mercoledì 27 luglio 2011

Facebook: le notizie diventano social

[Quomedia 27/07/2011]

Mark Zuckerberg, creatore di Facebook, starebbe progettando di lanciare a settembre un nuovo servizio chiamato Facebook Editions. La mossa nasce dalla necessità di contrastare l'ultimo nato tra i social network, Google +, che, a tre settimane dal lancio, ha già tagliato il traguardo dei 20 milioni di utenti iscritti. La novità riguarderebbe il campo delle news online: la piattaforma dovrebbe infatti consentire la lettura delle notizie direttamente sul noto social network.

L'obiettivo di Zuckerberg non punta, perciò, ad aumentare il già considerevole numero di utenti iscritti (Facebook vanta più di 700 milioni di iscrizioni, di cui quasi 20 milioni solo in Italia) ma è piuttosto focalizzato a far trascorrere ai propri utenti più tempo tra le 'mura digitali' del social network. Come dimostra un recente sondaggio condotto da comScore per la Newspaper Association of America, infatti, sono i siti web dei quotidiani ad attrarre quasi i due terzi di tutti gli internauti adulti degli Stati Uniti.

Secondo Forbes, circa una dozzina di agenzie di stampa avrebbero già preso accordi per avere una propria versione dell'applicazione per essere consultati su Facebook. Cnn, The Daily e il Washington Post sono alcune delle società interessate. Anche il New York Times avrebbe ricevuto la richiesta di partecipare la progetto, ma secondo alcune fonti avrebbe optato per un rifiuto momentaneo, dovuto probabilmente alla sua strategia di fornire contenuti a pagamento online.

Smartphone e social network addicted? E' l'abitudine al controllo

[Benessere blog 26/07/2011]

Psicologia. Si chiama abitudine al controllo (checking habits) una delle patologie legate all’uso compulsivo dei social network. Già. Se abbiamo raccontato che Twitter può essere un’importante banca dati per conoscere i comportamenti che hanno a che fare con la salute, per il singolo utente il social network - e, più in generale, il web - può tradursi in una vera e propria patologia, complici gli smartphone.

Perché la possibilità di essere connessi costantemente proprio grazie agli smartphone - come dimostrano dati raccolti in Finlandia e negli U.S.A. - può causare un vero e proprio comportamento patologico, caratterizzato da un controllo ossessivo di notizie, email, contatti e social network grazie alle app. Controlli che durano meno di 30 secondi l’uno.

I dati non lasciano dubbi: c’è un uso significativo degli smartphone che riguarda solamente questi controlli continui, associati alla lettura di email durante i viaggi per i pendolari, oppure la ricerca di news durante i momenti di inattività o noia. E la percezione di chi attua questo tipo di comportamenti non è quella di una sorta di dipendenza, naturalmente. Lo studio è stato pubblicato sul Personal and Ubiquitous Computing Journal e proviene dall’Helsinki Institute for Information Technology.

Antti Oulasvirta, la ricercatrice che ha condotto lo studio, racconta:

La cosa interessane è che se prendete lo smartphone per trovare stimoli interessanti e rispondere, in questo modo, alla noia, si viene sistematicamente distratti da cose più importanti che accadono intorno a voi. Le abitudini, poi, diventano automaticamente comportamenti, e compromettono il controllo consapevole delleLe abitudini sono automaticamente attivati ​​comportamenti e compromettere il controllo conscio che alcune situazioni richiedono. Gli studi cominciano ad associare l’uso dello smartphone a conseguenze disastrose, come ad esempio gli incidenti d’auto o scarso rendimento sul lavoro. Purtroppo, come dimostrano decenni di lavoro di psicologia, le abitudini non sono facili da cambiare


Francesco Gaggiotti

Social Room, quando ad essere condivisa non è solo una stanza

[NinjaMarketing 26/07/2011] Le tecnologie nell’ultimo periodo hanno cambiato o meglio hanno migliorato il turismo, provocando di fatto una rivoluzione culturale ed esperienziale nei comportamenti di consumo del turista.

Sono sotto gli occhi di tutti i benefici connessi al social networking, specialmente se pensiamo alla categoria dei backpackers, come evidenzia la ricerca “Ostelli e backpackers nell’era del web 2.0” condotta dal Centro Studi Etnografia Digitale, che dimostra la presenza di un’interessante ed attiva comunità del web.

Nell’immaginario collettivo alloggiare in un ostello è da sempre stato considerato un’opzione semplice ed economica, adatta a chi e’ disposto ad accontentarsi di una qualità scadente. In realta’ non e’ il risparmio economico il motivo per cui la web tribe dei backpacker sceglie di alloggiare in un ostello: si tratta piuttosto di una scelta puramente culturale perché per la comunità dei viaggiatori con lo zaino in spalla il viaggio è innanzitutto un’esperienza di contaminazione culturale.

Il carattere distintivo della ricerca fa emergere due tendenze legate alle dinamiche del social networking: i flashpacker, ovvero l’evoluzione 2.0 dei backpacker che condividono in ogni dove l’esperienza turistica, e le social room.

Le social room sono stanze all’interno degli ostelli, dove è possibile soggiornare e pagare attraverso la forma del “dono”: non si paga in denaro, ma con una sorta di baratto, identificato in uno scambio equo di skill e conoscenze che il flashpacker mette a disposizione in cambio dell’ospitalita’ (per esempio si può soggiornare in ostello “scambiando” fotografie, video, competenze, ecc).

In tale scenario di progresso, sembrerebbe un ossimoro parlare di “economia del dono” o comunemente baratto: identificando un meccanismo con cui le tribù instaurano un sofisticato insieme di relazioni sociali basate sullo scambio reciproco di doni che preparano il terreno a un legame più duraturo nel tempo.

Il primo Ostello in Italia a realizzare la social room e quindi ad adottare lo shift dall’economia “tradizionale” all‘economa relazionale, è l’ostello di Cava de’ Tirreni “Borgo Scacciaventi“, un’ottimo case history in pieno stile mediterraneo, culla natìa della cultura dell’accoglienza e dello scambio. La scelta dell’ostello in costiera amalfitana è insita nel valore delle persone, che partecipano ad un progetto non perché attirate da prospettive economiche, ma spinte da motivazioni sociali: sentirsi parte attiva e propositiva di un gruppo, condividere un ideale, instaurare legami con altre persone.

Ritengo che la social room rispecchi perfettamente l’evoluzione socio-antropologica che il settore turistico sta attraversando, mettendo al centro le persone e il loro innato bisogno di incontrarsi, ascoltare e condividere le emozioni.

Partiamo tutti insieme per questa entusiasmante avventura?
Alessio Carciofi

martedì 26 luglio 2011

Parlamento Europeo e Privacy: verso una nuova normativa

[Pubblica amministrazione.net 25/07/2011]

Il 22 giugno 2001 la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento Europeo ha approvato una proposta di risoluzione "su un approccio globale alla protezione dei dati personali nell'Unione europea" (2011/2025(INI)). La normativa vigente si basa sulla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.

Della Direttiva del 1995 restano validi gli obiettivi della tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, quindi anche il diritto alla protezione dei dati, e la libera circolazione delle informazioni.

Tuttavia appare inadeguata ad affrontare una rete basata sul web 2.0, i social network, gli smartphone.

Inoltre la Direttiva del 1995 è stata attuata in modo scoordinato tra i vari Stati dell'Unione Europea, con una produzione di leggi che hanno reso difficile adeguarsi da parte delle aziende europee.

Il Parlamento fa propria la comunicazione della Commissione (presentata nel novembre 2010) su un approccio globale alla protezione dei dati personali nell'Unione europea (UE) per rispondere alle nuove sfide che derivano dall'affermarsi delle nuove tecnologie e dal loro impatto, dalla globalizzazione e dal rapido sviluppo di Internet, fino alla necessità di migliorare l'applicazione delle norme in materia di protezione dei dati per i cittadini europei.

Gli sviluppi degli ultimi 15 anni dimostrano che l'era digitale incide ormai sull'economia, le strategie di sicurezza, le comunicazioni, le responsabilità di Stato e su tutti gli aspetti della quotidianità. Si tratta di una rivoluzione che rende inconcepibile un mondo in cui non vi sia la raccolta, la conservazione, il trattamento e la condivisione di dati.

Sino a qualche anno fa i cittadini dovevano essere protetti dall'abuso dei loro dati personali da parte dello Stato.

Ora la loro privacy è messa a rischio anche da attori privati o persino dal loro stesso comportamento incauto, di cui altri possono approfittare.

ENISA, l'Agenzia per la "sicurezza informatica" dell'UE ha pubblicato nel gennaio 2010 un sondaggio relativo alla privacy, sicurezza, fiducia, la reputazione, il monitoraggio, i meccanismi di accountability consenso distribuito in servizi on-line e uno studio sulle questioni legate alla sicurezza e alla privacy riguardanti i nuovi tipi di "cookies" online.

In questo senso si mettono in rilievo le seguenti necessità:

1. Fare opera di sensibilizzazione e istruire, in modo particolare i minori, sull'uso ragionevole delle tecnologie. I cittadini devono essere consapevoli delle tracce digitali che lasciano e delle possibili conseguenze. Per esempio occorre comprendere che sul web esiste una regola aurea: nel momento in cui non si paga per quello che si vede sulla pagina virtuale, in realtà avviene uno scambio occulto di parti di identità personale.

Attraverso Flash e Javascript è possibile acquisire dal computer che sta visitando un sito commerciale (e non solo) i comportamenti dell'utente.

Addirittura con i "local shared object" (LSO), cioè i cookie di flash, che vengono sfruttati per effettuare ricerche di mercato tracciando gli utenti, sino alla recente versione di Flash Player 10.3.181.14 erano rimovibili solo attraverso una procedura complessa che obbligava a collegarsi ad un URL indicato da Adobe.

Attualmente è possibile mettere il puntatore del mouse su un contenuto Flash, cliccare con il tasto destro e selezionare Impostazioni globali/tab memorizzazione/elimina tutto, per accedere alla rimozione dei LSO.

2. Identificare i modi per aumentare la protezione dei dati senza ostacolare la funzionalità di Internet e senza imporre nuovi oneri burocratici e finanziari alle aziende. Una rete Internet sicura e in espansione rappresenta un vantaggio sia per le aziende che per i consumatori.

3. Identificare i modi per tutelare la privacy senza proteggere le attività criminali o creare nuove opportunità per commettere reati (Cybercrime).

La cosiddetta quadratura del cerchio per addivenire ad una nuova normativa deve trovare un equilibrio fra la libertà individuale (libertà di scelta e di autonomia privata), la necessità di mantenere la sicurezza interna ed esterna, il diritto all'autodeterminazione informativa e il diritto alla privacy.

E tale equilibrio deve fondarsi sull'idea che uno scambio di dati efficace e rapido è indispensabile per garantire la sicurezza a livello nazionale e mondiale. Tale scambio può consentire allo Stato di garantire tutti gli altri diritti fondamentali e adempiere a tutte le necessarie mansioni amministrative.

Un punto fondamentale è riuscire a fare in modo che le norme dell'UE in materia di protezione dei dati siano applicabili e vincolanti per tutti i cittadini dell'Unione, a prescindere dalla possibile collocazione della società o del server interessati.

Sono cinque i settori che meritano particolare attenzione:

  1. rafforzare i diritti delle persone;
  2. rafforzare la dimensione "mercato interno";
  3. rivedere le norme nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale;
  4. rafforzare l'assetto istituzionale per un'applicazione effettiva delle norme di protezione dei dati;
  5. rafforzare la dimensione globale della protezione dei dati.

Inoltre, in linea con la valutazione del Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), è fondamentale considerare due questioni basilari:

  • la protezione deve essere efficace, certa in ogni circostanza ed essere indipendente rispetto alle maggioranze politiche di un determinato periodo;
  • il quadro deve essere stabile sul lungo periodo e qualora sia necessario porre dei limiti all'esercizio del diritto, deve trattarsi di casi eccezionali, debitamente giustificati e che non incidono mai sugli elementi fondamentali del diritto stesso.

Gli Stati Membri dell'UE avevano l'obbligo di rispettare la deadline per trasformare in legge nazionale la Direttiva 2009/136/CE (che a sua volta aggiorna le Direttive 2002/58/CE e 2002/22/CE e il Regolamento CE 2006/2004 ) entro il 25 maggio 2011. La direttiva evidenzia la necessità di avere un consenso valido da parte dell'utente e che gli utenti ricevano informazioni chiare e in anticipo relativa a qualsiasi attività di tracciamento da parte di un sito.

Ma il termine per attuare la direttiva in questione, soprannominata Cookie Law, su 27 Paesi dell'UE è stato rispettato solo da Estonia, Danimarca e (con un ritardo di qualche giorno) Regno Unito.

Stefano Gorla

lunedì 25 luglio 2011

Digitale: Se i ragazzi sono più saggi nell' uso dei social network

[Corriere della Sera 25/07/2011]

A un multitasking conformista si preferisce la ricerca di spazi offline

I venditori di tecnologia non fanno che decantare le meraviglie dell' essere sempre collegati a Internet, perennemente online, costantemente in contatto con il pianeta o, più modestamente, con il piccolo mondo degli amici che si ritrovano su Facebook e Twitter. Che dire poi del paradiso del multitasking, cioè la possibilità di passare agevolmente da un' applicazione all' altra dell' iPhone e dell' iPad, che è oggetto di un' infinita retorica commerciale? In realtà, l' essere sempre «accesi» provoca la sensazione di essere stritolati da una macchina conformista, sopraffatti da strumenti pensati in origine per migliorarci la vita. La posta elettronica è un piccolo ma eloquente esempio: quante volte, in una riunione, vediamo persone distrarsi per eliminare lo spamming , la posta indesiderata, dal proprio smartphone? È come se fossero sempre da un' altra parte rispetto al luogo in cui sono in quel momento. Lontano da dove, ma dove non si sa. Ci si può chiedere se le «nuove tecnologie» (sorvolando per un attimo sulle loro differenze) facciano crescere la creatività delle persone o finiscano per appiattirla. E se, per reazione, non stia già nascendo una nuova élite che si ritaglia spazi di «non connessione» sempre più grandi, per dedicare tempo alla riflessione solitaria e alla conversazione con persone in carne e ossa. Una nuova élite offline, convinta che cento social network non valgano un caffè con un amico. E che talvolta una passeggiata sia incomparabilmente più fruttuosa di una chat. C' è, innanzitutto, un problema di età. Ma non nel senso che comunemente si crede, cioè i giovani tutti nativi digitali e i vecchi tutti demodé. Tra i giovani ci sono profonde differenze, come documenta una bella ricerca della Fondazione Bruno Kessler di Trento. Sono nativi digitali sia i trentenni che i quindicenni. Ma gli adolescenti, cresciuti in un' epoca di web sociale e Internet maturo, sono più orientati a mettere l' uso delle tecnologie della comunicazione in secondo piano rispetto alla frequentazione del mondo reale. Sono più equilibrati e saggi dei loro fratelli maggiori, nutriti alla dieta dei videogame. Forzando un po' , si può dire che questi adolescenti sono al tempo stesso contemporanei e «classici». Aristotele non stava fermo a pensare, camminava chiacchierando con i suoi discepoli. Anche Rousseau passeggiava, osservando le cose e intrattenendosi con le persone. E così pure Nietzsche. I giganti del pensiero non restano immobili a meditare, con il mento tra le mani, come il pensatore di Rodin, concepito e scolpito a cavallo tra Otto e Novecento, quando la rivoluzione industriale esplode, creando inquietudini profonde come Internet oggi. Peppino Ortoleva, storico dei media, ricorda i versi di T.S. Eliot quando il poeta si chiede dov' è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza, dov' è la conoscenza che abbiamo perso nell' informazione. «Sono tre forme di sapere con caratteristiche diverse. Oggi siamo nell' era dell' informazione. Punticolare e reticolare. Rischiamo di vedere il ramo e non la foresta, anche se ci muoviamo in un universo conoscitivo immenso e straordinario. Il ruolo della scuola è dare una base di conoscenza che renda redditizia l' informazione. Ecco la grande partita del nostro tempo». Ma è un' élite, per ora, quella che si pone l' obiettivo di usare al meglio la quantità di informazioni e la simultaneità dei contatti del mondo digitale. Un' élite non solo di potere. «I migliori tra i miei studenti - dice Ortoleva - fanno proprio questo: trasformano le informazioni in conoscenza. Non s' impigriscono nella bambagia di Wikipedia, studiano, fanno verifiche, confrontano le fonti. Sono bravi a creare reti di scambio, ma sanno anche ritagliarsi momenti di riflessione offline». Le idee migliori non nascono secondo un' unica modalità: a volte è la solitudine a produrle, a volte, persino, la convalescenza, e la letteratura ce ne ha regalato esempi splendidi. Altre volte il meglio viene fuori da uno scambio, da un' improvvisazione, come fanno i jazzisti quando suonano in jam session . I più bravi selezionano le priorità, si danno una disciplina, respingono l' asocialità e il conformismo che si nascondono dietro la cortina della socievolezza e delle novità hi-tech. Secondo Franco Bernabè, presidente esecutivo di Telecom Italia, «la tecnologia non omologa la gente, ma, al contrario, sta creando una forte polarizzazione tra chi sa, l' élite di chi ha buona cultura di base, si orienta bene nei nuovi mezzi, e chi non sa. I primi diventano ancora più forti, hanno sempre più mercato, più occasioni professionali, se hanno capacità di iniziativa possono anche raggiungere il successo economico, perché i mezzi in campo sono davvero straordinari. Mentre la maggioranza, che li usa in modo inconsapevole e dispersivo, ne trae un modesto beneficio. E tuttavia anche i meno dotati stanno modificando radicalmente il panorama mediatico, perché in tutto il mondo emigrano in massa dalla televisione ai mezzi interattivi». Le conseguenze della diffusione capillare di Internet sono molto profonde: non solo sul piano della creatività individuale e della cultura personale, ma anche su quello economico-sociale. «La massa della piccola e piccolissima borghesia - dice il manager - era legata a lavori intellettuali a basso contenuto creativo, che oggi tendono a sparire per effetto di Internet. Accadde la stessa cosa alle mansioni operaie quando furono in parte cancellate dai robot. Per la società è un problema molto serio, perché il reddito viene distribuito attraverso il lavoro, e oggi il lavoro intellettuale più ripetitivo sparisce perché assorbito dalla tecnologia. Si profila il rischio di una società ancora più diseguale». È un processo che riguarda anche professioni cruciali come l' insegnamento: «Se soltanto pensiamo all' impatto potenziale della teledidattica - conclude Bernabè - possiamo immaginare le conseguenze sui posti di lavoro». Resta perciò, e anzi si rafforza, l' esigenza di formare giovani dotati di senso critico, capaci di confrontare le fonti e di ascoltare gli altri, «accettando - come dice Ortoleva - lo stimolo di punti di vista diversi dai propri». Giovani in grado di imparare, liberandosi dell' ideologia della presunta parità tra chi sa e chi non sa, che ricorda vagamente la Rivoluzione culturale di Mao Zedong, quando i «giovani istruiti», e i loro insegnanti, venivano mandati a lavorare nelle campagne. Nel mondo dell' arte, un' esperienza di valore è quella realizzata da Luca Barbero, oggi curatore associato della Collezione Guggenheim a Venezia, al Museo d' Arte Contemporanea di Roma - il Macro - di cui è stato direttore e grande animatore fino al maggio scorso. «Quello che abbiamo cercato di fare - dice Barbero - è stato aprire il museo al pubblico, usando tutti gli strumenti a nostra disposizione. Da un lato, attraverso Facebook e Twitter, abbiamo lanciato stimoli per attirare la curiosità dei visitatori, senza però inondarli di informazioni inutili. Dall' altro abbiamo lavorato per abbattere i muri specialistici che troppo spesso separano l' arte dal pubblico». Il lavoro «tecnologico» del Macro non si è limitato al rapporto con il pubblico, ma si è rivolto anche agli artisti, stimolati a trovare nuovi canali espressivi come i video su YouTube. Così la platea si è allargata a nuove fasce di pubblico. Il museo si è reso ospitale come una casa. Dove gli artisti e i visitatori hanno provato, per una volta, a coabitare. esegantini@corriere.it RIPRODUZIONE RISERVATA **** La ricerca La Fondazione Bruno Kessler ha realizzato nei mesi scorsi un' indagine circa l' uso di Internet condotta su 852 studenti delle scuole superiori del Trentino (età media 16,9 anni) Uno dei dati più rilevanti emersi dalla ricerca, realizzata da Silvia Gherardi e Manuela Perrotta, è che questi ragazzi (come risulta dal grafico), si dicono più interessati a uscire con gli amici o ad ascoltare musica rispetto alla navigazione su Internet I giovani trentini iniziano a usare il web a un' età media di 11 anni e oltre il 93 per cento ha una connessione a casa. Ma di solito trovano nuovi amici tramite le conoscenze comuni (63,6 per cento) o a scuola (57,9), più che su Internet (19,3)

Segantini Edoardo

Come influenzano i social network

[La Stampa.it 24/07/2011]
Nel dibattito online dell’Economist sul futuro del giornalismo, Nicholas Carr sosteneva che Internet lo peggiora e Jay Rosen che lo migliora. Alla fine ha vinto il punto di vista del professor Rosen. E’ vero che Internet danneggia il modello di business dei media tradizionali, ma migliora il giornalismo: perché abbassa i costi e apre il mercato, fa arrivare ovunque le notizie, offre nuovi strumenti a chiunque li voglia e cambia l’equilibrio del potere tra utenti e giornalisti; il pubblico si è ripreso il controllo a colpi di clic.

Come raccogliamo, filtriamo e distribuiamo le notizie coi social network cambia, perché i nuovi media sono «orizzontali»: cioè le news non arrivano più solo dai reporter che le scrivono, dall’alto al basso, ma emergono da un ecosistema in cui giornalisti, fonti e utenti si scambiano le informazioni in maniera orizzontale. Secondo i dati Pew/Nielsen, già oggi il 30% dei visitatori dei siti dei giornali arriva dall’aggregatore Google News, ma per Josh Nieman, del laboratorio di giornalismo di Harvard, grazie alla facilità d’uso dei bottoni «condividi» o «mi piace» cresce a vista d’occhio l’audience di Facebook e simili.

Alcuni giornali (tra cui LaStampa.it) mettono in evidenza per i loro lettori gli articoli raccomandati dai loro amici. E secondo Liz Heron, «social media editor» del New York Times, gli stessi giornalisti sono più inclini a guardare blog, Facebook, Twitter e gli altri social media come un valore aggiunto rispetto ai media tradizionali: un cambio di atteggiamento prezioso per i giornalisti che vorranno restare in testa al cambiamento.
Anna Masera

Web: Save the Children, 1 su 5 scambia in rete immagini a sfondo sessuale

[AdnKronos 22/07/2011] La rete e' ormai il luogo dove i pre-adolescenti e gli adolescenti italiani scoprono, esibiscono, raccontano e anche sperimentano la propria sessualita', con pochi pudori e molta liberta'. E' quanto emerge dalla ricerca di Save the Children 'Sessualita' e Internet: i comportamenti dei teenager italiani', realizzata da Ipsos con ragazzi e ragazze italiani dai 12 ai 19 anni. Secondo i dati raccolti, infatti, il 19% degli intervistati riceve video-immagini di persone conosciute solo in rete seminude/nude, il 13% invia video/immagini di se' seminudo/nudo, percentuale quest'ultima che differisce in base alla fascia d'eta' con il 6,5% dei ragazzini/e di 12-13 anni a fronte del 16% dei 16enni-17enni. E ancora: il 34%, ovvero 1 minore su 3, dichiara invece di aver ricevuto messaggi con riferimenti al sesso, mentre e' tra i 14 e i 15 anni che la maggior parte degli adolescenti maschi e femmine, il 54% del campione, diventa 'attiva' inviando il primo messaggio hard, invio che non imbarazza ma anzi vede in azione anche il 36% degli intervistati fra i 10 e i 14 anni. Tra le motivazioni che gli intervistati indicano come spinta ad inviare o pubblicare in rete messaggi, immagini o video di questo tipo c'e' soprattutto quella di farsi notare da qualcuno o il sentirsi sexy. Non mancano pero' anche motivazioni piu' utilitaristiche: secondo il 29% le ragazze o i ragazzi fanno tutto cio' per ricevere regali/ricompense/ricariche.

La memoria ai tempi di internet

[West 22/07/2011] Anche la nostra memoria, non sarebbe salva dalle influenze del web 2.0. Lo rende noto un nuovo studio della Columbia University, secondo il quale il “Googlare” avrebbe delle ripercussioni sui ricordi. I motori di ricerca non causerebbero una vera e propria perdita di questa capacità, ma piuttosto starebbero influenzando il modo in cui il cervello organizza e ritrova le informazioni immagazzinate.
Beatrice Credi

Ricerca

venerdì 22 luglio 2011

Internet, Italiani poco attenti alla sicurezza

[La Stampa 22/07/2011] ROMA
Il 16% degli utenti di internet è stato vittima di un’”intromissione elettronica”, ovvero qualcuno ha violato il suo accesso ai servizi. E di questi il 35% ne ha avuto un danno economico. Lo denuncia un’indagine condotta da Cpp Italia, filiale della multinazionale inglese specializzata nella tutela della sicurezza dei dati personali e nella protezione delle carte di credito. Ma la colpa è in parte dei naviganti: il 42% degli intervistati non modifica mai, a meno che non sia obbligato a farlo, le password di accesso ai servizi e-mail e home banking, mentre l’11% lo fa a cadenza annuale o più lunga.

«Comportamenti che possono favorire, almeno in parte, la violazione dei propri account internet», si legge in una nota. E il prezzo da pagare può essere anche salato: per 3 intervistati su 100 infatti i danni da truffe online sono stati contenuti entro i mille euro. Tra i mille e i 5 mila euro sono stati i danni economici per il 2% degli utenti internet, mentre solo l’1% ha subito danni superiori ai 5 mila euro. Oltre il 30% invece sono quelli che hanno subito l’uso fraudolento dell’account di posta elettronica, Messenger (o altre web chat) o del proprio social network.

Nonostante i pericoli, solo il 17% degli intervistati modifica le proprie password una volta al mese. Il 18% cambia i codici di accesso almeno ogni tre mesi, mentre il 12% lo fa due volte l’anno. Una sola password per tutti i tipi di accessi a internet, dall’home banking ai social network, è utilizzata dal 14% degli utenti, mentre il 13% ne usa 2: una per gli accessi ai servizi finanziari e un’altra per social network e i servizi per il ’tempo liberò.

«Cambiare frequentemente le password - spiega Walter Bruschi, amministratore delegato di CPP Italia - è sola una delle attenzioni da avere per tutelarsi dalle truffe. Per incrementare il livello di sicurezza è però meglio utilizzare password diverse per ogni tipo di accesso. Se, infatti, un malintenzionato entrasse in possesso della nostra unica password - continua- avrebbe accesso anche a tutti gli account internet. Si rischierebbe, quindi, di subire non solo un danno patrimoniale ma anche il furto di identità, un tipo di frode che si sta espandendo anche in Italia».

«Con il furto di identità - prosegue - il malvivente di turno può fare acquisti rateali o richiedere finanziamenti a nostro nome. Dimostrare la nostra estraneità ai fatti, e ottenere i rimborsi delle somme indebitamente sottratte, richiede l’intervento di diverse figure professionali e soprattutto tempi piuttosto lunghi. Contro questo tipo di frode - conclude - ci si può tutelare sottoscrivendo servizi di protezione dei dati personali e software che rendano più sicura la navigazione ».

Se non si vogliono acquistare programmi specifici di protezione bisognerebbe fare come quel 47% di utenti che utilizza una password diversa per ogni accesso e la cambia con una certa regolarità.

mercoledì 20 luglio 2011

Se mamma ti spia su Facebook

[Corriere della Sera 20/07/2011]

MILANO - Oltre la metà dei genitori inglesi spia i propri figli su Facebook per capire cosa fanno in rete e monitorare gli eventuali pericoli, ma anche per conoscerli meglio, perché si sentono «tagliati fuori» dalla loro vita. Questo il risultato dell’indagine promossa dalla Bullguard Internet Security che ha evidenziato che il 55% di papà e mamme d’Oltremanica guarda abitualmente i profili Facebook della prole, con il 41% che ne monitora gli aggiornamenti di status, il 39% la bacheca e il 29% che tiene d’occhio le foto caricate. Quanto alle motivazioni alla base dei controlli, queste spaziano dall’istinto iperprotettivo (6%) alla curiosità (14%) e se un quarto del campione genitoriale ammette di ricorrere a tale sistema per cercare di conoscere meglio i figli, un buon 40% si rifiuta di usare simili trucchetti, mentre il 5% dice che lo farebbe anche, se solo sapesse come si fa. E proprio per evitare di essere beccati a fare gli spioni al primo login, i genitori si stanno facendo furbi e uno su 20 ora accede a Facebook o Twitter dall’account di un amico.

Ma la presenza online di mamma e papà non infastidisce i ragazzi solo per il rischio-controlli, ma anche perché, a loro dire, «Facebook non è un posto per vecchi», come è spiegato nella descrizione del gruppo For the love of god–don’t let parents join Facebook («Per amor di Dio, non lasciate che i genitori arrivino su Facebook») fondato su Fb nel 2007 e che conta già oltre 7.700 iscritti. Ma il fenomeno dei genitori ficcanaso sembra perlopiù circoscritto all’Inghilterra, visto che da un recente studio commissionato dal Moige (il Movimento italiano genitori) a Trend Micro sui pericoli della rete è emerso che solo 6 genitori italiani su 10 mettono in guardia i propri figli sui rischi del web, mentre la maggior parte preferisce agire «sulla fiducia». Nove ragazzi su 10 usano regolarmente Facebook, pur conoscendone il corretto settaggio della privacy solo nel 40% dei casi. Dati che tutto sommato confermano quelli del Norton Online Family Report di Symantec, che nel 2010 aveva puntato il dito contro la scarsa attenzione mostrata dai genitori italiani sui pericoli della rete, visto che ben il 65% preferisce lasciare la libertà ai figli di esplorare il web, così da poter decidere in autonomia quale sia il comportamento più adeguato da adottare online. Non a caso, anche se il 58% dei giovani intervistati ha ammesso di aver avuto un’esperienza negativa in rete, solo il 40% degli adulti ha detto di esserne a conoscenza.

Simona Marchetti

lunedì 18 luglio 2011

Quando la famiglia è hi-tech

[Wired 15/07/2011] Il gap generazionale? Roba del secolo scorso. Le nuove tecnologie potranno un giorno seppellirci o salvarci, ma nel frattempo una cosa sembra certa: il Web 2.0, gli smartphone e i social network stanno attenuando le divisioni culturali tra genitori e figli. A osservarlo, una ricerca dell'agenzia Ogilvy & Mather, che fotografa un 19% di nuclei famigliari americani con uno spiccato entusiasmo per le nuove tecnologie e un 42% totale che le accoglie positivamente nella vita di tutti i giorni.

In questa grande fetta di famiglie si osserva la sparizione dei confini tra una generazione e l'altra: gli adulti si lasciano andare a passatempi più ludici e giovanili, i ragazzi si responsabilizzano e sviluppano senso critico più in fretta. I punti d'incontro dei due universi hanno tanti nomi: Skype, semplice da usare e tremendamente efficace anche dove il telefono fallisce per costi di collegamento o arretratezza tecnologica; Facebook, capace di attirare giovani dai 18 ai 70 anni; la Wii, la prima console ad aver aperto il mondo dei videogiochi ai cosiddetti casual gamer; Netflix, che porta con successo nel mondo informatico la passione transgenerazionale per il cinema.

Condividere nella quotidianità gli esempi e i contenuti di un progresso così promettente e accessibile sembra unire in qualche modo i membri del nucleo famigliare sul terreno dei gusti personali, dei valori, delle questioni sociali. I genitori di questa fascia per la prima volta smettono di parlare di “ generazioni allo sbando” e abbandonano il vecchio “ si stava meglio quando si stava peggio”. I genitori appartenenti al 42% di cui sopra sono addirittura tre volte più inclini rispetto agli altri a consegnare il futuro del pianeta in mano ai propri figli.

Illusione da social network o qualcosa sta cambiando davvero?

Lorenzo Longhitano

La memoria ai tempi del Web 2.0

[Mr.Webmaster 17/07/2011]

Secondo un recente studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Science, l'avvento di Internet e dei numerosissimi dispositivi "in Rete" che facilitano la nostra vita, avrebbero influito pesantemente sulla memoria umana che si sarebbe "adattata" alle comodità delle nuove tecnologie.

La ricerca è stata condotta da un'èquipe di neurologi della Columbia University di New York e svolta su più gruppi formati da volontari ed i test effettuati avrebbero evidenziato l'emergere di una nuova e unica memoria collettiva sostitutiva di quella dell'uomo: la Rete.

Dischi rigidi, pennine USB, cloud, database, memory card etc. avrebbero reso in molti casi superfluo l'utilizzo della memoria, gran parte del campione studiato avrebbe infatti mostrato di fare completo affidamento sulle tecnologie, soprattutto tra i più giovani.

Secondo le conclusioni dei ricercatori, il pericolo in futuro potrebbe essere quello di una gigantesca amnesia collettiva in seguito a malfunzionamenti e perdite di dati che sono sempre possibili quando il compito di archiviare i ricordi è affidato alle macchine.

venerdì 1 luglio 2011

I videogiochi violenti fanno bene ai ragazzi

[Giornalettismo 28/06/2011] I videogame violenti fanno male a bambini e adolescenti? Le ricerche di diversi studiosi – passate in rassegna da Wired - suggeriscono di no. Genitori di mezzo mondo possono dunque dormire sonni tranquilli. I fanciulli che smanettano per ore al pc davanti a giochi di combattimenti armati o lotte fisiche non corrono il rischio di aumentare la propria aggressività e i loro comportamenti. Anzi, possono ricavare maggiore concentrazione e benessere.

PIU’ SVEGLI – I Ricercatori dell’Univesità di Rochester, ad esempio, hanno scoperto che i giocatori che si sono cimentati per 50 ore in giochi come Call of Duty o Unreal Tournament erano sensibilmente più bravi a prendere decisioni rapide ed accurati rispetto a chi si è impegnato in giochi non violenti, come Sims 2. Jayne Gackenbach della Grant Mc Ewsn University di Edmonton ha affermato, invece, che, dopo le partite, i soldati cimentatisi in Call of Duty, dormono meglio e vengono colpiti più difficilmente da un incubo. Doug Gentile, ricercatore dell’Univesity of Iowa ha poi osservato che gli eventuali effetti negativi dei videogiochi violenti possono essere eliminati quando i giocatori si divertono alla consolle o al pc in compagnia di amici e familiari.

MENO AGGRESSIVI - Mike Ward, che studia i comportamenti legati ai videogiochi violenti per l’Università del Texas, ha recentemente pubblicato uno studio, condotto con Scott Cunningham e Benjamin Engelstatter, che ha scoperto come nelle conteee degli Stati Uniti in cui i negozi di videogiochi violenti erano più diffusi era basso il tasso di criminalità. Lo studio di Ward segue a ruota un’altra sua ricerca in cui si teorizza che i ragazzi che assumono frequentemente atteggiamenti aggressivi possono giocare ai videogiochi per ottenere un comportamento migliore.

IL SONDAGGIO - Le interviste condotte sui giovani giocatori incalliti svelano come nella maggior parte dei casi gli adolescenti si dedichino ai videogiochi per sfogarsi (71% del campione), o quando si sentono frustrati o arrabbiati (14%). Ciò suggerisce – è questa la conclusione di Wired.com – che i ragazzi che hanno un forte senso di sè hanno bisogno di videogiochi violenti. Nello stesso sondaggio citato, il 55% degli intervistati ha detto di aver conosciuto giochi spaventosi al punto da rinunciarvi. L’altro 45% ha affermato di essersene tenuto preventivamente alla larga. In entrambi i casi, i ragazzi hanno dimostrato di conoscere i propri limiti.

Agcom, la sua reputazione online secondo Reputation manager

[La Stampa 28/06/2011] Una nuova ricerca di Reputation Manager- gli esperti reputazionali del Web 2.0 - ha fatto il punto sulla reputazione online di Agcom, l’Autorità Garante delle Comunicazioni. Questo ente «super partes», presente in Italia da 13 anni, ha il compito innanzitutto di essere un’autorità di garanzia, con il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali dei cittadini. Detto altrimenti, Agcom ha il compito di monitorare le comunicazioni che avvengono nel nostro Paese, attraverso Internet, la telefonia, i media tv e garantire da un lato la libertà di espressione degli utenti, senza violare le regole dei diritto d’autore e della correttezza delle opinioni, e dall’altro l’equità della competizione tra gli operatori, sia tv che telecomunicazioni, anche in materia di prezzi.

In particolare, la ricerca in Rete di Reputation Manager ha evidenziato e validato circa 500 conversazioni online che vertono su tre grandi macro-categorie: conversazioni sugli Organi dell’Agcom (es. Presidente, Consiglio, Commissioni varie); sulle Garanzie per gli utenti/fruitori final – sia di tipo audiovisivo che di telecomunicazioni; conversazioni sulle Garanzie per gli operatori, sia telco che audiovisivi.

Va detto anzitutto che la tonalità delle conversazioni è mista (e quasi ripartita equamente tra positivo, negativo e neutro), anche se statisticamente sono maggiori quelle positive (38%), specialmente laddove si parla di garanzie per gli utenti; il 31% di negatività si esprime sopratutto sugli organi competenti dell’Autorità, e in parte – anche se quasi bilanciato da altrettanta positività - sulle garanzie per gli operatori. Il Consiglio da un lato (“l'unica cosa che mi meraviglia è come si sia potuto dare fiducia a queste persone evidentemente ponendo una x in uno spazio sbagliato...Giusto per mettere i puntini sulle i ecco l'attuale composizione di coloro che sono responsabili nell'Agcom di questa consultazione e posti lì dai nostri politici: un dirigente Ausl in pensione, un gastroenterologo, un medico legale, l'ex presidente della Federazione Editori giornali, un paio di avvocati, un direttore marketing e un dirigente di Publitalia”) e soprattutto la “Commissione infrastrutture e reti” sono i due organi più presi di mira dagli internauti, che non risparmiano pareri negativi anche sull’operato dell’Agcom in materia di garanzia per gli operatori audiovisivi.

Dal calcolo del Cerr® (Coefficiente effettivo di rischio reputazionale, che misura la valenza positiva e negativa delle opinioni insieme all’importanza e alla pertinenza del dominio che le ospita, dunque con una “ponderazione effettiva” del contenuto), l'area in cui si concentrano maggiormente le lesività è quella relativa agli Organi dell'Autorità, nella fattispecie sulle posizioni assunte dai suoi rappresentanti a diversi livelli (Presidente, Consiglio, Commissioni).

L'area più positiva è invece quella che raccoglie le conversazioni e i commenti sulle azioni dell'Autorità volte a tutelare gli utenti (hanno soprattutto influito nell'ultimo periodo le decisioni prese in materia audiovisiva, in particolare sugli spot referendari). Per quanto riguarda le azioni volte alle garanzie per gli operatori, la reputazione di Agcom è piuttosto bilanciata tra l'area positiva e quella negativa, perchè la nuova delibera sul diritto di autore online ha diviso molto l'opinione degli internauti.

I temi più ricorrenti, rilevati nelle ultime settimane, sono stati infatti quelli della delibera emanata da Agcom in materia di protezione dei diritto d’autore/copyright, che ha suscitato pareri discordanti in Rete: se da un lato qualcuno si è pronunciato a favore, sostenendo che può contrastare la pirateria (“...a me, da spettatrice fa piacere che l’Agcom cerchi di favorire lo streaming legale. Io pagherei il biglietto per vedere i film in prima visione da casa legalmente, è l’evoluzione necessaria che sostengo con questo blog e non solo io...”) c’è stata però una levata di scudi da parte di chi – ed è la stragrande maggioranza delle rilevazioni di Reputation Manager -, riscontra nella delibera Agcom un’autentica censura alla libertà d’informazione.

Si rimprovera all’Autorità da più parti, in particolare, di interpretare il proprio compito in maniera non corretta o troppo allargata, finendo per proporsi come ente normativo o meglio quasi legislativo, anzichè un organo di controllo: “In Italia, l’Agcom è l’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Tale ente ha il compito di vigilare sui servizi media audiovisivi: tv, radio, internet, comunicazioni… Tale ente, tuttavia, svolge in realtà un ruolo censorio e repressivo, comandato indirettamente dalle lobby del mercato audiovisivo, che incapaci di far rispettare il diritto d’autore con metodi tecnologici, tentano di imporre regole repressive nei confronti dei provider.”

Da segnalare anche, a questo proposito, un’altra questione che non è passata inosservata in Rete: quella del Commissario Nicola D’Angelo sostituito senza preavviso all’interno del consiglio dell’Agcom, forse perchè fin da subito aveva assunto una posizione critica nei confronti del regolamento in tema di diritto d’autore e copyright di cui pure era stato uno dei relatori.

Due altri filoni molto dibattuti su Internet nelle ultime settimane, qui con un impatto decisamente positivo sulla reputazione online di Agcom, sono stati rispettivamente quello delle prese di posizione dell’Autorità in merito di violazione della par condicio televisiva, e in particolare la sanzione economica nei confronti dei tg di Rai e di Mediaset per aver concesso troppe interviste e apparizioni al premier Berlusconi, e il richiamo che l’Agcom ha recentemente fatto al TG di RaiUno, colpevole del silenzio sui referendum. In alcuni casi gli utenti hanno però segnalato il carattere un tantino...tardivo dei provvedimenti: “Meno male che Silvio c’è. Forse troppo Silvio però. E’ quello che ha notato, solo ora, l’Autorità garante per le comunicazioni..” oppure “Finalmente: sono settimane che denunciamo il silenzio strumentale calato sui referendum. Il diritto degli italiani all’informazione su questo essenziale strumento di democrazia è stato calpestato a sufficienza. Speriamo che il richiamo dell’Agcom cambi questa situazione intollerabile”. Lo afferma, commentando il documento della Commissione Servizi e Prodotti dell’Authority, il Comitato Vota sì per fermare il nucleare...”

Il resto delle rilevazioni, di carattere neutrale, riportano la serie di servizi che l’Agcom offre a favore sia degli utenti, ad esempio la guida e il test per tutelare i propri diritti nel mercato delle comunicazioni elettroniche. Viene anche evidenziata in Rete la richiesta di intervento da parte dell’Agcom come garanzia di tutela dei diritti come ad esempio nel caso dei minori in TV o nel caso della salvaguardia della trasparenza del televoto.
“Come sempre, il canale potenzialmente più pericoloso per la reputazione, perchè intrinsecamente più virale, è quello dei video su YouTube: ne abbiamo contato almeno 25, per un totale di 120.000 visualizzazioni, solo negli ultimi giorni, ma il più visto, decisamente, è quello postato dall’Italia Dei Valori sull’Indipendenza dell’Agcom, che da solo ha raccolto oltre 50.000 visualizzazioni, e oltre 400 commenti. Anche su Facebook ci sono almeno una trentina di gruppi potenzialmente caldi che hanno già ospitato conversazioni su Agcom, di carattere neutrale o, qualche volta, negativo (ad es. il gruppo dal nome autoesplicatorio “scriviamo alla Agcom per chiedere le dimissioni di Giancarlo Innocenzi” o “per tutti quelli che vogliono azzerare Agcom” o ancora “Ferma la censura della rete (delibera Agcom)”.