mercoledì 30 dicembre 2009

L'impero dei Social Network

[Wired 29/12/09]

Volete avere una rappresentazione visiva di quanto i Social Network (leggi ormai Facebook) abbiano conquistato il mondo? Date un'occhiata alla mappa mondiale dei social network creata dal blogger italiano Vincenzo Cosenza e vi renderete conto dell'ovvio: la piattaforma di Zuckerberg sta inesorabilmente invadendo la maggior parte dei continenti.

Ne abbiamo parlato con l'autore del grafico che, dopo la prima versione risalente allo scorso giugno, molto apprezzata dalla Rete, ha sfornato una nuova edizione, con dati aggiornati a dicembre 2009, altrettanto citata sul Web. Cosenza, 38 anni, si occupa di marketing in Internet per una grande realtà internazionale e per questo motivo è molto interessato allo studio dei comportamenti sociali in Rete.

Wired: Come hai realizzato la mappa?
Vincenzo Cosenza: Ho utilizzato i dati di traffico dei siti internet provenienti da Alexa e da Google Trends for Websites . In questo modo si può individuare qual è il sito di social networking preponderante in ogni Paese. Poi, con ManyEyes , tool online che consente la visualizzazione grafica dei dati numerici, ho creato la mappa interattiva, che può essere facilmente condivisa su varie piattaforme.

W: Quali sono le principali differenze con quella che hai realizzato a giugno?
VC: Ciò che salta all'occhio è come Facebook stia colonizzando il mondo intero e stia intaccando alcune sacche di resistenza locali: fino a qualche mese fa in India Orkut non aveva rivali, adesso è stato spodestato da Facebook, che tuttavia non riesce ad attecchire in Russia e Cina, dove si continuano a preferire piattaforme locali. Invece Camerun, Costa Rica, Repubblica Domenicana, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua hanno lasciato Hi5 per Facebook, che comincia a penetrare anche nel mondo arabo ai danni di Maktoob.

W: In Italia Facebook è leader incontrastato. Dietro cosa c'è?
VC: A molta distanza troviamo Netlog e Badoo, due social network pensati per un pubblico giovane che vuole fare nuovi incontri e amicizie, piuttosto che ricostruire e tenere vivi legami già esistenti. Al momento Facebook non ha rivali nel nostro Paese.

Wired: In nessun Paese predomina Twitter, di cui si parla e si discute molto. Come mai?
VC: Twitter ha dati di traffico risibili rispetto a quelli di Facebook, nonostante le sue pagine possano essere visitate anche dai non iscritti. E' ancora all'inizio ma mediaticamente ha avuto un riscontro importante grazie al fatto che è stato lo strumento con cui i dissidenti iraniani hanno fatto conoscere al mondo le loro proteste e la repressione del regime e perchè, soprattutto negli Usa, molti vip lo usano per comunicare con i fan.

Wired: A proposito di Iran, lo hai lasciato fuori dalla tua rappresentazione, a differenza di giugno. Come mai?
VC:
A giugno in Iran il network principale era Facebook. Ma poi la piattaforma è stata censurata, e quindi i dati disponibili sono alterati e poco attendibili.

Wired: Facebook si sta costruendo un impero mondiale. E qualcosa di cui preoccuparsi, dal punto di vista dell'omologazione, o lo vedi come un'opportunità?
VC: Non credo che il problema sia l'omologazione: Facebook è semplicemente la piattaforma che al momento sta rispondendo meglio alle esigenze di comunicazione delle persone nella maggior parte delle aree del mondo. Non ha torto Zuckerberg quando lo paragona al telefono di qualche decennio fa: è un mezzo che sta entrando nella quotidianità di milioni di persone sparse per il globo, che lo usano con gli scopi più svariati. Il problema non è l'omologazione ma semmai la privacy, come spesso viene fatto notare da più parti: chi ha un profilo su Facebook, in tutto il mondo, deve rendersi conto di essere in uno spazio semi-privato ed avere la consapevolezza che ciò che pubblica online può essere visto anche da chi non dovrebbe.

martedì 29 dicembre 2009

Istat - Cittadini e nuove tecnologie 2009

[Istat 28/12/09]
Le indagini Multiscopo condotte dall’Istat rilevano i comportamenti e gli
aspetti più importanti della vita quotidiana delle famiglie. Le informazioni
presentate oggi sono tratte dall’indagine “Aspetti della vita quotidiana”
svolta nel febbraio 2009 e riguardano la disponibilità presso le famiglie
delle nuove tecnologie, il loro utilizzo da parte degli individui, le attività
svolte con Internet, il web come strumento per comunicare e l’e-commerce.
Il campione comprende 19 mila famiglie per un totale di 48 mila individui.
Link al documento integrale

lunedì 28 dicembre 2009

Come riconoscere gli amici veri? Ai bambini lo dice trool.it

[La Nazione Firenze 27/12/09] Ripasso per chi è rimasto indietro: ricordate il cortile sotto casa? Le telefonate serali con gli amici? Gli incontri al bar o al giardino? Ecco, chi ha meno di trent’anni – dunque bambini adolescenti e giovani – ha trasferito tutto ciò in quella scatola magica chiamata computer e in quella immensa comunità chiamata Rete. Lo fanno anche molti adulti, è vero, però non rischiano tanto e sanno cavarsela da soli. Ma immaginiamo un bambino di sei anni. O una ragazzina di dodici. Chi incontrano, cosa si dicono, che fanno ore e ore davanti allo schermo? E soprattutto: possiamo impedirlo, possiamo bloccare il tempo o chiuderli in una grotta? L’Istituto degli Innocenti ha fatto una cosa intelligente. Ha aperto uno spazio in Internet in cui i bambini più o meno grandi e sempre con il filtro di un adulto (educatore o maestra) possano sperimentare i nuovi strumenti di comunicazione capendo a cosa vanno incontro. Il portale si chiama Trool (www.trool.it) e in pochi mesi ha raccolto 400mila visitatori. I piccoli internauti aprono il loro blog, scrivono pensieri e filastrocche, dialogano fra loro. Ne viene fuori un inno all’innocenza e alla saggezza, virtù che crescendo si perdono per strada. L’argomento più gettonato è l’amicizia: “Sapete riconoscere gli amici finti da quelli veri? - scrive nella Rete una bambina che si fa chiamare fantaghirò – L’amico vero è quello che non ti abbandona mai, è l’unica persona che ti difende sempre davanti a tutti, è l’unico che ti rispetta e che accetta le tue scelte anche se non gli vanno bene”. Bella lezione. Seguono l’amore per gli animali, l’ammirazione per chi fa rispettare le regole (amatissimi i vigili urbani, destinatari di poesie e filastrocche), il desiderio di una vita più a contatto con la natura. Cose semplici, le uniche di cui hanno bisogno.Ma la cosa più intelligente di questa giusta iniziativa è aver pensato ai nonni. Che fino agli sms arrivano, anche se a fatica, ma a facebook o a simili pianeti neanche si avvicinano. Eppure è lì che i nipoti passano il tempo, è da lì che mandano i segnali. E’ come se il ponte che da sempre li tiene in comunicazione fosse saltato, lasciandoli su sponde opposte del fiume e senza una zattera con cui raggiungersi. Ecco, trool ricostruisce il ponte. E con la stessa semplicità con cui si insegna a un bambino a camminare, offre ai nonni (ma anche a mamme o papà a digiuno informatico) gli strumenti essenziali per dialogare in Rete: posta, chat, perfino videochiamate. E’ facile e vale la pena provare (http://www.trool.it/content/nonni-e-mamme-nella-rete). Scoprirete che figli e nipoti sono lì che vi aspettano. geraldina.fiechter@quotidiano.net

sabato 26 dicembre 2009

COMPUTER AI BAMBINI PER DIFENDERE LA SCUOLA DA CHIUSURA

(AGI) - Siena, 26 dic. - Un computer portatile per ogni alunno della scuola secondaria di primo grado. Li fornira' d'ora in poi il comune di Radicofani, in provincia di Siena, quando i ragazzi passeranno dalla scuola elementare alla media. Una decisione che il comune ha preso per rendere "competitiva e attraente" una scuola che sta correndo seri rischi di chiusura.
"Se dovesse essere soppressa - sottolinea il sindaco Massimo Magrini -verrebbero meno le condizioni per pianificare il futuro di questo paese: il servizio scolastico e' un obiettivo strategico di questo comune. Lo sforzo che stiamo facendo e' quello di difendere con la qualita' della formazione l'esistenza stessa della scuola di Radicofani.". (AGI) Cli/Sep

martedì 22 dicembre 2009

PA: NUOVO ACCORDO CON TELECOM E CNR PER BAMBINI IN OSPEDALE

[AGI 21/12/09]
La collaborazione tra pubblico e privato puo' migliorare in maniera sensibile la vita dei cittadini e dopo il successo del progetto "Smart Inclusion" per i bambini ricoverati in ospedale per lunghe degenze. Oggi il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, l'amministratore delegato della Telecom Italia, Franco Bernabe' e il presidente del Cnr, Luciano Maiani, hanno firmato un nuovo protocollo d'intesa per la creazione di un nuovo "Smart service cooperation lab" per dare un ulteriore contributo agli impegni gia' in corso e la trasformazione dello "Smart service cooperation lab" in un vero e proprio centro di eccellenza. La collaborazione tra pubblico e privato, ha spiegato il ministro, e' gia' operativa con ottimi risultati nel contesto del piu' ampio progetto "Smart Inclusion". Un progetto tutto italiano di teledidattica, intrattenimento e gestione dei dati clinici per bambini ospedalizzati. "Un modo per regalare un pezzo di vita - sono parole di Brunetta - a dei bambini che sono costretti a trascorrere lunghi periodi in ospedale, e in particolare in reparti di oncologia. In questo modo questi bambini - obbligati a lunghe degenze - sono in contatto con la loro scuola e la loro famiglia". Piu' dettagliatamente, come spiega una nota, "il sistema prevede un 'touch screen' (chiamato Smart Care), dotato di una telecamera e posto a bordo del letto per mezzo del quale i bambini possono partecipare alle lezioni scolastiche, comunicare con il loro cari e accedere a vari programmi di intrattenimento". "Si tratta - chiarisce la nota - di un sistema di integrazione virtuale e in tempo reale, tra un reparto ospedaliero di lunga degenza e un istituto scolastico per favorire la partecipazione dei bambini ricoverati alla vita sociale dei propri coetanei. Questo - si legge ancora - sia in momenti di svago, sia durante le lezioni con gli insegnanti. In pratica, i ragazzi ricoverati in ospedale per gravi malattie e costretti in una stanza - spesso sterile e senza oggetti personali - possono costruire un contatto umano con altri bambini e allo stesso tempo imparare, combattendo quel senso di alienazione e isolamento tipici delle stanze di ospedale. In questo modo 'Smart Inclusion' fornisce alla equipe ospedaliera anche un supporto ai tradizionali processi di cura potendo approfittare di una condizione psicologica del paziente piu' favorevole e, quindi, diminuendo i tempi di guarigione". (AGI) -

"Facebook è una schiavitù" Sos dai teenager pentiti

[La Repubblica 22/12/09] Sempre più adolescenti frequentano i social network. Ma ora è allarme e nascono gruppi di disintossicazione

"Facebook è una schiavitù" Sos dai teenager pentiti
Un tempo si diceva fosse internet nel suo complesso a generare dipendenza, poi sotto accusa sono finiti i giochi di ruolo di massa, tipo World of Warcraft, per i quali da qualche anno in Cina hanno aperto addirittura delle cliniche per la disintossicazione. Ora invece tocca a Facebook, il social network per eccellenza, che con i suoi 350 milioni di utenti sta dilagando ovunque. E così rapidamente che oltreoceano i teenager hanno cominciato a prendere atto della loro schiavitù, dichiarando pubblicamente di voler smettere una volta per tutte e iscrivendosi, in alcuni casi, a gruppi di "disintossicazione".

Ormai, stando alla Nielsen, il 54 per cento di loro frequenta abitualmente Facebook: erano appena il 28 per cento a ottobre dello scorso anno. Trascorrono sempre più ore a scambiarsi messaggi, pubblicare fotografie, tenersi aggiornati su quel che fanno i loro amici. "Come ogni altra forma di dipendenza, è sempre difficile ammetterla", commenta Kimberly Young sul New York Times. Voce autorevole, essendo il direttore del Center for Internet Addiction Recovery di Bradford nella Pennsylvania. "È come un disordine alimentare", aggiunge. "Non è possibile eliminare il cibo, ma solo fare scelte più accurate su quel che si mangia. In questo caso, quindi, su quel che si fa in rete".

Problema tutto americano, verrebbe da pensare. In realtà invece è anche nostro e di tanti altri Paesi, visto che il 70% degli utenti di Facebook risiede fuori dagli Stati Uniti. In Italia sono in 12 milioni, circa cinque sotto i 24 anni, e la metà accede al social network tutti i giorni. "Difficile dire se sia un'esagerazione quella della dipendenza", racconta Peter Lang, professore di architettura all'università Texas E&M, attento conoscitore della rete e tra i primi docenti ad aver usato Facebook per la didattica. "Due anni fa i miei studenti hanno smesso di usare le mail sostituendole con il social network. Hanno tutti un pc e quando è acceso sono sempre connessi a Facebook. Tanto che oggi gli orari delle lezioni vengono comunicati lì. Così, per rendere i seminari più interessanti, con altri colleghi abbiamo iniziato a usare i social network per l'insegnamento".

Insomma, meglio farci i conti che limitarsi alle condanne. Perché, appunto, tutto sta nel capire come i dieci miliardi di minuti che ogni giorno vengono trascorsi su Facebook influiscono sulla vita dei 350 milioni dei suoi utenti. L'ovvietà è il fatto che se prima si andava in piazza a chiacchierare, ora lo si fa sul web. Più difficile capire se è un male o un bene. "Non ci sono studi scientifici su campioni vasti che possano giustificare allarmismi o assoluzioni - spiega Tilde Giani Gallino, professore di psicologia dello sviluppo all'Università di Torino - Dunque bisogna affidarsi al buon senso, che però potrebbe essere frutto di pregiudizi. Dell'esser cresciuti in un'epoca completamente diversa. La socialità sul web ha pro e contro, ma non è meglio o peggio di quella che hanno vissuto le generazioni passate. Solo differente. Allora, più che della dipendenza vera o presunta che sia da un social network o dalla rete, mi preoccuperei di più dell'impoverimento del bagaglio culturale. Perché scambiare la ricchezza di una biblioteca e dei suoi volumi con le sintesi di Wikipedia, quello si che è pericoloso per le giovani generazioni".
di JAIME D'ALESSANDRO

lunedì 21 dicembre 2009

La Costituzione e le regole del Web 2.0

[La Repubblica 21/12/09]
La Carta offre già tutte le risposte. Occorre seguire la strada del dialogo con i fornitori di servizi e con gli utenti

Libertà di comunicazione e Costituzione - La “libertà di comunicazione” è disciplinata nella nostra Costituzione in due norme: l’art. 15 e l’art. 21.

La prima norma costituzionale – l’art. 15 – riconosce e garantisce a tutti gli individui il diritto di corrispondere liberamente e segretamente, con qualsiasi mezzo disponibile e tecnicamente idoneo a garantire la segretezza della corrispondenza. La seconda norma costituzionale – l’art. 21 – riconosce a “tutti” il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo. Nonostante a prima vista possa sembrare che le due norme abbiano il medesimo oggetto in realtà ciò non è vero. Le due norme hanno, infatti, un ambito di applicazione diverso e, soprattutto, un diverso sistema di limiti.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione, l’art. 15 tutela la liberta e la segretezza delle comunicazioni interpersonali, solo cioè di quelle comunicazioni che avvengono tra un numero di destinatari determinato e attraverso un mezzo tecnico idoneo a garantire la segretezza della comunicazione. L’art. 21 ha, invece, come oggetto le cosiddette comunicazioni al pubblico, vale a dire le manifestazioni del pensiero rivolte ad un numero indeterminato di soggetti. La distinzione tra i due ambiti di applicazione dipende, dunque, sia dalla volontà soggettiva di chi comunica sia dal mezzo tecnico utilizzato, nel senso che se lo strumento tecnico non è idoneo a garantire la segretezza, la comunicazione rientra sempre nel paradigma dell’art. 21 ed è considerata comunicazione al pubblico.

I limiti alla censura - Per quanto riguarda il sistema di limiti, nell’art. 15, il Costituente ha previsto che la libertà e la segretezza delle comunicazioni interpersonali possa essere limitata solo dall’autorità giudiziaria con atto motivato e sulla base di una legge dello Stato. Ha cioè previsto, in ossequio al principio liberale di garanzia dei diritti, che la limitazione possa essere esclusivamente disposta dal Giudice “con le garanzie previste dalla Legge”

Per riprendere la definizione di Marco Gambaro, la Costituzione prevede, quindi, che per le comunicazioni interpersonali siano possibili solo limitazioni ex post, nel senso di successive all’autorizzazione del giudice. Nell’art. 21 il Costituente ha dettato una disciplina più complessa. Il primo e l’ultimo comma (il sesto) della norma sono dedicati in generale alle comunicazioni al pubblico, indipendentemente dal mezzo utilizzato, mentre gli altri commi riguardano specificamente la libertà di stampa. I limiti comuni sono quello esplicito del buon costume (da intendersi però come limitato alla sfera del pudore sessuale) e quelli impliciti ricavabili da altre norme costituzionali. Tra i limiti impliciti occorre ricordare i limiti personali cioè quelli derivanti dalla protezione dell’individuo che la Costituzione garantisce in altre norme (il limite dell’onore, della reputazione, della riservatezza, dell’identità personale) ed i limiti “pubblicistici” cioè derivanti dalla protezione costituzionale di finalità ed interessi collettivi (il limite dell’ordine pubblico, dell’esigenze di giustizia, della salvaguardia delle istituzioni e dei segreti).

Per limitare le manifestazioni contrarie al buon costume (e per analogia quelle che oltrepassano i cd. limiti impliciti) la norma costituzionale prevede che la legge possa stabilire “provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere”. In questi casi, dunque, il Legislatore può prevedere anche meccanismi di controllo amministrativo ex ante. Fermo restando, però, che quando la libertà di manifestazione del pensiero diventa libertà di cronaca, essa gode di uno spazio di libertà maggiore come riconosciuto da costante giurisprudenza.

Per quanto riguarda, invece, specificamente l’attività di stampa (da intendersi pacificamente sia in forma tradizionale sia in forma on line) l’art. 21 Cost. ha espressamente vietato qualsiasi tipo di autorizzazione e censura. Così facendo ha quindi vietato qualsiasi atto limitativo preventivo o “ex ante”. In più, la Costituzione ha disciplinato dettagliatamente anche i provvedimenti ex post – e precisamente il sequestro degli stampati nel caso di delitti – ricorrendo anche in questo caso al doppio meccanismo della riserva di legge e della riserva di giurisdizione, vale a dire subordinando – come per l’art. 15 – la limitazione ex post della libertà all’atto motivato del giudice sulla base di una legge. Solo, in via assolutamente eccezionale, la Costituzione consente, infine, il sequestro da parte di ufficiali di polizia giudiziaria, anche senza la previa autorizzazione del giudice, ma prevedendo che il provvedimento di sequestro sia portato dinnanzi al giudice entro ventiquattro ore e confermato nelle successive ventiquattro ore.

Comunicazione "chiusa" e "aperta" - Sulla base di quanto argomentato partendo dalle norme costituzionali si possono trarre due conclusioni. La prima conclusione è l’assoluta necessità di distinguere per ogni tipo di comunicazione il paradigma costituzionale di riferimento. Questa distinzione abbastanza semplice con riferimento ai tradizionali mezzi di comunicazione diviene, come avverte anche Marco Pratellesi, estremamente difficoltosa al tempo del web 2.0, dei social network, delle chat e dei social group. Per cui può facilmente accadere che l’utente non sappia (ed in taluni casi non possa conoscere) se la conversazione alla quale partecipa è una comunicazione chiusa oppure una comunicazione al pubblico.

Se ad esempio si chiede l’iscrizione ad un forum chiuso, ma l’autorizzazione è automatica si può ancora ritenere di star conversando tra un numero determinato di soggetti? Oppure se ci si iscrive ad un social group del quale si conoscono i partecipanti solo attraverso il loro nickname si dovrà considerare le proprie comunicazioni come rivolte al pubblico ? Ancora cosa accade se si partecipa ad una conversazione tra amici e poi l’amministratore del gruppo apre la conversazione a tutti ?

Questa difficoltà sul lato utente si amplia se ci si mette dalla parte del legislatore. Qualora il Legislatore decidesse, infatti, di intervenire dovrebbe adottare necessariamente una disciplina estremamente tecnica e minuziosa. Inoltre, dovrebbe – e questo appare difficilmente realizzabile – aggiornarla continuamente in una corsa (persa in partenza) contro il cambiamento tecnologico. Se anche si provasse questa strada, il risultato potrebbe essere una iper-normazione dei servizi del web 2.0, che presumibilmente non ne scoraggerebbe l’utilizzo, ma condurrebbe inevitabilmente all’elaborazione di condizioni di utilizzo complicate. Insomma l’iper-normazione si scaricherebbe sugli utenti che dovrebbero sottoscrivere ed approvare lunghe condizioni di utilizzo senza comprenderne appieno il significato, sempre che effettivamente decidano di leggerle.

La seconda conclusione è che la nostra Costituzione esprime un deciso favor (che per la verità è quasi sempre un obbligo) per interventi ex post di limitazione delle comunicazioni sia che si tratti di comunicazioni interpersonali sia che si tratti di comunicazioni al pubblico. Il che significa che il Legislatore qualora decidesse di intervenire dovrebbe sempre valutare con estrema attenzione quando è possibile prevedere un controllo ed una limitazione ex ante delle comunicazioni sul web e come è possibile articolare l’intervento ed il controllo nel rispetto dei diritti costituzionali degli utenti (ivi compresa la loro privacy).

Cosa si può fare, dunque, per arginare il fenomeno di deresponsabilizzazione che sembra emergere dall’utilizzo dei social forum e, più in generale, del web 2.0? Come è già stato detto occorre seguire la strada, anche indicata dal Ministro Maroni e, peraltro in parte già intrapresa, del dialogo con i fornitori dei servizi. In questo senso, occorre prendere coscienza del fatto che sarebbero necessarie scelte a livello globale, ma che mancando una efficace governance internazionale del settore, non vi è che la strada di lavorare alla definizione di policies di utilizzo dei servizi concordate con i fornitori dei servizi stessi. Occorre, quindi, una continua concertazione tra le autorità nazionali (comunitarie ed internazionali, se possibile) ed i più importanti social networks, i motori di ricerca e più in generale i fornitori dei servizi che caratterizzano il web 2.0. Inoltre, non si può certamente abdicare all’idea che sia possibile sensibilizzare gli utenti sull’utilizzo dei più moderni sistemi di comunicazione.

Questa strada ha, peraltro, già dato ottimi frutti in materia di privacy. Le raccomandazioni, i decaloghi e le guide rilasciate dall’Autorità per la protezione dati personali italiana e dal network dei garanti europei hanno già contribuito ad un utilizzo più consapevole del mezzo. Se si guarda proprio a Facebook, ci si può facilmente rendere conto di come, rispetto alle origini, il social network consenta oggi agli utenti di alzare ed abbassare discrezionalmente i propri livelli di privacy e di come gli stessi utenti abbiano approfittato di queste nuove opzioni permettendo – ormai nella maggior parte dei casi – solo ai propri amici di vedere il proprio profilo, il proprio status, i propri commenti e le proprie foto. Questo è conseguenza sia dell’accresciuta consapevolezza degli utenti sia dell’attività di sensibilizzazione svolta dall’Autorità di protezione dati ad ogni livello.

La medesima strada può essere seguita – con la partecipazione di tutte le istituzioni, pubbliche e private, e naturalmente degli stakeholders e degli utenti – anche per sensibilizzare i cittadini sul problema dell’impatto che i commenti lasciati in rete possono avere. Solo a questo punto sarà possibile spiegare loro in maniera convincente, che Internet non è sinonimo di impunità e che un reato rimane tale sia se commesso tradizionalmente sia se commesso sulla rete.

Marco Orofino è docente di "Informazione e Costituzione" alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano

giovedì 17 dicembre 2009

Indagine SIP: Internet e televisione «padroni» degli adolescenti italiani

[Corriere della Sera 17/12/09] I due media dominano la vita e condizionano percezione di sè , relazioni e comportamenti, fra cui fumo e consumo di alcol e droga e abitudini alimentari

Vai ai risultati dell'indagine

Vai al commento del curatore dell'indagine

PISA - Saranno presentati venerdì 18 dicembre a Pisa – nell’ambito del Convegno «La Società degli adolescenti», i risultati dell’ edizione 2009 dell’indagine su «Abitudini e Stili di vita degli adolescenti», che la Società italiana di Pediatria realizza annualmente dal 1997. L’indagine – che ha il Patrocinio del Ministero della Gioventù - viene svolta annualmente dal 1997 su un campione nazionale di 1300 studenti delle scuole medie inferiori di età compresa tra gli 12 e i 14 anni. Queste le prime anticipazioni.

FENOMENO FACEBOOK - Continua la crescita dell’utilizzo di Internet da parte degli adolescenti italiani che diventa prevalentemente femminile. È facebook il fenomeno dell’anno: alla ricerca di amici sconosciuti «purchè siano fighi». L’utilizzo tra gli adolescenti del Pc, ed in particolare di Internet, è cresciuto, dal 2000 ad oggi, in modo costante e netto. Nel 2000 solo il 37% aveva in casa un personal computer (nella grande maggioranza dei casi senza collegamento ad Internet) e ad aver navigato in Internet (almeno una volta) era poco più del 5%. Oggi il 97% ha un computer in casa (il 16% ne ha addirittura più di due) il 51% (55% delle femmine) si collega tutti i giorni ad Internet e il 16,7% lo fa per più di 3 ore al giorno. Chat e messenger sono utilizzati da oltre il 75% degli adolescenti e circa l’80% è abituale frequentatore di You Tube (il 22% ha già inviato un suo filmato). Il 41% ha un suo blog, nel quale inserisce prevalentemente foto e musica (e le femmine, molto più dei maschi, inseriscono anche proprie riflessioni sulla famiglia, le amicizie, l’amore…). Su facebook, fenomeno dell’anno, ha già la propria scheda oltre il 50% degli adolescenti (53% delle femmine) e un ulteriore 17% dichiara di essere in procinto di iscriversi. La gara è avere più amici possibile è quindi ci si propone a sconosciuti, ad una condizione (come ha raccontato una tredicenne coinvolta in uno dei focus group realizzati a corollario dell’indagine) «che siano fighi». Il computer è, inoltre, diventato sempre più «personal», nel senso che oltre il 54% lo ha nella propria camera e il 21,7% naviga in Internet la sera tardi prima di addormentarsi. «Un aspetto – sottolinea Giorgio Rondini dell’Università di Pavia, già Presidente della Società Italiana di Pediatria e ideatore, con Gian Paolo Salvioli e Maurizio Tucci , dell’indagine SIP sugli adolescenti – che evidenzia come i ragazzi siano sempre più autonomi, e probabilmente poco controllati, nella navigazione in Internet».

CHAT CON SCONOSCIUTI - Aumentano i comportamenti a rischio nell’utilizzo di Internet. Numero di telefono, foto (anche provocanti) e disponibilità ad un incontro dati a sconosciuti con sempre maggior disinvoltura. E la disponibilità aumenta in modo significativo all'aumentare del tempo che abitualmente si trascorre in Internet. Gli sconosciuti interlocutori sono naturalmente nella grandissima maggioranza dei casi altri adolescenti – rassicura Gian Paolo Salvioli, Direttore del Dipartimento di Scienze Ginecologiche,Ostetriche e Pediatriche dell'Università di Bologna e Presidente del Convegno - ma abituarsi ad abbassare le difese è certamente un rischio grosso che si corre».

CRESCE ANCHE LA TELEVISIONE - Dopo due anni di calo (dovuto all’erosione praticata da Internet) torna a crescere (in termini di ore di visione al giorno) il consumo di televisione da parte degli adolescenti. A guardarla più di 3 ore è il 23% del campione (25% dei maschi) e non a fronte di un nuovo travaso, perché anche il consumo quotidiano di Internet continua a crescere. A questo si aggiunge che sono proprio i grandi fruitori di televisione ad essere anche i più assidui frequentatori della rete e dagli incroci sulle risposte emerge che più del 7% degli adolescenti intervistati ha dichiarato di passare più di tre ore al giorno sia davanti alla TV che in Internet. C’è quindi una significativa percentuale di giovanissimi che passa, in media, 4-5 ore al giorno davanti ad un monitor. Chi guarda più televisione si trascina dietro anche tutta una serie di comportamenti negativi strettamente correlati.
Gli effetti negativi del consumo televisivo su abitudini e comportamenti adolescenziali li evidenziamo ormai da anni e sono particolarmente significativi non solo per quanto riguarda comportamenti direttamente correlati alla TV, ma anche per quanto concerne le abitudini alimentari, la percezione del sé, il rapporto con il bullismo, la percezione del rischio e la abitudine ad assumere comportamenti considerati rischiosi, il rapporto con la famiglia e con il sesso, l’addiction (fumo, alcol, droghe) . Quest’anno per la prima volta sono state confrontate le risposte del campione nazionale con quelle di chi ha dichiarato di trascorre in Internet più di tre ore al giorno e si ritrovano (in alcuni casi in modo addirittura amplificato) le criticità che si osservano per i grandi fruitori di TV , In particolare si osserva, tra chi frequenta maggiormente la rete, una maggiore tendenza a considerare accettabili comportamenti di tipo razzista.

FUMO, ALCOOL E DROGA - Circa un adolescente su tre dichiara di fumare sigarette (al sud la percentuale dei fumatori sale al 36%). E Alessia (nome di fantasia, ma tredicenne vera) in un focus group ha detto: «È un anno che ho smesso ma l’anno scorso fumavo tantissimo». L’8% (nel 2007 era il 4,7%, nel 2008 il 6,4%) ha anche dichiarato di «farsi le canne». Percentuale certamente sottostimata specie se si considera che il 37% ha dichiarato di avere amici che fumano canne. Il 5% conosce amici che hanno fatto uso di ecstasy (solo lo 0,3% ha ammesso di averne fatto personalmente uso) e il 9,1% conosce amici che hanno provato la cocaina (non è stata posta la domanda diretta sull’uso). Il 40% beve vino, il 50% (57% dei maschi) birra, e il 22,4% liquori. E il 13,3% (17,7% al centro Italia) si è ubriacato almeno una volta. Il 20,2% trova ragionevole assumere farmaci o integratori per migliorare le prestazioni sportive (era il 18% nel 2008). Se troppa televisione e troppo Internet inducono gli adolescenti ad una maggiore esposizione a droghe, fumo ed alcol, anche il consumo di alcol è un indicatore importante dei comportamenti. Ad esempio, gli adolescenti che bevono più sostanze alcoliche hanno una percezione del rischio significativamente più bassa degli altri, ma più spesso compiono azioni che loro stesso riconoscono come rischiose (80% vs 67% del campione nazionale). «L’abitudine ad assumere sostanze alcoliche – evidenzia Giorgio Rondini – oltre a compromettere il sano e corretto sviluppo di un adolescente è spesso il primo passo verso l’uso di sostanze. Dalla ricerca emerge che il 8% degli adolescenti intervistati ha già fumato “canne”, il 5% conosce amici che hanno provato l’ecstasy e addirittura il 9% conosce amici che hanno provato la cocaina. Inoltre, rispetto a quanto avveniva in passato, si è significativamente abbassata l’età in cui gli adolescenti entrano in contatto con la droga e quindi lo fanno con ancora minor consapevolezza dei danni che ciò produce».

SESSO - Il 66,7% degli adolescenti intervistati dichiara di avere (o avere già avuto) il ragazzo o la ragazza. Se ciò non implica, naturalmente, che abbiano avuto rapporti sessuali, indica comunque una contiguità col sesso. E a questo proposito il 63% dei maschi e il 44% delle femmine dichiara di avere, sul sesso, tutte le informazioni che ritengono necessarie. La loro fonte di informazione di gran lunga prevalente è, però, il gruppo dei pari (64%), mentre continua a diminuire la percentuale di chi si rivolge ai genitori (mamma 29%, era al 33% nel 2008; papà 17%, era al 19% nel 2008). Il 22% dei maschi e il 14% delle femmine si affidano, invece, ai forum o alle chat su Internet. Interessante ciò che pensano a proposito dell’età in cui inizia ad essere ragionevole avere rapporti sessuali completi. Il 12% circa indica 14 anni (la loro età), mentre il 22% indica 16 anni e un altro 22% 18 anni La maggioranza (41,5%) è però propensa a sostenere che non ci sia una età precisa, ma che è importante “sentirsi pronti”. Come già osservato, la percentuale di coloro che indicano nei 14 anni l’età-soglia aumenta in modo significativo con l’aumentare del tempo che trascorrono in Internet e davanti alla TV.
È evidente, in questo, il ruolo giocato dai due media nella preconizzazione della sessualità e, più in generale, dei comportamenti di tipo adulto. E per apparire più grandi (cosa che desidera oltre il 40% degli intervistati) l’espediente che considerano più importante per le femmine è il truccarsi (lo indica il 21%), poi il modo di vestirsi (16,1%) e, a distanza, (6,8%) il cercare di comportarsi in modo più maturo. Per i maschi, invece, è il modo di vestire (11%) l’espediente più utilizzato.

FAMIGLIA - Le regole che i genitori danno sono considerate adeguate (né troppe né poche) dal 70% degli adolescenti senza differenze tra maschi e femmine. Nonostante le «eque regole» oltre il 27% degli adolescenti afferma di rispettarle raramente o mai. E dalla ricerca emerge – inevitabile conseguenza di una genitorialità molto debole - che l’influenza dei genitori sulle decisioni che li riguardano è addirittura minore di quella che gli stessi adolescenti considererebbero ragionevole.

BULLISMO - Il 64% degli adolescenti intervistati dichiara di aver assistito a fenomeni di bullismo. Un dato fortunatamente in calo rispetto agli anni passati (75% nel 2007), anche se c’è da chiedersi se ciò sia dovuto ad una reale contrazione del fenomeno o ad una sorta di «assuefazione». In ogni c’è ancora un consistente 41% che se fosse vittima di un bullo non lo rivelerebbe ad un adulto ma cercherebbe di risolvere la cosa da solo.Il 71% giudica comunque male chi si comporta da bullo, ma c’è un 5,4% dei maschi che lo considera i bulli «tipi in gamba».

RAPPORTO CON GLI ADULTI - Il rapporto con la «società degli adulti». Che un adolescente abbia come interlocutore privilegiato un suo coetaneo, anche se si trova di fronte ad un problema da risolvere, è un atteggiamento comprensibile. Va però segnalato come nel tempo è progressivamente diminuita la percentuale di chi si rivolge anche ad un adulto. Solo dallo scorso anno la «mamma» è scesa dal 42% al 36,4%; il papà dal 20% al 16%; gli insegnati dal 3,3% al 2,6%, mentre aumenta sempre il ricorso agli amici dal 44,7% al 50,2%. «D’altra parte – afferma Maurizio Tucci, curatore dell’indagine - non sembra che i genitori facciano molti sforzi per cercare di incentivare il dialogo con i figli. È significativo osservare che il momento di maggior consumo televisivo da parte degli adolescenti non è il pomeriggio, quando presumibilmente sono soli a casa (65%), ma durante i pasti (86,3%) quando è verosimile che ci siano anche i genitori e che siano proprio i genitori a volere la TV accesa». Gian Paolo Salvioli sottolinea invece un altro aspetto emerso dalla ricerca: «Gli adolescenti che vivono con un solo genitore hanno complessivamente atteggiamenti e comportamenti più critici rispetto a quelli che vivono in una famiglia unita. Da una maggiore contiguità con alcol e droghe a una peggiore percezione del proprio aspetto fisico. A ciò si aggiunge, il che contribuisce a creare un circolo vizioso, che gli adolescenti mono-genitore trascorro più tempo davanti alla TV e in Internet». Allargando dalla sfera privata ad una socialità più allargata, la fiducia degli adolescenti è prevalentemente rivolta alle forze dell’ordine (si fida di polizia e carabinieri) il 64%, ai medici (61,2%), e agli insegnanti (56,9%). In coda troviamo i giornalisti (9,7%) e soprattutto i politici (7,2%). Complessivamente va registrato che anche per le figure che ispirano più fiducia non si raggiungono mai livelli di adesione molto alti. «Considerando complessivamente i risultati dell’indagine – afferma Alberto Ugazio, Presidente della Società Italiana di Pediatria – osserviamo una adolescenza lasciata forse un po’ troppo in balia di se stessa. Avere evidenziato gli aspetti più critici e, soprattutto, i maggiori fattori di rischio, deve essere un ulteriore incentivo ad impegnarci in una azione più incisiva a favore dell’adolescenza. Famiglia e scuola – sottolinea Ugazio – hanno certamente un ruolo delicatissimo e imprescindibile, ma è importante che tutte le figure che a vario titolo sono a contatto con l’adolescenza – e tra queste c’è innanzi tutto il pediatra - contribuiscano a stringere le maglie di una necessaria rete protettiva, fatta essenzialmente di ascolto, attenzione ai segnali deboli di malessere e instaurazione di un rapporto di fiducia. Così come la SIP – conclude Ugazio – può continuare a fornire un prezioso contributo scientifico alla “comprensione” degli adolescenti attraverso strumenti efficaci come si è dimostrata questa nostra ormai decennale indagine».

Gli insegnanti 2.0 vogliono più tecnologia in classe

[La Stampa 17/12/09]
I risultati dell'indagine “Scuola 2.0: insegnanti e nuove tecnologie” condotta da Smart Technologies presso scuole primarie e secondarie di primo grado di tutta Italia
MILANO
Insegnanti italiani sempre più 2.0, che usano regolarmente Internet nella vita privata e vogliono più tecnologia all’interno delle classi per aumentare il livello di interesse verso le lezioni da parte degli studenti e per migliorare l’insegnamento. Questi alcuni dei risultati dell’indagine condotta da Smart Technologies (azienda canadese che ha inventato le lavagne interattive) su un campione di circa 100 insegnanti di scuole primarie e secondarie di tutta Italia.

Alla domanda se la tecnologia sia un elemento indispensabile nella scuola di oggi, la quasi totalità degli insegnanti ha risposto affermativamente (101 su 103), con l’84% degli intervistati concorde nell’auspicare una maggiore presenza delle nuove tecnologie all’interno delle scuole. Il 73% degli insegnanti ritiene inoltre che vi sia ancora un divario tra l’utilizzo delle tecnologie nella vita privata e nella scuola, tanto per gli studenti quanto per gli insegnanti.

La netta maggioranza degli intervistati (senza differenze rilevanti tra primarie e secondarie) giudica la tecnologia in generale molto importante innanzitutto per migliorare la comprensione degli studenti, seguita dal miglioramento dei risultati e dalla facilitazione dell’interazione insegnante-studente. In modo abbastanza sorprendente, oltre il 50% del campione ritiene che la tecnologia aiuti anche a migliorare l’immagine dell’istituto verso l’esterno, nei confronti dei genitori e in raffronto ad altre scuole. Una percentuale di risposte superiore al 50% ha infine indicato la tecnologia come molto importante a supporto della preparazione delle lezioni.

Agli insegnanti è stata poi fatta una domanda specifica sulla percezione dell’importanza delle lavagne interattive relativamente all’apprendimento. E qui compaiono alcune differenze tra la scuola primaria e la secondaria. Nella primaria, per 3 categorie (Aumentano la partecipazione attiva e l’attenzione, Aumentano la motivazione ad apprendere, Supportano diversi stili di apprendimento e i bisogni specifici di ogni alunno) su 4 (Aiutano nelle interrogazioni), la maggioranza degli insegnanti ha giudicato l’impiego delle lavagne interattive “molto importante”. Per le scuole secondarie, la risposta più ricorrente è stata “molto importante” per tutte e 4 le categorie.

Praticamente trascurabili invece le differenze tra scuole primarie e secondarie quando si passa ad indagare quali siano i benefici diretti della lavagna per gli insegnanti. In generale 3 categorie (Aiutano gli insegnanti a esporre le lezioni, Permettono di aggiungere elementi interattivi alle lezioni, Mantengono alta la partecipazione e l’attenzione della classe) su 5 sono state giudicate “molto importanti” o “fondamentali” dal 96% degli insegnanti. Percentuale che scende al 72% e 79% per le altre due categorie (Aiutano gli insegnati a preparare le lezioni e Permettono di salvare gli appunti per utilizzarli in seguito). La netta maggioranza degli insegnanti dunque ha riscontrato importanti benefici nello svolgimento del proprio lavoro dall’impiego delle lavagne interattive.

L’immagine della maestrina dalla penna rossa è ormai definitivamente scomparsa, sostituita da docenti al passo con i tempi, che hanno estrema dimestichezza con la tecnologia: la usano regolarmente nella vita di tutti i giorni e sono pronti a trasferirla anche all’interno delle classi. Tutti gli insegnanti intervistati usano Internet e il PC e quasi tutti email e cellulare (con l’eccezione di un 4%) nella vita privata. Situazione che cambia però in modo netto quando si parla di tecnologie in ambito scolastico: tutti gli intervistati affermano di usare il PC in classe, ma solo il 35% del campione dichiara di usarlo “sempre” (contro l’83% in ambito privato), mentre poco più della metà degli insegnanti usa “sempre” o “spesso” la lavagna interattiva.

Il mancato utilizzo delle tecnologie a scuola non sembra essere dovuto all’assenza degli strumenti, che sono però presenti in numero insufficiente. Tutte le scuole coinvolte nell’indagine infatti dispongono di PC, collegamento a Internet (solo una scuola primaria ne è sprovvista), videoproiettore e lavagna interattiva. Ma per quanto riguarda, ad esempio, la dotazione di lavagne interattive, nella maggior parte delle scuole (79%) ne è presente una sola. Nel 21% ne sono presenti da una a cinque, in nessuna più cinque.

Alla richiesta di indicare le priorità relativamente ai futuri investimenti tecnologici, la maggioranza ha indicato il computer sia nella scuola primaria sia nella secondaria (53% e 67% rispettivamente). Tra le altre tecnologie prese in considerazione, la più desiderata dagli insegnati risulta essere la lavagna interattiva (più nella scuola primaria, 33%, che nella secondaria, 29%), seguita dal videoproiettore (27% nella primaria e 19% nella secondaria) e dal collegamento a Internet (3% nella primaria e 11% nella secondaria). Poiché tutte le scuole hanno già disponibilità di personal computer, accesso a Internet, videoproiettore e lavagna interattiva, questi dati vanno interpretati nel senso di rinnovo o crescita numerica delle attrezzature e di accessi a Internet più veloci.

Un’altra serie di domande era volta a indagare quale ruolo possano avere le tecnologie ai fini della frequenza scolastica. Al 73% degli insegnanti che ritiene vi sia un forte divario tra l’utilizzo delle tecnologie nella vita privata e nella scuola, tanto per gli studenti quanto per gli insegnanti, è stato chiesto se tale divario potesse essere un motivo di disaffezione degli studenti nei confronti della scuola. Quasi la metà (49%) ha risposto in modo affermativo. A costoro è stato quindi chiesto se una diffusione e un impiego capillare delle tecnologie nella scuola potrebbe contribuire a ridurre le assenze, raccogliendo l’89% di risposte affermative.

L’indagine “Scuola 2.0: insegnanti e nuove tecnologie” è stata effettuata mediante interviste telefoniche con gli insegnanti responsabili della tecnologia di 103 scuole di tutta Italia (30 primarie e 73 secondarie di primo grado), che si sono svolte tra maggio e giugno 2009. L’indagine mirava a comprendere il livello di penetrazione e impiego delle tecnologie nelle scuole italiane. Le scuole interpellate per l’indagine sono state scelte tra quelle presso le quali è installata almeno una lavagna interattiva. Quando le risposte fornite dagli insegnanti della scuola primaria differiscono significativamente da quelle fornite dagli insegnanti della scuola secondaria, i risultati sono stati scorporati. In caso contrario sono presentati i dati complessivi di tutte e 103 le scuole.