciale con tutte le istruzioni per il voto via mail.

lunedì 27 agosto 2012

Web, adescamento dei minori: “Bimbi a rischio se non hanno strumenti”

[Il Fatto quotidiano 26/08/2012]
Da simbolo di libertà ed espressione a strumento di adescamento. La rete continua ad avviluppare i soggetti deboli, primi fra tutti i bambini. È quanto testimonia una recente ricerca dal titolo “Sessualità e Internet: i comportamenti dei teenager italiani”, commissionata da Save the children. Questi i dati: il 31% dei ragazzi tra i 16 e 17 anni ammette di avere avuto incontri, anche intimi, con persone conosciute in rete. Sul fronte della pedopornografia, il 78% delle vittime ha meno di 12 anni, il 4% meno di 3-4 anni.
“Un bambino che utilizza il web privo degli strumenti per capire e gestire un mezzo che ha molte potenzialità ma altrettanti rischi, è un bambino che è potenzialmente sottoposto a rischio di abuso. I fatti di cronaca sono densi di episodi che lo attestano”, afferma Valerio Neri, direttore generale di Save the children Italia. “Può apparire banale che il 32% di teenager dia il suo numero di cellulare a qualcuno conosciuto online, ma questo implica che potenzialmente il rapporto virtuale possa proseguire nel mondo reale. Non a caso 10,5% dei ragazzi tra i 12 e i 13 anni si dà appuntamento con una persona incontrata in rete, percentuale che cresce fino al 31% fra i 16 e i 17 anni. E ben il 6,5% dei primi e 16% dei secondi invia video e immagini di sé nudi”.
E una volta scaricate queste immagini rimangono online, perché rimuovere i siti pedoponografici è ancora oggi difficilissimo: uno studio dell’Università di Cambridge ha messo in evidenza come la rimozione dei siti dediti a operazioni bancarie illegali abbia richiesto da 3,5 a 4,5 ore, mentre il tempo medio necessario per la rimozione di siti pedopornografici è stato di 719 ore. “È assurdo pensare che una transazione finanziaria illecita sia considerata oggi più “urgente” che una violenza perpetrata su un bambino”, spiega ancora Neri.
Il Moige (Movimento italiano genitori) promuove la campagna “Ogni genitore dovrebbe sapere che…”, contro l’adescamento pedofilo sul web. Un minore su due è stato contattato via web più volte con proposte “indecenti” da sconosciuti. A 3 minori su 10 è stato chiesto un appuntamento al buio. Il 30% di chi ha subito un tentativo di adescamento ha meno di 15 anni. Più di 200mila minori hanno accettato proposte oscene in cambio di una ricarica telefonica. Sono questi alcuni dei dati emersi dalla ricerca condotta nel mese di aprile 2012 dall’Istituto demoscopico Swg ed elaborati dal Moige su un campione di 600 ragazzi utilizzatori di internet, di età compresa tra i 16 e i 21 anni, di entrambi i sessi e di tutte le regioni italiane. Dai risultati emerge che il tempo di navigazione medio si attesta tra le 3 e le 4 ore giornaliere, ma più di un terzo (soprattutto maschi) lo fa per oltre 5 ore. Ben 6 ragazzi su 10 non hanno computer dotati di sistemi di sicurezza e filtri per il controllo di accesso a siti dai contenuti pedopornografici e violenti.
Ma cosa possono fare i genitori per tenere lontani i propri figli dai pericoli del web? Mariateresa Ingenito, psicoterapeuta dell’età evolutiva spiega: “Tutto dipende da come s’imposta il dialogo educativo col figlio. Ogni bambino è curioso della sessualità e del mondo che c’è fuori, ma dovrebbe poterlo condividere con i genitori”. Il consiglio è quindi quello di “parlare tanto all’interno della famiglia”. Bisogna quindi “creare una ‘relazione conversativa’, che porta a vivere i conflitti in maniera non occultata”. Secondo Ingenito, quando il figlio torna da scuola è più utile chiedere: “Come stai? Ti sei divertito oggi?”, piuttosto che “sei stato interrogato? Quanto hai avuto?”. Occorre cioè “conoscere come il bambino gode della vita e trae benessere dalle cose”. E continua: “Anche la scelta di un programma tv o di un sito web dovrebbe essere condivisa”. Il genitore deve cioè “esercitare un controllo indiretto che non risulti come tale”.

Angela Cotticelli

martedì 24 luglio 2012

Internet: ogni italiano resta "connesso" due ore al giorno

[AGI 19/07/2012]
E' la "connessione" il nuovo paradigma della socialita': gli italiani passano in media quasi due ore al giorno (i giovani due ore e mezza) al telefono, collegati ad un social network o in chat. E' quanto emerge da "Comunicazione digitale - i nuovi stili della comunicazione", lo studio condotto dall'Eures - Ricerche economiche e sociali su un campione rappresentativo di 618 cittadini maggiorenni. E' una larga maggioranza (il 58,3%) ad essere convinta che proprio grazie alla diffusione delle nuove tecnologie la qualita' delle proprie comunicazioni sia aumentata. E che le ragioni principali di questo saldo positivo siano rappresentate dall'immediatezza (83,7%) e dalla maggiore continuita' (35,9%).
  C'e anche chi, al contrario, imputa ai nuovi media una diminuzione della qualita' delle proprie comunicazioni lamentando minore partecipazione emotiva (54,3%), rischio di fraintendimenti e perdita di sfumature (43,4%, che sale al 54,2% tra le donne), interazione piu' bassa (37,2%), perdita di spontaneita' (22,5%) e rischi per la privacy (19,4%). Ciascun intervistato trascorre in media oltre un'ora al giorno al telefono (61 minuti, che salgono a 67 tra le donne), oltre mezz'ora collegato ad un social network (37 minuti, che diventano 42 tra le donne contro i 31 degli uomini) ed un tempo di poco inferiore (25 minuti) in chat. Inoltre ciascun intervistato afferma di inviare in media 16 sms al giorno e 20 e-mail: naturalmente, sono i piu' giovani a vivere maggiormente il tempo della connessione, che risulta prevedibilmente piu' esteso per i social network (49 minuti nella fascia 18-39 anni e 27 in quella di eta' superiore), per le chat (33 minuti giornalieri contro 19) e per gli sms inviati (21 contro 13).
  Sostanzialmente uguale, invece, l'utilizzo quotidiano del telefono. Cresce, e non potrebbe essere altrimenti, lo spazio dei social network, che per il 18,9% del campione sono divenuti lo strumento abituale per aggiornarsi sulle novita' interne alla sfera amicale (26,2% nella fascia 18-39 anni), mentre per un altro 15,1% costituiscono il canale principale per confrontarsi su questioni di attualita', politica e cultura (18,1% tra gli under 39). Nella vita di coppia le comunicazioni avvengono per lo piu' attraverso scambi diretti (44% delle risposte) o conversazioni telefoniche (38,5%), evidenziando una scarsa attenzione ai richiami e alle opportunita' di comunicazione offerte dalle nuove tecnologie: uno spazio importante, seppur decisamente inferiore, e' preso dagli sms (16,2%) e dalle e-mail (7,6%), mentre i social network veicolano solo il 4,6% dei contenuti. Tra gli altri contesti considerati, la famiglia risulta senza dubbio quello piu' legato a forme e strumenti di comunicazione "tradizionali" (diretta e telefonica), con spazi e ruoli marginali per i nuovi media (la vera competizione sembra verificarsi tra la conversazione telefonica, al 54,3%, e la comunicazione diretta, al 31,8%) mentre sul lavoro e' l'e-mail l'asse portante della comunicazione, abitualmente utilizzata dal 68,6% degli intervistati, molto di piu' della posta cartacea (15,3%). Il ricorso abituale alla posta elettronica presenta i valori piu' alti nella gestione dei curriculum vitae (86,4%), dei preventivi (78,2%), delle attivita' promozionali (72,8%) e dell'organizzazione interna (73,8%); inferiore l'utilizzo per comunicare l'interruzione di un rapporto di lavoro (31,5%), dove affianca la classica "raccomandata" postale (29,9%) e la comunicazione diretta (29%). (AGI) .

martedì 17 luglio 2012

Fuori dai cassetti, dentro la rete così le idee trovano finanziatori

[La Repubblica Firenze 17/7/2012]
Partire dalla propria passione, lo "spaghetti horror" di Dario Argento e Mario Bava, e farne un festival. Denunciare le barriere architettoniche che rendono impossibile, a un giovane disabile americano, partire da solo alla scoperta della vecchia Europa. O ancora esporre le proprie opere in una sede prestigiosa, partecipare a un concerto dall'altra parte del mondo, realizzare un software per manovrare un robot con un iPhone.

Qualcuno dice che, perché si avverino, i sogni vanno tenuti chiusi in un cassetto. Ma sono sempre di più coloro che, invece, scelgono di raccontarli su una pagina web, in un video di 40 secondi, e chiedere al mondo un aiuto, grande o piccolo, per realizzarli. La ricetta si chiama crowdfunding e, lanciata negli Usa nel 2008 col sito kickstarter. com, sta prendendo piede anche in Italia, complice la difficoltà di ottenere finanziamenti per nuove idee. In Toscana è un'esplosione, forse perché proprio qui, a Lucca, è nato il portale eppela. com, versione nostrana di Kickstarter, che funziona con lo stesso principio: si presenta l'idea, si fissa un traguardo economico e si chiedono sottoscrizioni tramite PayPal. I finanziatori ottengono, in cambio, una piccola ricompensa, che spazia da un semplice ringraziamento a cadeau come dvd, foto autografate, libri. I progetti si dividono in due categorie: "lab" e "pro".

Se il raggiungimento del traguardo stabilito è, per i primi, condizione imprescindibile per la realizzazione (le quote vengono congelate e, in caso negativo, non si perde un euro), i secondi andranno in porto indipendentemente dal successo del crowdfunding. [Leggi tutto...]

lunedì 16 luglio 2012

Teenager Usa maniaci di social network e sms mentre l'e-mail è un oggetto sconosciuto

[IlSole24Ore 14/07/2012]
Facebook e le chat, i telefonini e i messaggi di testo. Comunicare per i giovanissimi americani è soprattutto queste due cose. Mentre l'e-mail passa per strumento quasi sconosciuto. Questa la sintesi della fotografia che ha scattato la società specializzata Pew Internet, secondo cui il 76% degli adolescenti a stelle e strisce frequenta assiduamente i siti social e di questi il 93% ha un account attivo su quello di Mark Zuckerberg.

Stando allo studio, inoltre, si scopre che solo il 45% dei 12enni utilizza i servizi di messaging e chat online su Facebook e simili ma la percentuale sale all'82% per i 13enni. Su Twitter, questa la curiosità, sono più attive le ragazze (nella misura del 22% sul totale di quelle attive sul web) rispetto ai pari età maschi (che si fermano al 10%).

Il Pew sottolinea inoltre un'importante crescita dell'attenzione dei genitori per le attività online dei propri figli: nel 2000 a controllare i siti frequentati dagli adoloscenti era il 60% di madri e padri americani, nel 2011 tale percentuale è al 77 per cento. Una maggiore attenzione che trova conforto nell'uso delle impostazioni di privacy su siti di social media da parte del 62% dei giovanissimi campionati.

E interessante, infine, è anche il dato che vede nettamente penalizzato lo strumento e-mail rispetto agli sms: via posta elettronica invia almeno un messaggio al giorno meno del 6% degli adolescenti, mentre il 39% la ignora del tutto. Al contrario, il 63% dei teenager fa ricorso ai messaggini di testo con cadenza quotidiana (con una massimo di circa 100 sms spediti in 24 ore). Solo uno su cinque (il 23% per la precisione) è in possesso di uno smartphone.
Gianni Rusconi

venerdì 13 luglio 2012

Internet ci rende pazzi?

[Corriere.it 13/07/2012]
Internet ci sta facendo diventare matti. L'ultimo esempio di follia legata al web è il creatore della campagna Stop Kony - quella contro il generale ugandese che sfrutta i bambini soldato. Il video di Jason Russell in pochi giorni ha fatto il giro del mondo e i suoi account Twitter e Facebook sono stati letteralmente presi d'assalto. Lui è stato sveglio per giorni interi oer rispondere e rimirare il suo successo, finché ha dato letteralmente di matto, è sceso per le strade di San Diego completamente nudo gridando frasi senza senso. «Psicosi reattiva», hanno diagnosticato i medici che l'hanno preso in cura. Poi, come terapia, un mese di silenzio sul web.
COME IL CAMBIAMENTO CLIMATICO - A dedicare una copertina a uno dei problemi dei nostri tempi, ossia alla dipendenza da web, («E' una piaga come il cambiamento climatico», ha detto una docente di farmacologia di Oxford) è il settimanale statunitense Newsweek. Titolo azzeccatissimo: «iCrazy». Secondo alcuni studi, l’eccessiva dipendenza dal web è ormai una patologia simile all’alcolismo o alla depressione. «Il computer è una specie di cocaina elettrica», spiega il direttore dell’Istituto di neuroscienza dell’università di Los Angeles Peter Whybrow. E ancora, il candidato al premio Pulitzer Nicholas Carr, autore di The Shallows, scrive: «È la nostra ossessione, la nostra dipendenza e la nostra fonte di stress». Secondo altri studi, un eccessivo uso di Internet potrebbe aumentare il rischio di contrarre la sindrome ADHD (quella che dà problemi di apprendimento e difficoltà di concentrazione e che si cura con il Ritalin, per intendersi). Ma la correlazione è ancora tutta da dimostrare. Per alcuni studiosi di Taiwan ad aumentare la dipendenza sono i telefonini, come gli iPhone. Un'ossessione compulsiva ci porterebbe a guardare continuamente lo schermo del nostro smartphone, a controllare se qualcuno ci ha mandato un messaggio su Facebook o su Twitter. Come se ci stessimo facendo una dose, insomma.
CENTRI DI TRATTAMENTO E CAMPAGNE - E se gli scienziati sono al lavoro per capire come realmente la rete ci causi problemi, il problema è talmente sentito che il prossimo DSM (il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders che raccoglie tutti i disturbi psichici e psichiatrici) per la prima volta conterrà la voce Internet Addiction Disorder, scrive il Newsweek. E non solo. Il disagio si fa sentire anche nei Paesi asiatici, Cina e Corea in testa. Qui 10 milioni di persone sono considerate "internet addicted", con il governo nordcoreano che sta aprendo centri di trattamento della dipendenza e la Cina che sta lanciando campagne per un uso di internet consapevole. E la diffusione del "virus" non si ferma qui. Israele, India, Brasile: medici, pediatri, psicologi e psichiatri sono al lavoro. Per capire come mai il web ci rende pazzi. Ma sarà vero?
Marta Serafini

Facebook rende stupidi?

[L'Espresso 11/07/2012]
Altro che regno della libertà. Internet assomiglia sempre di più a una specie di casa dello studente globale e abbacinante che ci incarcera in una vita forzosamente pubblica. Colpa dei social media, che frantumano la nostra identità costringendoci a vivere continuamente fuori da noi stessi. E che mettendoci a nudo, sacrificano la nostra privacy alla tirannia utilitaria delle corporation digitali.

Almeno così la pensa Andrew Keen nel suo ultimo libro "Digital Vertigo: How Today's Online Social Revolution Is Dividing, Diminishing, and Disorienting Us". Ovvero come la rivoluzione in salsa social del Web che non risparmia nessuna attività, neppure quelle più tradizionalmente isolate e individualistiche, quali la lettura, ci sta traghettando in un'era di "ipervisibilità" e di ipertrofia dell'ego. Con pesanti conseguenze sociali e psicologiche.

Una tesi piuttosto forte che però, considerata la provenienza, non stupisce. Keen è un saggista e imprenditore della Rete di origine britannica che ama fare il bastian contrario. Nel 2007 destò scalpore il suo "Dilettanti.com", un saggio-pamphlet in cui si scagliava contro il Web 2.0, la produzione amatoriale di contenuti e la loro condivisione gratuita. E il sottotitolo non lasciava spazio a compromessi: "Come la rivoluzione del Web 2.0 sta uccidendo la nostra cultura e distruggendo la nostra economia". Una critica a Internet che però oggi, riformulata nel nuovo libro appena uscito sul mercato internazionale (per l'Italia è in corso una trattativa con un editore), si avvicina alle preoccupazioni espresse da altri intellettuali (e anche da molti utenti). Non stiamo cioè cedendo troppo dei nostri dati e del nostro controllo sugli stessi alle grandi aziende della Rete? "L'Espresso" lo ha chiesto a Andrew Keen.

Perché secondo lei la condivisione on line è una trappola?
«Lo è su tre livelli. Il primo è che Facebook - ma anche Google - l'hanno trasformata in un prodotto da vendere agli inserzionisti. E i consumatori, che sono sempre più spinti a essere trasparenti, a rivelarsi, finiscono col cedere informazioni e quindi potere alle aziende. Perché quelle stesse informazioni possono essere usate in tanti modi, anche per negare un lavoro o una copertura sanitaria. Il secondo livello è che anche i governi usano i social media per aggregare dati sui cittadini, e noi gli abbiamo reso la vita facile. Pensiamo al film "Le vite degli altri", agli sforzi che facevano servizi segreti come la Stasi per carpire informazioni personali: ora gliele cediamo noi in blocco. Infine, e veniamo al terzo livello della trappola, i social network creano dipendenza, proprio come le bibite o le sigarette: una dipendenza alimentata dal nostro narcisismo, dalla vertigine di poter dire al mondo che cosa facciamo, pensiamo, e preferiamo in ogni momento. Tirano cioè fuori la nostra parte più infantile, facendoci dimenticare che spesso siamo più interessanti quando stiamo zitti».

Ma lei arriva addirittura a paragonare Mark Zuckerberg e gli altri imprenditori della Silicon Valley a Jeremy Bentham, il filosofo utilitarista che teorizzò il panopticon, la prigione-modello in cui un solo controllore riesce a sorvegliare tutti i detenuti. Davvero c'è un legame?
«Hanno la stessa concezione dell'essere umano, un'idea infantile degli uomini come aggregazione di desideri. Zuckerberg è così che ci vede. E ricordo che il panopticon non era nato solo per le carceri, ma anche per le scuole e gli ospedali. I problemi che la società digitale sta facendo affiorare oggi in modo plateale erano già emersi all'alba dell'età industriale. La storia si sta ripetendo, non so se con una accentuazione più tragica o farsesca».

E cosa ci porta a restare sui social network nonostante questi problemi?
«E' chiaro che nessuno è materialmente obbligato a rimanere su Facebook, ma di fatto starne fuori è quasi impossibile. Perché, in una economia della conoscenza sempre più individualizzata, siamo costretti continuamente a inventarci, a pubblicizzarci, a fare "personal branding". Diciamo che solo le persone molto ricche o molto povere possono permettersi di ignorare la piattaforma di Zuckerberg. Io ad ogni modo non sono iscritto.ma è una scelta che si accorda, per così dire, col mio brand».
Ma qualcosa di buono in queste piattaforme ci sarà, non crede? Ad esempio come mezzo di diffusione di notizie o di organizzazione dei cittadini...
«Naturalmente hanno anche effetti positivi, specie a livello politico, specie in Paesi autoritari, pensiamo all'Egitto. E tuttavia per la loro stessa natura le mobilitazioni nate sui social media tendono a essere individualistiche, e non favoriscono la nascita di movimenti politici coesi. La Primavera araba, purtroppo, non si è trasformata in estate. E anche Occupy Wall Street non ha fatto un salto di qualità».

Se dipendesse da lei, qual è la prima cosa che cambierebbe dei social network?
«Il modello di business. Farei pagare alle persone qualche dollaro al mese, ma garantirei loro la privacy. Credo che arriveranno presto delle piattaforme così fatte».

Altrimenti?
«Il rischio è di finire come la rana nella pentola, che non si accorge di bollire se la temperatura dell'acqua cresce gradualmente. Non ci sarà un momento netto in cui la privacy finisce, ma assisteremo alla cessione progressiva di un valore importante, la cui riduzione non può che diminuirci come esseri umani».

C'è chi sostiene: «Io tanto non ho nulla da nascondere».
«Una frase triste da dire. Forse si dice quando manca autoconsapevolezza».

Va bene, ma se questa è l'analisi, cosa dovremmo fare? Educare le persone a salvaguardare la propria privacy? Intervenire a livello legislativo?
«L'educazione è sempre una soluzione nebulosa. E poi in questo caso si tratterebbe di insegnare a essere umani: come si fa? Forse ha più senso cercare di umanizzare il mondo digitale. Per andare sul concreto, mi piace molto il lavoro che sta facendo la commissaria europeaViviane Reding sulla tutela della privacy e sulla protezione dei dati personali dei cittadini. Ma anche sul diritto all'oblio. Dobbiamo insegnare a Internet a dimenticare; e dobbiamo incoraggiare gli imprenditori a sviluppare tecnologie che ci diano il controllo dei nostri dati. Se è vero, come dice il personaggio di Sean Parker nel film "The Social Network", che dopo le fattorie e le città noi vivremo in Internet, allora dobbiamo rendere la Rete un posto davvero abitabile».

Quando uscì il suo libro "Dilettanti.com", in cui si scagliava contro il mondo amatoriale e gratuito dei contenuti generati dagli utenti, era una voce isolata e anche molto biasimata. Ora è in buona compagnia: Nicholas Carr, Sherry Turkle, Jaron Lanier, Evgeny Morozov... La critica ai social media è diventata una moda?
«E' vero, e mi lasci dire, è anche un po' deludente. "Dilettanti.com" fu denigrato a tutto spiano, e la cosa mi divertì molto. Ora invece ovunque vada è un coro di applausi, perfino dagli amici del Partito pirata. Ironia della sorte, un mio articolo sulla Cnn relativo ai temi del libro ha raccolto 20 mila "Mi Piace" su Facebook. Ma il punto è che tutte queste voci critiche provengono da persone immerse nel mondo tecnologico, e che non possono certo definirsi dei luddisti. Io stesso vivo in Silicon Valley e ho una trasmissione su "TechCrunch", un sito di informazione hi-tech. Al contrario, non vedo in giro opere significative da parte dei "social entusiasti"».

Ha poi rivalutato i contenuti generati dagli utenti e la possibilità data a tutte le persone di usare Internet per dire qualcosa?
«"Dilettanti.com" era un libro che voleva far arrabbiare. Dopodiché riconosco che esiste del valore in questa forma di produzione dal basso. Anche se credo ancora nella necessità di avere contenuti curati da professionisti. Alla fine, le mie tesi hanno tenuto meglio di quelle di Chris Anderson (direttore del mensile americano "Wired" e autore di libri come "La coda lunga" e "Gratis", ndr): la sua teoria della coda lunga, l'idea cioè che la Rete potesse moltiplicare i mercati e i prodotti culturali, dando spazio alle nicchie, si è rivelata essere soltanto un mito.
Carola Frediani

Stare ore su Facebook non porta a depressione

[LaStampa.it 11/07/2012]
WASHINGTON
E' infondato il timore di un legame tra depressione e numero di ore trascorse su Facebook o altri siti di social network. E' quanto è emerso da uno studio condotto dall'Università del Wisconsin per verificare il rapporto pubblicato nel 2011 dall'Organizzazione dei pediatri americani(Aap), secondo cui una lunga esposizione a Facebook aumentava il rischio di depressione tra gli adolescenti.

«Il nostro studio è il primo a presentare prove scientifiche sul presunto legame tra l'uso dei social media e il rischio di depressione», ha sottolineato la ricercatrice Lauren Jelenchick. I risultati, pubblicati sul Giornale della salute dell'adolescente, «hanno implicazioni importanti per i medici che potrebbero aver allarmato troppo presto i genitori sull'uso dei social media e sui rischi di depressione».

Jelenchick e il docente Megan Moreno hanno seguito 190 studenti dell'Università, di età compresa tra i 18 e i 23 anni, che trascorrevano oltre metà del loro tempo su Facebook; e non hanno rinvenuto alcun nesso importante tra l'uso dei social media e il rischio di depressione. Tuttavia, Moreno, pediatra che studia il consumo dei social media tra bambini e adolescenti, ha sottolineato: «Seppure il numero di ore trascorso su Facebook non è associato alla depressione, noi invitiamo i genitori ad essere modelli attivi e insegnanti su un uso corretto ed equilibrato dei media per i loro figli».
(TMNews)

Tv e Minori: per il Consiglio nazionale degli utenti, nuovo decreto consente ancora l’aggiramento dei divieti

[Key4biz 10/07/2012]
Il Consiglio Nazionale degli utenti solleva alcuni dubbi riguardo al Testo Unico dei servizi di media audiovisivi in materia di tv e minori (Leggi Articolo Key4biz).
Per il CNU, vanno bene le modifiche introdotte dal governo tese a recepire i rilievi della Commissione europea per la tutela dei minori, “non è, però, del tutto fugato il rischio che possa essere aggirato il no a trasmettere prima delle 23,00 e dopo le ore 7,00 film vietati ai minori di anni 14, che costituiva uno dei punti di rafforzamento della precedente normativa a tutela dei minori”.

Il CNU nella riunione di ieri ha preso atto delle modifiche, ha accolto positivamente le disposizioni riguardanti il divieto assoluto per le trasmissioni televisive che “possono nuocere gravemente” allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori, salve le previsioni applicabili unicamente ai servizi a richiesta, e ha inoltre valutato con favore che la trasmissione di contenuti inadatti ai minori venga identificata mediante una chiara segnaletica durante l’intera durata del programma, secondo quanto previsto dalla direttive europea.

Tuttavia, “il CNU non condivide l’enfasi secondo cui questo decreto introdurrebbe norme più severe a tutela dei minori nella programmazione televisiva. Al contrario manifesta seria preoccupazione per l’ambiguità di una norma che potrebbe prestarsi a interpretazioni lassiste con ricadute negative per i giovani telespettatori”.
Perché, spiega il CNU, “l’art. 34, comma 2 stabilisce che i programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori e film vietati ai minori di anni 14 possano essere trasmessi anche in orario diurno in presenza di accorgimenti tecnici che escludano che i minori che si trovano nell’area di diffusione vedano o ascoltino normalmente tali programmi”.

Per il CNU, qualora si ritenesse l’attuale cosiddetto ‘controllo parentale’ rispondente a tali requisiti, “si consentirebbe praticamente l’aggiramento del divieto di tali trasmissioni prima delle 23,00 e dopo le ore 7,00 e si verrebbe così a determinare un quasi completo svuotamento del divieto alla trasmissione di film vietati ai minori di anni 14, che costituiva uno dei punti di rafforzamento della precedente normativa a tutela dei minori”.

Secondo il Consiglio nazionale degli utenti televisivi, “gli accorgimenti tecnici dovrebbero essere idonei ed effettivamente in grado di escludere che i minori accedano a programmi nocivi, ma in realtà il controllo parentale attualmente implementato in Italia, peraltro non operativo come default ma solo su iniziativa dell’utente, non garantisce in alcun modo l’esclusione dei minori dai programmi nocivi come invece prescritto dalla direttiva europea”.

Il decreto, approvato dal governo su proposta dei ministri per gli Affari europei e dello Sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli Affari esteri, Giustizia, Economia e finanze, recepisce i rilievi della Commissione Ue, applica i precetti suggeriti dal Comitato per la Tutela dei minori e distingue in modo più chiaro la diversità tra il regime delle trasmissioni lineari (in chiaro o a pagamento) e quello delle trasmissioni non lineari (on-demand).

La nuova normativa proibisce, spiega una nota del MiSE, la messa in onda di film classificati come “vietati ai minori di 18 anni” e di programmi considerati gravemente nocivi dello sviluppo psicofisico dei minori (che potranno invece essere fruiti solo ed esclusivamente mediante servizi a richiesta dell’utente, purché dotati delle necessarie tutele, quali il parental control e il servizio di avvertenza tramite bollino rosso).

I film vietati ai minori di 14 anni e tutti gli altri programmi comunque nocivi dello sviluppo psicofisico dei telespettatori più piccoli potranno andare in onda solo fra le ore 23.00 e le 7.00 del mattino, oppure con l’uso obbligatorio di un parental control. In entrambi i casi dovrà sempre essere presente l’apposita avvertenza televisiva (bollino rosso). 

Raffaella Natale

martedì 15 maggio 2012

Banda larga: quasi 600 milioni di utenti nel mondo, ma resta il gap tra Paesi ricchi e poveri. Rapporto ITU

[14/05/2012 Key4biz]
L’edizione 2012 del Rapporto ITUTrends in Telecommunication Reform’ evidenzia il ruolo cruciale giocato dalle legislazioni nazionali per accelerare lo sviluppo della banda larga e incoraggiare lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi digitali.
Il Report, sottotitolato ‘Smart Regulation for a Broadband World’, fornisce informazioni sulle questioni giuridiche e regolamentari, spesso complesse, che emergono oggi in merito alla diffusione della banda larga, motore sempre più potente per lo sviluppo di altri settori economici.
[Leggi tutto...]

Indagine della Società Italiana di Pediatria e adolescenti

[14/05/2012 Italiasalute.it]
Una generazione seduta, con oltre il 60% degli adolescenti che trascorre tra le 10 e le 11 ore tra la sedia e la poltrona. Altro che ‘declino dei media tradizionali’, la televisione, dopo anni di calo, sta tornando tra le abitudini dei ragazzi, e invece di essere alternativa a Internet vi si somma, contribuendo ad aumentare la sedentarietà. E se tutti hanno Facebook e buona parte lo smartphone, le ore preferite per utilizzarli sono quelle notturne, con più di metà del campione che va a letto ben oltre ‘Carosello’. Un terzo delle adolescenti ha seguito una dieta, ma “fai da te”, e in generale l’alimentazione appare monotona e non sempre corretta. Tra le note positive, invece, cala il bullismo, anche se preoccupa quello ‘on line’, si radica l’antirazzismo, aumenta la consapevolezza sui temi legati alla sessualità, crescono gli appassionati di matematica. Ma dovendo rinunciare per un mese a TV, telefonino o PC? “A niente; rinunciaci tu” La fotografia degli adolescenti di oggi è stata scattata dall’edizione 2011-2012 dell’indagine ‘Abitudini e Stili di Vita degli Adolescenti’ della Società Italiana di Pediatria, giunta alla quindicesima edizione, che ha coinvolto un campione nazionale rappresentativo di 2081 studenti (1042 maschi – 1039 femmine) frequentanti la classe terza media inferiore. Adolescenti sempre più seduti, quasi metà non fa sport, Internet continua a crescere e per la tv non è ancora ora di andare in soffitta. Tra le dieci e le undici ore al giorno seduti: così trascorrono la loro giornata – in periodo scolastico – il 60% degli adolescenti. Con tutti i rischi che ciò comporta in termini di insorgenza di malattie croniche in età adulta. Dalle tre alle quattro sono in media le ore trascorse davanti a uno schermo, TV e/o PC che sia, alle quali si sommano le 4 ore passate nel banco a scuola (stima riduttiva), l’ora e mezza destinata a pranzo e cena, e l’ora e mezza dedicata ai compiti. La causa principale di questa “epidemia di sedentarietà” è il sommarsi del tempo trascorso davanti alla televisione a quello trascorso a navigare in Internet, che dal 2008 è diventato un fenomeno di massa per gli adolescenti. Con l’aggravante che quest’anno la TV, dopo 4 anni di declino, sta tornando ad esercitare un certo fascino sugli adolescenti; per la prima volta, da tre anni a questa parte, sono di nuovo aumentati coloro che la guardano per più di tre ore al giorno (17,3%). Ma fiction e partite di calcio non si sostituiscono al PC e al web, che continua ad avere un trend in crescita. Così, mentre dal 2008 al 2010. il boom di Internet aveva in gran parte “cannibalizzato” gli spettatori televisivi (tanto che nel 2009 i risultati dell’indagine adolescenti SIP di quell’anno parlavano di “trasferimento da un monitor all’altro”), quest’anno all’ulteriore incremento nell’utilizzo di internet (sia per quanto riguarda la frequenza di accesso che la permanenza in rete) si è associato un nuovo impulso di crescita nella visione della televisione. Meno di un adolescente su cinque segue il tradizionale suggerimento dei pediatri di non superare le due ore al giorno tra TV e Computer. Se è vero che nel calcolo delle 10-11 ore seduti c’è probabilmente un “overlapping” generato da due cattive abitudini (una di vecchia data, una recente): consumare i pasti guardando la TV e studiare rimando collegati via Internet con gli amici, è altrettanto vero che dal computo si è escluso ogni altro momento di inevitabile sedentarietà quotidiana (dall’ascoltare musica a seguire qualche corso extrascolastico di tipo non sportivo, ai pomeriggi trascorsi “sul divano” a chiacchierare con le amiche) per cui il calcolo”, minuto più minuto meno, resta più che attendibile. Non consolano i dati sul tempo libero che gli adolescenti dichiarano di dedicare all’attività sportiva, che derivano da un approfondimento "adolescenti e sport" che la SIP ha realizzato in collaborazione con la Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI). Circa il 40% (44% delle femmine) oltre alle due ore (lorde) di “educazione fisica” previste dall’orario scolastico, o non pratica alcuna attività sportiva o pratica sport per meno di due ore alla settimana. E non è un caso che siano proprio i grandi utenti di TV e Internet ad essere rappresentati in percentuale maggiore tra i poco o per nulla sportivi. Anche riguardo a quel lodevole 30% che dichiara di dedicare allo sport più di 4 ore alla settimana, si può ragionevolmente dire che 4 ore di attività fisica alla settimana non compensano le 4 ore di computer (o TV ) al giorno. “Questi dati ci preoccupano non poco”, afferma il Presidente della Società Italiana Pediatria Alberto G. Ugazio. “La sedentarietà, come è noto, è un determinante importante dell’obesità, quindi della sindrome metabolica come fattore predisponente delle principali malattie cardiovascolari degenerative e tumorali dell’adulto e dell’anziano. D’altro canto non bastano certo le 2 ore a settimane di sport per recuperare le tante ore passate seduti. Ulteriore conferma degli stili di vita errati è il fatto che il mezzo utilizzato più frequentemente per andare a scuola è l’auto, utilizzata nel 43,1% dei casi”. Facebook e gli smartphone sono ormai fenomeni di massa. Sono otto su dieci i tredicenni che hanno il profilo su Facebook (il 79,8%, con un altro 6,5% vuole farlo a breve), mentre appena un anno fa erano il 10% in meno. E se per l’Autorita’ per le Tlc ormai il 30% dei telefonini italiani va su internet, molti sono in tasca agli adolescenti: il 65% del campione ne possiede uno. In città i comportamenti a rischio sono maggiori A collegarsi alla rete per più di 3 ore al giorno è il 17% (media nazionale), ma il 25,4% nelle grandi città. Ad avere il profilo sul Facebook è l’80% (50% nel 2009 , 61% nel 2010) ma nelle grandi città si supera l’85%. E nell’ambito della navigazione in rete, i comportamenti potenzialmente pericolosi sono praticati maggiormente proprio dagli adolescenti che vivono nelle aree metropolitane. Anche relativamente al fumo di sigarette si fa sentire l’effetto “area metropolitana”. Chi dichiara di fumare (o aver fumato) passa dal 32% (media nazionale) al 37,2. La distribuzione degli abitanti in Italia, a differenza di quanto avviene negli altri grandi paesi europei, è maggiormente concentrata nei piccoli e medi centri urbani invece che nelle grandi aree metropolitane ma, come sostiene Carlo Buzzi, Direttore del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Trento e consulente scientifico per l’indagine SIP, “le tendenze anticipatrici dei comportamenti vanno comunque ricercate nelle grandi città. In altre parole, è molto più probabile (nei consumi e nelle abitudini di vita) che i comportamenti di oggi degli adolescenti che vivono nelle aree metropolitane saranno presto “imitati” dagli altri che non viceversa. Ragion per cui è molto importante tener conto delle tendenze metropolitane anche se complessivamente interessano – in Italia – una fascia minoritaria di popolazione”. Giovani nottambuli, anche se c’è scuola Per il 77,7% del campione le regole imposte dai genitori vanno bene, mentre solo il 16,5% le considera eccessive e un altro 6% addirittura poche. “Forse qualche regola più rigida non farebbe male– commenta a Maurizio Tucci, curatore dell’indagine – se si pensa che più del 50% va a letto dopo le 23 anche se il giorno successivo c’è scuola, e la percentuale sfonda il 90% se invece non ci sono lezioni. Inutile dire – prosegue Tucci - che le ore “midnight round” i baby nottambuli le trascorrono davanti alla TV o, molto più spesso, navigando in Internet, indisturbati nella propria camera da letto, il 68%, infatti, ha il PC in camera da letto e il 61% la TV. Naturalmente il 45% li ha entrambi”. Sì al primo amore a 13 anni, ma per il sesso c’è tempo Anche se la maggioranza degli intervistati (il 65%) ha già avuto il ragazzo o la ragazza, il sesso non sembra essere una priorità: solo il 12% ritiene che 14 anni sia già un’età ragionevole per avere rapporti sessuali completi. La maggioranza relativa (47%) risponde che: “non c’è un’età precisa, ma, quando ci si sente pronti”. Circa le loro conoscenze in materia, il 75% dei maschi e il 52% delle femmine ritiene di avere tutte le informazioni di cui ha bisogno a riguardo (percentuale in crescita rispetto allo scorso anno). “C’è comunque da capire – si chiede Tucci - quanto queste “competenze” siano affidabili, considerando che la loro principale fonte di informazione sono gli amici e le amiche e che – come dichiarano francamente nei focus group che svolgiamo nell’ambito dell’indagine – il livello di confidenza con le mamme (seconda fonte di informazione) non è particolarmente spinto”. Cala il bullismo classico, ma preoccupa quello sul web Un dato positivo che emerge dall’indagine riguarda il bullismo. Si conferma una contrazione del fenomeno o, quantomeno, della percezione del fenomeno da parte degli adolescenti. A dichiarare di aver assistito (qualche volta o spesso) ad atti di bullismo è il 54% del campione. Un dato assoluto certamente non basso, ma significativamente minore rispetto al 61,5% registrato lo scorso anno e – soprattutto – rispetto al 75% del 2008. Quasi dimezzate dallo scorso anno sia la percentuale di chi pensa che un ragazzo o una ragazza prepotenti siano in gamba (dal 4,5 al 2,4%) sia quella di chi considera una spia chi riferisce gli episodi subiti (dal 10,5 al 5,1%). Accanto a questi dati complessivamente confortanti c’è però una realtà ‘sommersa’ costituita dal cyberbullismo, ovvero persecuzioni, offese e molestie, perpetrate in rete, soprattutto attraverso i social network. Lo registra già il 43% degli adolescenti, percentuale che sale (ovviamente) al 62% tra i grandi utilizzatori della rete. “Il bullismo elettronico permette un maggiore anonimato del bullismo diretto o di quello indiretto di tipo sociale, anonimato che può far diminuire il senso di responsabilità da parte di chi agisce, permettendo l'azione prevaricante anche da parte di soggetti che nella conflittualità sociale diretta non troverebbero la forza di agire”, commenta Luca Bernardo, Consigliere nazionale SIP e grande esperto di disagio giovanile. “Il bullismo elettronico – prosegue - inoltre, con il ruolo rivestito dall'immagine, risente più del bullismo "tradizionale" dell'influenza dei media e delle modalità e contenuti da questi trasmessi. Non va poi dimenticato, in termini operativi, che il bullismo elettronico può essere maggiormente nascosto al mondo degli adulti, a causa di una generale maggiore competenza informatica e tecnologica dei ragazzi rispetto ai genitori o agli adulti in genere ed alla scarsa possibilità di controllare le comunicazioni inviate tramite internet o tramite cellulare. Il Cyberbullismo consente al bullo di “diventare un eroe multimediale” e fa si che la vittima non rimanga vittima una sola volta, ma diventi la vittima catturata dall’infinito spazio virtuale; e l’immagine (fotografia, film, ecc.) che riprende la violenza subita (verbale, fisica) viene immortalata e resa intangibile nello spazio virtuale. Ciò comporta che il disagio della vittima aumenti in modo esponenziale: il silenzio, l’esclusione, il senso di impotenza, la mortificazione, la vergogna, il timore del giudizio degli altri, che connota ogni vittima di bullismo, diventano spesso insostenibili quando si è alla mercé di un atto di cyberbulling”. Un terzo delle adolescenti ha già seguito una dieta, ma ‘fai da te’ Un terzo delle ragazze intervistate ha già fatto una dieta, e un’altra fetta consistente vorrebbe farla, e la tendenza ‘contagia’ anche i maschi, il 43% dei quali vorrebbe essere più magro (così come il 62,3% delle coetanee). Solo in una minima parte dei casi, però, l’indicazione sull’alimentazione da seguire viene dal medico. La pizza batte l’hamburger: dovendo scegliere dove andare a cena con gli amici il 67,6% del campione indica la pizzeria e meno del 30% il McDonald’s. Meglio un viaggio che andare in TV e… viva la matematica Tra le altre sorprese positive cresce la convinzione che il razzismo sia qualcosa di inaccettabile (73,7% del campione contro il 65,1 dello scorso anno), mentre fra i desideri dei ragazzi ‘fare un bel viaggio’ supera nettamente ‘partecipare a una trasmissione televisiva’, che viene surclassato persino da ‘essere il primo della classe’. “Rinunziaci tu…” Dovendo rinunciare per forza - per un mese - al telefonino, al computer o alla televisione la maggioranza rinuncerebbe alla tv (47,1%), rispetto al computer (27,7) e a telefonino (23,9). “Al di là di come si sono distribuite le risposte – sottolinea Tucci – mi ha colpito l’alto numero di ragazzi e ragazze che non rispondendo alla domanda (o anche rispondendo) ha aggiunto sul questionario “a penna” frasi del tipo: “non posso rinunciare a niente”, “non rinuncerei a niente” o, più colorite, come “fossi pazzo” o “rinunziaci tu”. Una conferma di quanto sostiene Costantino Gilardi, psicologo domenicano e grande conoscitore dell’adolescenza, che indica che una delle maggiori criticità della nostra società – che così ha abituato le nuove generazioni - è rappresentata dall’incapacità alla rinuncia, sulla quale si dovrebbe fondare l’essenza dell’uomo”.