sabato 26 febbraio 2011

Associazione Genitori A.Ge. Toscana - Consigli per genitori, insegnanti e parrocchie

[Orizzonte scuola 26/02/2011]

Il web che è un rullo compressore nelle nostre vite e che il Papa paragona alla rivoluzione industriale è di fatto un gioco per i nostri figli, ma noi adulti come lo viviamo? Luca Paolini, blogger e insegnante di religione nella scuola media, ha dispensato utili consigli a genitori, insegnanti e mondo cattolico in occasione del corso "Te lo do io il computer!", organizzato a San Donnino (FI) dai Centri diocesani di pastorale familiare e giovanile dell'Arcidiocesi di Firenze insieme all'Associazione genitori A.Ge. Toscana.

La riflessione si è fatta anche filosofica, perché ad esempio il perdono cristiano equivale a una cancellazione, mentre invece in rete ciò che è stato pubblicato rimane per sempre. Il problema invece diventa sociale quando alcuni genitori riportano notizia di giovani che restano connessi fino alle 4 di notte, senza riuscire a staccarsi. Lo web comunque è uno spazio di dialogo fatto di condivisione, collaborazione, comunicazione e non manca mai di chiedere a ciascuno il proprio parere, proprio ciò su cui di fonda il successo di portali come Ebay.

Ecco allora preziosi consigli per insegnanti, parrocchie e soprattutto genitori: a scuola un social network può essere utilizzato per creare un gruppo ristretto ai soli alunni e veicolare contenuti e lezioni. Attenzione però a come ci si mette in relazione: è bene usare l'opzione da uno a molti, evitando di mettersi in contatto con il singolo alunno, e avvisare dirigente scolastico e genitori o genitori e parroco. Da evitare poi il rischio 'alone digitale', ossia di sopravvalutare un alunno solo perché è connesso.

In classe il blog potrà essere usato per approfondire una lezione o coinvolgere i genitori; il podcast per fare audiolibri o lezioni registrate o commentare un fatto di cronaca; con la modalità collaborativi wiki si costruiscono storie e racconti, mentre con il codice bidimensionale QrCode si possono inserire approfondimenti testuali oppure link a video, musiche e siti web; infine il document sharing dà l'abitudine di condividere lezioni, documenti, video, foto, relazioni, conferenze.

In parrocchia invece ampio spazio ai social network per far conoscere eventi o creare sondaggi e sottoscrizioni. Il blog sarà un valido sostituto del giornalino parrocchiale e offrirà servizi come mappe, orari e calendari; il podcast invece sarà il vero e proprio radiogiornale della parrocchia offrendo omelie e riflessioni e commenti sul Vangelo. Con Wiki si costruirà la fase preparatoria di un'assemblea parrocchiale o di un sinodo e con QrCode si lasceranno messaggi in bacheca per i più giovani e si organizzeranno attività ludiche come la caccia al tesoro o più impegnate come la Via crucis interattiva.

Infine non poteva mancare una riflessione sul difficile compito dei genitori che oggi soffrono il divario mediatico oltre a quello consueto generazionale: spesso infatti il genitore non sa usare il computer ed è completamente all'oscuro di ciò che fa il figlio. Le lamentele più frequenti sono: "le attività di mio figlio sfuggono al mio controllo" oppure "il tempo al computer va a discapito dello studio e lo allontana dalla vita reale, dagli amici". Di positivo c'è che il ragazzo connettendosi in rete si mette in contatto con amici vecchi e nuovi, parla, riceve attenzione, combatte la solitudine.

Certo che Internet non è una babysitter e che la maturità anche in questo campo va conquistata: ecco allora le fasce orarie e i tempi massimi di utilizzo che ogni genitore legittimamente può imporre al proprio figlio in relazione alla sua età.
La prevenzione migliore è una relazione salda fra genitori e figli, poi si può navigare insieme per le ricerche e per reperire materiali, insegnare un atteggiamento critico e solidale, conoscere gli amici virtuali così come lo si fa con quelli reali. Ai più piccoli occorrerà insegnare a non dare mai informazioni personali e a tutelare la propria privacy. E' utile che il genitore conosca il mezzo e che dia l'esempio di come ci si comporta.

Sabato 26 febbraio ore 15,30-17,30, sempre allo Spazio Reale di San Donnino (FI), l'esperta di nuovi media e social network Elena Farinelli approfondirà il tema: "Aiuto, questi ragazzi stanno sempre al computer! Capire il mondo digitale per capire i giovani". A seguire sabato 12 marzo "La barca di Pietro nel mare di Internet" e sabato 26 marzo "Va ora in onda. Processo ai media!".

E' gradita l'iscrizione presso: giovani@diocesifirenze.it 055 2763724, famiglia@diocesifirenze.it 055 2763731 agetoscana@age.it 328 8424375. L'ingresso è gratuito.

Le dispense del prof. Paolini sono disponibili su www.agetoscana.it

venerdì 25 febbraio 2011

Social network, Facebook e Twitter satureranno il mercato

[BìTcity 25/02/2011] Secondo un recente rapporto dell'osservatorio di ricerca newyorchese eMarketer, più della metà degli americani utilizzatori di internet (ossia circa 132,5 milioni di persone) si collega regolarmente a Facebook.
La ricerca rivela inoltre che circa il 57% degli internauti americani navigherà su Facebook ogni mese del 2011, mentre nel 2013 la cifra passerà al 62% e più della metà della popolazione americana sarà connessa al social network blu.
Dal rapporto emerge inoltre che anche il sito di microblogging Twitter riuscirà ad ottenere un incremento del numero di iscritti, sebbene in maniera minore rispetto agli anni scorsi: si stima che nel 2013 saranno quasi 28 milioni gli utenti americani (ossia l'11,4% della popolazione statunitense) che faranno uso del social network più amato dalle star.
A livello planetario, nel corso del 2010 Twitter ha registrato 100 milioni di nuovi utenti, in particolar modo grazie agli smartphone con i quali sono stati inviati i "tweets".
Buoni risultati anche per alcuni siti cinesi, come il servizio di microblogging Sina Weibo tramite il quale sono stati spediti oltre 12500 messaggi durante il capodanno cinese, e il social network Renren, una sorta di Facebook asiatico che attualmente conta circa 160 milioni di utenti.

giovedì 24 febbraio 2011

Pedofilia in rete

[Genitoricrescono 24/02/2011] L’incubo di ogni genitore.
La pedofilia è una preferenza sessuale dell’individuo, sicuramente frutto di un disturbo psichico, ma non è un reato. La pedofilia, infatti, definisce un orientamento della libido, rivolta verso persone non mature sessualmente, ma non è necessariamente un comportamento esteriore. Esistono persone che sono pedofili, ma che non pongono in essere nessuna condotta illecita. Quindi può esistere una pedofilia tenuta a bada dai freni inibitori (come può esserlo qualsiasi forma di desiderio sessuale).
Altra questione sono i soggetti che molestano o usano violenza sui bambini. Le loro azioni sono spesso (ma non esclusivamente) dettate da pedofilia, ma costituiscono ovviamente reati molto gravi e comportamenti abietti.
Oggi, in questo senso c’è una certa confuzione tra reati e disturbo psichiatrico. L’attenzione sulla pedofilia si è amplificata in questi ultimi anni: forse perchè se ne parla molto e perchè la si lega al web.
Sicuramente fatti illeciti di molestia a minorenni si sono sempre verificati, ben prima di internet.
La pedofilia, nei suoi aspetti psicologici e in quelli criminosi esiste a prescindere dalla rete e si è sempre manifestata anche con fatti di cronaca nera eclatanti del passato.
Internet però ha avuto un ruolo di diffusione e di amplificazione della discussione su questi fatti. Probabilmente ha anche avuto un ruolo nell’emersione di comportamenti esteriori devianti, anche in soggetti che avrebbero altrimenti tenuto sopiti i loro istinti. La fruibilità, enormemente aumentata, di materiale pedopornografico, ha fatto aumentare l’interesse e ha fatto probabilmente insorgere anche comportamenti emulativi. L’effetto che ne è derivato è che il numero di pedofili sembra enormemente aumentato.
Forse internet è stato solo un modo di tirare fuori dall’ambito della violenza familiare e della cronaca nera un triste fenomeno.
Inoltre la diffusione di materiale pedopornografico è diventata business, tramite la rete, in mano a organizzazioni criminali. Internet ha reso il mercato più vasto e i clienti più raggiungibili.
Quindi sicuramente qualcosa è cambiato. Ma nulla è cambiato nel livello di attenzione che dobbiamo avere come genitori nella difesa dei nostri figli.
Quando noi andavamo a scuola, la raccomandazione era quella di non accettare caramelle dagli sconosciuti: era il momento della diffusione massiva delle droghe. Oggi ai nostri bambini va insegnato a non accettare caramelle, né reali, né virtuali.
Spesso i preadolescenti sono presenti sui social network e navigano in totale autonomia. Le loro capacità tecniche sono decisamente superiori alla loro maturità e alla loro capacità di difendersi.
I bambini (perché a 10 o 12 anni direi che ancora possiamo chiamarli bambini, no?) devono sapere che un contatto da parte di un adulto con cattive intenzioni può arrivare attraverso tanti canali e tante forme.
Devono sapere che esistono persone adulte che creano falsi profili sui social network, spacciandosi per loro coetanei. Devono sapere che, per ogni richiesta che sembra loro strana, possono rivolgersi a noi e chiedere spiegazioni. Devono sapere che quello che può essere proposto come un gioco spesso non lo è.
Tutto questo, però non devono saperlo solo per navigare in internet, ma per ogni situazione in cui possono trovarsi anche nella vita “reale”: perché i “falsi profili”, le persone che si mostrano come amici, ma possono non esserlo, possono esistere un po’ dappertutto.
Oltre a construire un rapporto di fiducia con i propri figli che gli permetta di sentirsi tranquilli di venire a porci domande, ci sono alcuni semplici consigli pratici che possono diminuire i rischi di adescamento in internet.
  • Tenere il computer in un luogo di passaggio della casa e non chiuso in camera
  • Spiegare ai figli chiaramente cosa non bisogna condividere in rete, ad esempio indirizzo, numero di telefono, nome della scuola frequentata, fotografie di un certo tipo. Stabilire delle regole chiare, meglio se discusse insieme, e spiegatene i motivi
  • Createvi un profilo sul social network usato dai vostri figli e fatevi aggiungere tra i contatti in modo da poter monitorare qualche comportamento anomalo
  • Parlate esplicitamente del fatto che a volte possono sentirsi non capiti a casa, e che in quei casi è più facile cadere vittime di falsi amici in rete.
  • Specificate che non c’è nulla, assolutamente nulla, di cui non possono venire a parlarvi, o chiedere se hanno dubbi
  • Siate molto attenti a comportamenti sospetti dei vostri figli, soprattutto se state attraversando un periodo di grande stress famigliare, come ad esempio una separazione o una malattia

Insieme a questo video vi lascio un paio di link per approfondire:


L’industria dei giochi al femminile

[Girl Geek Life 24/02/2011]

La game designer Jane McGonigal pubblica un libro su come i giochi possono cambiare il mondo in meglio. Ma qual è il ruolo delle donne nell’industria?

C’è qualcosa di corrotto nella realtà che ci circonda. Quella fatta di atomi e di spigoli. Ma c’è una figura che può intervenire e cercare di aggiustare il funzionamento di questo mondo.

Jane McGonigal. Il game designer e la sfida per cambiare il mondo, in meglio
Jane Mc Gonigal

Jane Mc Gonigal

La professione del game designer, ovvero chi progetta i giochi, sembra avere le carte in regola per intraprendere questa sfida sociale e morale. A sostenere questa tesi – solo apparentemente sull’onda post-hippie, ma in realtà ben fondata su esperienze concrete – è Jane McGonigal, game designer innanzitutto, ma anche grande pensatrice che ha applicato meccaniche di gioco a problematiche importanti. E allora ecco CryptoZoo, il gioco nato in collaborazione con l’American Heart Association al fine di modificare positivamente una cattiva abitudine come la scarsa propensione all’attività fisica. O ancora il gioco come mezzo per formare i giovani, come nel caso di Evoke, specificamente creato per dare strumenti e competenze ai ragazzi delle realtà sub-sahariane che cercano di costruire una strada anche a livello professionale.

Le teorie – e i giochi – di Jane McGonigal sono la diretta conseguenza del lavoro che ha portato avanti negli ultimi dieci anni. Fondamentale è stato il suo contributo agli Alternate Reality Game (Arg), giochi che usano il mondo reale come piattaforma, andando oltre lo schermo del computer, magari rispondendo via sms o a una telefonata, oppure che richiedono azioni nel mondo, come incontri in città, prove fisiche da superare o rompicapi da risolvere. Proprio per questo lavoro pionieristico, nel 2006 Jane McGonigal è stata inserita nella classifica dei giovani innovatori redatta dalla rivista Technology Review, voce ufficiale del Massachusetts Institute of Technology. Un riconoscimento che sottolinea l’importanza del suo lavoro di creatrice di esperienze immersive e ludiche atte a modificare i comportamenti delle persone.

Questo incipit dedicato a Jane McGonigal e al suo ultimo libro (Reality Is Broken, Penguin Press HC, 2011) è come una piccola lente d’ingrandimento su una personalità importante nel settore del game development. Ma Jane non è la sola donna nel game development.

Robin Hunicke. Game producer con una nuova visione di gioco
Robin Hunicke

Robin Hunicke

Robin Hunicke ha partecipato alla stesura del modello Model-Driven Architecture (Mda), il primo paper che ha definito formalmente l’approccio del game designer in fase di creazione del gioco. Il suo contributo non si è fermato al livello accademico, ma ha avuto esperienze prima di game designer e poi di producer (l’equivalente del project manager). Proprio nella sua più recente esperienza, il videogioco di prossima uscita Journey , Robin Hunicke ha portato una nuova visione di gioco, centrata su una ricerca che è soprattutto interiore. Una scelta coraggiosa che, fino a qualche anno fa, poteva sembrare folle e fuori mercato. Oggi, non esiste più un mercato (sia per fruitori, sia per produttori) di videogiochi: esistono i mercati e sono molteplici. L’industria – o meglio – le industrie hanno la possibilità di sperimentare e di creare valore.

Da un lato, è crollato il mito del videogiocatore maschio e adolescente, aprendo il settore a differenti pubblici, tra cui quello sempre più numeroso delle donne. Dall’altro lato, le proposte classiche e preconfezionate dei titoli presenti sugli scaffali dei negozi hanno subito una crisi perché non incontravano più il gusto diffuso.

Rhianna Pratchett. Storyteller di nuove protagoniste femminili, con personalità
Rhianna Pratchett

Rhianna Pratchett

Anche i publisher più grandi come Eletronic Arts hanno iniziato ad assegnare ruoli importanti anche alle donne del settore, come nel caso di Rhianna Pratchett, ex giornalista e ora storyteller che ha dato vita all’impianto narrativo di Mirror’s Edge, gioco di punta per console e pc. I personaggi femminili da lei creati hanno sfumature e personalità ben più sfaccettate della cara vecchia archeologa sexy che ci ha tormentato negli ultimi quindici anni, tanto per non fare nomi. In un’intervista, Rhianna non nega di aver incontrato difficoltà nel settore del game development che è ancora oggi prevalentemente maschile.

La presenza delle donne nell’industria vs il numero di donne giocatrici

Nonostante la percentuale di donne adulte che gioca, che rappresentano il 33 % del totale dei videogiocatori (40 per cento se si considerano anche le più giovani), secondo i più recenti dati internazionali riguardanti la forza lavoro all’interno dell’industria dei videogiochi le donne superano di poco il 10 %, e nel Regno Unito questa percentuale scende addirittura al 6,6. Un dato che è sintomo di un forte squilibrio tra ciò che chiedono le giocatrici e ciò che i team di sviluppo possono offrire. E questa scarna percentuale si riflette anche sui personaggi nei videogiochi che, nell’85 % dei casi, sono maschili e nel restante 15 % sono spesso frutto di un approccio maschile.

Brenda Brathwaite. Game designer di Facebook games
Brenda Brathwaite

Brenda Brathwaite

Una realtà che si dimostra essere più flessibile dei colossi internazionali è quella dei Facebook game, dove le videogiocatrici regnano sovrane anche grazie a una forza lavoro mista. Non è un caso che Brenda Brathwaite, designer di Train, gioco da tavolo controverso e di forte impatto emotivo, sia attualmente impegnata in uno dei nuovi concorrenti di Farmville, cioè Ravenwood Fair.

Abbiamo citato storyteller, game designer e teoriche a cui l’industria del game development deve molto. Questi però non sono i soli casi di eccellenza: esistono anche migliaia di donne che lavorano per far crescere nel loro piccolo questo settore anche a livello di programmazione di giochi sperimentali (come Anna Anthropy), o addirittura a livello imprenditoriale (come il duo canadese Silicon Sisters).

Sul web ci sono molti punti di ritrovo per queste donne, tra cui il canale ufficiale dedicato alle Women in Games dell’International Game Developers Associations.

E in Italia?

Da noi il mercato è quasi del tutto inesistente. Ci sono però ottime potenzialità di crescita e le donne possono ricoprire fin da subito ruoli professionali di rilievo. Ho iniziato a conoscere donne che programmano, che fanno grafica, che si occupano di marketing di videogiochi.

Siamo poche, ma forse sembriamo poche perché non sappiamo ancora chi siamo. E allora l’appello è: partecipate agli eventi, mettetevi in contatto con chi già sviluppa, iscrivetevi all’Igda e partecipate attivamente al suo neonato chapter italiano.

E potreste anche rispondere alla domanda diretta che Ivan Venturi (fondatore dello studio di game devlopment Koala Games e organizzatore dell’evento Svilupparty, che si terrà a Bologna il 5 marzo 2011) pone sul suo blog: perché le ragazze non fanno videogiochi?


Marina Rossi

mercoledì 23 febbraio 2011

I genitori non impostano, correttamente, i sw di controllo parentale

[Italia sw magazine 23/02/2011]

BitDefender annuncia i risultati di un nuovo studio sui genitori, figli e un argomento controverso come la pornografia online. Il nuovo studio si concentra su diversi aspetti dell’esposizione degli adolescenti a materiali sessualmente espliciti analizzando un campione fornito da 1570 adulti provenienti da 5 paesi. Per quanto riguarda l’età dei partecipanti, sono state definite 4 classi di età che corrispondono ad adulti di età media tra i 25-31 anni, 32-37 anni e persone di età superiore ai 37 anni.

Screenshot - Bitdefender Study

I risultati dimostrano che il 95% dei genitori ha scoperto che i propri figli vanno a curiosare online i contenuti espliciti per adulti quando fanno i compiti. Secondo il sondaggio, mediamente un bambino comincia a cercare siti web di contenuti per adulti intorno agli 11 anni. Lo studio ha inoltre dimostrato inoltre che, nonostante il 97% degli intervistati utilizzi un software di controllo genitori per bloccare l’accesso a siti per adulti, il 12% dei ragazzi e delle ragazze adolescenti riesce a sboccare o disinstallare questo software. Sono dei “piccoli geek” oppure la colpa è degli adulti che non sono in grado di impostare, correttamente, un software per il blocco di determinati siti web ?

Sabina Datcu, Specialista di analisi e comunicazione di e-threats di BitDefender e autrice dello studio dice:

“Una delle scoperte più importanti di questo studio riguarda il controllo genitori: anche se i genitori capiscono l’importanza di un software del genere e la necessità di monitorare l’attività dei propri figli adolescenti sui social network e su internet, in generale i ragazzi trovano sempre un modo per accedere a contenuti per adulti” “Questo, secondo BitDefender, manda un messaggio molto chiaro ai genitori: le iniziative per proteggere i bambini dall’esposizione a materiali espliciti a sfondo sessuale a disposizione in Internet non sono mai state così importanti”.

Note

Il 62% degli adulti ha ammesso di aver cercato e visionato contenuti pornografici sul web. Inoltre, l’87% ha affermato che darebbe la possibilità ai ragazzi di accedere a contenuti espliciti a partire dai 19 anni.

Il problema

Il risultato del studio dimostra che la maggior parte dei genitori non sono in grado di impostare, correttamente, un sw di controllo parentale. La colpa è del software oppure dei genitori ?

In sintesi

Non si può uccidere la curiosità di un bambino, ma lo si può proteggere installando, correttamente, un software di Parental Control sul computer in uso. Ulteriore accorgimento da prendere è restringere l’accesso a Internet qualora venga utilizzato un Router. Diversi Router consentono di bloccare l’accesso a Internet da determinati PC durante le ore della giornata. Una corretta configurazione e, l’impostazione di una password robusta per accedere al pannello di impostazione del Router dovrebbe fare la differenza e limitare, almeno durante le ore di studio, l’accesso a contenuti espliciti online.

martedì 22 febbraio 2011

Adescamento online: 6 minori su 10 contattati da sconosciuti

[Sky.it 22/02/2011] Sei ragazzi su 10 sono stati contattati da sconosciuti sul web e il 37% di essi ha accettato di conoscere persone senza un volto e senza una certezza di identità. Sono alcuni dei dati, accompagnati dal boom di denunce per illeciti su internet, emersi nel corso della presentazione, a Milano, del progetto 'Web in cattedra', un'iniziativa di formazione che in Lombardia coinvolgerà 550 docenti e sei scuole tra Milano, Lecco, Brescia, Pavia e Varese. L'obiettivo è quello di unire l'esperienza in materia di sicurezza della Polizia di Stato con la struttura informativa della scuola.

Il progetto è stato illustrato alla presenza del questore di Milano, Alessandro Marangoni, del direttore centrale della Polizia postale e delle comunicazioni, Antonio Apruzzese, Giuseppe Colosio, direttore dell'ufficio scolastico regionale della Lombardia, e Pietro Scott Jovane, Ad di Microsoft Italia, e Patrizia Santovecchi, presidente dell'associazione nazionale abusi psicologici.

"Ci aspettiamo molto da questo progetto - ha detto Marangoni - per la straordinaria importanza di veicolare tramite la struttura scolastica problematiche relative alla sicurezza sul web che ogni giorno viviamo nelle nostre famiglie in un contesto educativo sempre più difficile".

domenica 20 febbraio 2011

La giornata tipo di un social media manager

[Hightech 20/02/2011]

social_media_manager.png

Se veramente credete ancora che fare il social media manager sia un lavoro rilassante e che perlopiù si perda tempo divertendosi sui social network allora significa che qualcosa non è chiaro nella vostra mente.

Risvegliare l'attenzione delle persone, moderare gli interventi con sapienza dosando bene le strigliate e condividere sui social media senza diventare uno spammer non è cosa facile.

Nell'infografica qui sotto potete dare un'occhio alla giornata (infernale) di uno dei tanti ragazzi e ragazze che ogni giorno passano ore e ore su Facebook, Twitter e altre community per guadagnarsi la pagnotta.

ok_Socialcast_Hectic_Final.png

Siete ancora sicuri che essere un social media manager sia sinomino di essere un perdigiorno?


ReMedia lancia SmartRoom: la piattaforma digitale per giornalisti e bloggers

[Il sostenibile 20/02/2011] ReMedia – uno dei principali Sistemi Collettivi italiani no-profit per la gestione eco-sostenibile di tutte le tipologie di RAEE (Rifiuti Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) – diventa web 2.0 con la SmartRoom, piattaforma digitale rivolta a giornalisti e blogger.
Da oggi blogger e giornalisti potranno avere accesso più immediato a informazioni e news relative a ReMedia attraverso una piattaforma pensata e disegnata sulle loro esigenze, con contenuti strutturati e aggregati per argomento e testi arricchiti da hyperlink, in vero stile web. Le cinque macroaree della nuova piattaforma – profilo, servizi, spokespeople, raee, pile – permettono di approfondire le informazioni istituzionali, mentre la struttura lineare dell’home page garantisce un rapido accesso alle ultime smart release e a contenuti multimediali quali immagini e video. I canali YouTube, Flickr e Delicious, infatti, rendono accessibili filmati, album fotografici e link ai siti più interessanti. Di più, grazie ai Feed RSS, giornalisti e blogger potranno seguire tutti gli aggiornamenti e ricevere le informazioni in tempo reale.
I contenuti caricati sulla SmartRoom ReMedia sono, inoltre, consultabili da qualsiasi dispositivo fisso, sia PC che Mac, e mobile come ad esempio un laptop, un tablet PC o uno smartphone senza alterare il layout originale della piattaforma. http://remedia.smartroom.it/

venerdì 18 febbraio 2011

Tanti amici, tanto stress

[La Stampa.it 18/02/2011]

I social network favoriscono le amicizie e, troppe amicizie, si traducono in troppo stress e ansia

Si torna a parlare di Facebook e affini. Se da un lato i social network favoriscono gli incontri virtuali e lo stringere delle amicizie, più se ne hanno più pare aumenti il rischio di avere un crollo nervoso da troppo stress.

Divincolarsi tra messaggi, richieste di amicizia, essere presenti, aggiornare… diventa sempre più faticoso e stressante a mano a mano che la propria cerchia di conoscenze si allarga. Questo quanto suggerito da uno studio condotto dai ricercatori della Napier University di Edimburgo (Uk).

Una significativa, anche se piccola, percentuale di utenti di Facebook ha dichiarato di soffrire di una forte forma di ansia correlata all’essere iscritti al social network.
Più di una persona su 10 ha dichiarato che la madre di tutti i social network la faceva sentire ansiosa; altresì 3 utenti su dieci hanno dichiarato che si sentono in colpa per aver rifiutato delle richiesta di amicizia. Ben il 63% dichiara di rispondere con molto ritardo alle richieste di amicizia, qualora decida di accettarle, e il 12% dice di essere infastidito da questo stillicidio di richieste.

Quello che è tuttavia apparso chiaro ai ricercatori è che vi è una grande confusione in merito alla necessità o meno di essere su Facebook e il dover essere sempre attivi. In particolare, il problema risiede nel dare e avere: ossia l’impegno richiesto e i benefici che ne dovrebbero derivare.
«I risultati mettono in luce una serie di paradossi - dichiara alla BBC la dottoressa Kathy Charles, coordinatrice dello studio - Per esempio, anche se vi è una forte pressione per essere su Facebook c'è anche una notevole ambivalenza tra gli utenti sui suoi benefici. E abbiamo scoperto che in realtà erano quelli con il maggior numero contatti, quelli che avevano investito la maggior parte del tempo nel sito, erano quelli con maggiori probabilità di essere stressati».

È il prezzo della celebrità?, si domandano gli scienziati. D’altronde, nel piccolo, lo si può anche diventare celebri. E così accade che tutti quelli con cui siamo in contatto, in specie se sono molti, si aspettano qualcosa da noi. Diventiamo quasi obbligati a tenere aggiornata la nostra pagina, a inserire notizie, commenti e quant’altro serva, per così dire, a placare la fame dei nostri “amici”.
«Sei quasi una mini celebrità e più grande è il pubblico più si sente la pressione a dare qualcosa di te», conclude Charles.
Eh sì, è proprio il caso di dirlo, se essere “sociali” comporta farsi venire le crisi di nervi, forse è meglio restare un po’ più nell’ombra: poco esaltante, magari, ma senz’altro più confortevole.

I social media secondo Eric Schmidt

[Manageronline 18/02/2011]

"Con il mio permesso", Eric Schmidt condensa in questa frase i Social media e soprattutto ci aiuta a superare le diffidenze per usarli al meglio.

Troppo spesso mi capita di tenere corsi sui social media nei quali i partecipanti - generalmente marketing manager di imprese interessate ad utilizzarli come veicolo di marketing e di comunicazione - accettano con diffidenza l'iscrizione a tali contesti perchè, in modo assolutamente legittimo, temono un'invasione indebita nella loro privacy.

Come detto, tutto legittimo. Certo è che diventa difficile trovare la giusta direzione per un'azienda, senza mettersi prima dalla parte dell'utente e senza "vivere" Facebook, Twitter e i blog. Questi sono dei "luoghi" che dovrebbero innanzi tutto essere ascoltarti, prima ancora di volerli sfruttare in un'ottica di business, anche se le due cose sono assolutamente legate.

Il suggerimento è quello di Eric Schmidt - l'ormai ex AD di Google che, nel suo intervento al convegno DLD sullo stato dell'editoria digitale organizzato da Burda a Monaco la scorsa settimana, ha ripetuto come un mantra la frase «con il mio permesso».

Dobbiamo infatti imparare, come persone e come utenti della Rete prima ancora che come manager, ad utilizzare e a sentire nostri i social media (se non Facebook, altri che meglio possano essere in linea con il posizionamento della nostra azienda e con la conseguente strategia), non avendone timore perchè nulla è fatto in realtà se non "con il mio permesso".

La geolocalizzazione non offende la nostra privacy. Se noi non ci registriamo su Facebook Places o su Foursquare gli sconosciuti non curioseranno fra le nostre foto se noi non avremo settato il nostro profilo come pubblico; i nostri pensieri non verranno letti se non dagli amici che noi abbiamo accettato come tali.

Se non sapremo superare tali barriere noi come persone, difficilmente sapremo metterci nei panni degli utenti e trovare le parole giuste con le quali comunicare all'interno del piano editoriale che ci dovremo dare per essere capaci di offrire una ragione perchè loro possano con soddisfazione essere nostri fan o nostri follower.

Andrea Boscaro

mercoledì 16 febbraio 2011

Obama intercetterà gli americani su Twitter?

[giornalettismo 16/02/2011]

“Evviva Internet”, sembra dire l’amministrazione americana di Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti che più di tutti ha investito anche al tempo della sua campagna elettorale sul web 2.0 e sui social network è in prima linea nella promozione delle libertà che il web può garantire, attraverso la facilità di interconnessione e di organizzazione, e che può far nascere, come sta succedendo in tutti i paesi del Maghreb che si ribellano ai regimi autocratici che li governano.

ESTERI ED INTERNI – “La storia ci ha mostrato che la repressione spesso sparge i semi per la rivoluzione lungo la strada. Chi calpesta la libertà di Internet sarà in grado di trattenere il pieno impatto delle invocazioni del suo popolo per un po’ di tempo, ma non per sempre”: così parla Hillary Clinton, segretario di Stato Americano. Ma, commenta il magazine online Wired, chissà se gli Usa hanno intenzione di aderire alla linea Clinton.

Il discorso della Clinton arriva proprio il giorno dopo del voto della Camera dei Rappresentanti volto ad estendere fino all’8 dicembre tre controversi provvedimenti del Patriot Act. Le autorità hanno sequestrato oltre 18 domini internet senza dare ai proprietari dei siti pirata nemmeno l’occasione di difendersi.

Il Patriot Act è la controversa legislazione antiterrorismo che estende in maniera per molti incontrollata il potere dell’amministrazione di comprimere i diritti della privacy degli individui.

PATRIOT ACT – Alcune delle clausole della legge erano in scadenza. Il Congresso le ha di recente rinnovate e prorogate. E’ sempre Wired a raccontarci il contenuto delle norme.

La norma “intercettazioni scotanti” autorizza l’FBI ad ottenere intercettazioni da una corte dei servizi segreti, nota come FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act court) senza identificare il bersaglio o senza che sia stabilito quale metodo di comunicazione debba essere intercettato. La clausola “lupo solitario” concede alla FISA la garanzia del monitoraggio elettronico di un soggetto senza alcuna ragione – anche senza mostrare nessun sospetto che il soggetto sia un agente di una potenza straniera o un terrorista. Il governo ha detto di non aver mai usufruito di una tale possibilità, ma l’amministrazione Obama ha detto di voler mantenere la possibilità di farlo. La clausola “registri di affari” permette alla Fisa garanzie di poter ottenere ogni tipo di registri, da quelli di banca, alle librerie ai medicinali, senza che il governo abbia a dichiarare che le informazioni volute siano connesse ad indagini di terrorismo o spionaggio.

POTERI D’INDAGINE – Non solo, continua Wired.

Inoltre, l’amministrazione Obama dovrà deporre davanti ad una sottocommissione della Camera riguardo al bisogno di espandere il Communications Assistance for Law Enforcement Act, che già richiede alle compagnie di telecomunicazioni e agli ISP di essere pronti ad intercettare le utenze. L’FBI vuole che il Congresso permetta l’utilizzo di questa stessa tecnologia per i servizi email sui Blackberry e anche per i social network e per i servizi peer-to-peer come Skype.

Secondo il New York Times, che ne parla, l’amministrazione sostiene che i nuovi poteri d’azione sono necessari dal momento che, con l’evoluzione tecnologica, i metodi d’indagine sono ormai obsoleti.

Le agenzie di sicurezza federale e i servizi di intelligence si preparano ad introdurre nuove restrizioni alla rete, sostenendo che la loro abilità ad intercettare sospetti terroristi e criminali sta “scomparendo” visto che le persone utilizzano sempre più la comunicazione online rispetto a quella via telefono.

ESIBIRE GLI ACCOUNT – Insomma, continua Wired: Obama predica bene quando si tratta di esteri, ma poi razzola male in casa? Per il governo, che pure si spende per la promozione della libertà di Internet nei paesi afflitti dalle autocrazie arabiche, la questione è di sicurezza nazionale. Tutto questo mentre al processo contro Wikileaks il governo ha richiesto l’esibizione dei log di tre account di tre utenti privati di Twitter, che si stanno opponendo con ogni mezzo legale alla richiesta dell’esecutivo.

Gli avvocati di tre utenti Twitter hanno chiesto al giudice di disattendere un ordine che costringerebbe il sito di social networking a consegnare i log degli account ai procurati che stanno investigando su Wikileaks per il suo ruolo sulla pubblicazione dei documenti governativi segreti l’anno scorso. Gli avvocati hanno inoltre adito il giudice federale, Theresa Buchanan, affinchè conoscesse dell’affidavit del governo che spiega perchè l’amministrazione ha bisogno dei dati di Twitter e di rendere pubblici tutti gli altri ordini analoghi ricevuti da altre compagnie di Internet.

Se l’estensione delle misure di sicurezza dell’amministrazione Obama andasse in porto, i server di Internet non solo non potrebbero opporsi alle richieste governative, ma dovrebbero predisporsi per intercettare al posto del governo, e su ordine delle autorità, qualsiasi utente.

martedì 15 febbraio 2011

La piovra Facebook

[Il Post 15/02/2011]
Qui un giorno sarà tutto social network e la concorrenza inizia a preoccuparsi

Facebook sta raggiungendo i 600 milioni di iscritti ed è una minaccia sempre più concreta per molte grandi società del web. Il social network, da poco valutato intorno ai 50 miliardi di dollari, è un concorrente ingombrante e sta sottraendo investimenti pubblicitari a siti online come MySpace e ad aziende da tempo in rete come Yahoo. Facebook potrebbe anche diventare un concorrente di PayPal per i pagamenti online e sta condizionando, nel bene e nel male, la competizione tra Apple e Google nel campo degli smartphone. Infine, il social network in piena espansione è continuamente alla ricerca dei migliori ingegneri ed è disposto a pagarli profumatamente per sottrarli ad altre grandi società come Microsoft e Google.

Secondo Geoffrey A. Flower, che oggi sul Wall Street Journal dedica un articolo all’invadenza di Facebook, le grandi società della Silicon Valley dovrebbero iniziare a ripensare il loro rapporto con il social network e decidere se trattarlo amichevolmente, per il traffico e le opportunità che porta online, o come un nemico per le risorse che assorbe e rende proprie. Chiunque decida di avviare un’attività online di un certo rilievo e di ottenere l’attenzione delle fasce più giovani di utenti deve fare i conti con Facebook, spiegano gli esperti di investimenti consultati da Flower. Ma non è detto che sottostare alle condizioni del social network impedisca di fare affari. Basta pensare al campo dei videogiochi online rivoluzionato da Facebook e al successo di alcuni giochi come FarmVille, utilizzato ogni giorno da diversi milioni di iscritti al social network.

In altri ambiti, Facebook può essere invece più pericoloso per la concorrenza. Nel corso di due anni, la sua quota di mercato nella pubblicità online è passata dal 2,9% al 13,6% negli Stati Uniti, con un giro di affari che nel 2010 ha sfiorato gli 8,88 miliardi di dollari. Una crescita così sostenuta è avvenuta alle spese di altre società come Yahoo e AOL, meno battute dagli utenti negli ultimi anni, e anche dei mezzi di comunicazione tradizionali come televisioni e giornali.

Lo schema del Wall Street Journal

Chi non vuole essere schiacciato dalla concorrenza cerca alleanze con Facebook. Yahoo ha recentemente deciso di integrare nei propri siti web alcune funzionalità del social network, compresa la possibilità di iscriversi con le credenziali del proprio profilo Facebook, nel tentativo di far aumentare il numero di visitatori. MySpace ha modificato buona parte dei propri servizi per non sovrapporsi a Facebook e offrire qualcosa di diverso e, come Yahoo, ha deciso di integrare alcune funzionalità del social network di Zuckerberg.

Lo scorso anno i ricavi di Facebook, principalmente dovuti alla pubblicità, sono stati pari a circa due miliardi di dollari. Una cifra considerevole, ma le potenzialità sono molto più alte, specie se si pensa alle centinaia di milioni di utenti iscritti. Il social network vuole guadagnare di più e per farlo si sta orientando verso le pubblicità e le offerte promozionali basate sulla posizione geografica degli utenti. Attraverso il tuo smartphone tu fai sapere dove ti trovi e il social network, oltre a dirti quali amici sono nelle vicinanze, ti offre pubblicità e promozioni per i locali e i negozi nei paraggi. Con declinazioni diverse, un servizio simile è offerto anche da Google, da Groupon e da Yelp, che ora temono di perdere utenti a causa della concorrenza diretta di Facebook.

Il social network ha poi invaso buona parte del web con strumenti e opzioni che ne amplificano la pervasività. La pagina che state leggendo ora qui sul Post, come milioni di altre pagine in giro per la Rete, vi consente di dire agli amici su Facebook che vi piace questo articolo, vi permette di condividere questo articolo su Facebook e vi consente anche di commentare la notizia utilizzando le vostre credenziali di Facebook. Le stesse opzioni sono disponibili su siti molto trafficati come YouTube, per esempio.

Facebook sta anche sperimentando un sistema per i pagamenti online. Per ora il servizio serve per l’acquisto di beni virtuali, all’interno dei videogiochi per esempio, ma la società potrebbe decidere in futuro di estendere questa funzione per la gestione delle transazioni di denaro o per l’acquisto di prodotti. Fino a ora la possibile futura concorrenza, però, ha preferito collaborare: PayPal, il sistema più utilizzato per i pagamenti online, offre un servizio per acquistare i Facebook Credits direttamente all’interno del social network.

Analisti ed esperti iniziano a chiedersi se Facebook non stia diventando troppo ingombrante per la Rete e per la concorrenza. Prima della sua affermazione, ci si chiedeva qualcosa di analogo per un altro gigante come Google, che raccoglie e gestisce ogni giorno le informazioni di centinaia di milioni di utenti. Secondo Eric Schmidt, ancora CEO per qualche settimana del motore di ricerca, la sua società e Facebook si fanno concorrenza per quanto riguarda le doti, ma non per il denaro: «Molti di voi pensano che se loro fanno bene noi ci perdiamo, ma i vincenti tendono tutti a fare bene».


lunedì 14 febbraio 2011

Iran, la protesta corre sul web Le rivolte 2.0 sfidano i regimi

[Repubblica.it 14/02/2011] ROMA - "Cercando un altro Egitto", cantava De Gregori qualche anno fa. Un brano che racconta la violenza dell'uomo sull'uomo, dal titolo e dal contenuto profetico alla luce dei fatti di oggi. Che senza internet e i social network, forse non sarebbero mai accaduti. Così dopo la fuga di Mubarak, a "cercare un altro Egitto" sono le popolazioni dell'Iran. E lo fanno come i rivoluzionari del Cairo, cercando di organizzare e gestire le proteste dal web 1, un fenomeno che i regimi provano a stroncare sul nascere, limitando o eliminando del tutto l'accesso alla Rete.

Iran, la piazza sul web. Le proteste del 2011 sono di nuova generazione, come chi le immagina e le rende reali. Lo sono al punto di spingere il Dipartimento di Stato Americano a comunicare con le popolazioni coinvolte attraverso Twitter, chiedendo ai governi di permettere l'uso di internet ai popoli come mezzo per organizzare le manifestazioni. E' proprio il Dipartimento di Stato Usa, attraverso l'account "USAdarFarsi" a dirsi "consapevole dello storico ruolo" svolto fin qui dai social network nelle proteste.

Gli Usa inviano messaggi agli iraniani da domenica scorsa, attaccando apertamente il regime: Amadinejhad viene definito ipocrita dagli Usa perchè, avrebbe appoggiato i moti egiziani solo a parole, mentre cercava di soffocare le manifestazioni organizzate in Iran a sostegno delle rivolte popolari in Medio Oriente. L'ultimo 'tweet' è arrivato quasi in contemporanea alle prime notize da Teheran sugli scontri tra forze dell'ordine e manifestanti: Washington ha invitato Teheran a permettere "alle persone che godono degli stessi diritti universali di riunirsi pacificamente e di manifestare come al Cairo".

Social net-world. Sulla pagina Facebook "Free Iran 2" c'è uno dei possibili flussi di informazioni su cosa accade a Teheran e Shiraz. Racconti dalla piazza e contributi multimediali, proprio come accaduto agli inizi delle manifestazioni in Egitto. Messaggi come "E' un buon inizio" e video che mostrano i poliziotti in tenuta antisommossa disperdere i manifestanti col gas. I video e le notizie fanno capo a Freedomessenger.com 3, un aggregatore iraniano sulle proteste contro il governo di Teheran. Su Twitter, IranFB 4 è una delle fonti di aggiornamenti più consistenti, con rimandi a Youtube e ai blogger che seguono gli eventi. Negli "hashtags" delle notize, le parole-chiave contraddistinte dal "#" iniziale che fanno capire l'argomento, spesso accanto a "Iran" si legge "Egypt" e "Tunisia". Come a significare che la protesta iraniana è il proseguimento logico di quanto accaduto in quei paesi.

Dal web al mondo. Internet è utilizzato come sponda anche da media tradizionali. L'emittente tv Al Jazira ha pubblicato sul suo sito la notizia degli spari uditi nel centro di Teheran, dove sono in corso manifestazioni anti-governative. A sua volta la notizia arrivava dalla pagina Facebook utilizzata per organizzare le dimostrazioni. Ancora su Facebook e Twitter, sono stati pubblicati messaggi secondo cui il leader dell'opposizione iraniana Mir Hossein Mussavi e sua moglie Zahra Rahnavard sono scesi in piazza per unirsi ai manifestanti. Allo stesso tempo, il sito dell'opposizione Kaleme.com ha segnalato che Mussavi e sua moglie sono stati posti oggi in stato di isolamento nella loro abitazione. Notizie contrastanti che lasciano intravvedere come la disinformazione, voluta o accidentale, filtri agilmente anche in Rete.

TIZIANO TONIUTTI

Sale la febbre dei social network, dopo Goldman anche Jp Morgan sta per lanciare un fondo ad hoc

[Il sole24ore 14/02/2011]

Cresce la febbre dei social network tra le grandi banche. Dopo Goldman Sachs, che ha raccolto un miliardo di dollari da privati facoltosi da investire in Facebook, è la volta di Jp Morgan Chase. Il Wall Street Journal online ha rivelato che la banca sta per lanciare un fondo specializzato in aziende come Facebook, Twitter, LinkedIn o Groupon, che hanno avuto un'esplosione negli ultimi anni e che non sono ancora quotate. La cifra che Jp Morgan punta a raccogliere è compresa tra i 500 e i 750 milioni di dollari. Il fondo sarà gestito dalla divisione asset-management della banca.

Il fondo per fare trading sulle azioni
Il nuovo fondo creato da Jp Morgan avrà una natura profondamente diversa da quello di Goldman Sachs. Quest'ultima, attraverso l'operazione di private placement, ha sostanzialmente erogato un corposo finanziamento a Facebook, raccogliendo denaro da privati facoltosi intenzionati a scommettere sulla società di Mark Zuckerberg. I soldi raccolti dal fondo di JpMorgan saranno invece utilizzati per comprare e vendere azioni. In sostanza i clienti si affideranno all'infrastruttura tecnologica e al team di trader della banca per massimizzare i profitti derivanti dalle operazioni sui titoli di queste società.

Il ruolo dei mercati grigi
L'attesa spasmodica per la quotazione dei nuovi fenomeni del "dotcom" ha fatto ricordare a molti la bolla della new economy di dieci anni fa. La novità rispetto ad allora è che i prezzi delle azioni si sono impennati non nelle Borse tradizionali ma nei cosiddetti «mercati grigi», come secondmarket.com o sharepost.com. Su questi siti i dipendenti di società non quotate possono vendere le azioni che normalmente gli vengono assegnate dall'azienda. Le transazioni di questi titoli hanno avuto un picco nell'ultimo trimestre del 2010 sulla piattaforma secondmarket.com. Il valore degli scambi registrato dal sito è stato di 157,8 milioni di dollari.

Facebook è la star
Su secondmarket.com la società di Mark Zuckerberg è la più gettonata ed è arrivata a rappresentare quasi il 40% delle transazioni dell'ultimo trimestre 2010. Seguono Twitter e LinkedIn, social network che ha lo scopo di fare incontrare domanda e offerta di lavoro. Sempre su secondmarket.com, quest'ultima società ha avuto un'impennata nei volumi di scambio. Nell'ultimo trimestre dello scorso anno è arrivata a rappresentare il 7% delle transazioni totali. Un dato che si spiega alla luce dell'annuncio del prossimo sbarco in Borsa. L'ultimo, tra i bambini prodigio del web, ad annunciare la quotazione è Pandora. Il sito che permette di creare web radio personalizzate in base ai gusti dell'utente punta a raccogliere 100 milioni di dollari con la quotazione.

sabato 12 febbraio 2011

Obama 18 miliardi per portare Wi Fi internet su tutti gli Stati Uniti

La stampa.it 12/02/2011] Wi-Fi, rivoluzione in America

Il piano di Obama per rilanciare il Paese prevede un investimento di 18 miliardi di dollari per portare il wireless ad alta velocità sul 98 % del territorio

«Non è lungimirante pensare che l’economia di domani possa sorgere utilizzando le infrastrutture di ieri». Così ha esordito il presidente Obama nel suo discorso dalla “Northern Michigan University”, nel quale ha illustrato il disegno strategico della sua amministrazione per riportare l’America ai vertici dello sviluppo tecnologico mondiale. Entro cinque anni sarà possibile connettersi ad internet attraverso pc, smartphone o tablet in quasi ogni angolo del Paese. Il piano prevede inoltre la creazione di una rete wireless ad alta sicurezza da 10 miliardi di dollari, in grado di proteggere le comunicazioni tra le diverse agenzie governative in caso di un attacco terroristico su larga scala comparabile all’11 settembre.

«Non si tratta semplicemente di avere internet più veloce e poter trovare un amico in più su Facebook – puntualizza il presidente – ma invece di condurre tutti i cittadini nell’era digitale. Significa che in una comunità rurale dell’Iowa o dell’Alabama i contadini potranno nello stesso tempo monitorare il meteo della loro regione e i prezzi dei prodotti agricoli attorno al globo. Vuol dire che che se un piccolo imprenditore di provincia ha un’idea innovativa da proporre, ora avrà la possibilità di mettersi in contatto con le grandi aziende delle metropoli con una facilità mai vista prima. Sono convinto che se un giovane non vuole lasciare la sua casa e la sua città per cercare lavoro, adesso avrà una chance in più».

Per raggiungere l’obiettivo, il primo passo sarà mettere in mano alla rete wireless una maggiore quantità di onde radio per potenziare il traffico su Internet ed evitare il collasso del sistema. Quasi cinque miliardi di dollari saranno dedicati allo sviluppo della rete per telefoni cellulari di quarta generazione, tre invece per un progetto di ricerca statale finalizzato a trovare applicazioni nel campo della salute e dell’educazione legate alla futura espansione di internet. Per finanziare il piano, il governo metterà all’asta le frequenze televisive libere, che dovrebbero fruttare circa 28 miliardi alle boccheggianti casse federali.

Obama ha ricordato che in Corea del Sud più del 90 per cento delle abitazioni ha a disposizione internet ad alta velocità, a differenza del 65 per cento delle case americane. Un dato sufficiente per capire quanto sia essenziale l’investimento per tornare a competere nel mercato globale. Il presidente ha scelto appositamente di effettuare l’annuncio alla “Northen Michigan University”, che è un modello in fatto di tecnologie avanzate. Da più di un decennio ad ogni matricola viene fornito un computer portatile, e il wireless dell’università è a disposizione anche delle scuole e dei residenti della zona. Insieme al colosso Intel, l’ateneo ha creato un rete a banda larga, basata sulla tecnologia WiMax, che è talmente efficiente da aver attirato in città molte aziende da ogni parte del Paese. Un caso vincente di sinergie tra pubblico e privato, con la benedizione della Casa Bianca.

Social tv. La televisione interattiva passa per nuove applicazioni iPad

[Mediapolitika 12/02/2011]

Cosa sta succedendo alla nostra TV? Tutto ruota intorno ai social network e alle applicazioni ormai. Negli Stati Uniti si sta già diffondendo la tv interattiva. IPhone, iPad o altri smartphone con sistema operativo Android possono oggi essere sincronizzati con la tv, sincronizzazione che passa per applicazioni tramite cui è possibile ottenere informazioni in real time sui contenuti trasmessi. Una funzionalità simile è fornita anche dal digitale terrestre, ma in una versione base. Invece le applicazioni di cui parliamo offrono una maggiorazione dell’interattività televisiva.

Infatti, le applicazioni in questione permettono di conoscere chi altro è connesso e guarda lo stesso programma, di interagire con il network votando, commentando e confrontandosi con la rete, di ottenere informazioni sui personaggi, attori ambienti.

Un caso di successo che in USA sta riscuotendo un incremento di interazione sempre crescente è la ABC’s Grey’s Anatomy Sync che fornisce un esperienza visiva a doppio schermo nei giovedì sera americani, quando va in onda la serie televisiva; sullo schermo più grande, è possibile guardare lo spettacolo dal vivo come si farebbe normalmente mentre sull’iPad, sincronizzato alla tv e su cui è installata la app, si possono guardare in tempo reale tutti i contenuti interattivi relativi alla serie, contemporaneamente ai frame che vanno in onda.

La tecnologia di media sync funziona in combinazione con il microfono tramite il quale utilizzando il watermark audio (utile per il monitoraggio rating tv) l’app può intercettare tutti i contenuti corrispondenti e trasmetterli sull’iPad. In questo modo la app può essere utilizzata in real time ma anche in differita.

Il download dell’app ABC’s Grey’s Anatomy Sync sembrerebbe gratuito per i possessori di iPad. L’app permette di accedere con un semplice click al mondo di Grey’s Anatomy e svela tutto ciò che che c’è da sapere sui vari personaggi. Ovviamente molto iteressati sono subito sembrati i fan del serie tv.

Pensiamo se in Italia serie tipo “Romanzo Criminale” potessero disporre di tale funzionalità interattiva. Per ora possiamo solo dire “immaginiamo”! In attesa che il nostro Belpaese si omologhi al resto del mondo tecnologizzato.

Elio Lacavalla

giovedì 10 febbraio 2011

I nostri rgazzi sono troppo fraigili

[Corriere della sera 10/02/2011]

MILANO - A fine giugno il Dipartimento politiche antidroga del governo ha annunciato che nel 2009 i consumi di droga si sono ridotti di un quarto rispetto all'anno precedente, con un calo evidente anche nella popolazione generale dei giovani fra i 15 e i 19 anni. Negli stessi giorni, però, uno studio dell'Istituto di Psichiatria e Psicologia dell'università Cattolica di Roma ha richiamato l'attenzione su altre forme di dipendenza dei giovani: analizzando i comportamenti di poco meno di 3mila studenti delle superiori (stavolta, come nel caso dei dati governativi, non si tratta di obesi ma dei ragazzi in generale), Gianluigi Conte e i suoi collaboratori si sono accorti che l'11 per cento soffre di shopping compulsivo (diffuso soprattutto fra i minorenni, che sperperano la paghetta in un baleno), l'8,5 per cento non riesce a fare a meno dell'esercizio fisico, il 7 per cento gioca d'azzardo alle slot-machine o dovunque capiti.

INTERNET - La dipendenza da internet pare invece meno frequente di quanto si temesse: poco più dell'1 per cento degli adolescenti non riesce a staccarsi dalla rete. Come nel caso dello studio del CNR di Pisa, i ricercatori hanno verificato che le dipendenze vanno spesso a braccetto l'una con l'altra, a confermare l'esistenza di una "sindrome da dipendenza" dovuta a una predisposizione psicopatologica di base. Ma perché i ragazzi oggi sembrano così fragili di fronte alle dipendenze? «La famiglia e gli altri "contenitori" istituzionali tipici, dalla chiesa alla scuola, non hanno più il peso di una volta - risponde Conte -. I giovani sono più disorientati, per giunta si trovano di fronte a una maggior possibilità di scelta e occasioni per trasgredire, evadere, tentare di compensare le proprie angosce. E cadono più spesso vittime della dipendenza da una o più sostanze o comportamenti».

Elena Meli

mercoledì 2 febbraio 2011

Matematica, lezioni private addio arriva il tutor che ti aiuta sul web

[La Repubblica.it 02/02/2011] È PAZIENTE, creativo, infaticabile. Vuoi un aiutino? Occhio, stai sbagliando. Ripassa la regola. Non va ancora bene, ti faccio vedere io come si fa, ora prova da solo. Per dieci volte. Mille. Anche cinque milioni, volendo. Il tuo nuovo tutor di matematica ha una fantasia e una resistenza infinite. Ma non sta seduto di fianco a te. Nella tua cameretta non c'è nessun altro.

Tu sei davanti a un computer, e lui sta nella nuvola. Nella "nuvola" di Internet. Il servoprofessore, il personal trainer invisibile, si chiama MyMathLab. Nel mondo anglosassone, dove questo stile di scuola elettronicamente assistita è disponibile da dieci anni, ha avuto un successo sorprendente: due milioni di studenti "vanno a ripetizione" da lui. Nel mondo ispanico è sbarcato un anno fa. In Italia arriverà col nuovo anno scolastico, quando Pearson Italia avrà completato l'immane lavoro di adattamento linguistico della piattaforma originale. Alle prime, è difficile capire la novità. Le tecnologie sono entrate da anni nelle scuole italiane. Il primo "libro digitale" nel '97 fu un manuale di fisica, il celebre Amaldi edito da Zanichelli. Ventimila classi (altre ottomila entro l'anno) usano già la "lavagna elettronica". Ma l'ebbrezza tecno-scolastica che trasforma lo strumento nel fine, le "aule informatiche" dove si impara solo a usare l'aula informatica, i "libri elettronici" che spesso sono i vecchi libri di carta con qualche gadget video-sonoro, tutto questo che chiamiamo "Scuola 2.0" non ha ancora dimostrato in pieno la sua efficacia nella scuola punto e basta, che essenzialmente è il rapporto tra un professore e uno studente.

Il tutor elettronico si inserisce proprio qui. Ma in modo un po' particolare. È immateriale. Nelle librerie, dentro la scatola, ci sarà solo un codice d'accesso. Niente programmi da istallare, serve solo un accesso alla Rete. Il docente che "adotta" MyMathLab nella sua classe (si inizia col biennio delle superiori, arriverà anche il triennio) chiede ad ogni studente di acquistare una password (al prezzo di un libro di testo). Si crea una "rete" di cui il docente è il manager. Ma "In classe non cambia nulla", chiarisce Massimo Esposti, direttore editoriale. "Il timore dei docenti è di essere messi da parte da un software, ma qui il professore resta al suo posto, anzi adatta lo strumento al suo stile didattico".

La nuova filosofia, che fra pochi giorni sarà oggetto di un ciclo di convegni in sette città italiane, è: non si interviene sulla trasmissione dei contenuti, né sull'estremo opposto, la verifica, ma nel mezzo: sull'allenamento individuale. Liberando il professore dalla parte più ripetitiva del suo lavoro: la correzione dei compiti a casa. Che è il punto più debole della didattica tradizionale. Perché, si sa, i professori non hanno il tempo materiale di correggere tutti i giorni una ventina di compiti a casa. "La matematica si impara con gli esercizi. Meglio: si impara potendo sbagliare liberamente gli esercizi", spiega Roberto Gulli, amministratore delegato di Pearson Italia, una vita dedicata all'editoria scolastica. "Ma in classe non c'è mai tempo per il metodo trial-and-error".

Così, anche il migliore dei professori può capire come lo studente si sta misurando con regole e teoremi solo al momento dell'interrogazione, quando è ormai tardi per rimediare, perché la verifica è valutazione e non esercitazione, è momento performativo e non formativo. L'addestramento individuale avviene senza aiuto, questo buco nero produce fallimenti in classe, i fallimenti generano la tremenda maths anxiety, l'angoscia da matematica, che ci fa precipitare nelle classifiche internazionali: uno studente italiano su sei è insufficiente in matematica. E le lezioni private diventano un business milionario. Il servoprof promette di scongiurarle, o rimpiazzarle. Funziona così. Il professore (umano) assegna i compiti di giornata scegliendoli da una libreria con migliaia di tipologie di esercizio. Lo studente, a casa, li apre sul suo schermo e prova a risolverli. I tutorial elettronici già in circolazione si limitano a dire se ha centrato o meno la soluzione (in genere, su risposte chiuse da "crocettare").

La novità è che il tutor ora interviene durante la soluzione. Se stai sbagliando, il sistema se ne accorge, ma non si limita a dirtelo e a offrirti un suggerimento generale. Ti ricorda la regola che serve in quel preciso passaggio e ti mostra esempi di applicazione corretta. Se l'equazione non ti viene ancora, ti propone di rifarla insieme, concedendoti "aiutini" parziali o cospicui.
Ti risolve anche l'intero esercizio sotto gli occhi, se proprio t'impantani (e se il professore umano lo ha preventivamente autorizzato ad essere generoso): ma te ne somministra subito un altro simile, creandolo appositamente: può generarne milioni senza mai ripetersi (inutile telefonare al compagno per copiare: l'esercizio su cui sta sudando lui è certamente diverso). Adegua gli esercizi successivi alle tue capacità, insiste sulle tue debolezze.

Intanto tiene nota degli errori che commetti, della velocità di esecuzione, degli aiuti che hai chiesto, e compila un rapporto che il prof (umano) può leggere in tempo reale: il giorno dopo, in cattedra, adeguerà la sua lezione al livello raggiunto dalla classe, ma saprà anche quali tra i ragazzi stanno facendo più fatica, e darà consigli personalizzati. Secondo i dati raccolti negli Usa da Pearson nei milleseicento college che hanno adottato il sistema, le performance matematiche degli studenti sono migliorate in media del 20-30%. Un miracolo che ci farebbe salire parecchi posti nelle graduatorie Ocse-Pisa e farebbe scendere la pressione a parecchi genitori.

Indagine Nielsen: l'86% degli utenti utilizza i social network mentre guarda la TV

[02/02/2011 Hi-Tech Italia] Nielsen e Yahoo hanno condotto una ricerca basata sulle abitudini di coloro che possiedono uno smartphone; l'86% degli utenti intervistati ha dichiarato che, se non utilizzano un'applicazione precisa, controllano il loro stato su Facebook o Twitter durante la visione di un programma TV.

L'inchiesta ha esaminato un campione di 8000 utenti con un età compresa fra i 13 ed i 64 anni; su un totale di 8000 più della metà di loro (5313) possiede uno smartphone connesso ad internet grazie alla rete dati e di questi 5313 utilizzatori di un cellulare di ultima generazione, il 33% utilizza applicazioni, il 37% naviga e il 40% contatta gli amici sui social network.

Statistiche relative all'indagine Nielsen Yahoo
La percentuale di utenti che utilizzano i social network mentre guardano la TV aumenta però se si prende in considerazione la fascia d'età che va dai 13 ai 24 anni; la percentuale infatti sale dall'86% al 93%.

Sono dati che fanno capire quanto oramai la nostra vita sia legata ai social network e sul fatto che proprio quest'ultimi, sopratutto da parte dei ragazzi, vengono utilizzati anche mentre si è impegnati in altre attività.

Addio Facebook, si apre l’era della Social Media curation!

[02/02/2011 Ninja Marketing] Nonostante Facebook sia diventato il sito più “cliccato”, superando anche Google, la fine del social network, secondo alcuni, come Will Heaven, sarebbe ormai vicina. Tuttavia, il 2011 aprirebbe una nuova era, quella della “social media curation”.

All’orizzonte, dunque, emerge una nuova generazione di social network basata su un differente modello di interazione, che mira ad essere più efficiente ed efficace. Con il termine “Curation”, infatti, mutuato dal mondo dell’arte e che non trova una traduzione specifica in italiano, si intende il processo di selezione, aggregazione e cura di contenuti, siano essi testi, immagini, video o quanto altro fruibile in rete, inerenti a uno specifico argomento, tema o passione. Infatti, l’innovazione di queste piattaforme, rese anche più user-friendly, risiede nella possibilità di filtrare i contenuti realmente interessanti, tramite l’inserimento di keywords, ed integrarli in un’ unica fonte potendoli condividere così con gli altri utenti e dando vita un doppio processo di selezione, nella creazione e fruizione.

Online vi sono già alcuni siti di questo genere e bastano pochi click per sperimentare il “futuro” dei social network che sembra tracciare importanti sentieri di sviluppo sia per la creazione di nuovi “luoghi virtuali”, ma anche per il marketing e la comunicazione.

La beta di Eegoes nasce nello stesso periodo di Diaspora, e da agli utenti la possibilità di selezionare i contenuti,foto, status, interessi, attività e tanto altro, che si vogliono rendere accessibili agli altri e, contemporaneamente visualizzare esclusivamente quelli che sono di proprio interesse. Inoltre, è possibile una rapida integrazione con i profili Facebook e Twitter. Maggior controllo dei contenuti e maggiore privacy, uno dei punti deboli di Facebook, attraverso

un’interfaccia semplice ed intuitiva, sono i plus di Eeegoes. Inoltre, il geo-location tagging e la completa integrazione con Google Maps rendono possibile la connessione tra utenti che condividono gli stessi interessi, ma, eventualmente, anche la posizione geografica.

Nel web, dove less-is-more è ormai un’affermazione sempre più diffusa e rilevante e dove la proporzione “90-9-1″ di Nielsen non è più valida, la nuova generazione di social network offrirà un user-experience diversa che permetterà quindi l’integrazione dei contenuti in una prospettiva topic-based e garantirà un maggiore grado di libertà e partecipazione sia nella pubblicazione che nella consultazione dei contenuti.

Ad affermarsi tra i social di nuova generazione, coniugando curation, funzionalità e minimalismo vi è anche Scoop, una piattaforma di fast blogging, che ricorda molto Tumblr e che si caratterizza per l’interfaccia semplice, progettata ad-hoc per eseguire tutte le attività con pochi click ed in maniera immediata e veloce.

Il claim “Be the curator of your favorite topic!” rende chiara la mission di Scoop, ovvero dare la possibilità all’ utente di diventare il “curatore” del proprio profilo condividendo i propri interessi. In una sola pagina, si possono selezionare le informazioni, riunire differenti tipologie di contenuti, da semplici testi, link, video e tanto altro, e condividere questo “personal magazine” con pochi click. Anche Scoop è ancora in versione beta e per iscriversi è necessario richiedere l’ invito.

La “curation” diventa un’opportunità anche per i brand che possono rafforzare il proprio posizionamento e costruire il loro “luogo virtuale” contando su una più intensa interazione con l’utente capace di stimolare awarness e godwill da parte del consumatore.

FaceNoteBook:a scuola con Facebook. L'Istituto Costa di Lecce rompe gli schemi

[Corriere Informazione.it 02/02/2011]
LECCE: I tempi cambiano, la comunicazione cambia e anche i suoi mezzi e le sue modalità didattiche.

E così la scuola si adegua, si aggiorna e inizia a parlare lo stesso linguaggio dei giovani. Sono finiti infatti i tempi in cui insegnanti e presidi additavano Facebook come fonte di distrazione, già, perche' l’Istituto Tecnico Economico per l’Informatica e per il Turismo “Costa” di Lecce ha avviato un progetto didattico utilizzando proprio il social network per fare lezione e condividere le nozioni.

“FaceNoteBook – Il Social Classwork” ,questo il nome dell’iniziativa, prevede la dotazione di un notebook(computer portatile) in comodato d’uso agli studenti per tutto l’anno che viene utilizzato durante alcune ore di lezione e per fare i compiti a casa.

Il progetto si sviluppa in tre i filoni :
1.l’insegnamento delle basi del linguaggio Html agli studenti di terza media da parte di docenti e studenti del Costa;
2.l’approfondimento della comprensione e della scrittura in lingua inglese attraverso connessioni in tempo reale con classi di studenti inglesi;
3.l’uso del social network quale strumento innovativo di marketing per la promozione turistica del territorio.

Per quanto riguarda l’insegnamento dell’informatica, si tratta di alcune lezioni rivolte a studenti della scuola media inferiore e relative all’insegnamento delle nozioni base del linguaggio Html. I docenti della scuola leccese hanno avviato, con la collaborazione di alcuni degli studenti migliori, una sperimentazione per insegnare le istruzioni base agli studenti della scuola media. Trattandosi di lezioni a cui non tutti i ragazzi sono interessati ma solo quelli che hanno il pallino per il web, per la grafica o per il computer in generale, la scelta di utilizzare Facebook è stata chiave di volta per avvicinarli ed interessarli.

Per quanto concerne l’insegnamento della lingua inglese è sicuramente più immediato ed intuitivo. Il gioco è semplice, si sa che i ragazzi adorano consultare i profili dei loro “amici”, chattare, scambiarsi battute, immagini e video attraverso Facebook, quindi è sufficiente scambiare il gruppo di amici soliti con nuovi amici che vivono e studiano in Inghilterra. I ragazzi leccesi, coordinati dalla loro docente, creeranno un gruppo “privato” formato dagli alunni delle due classi, quella italiana e quella inglese, ed una volta alla settimana apriranno il proprio notebook, si “sintonizzeranno” su facebook e faranno un’ora di lezione allo stesso tempo divertente e fortemente formativa.

Nello studio dell' economia, invece, gli studenti applicheranno tutti gli strumenti messi a disposizione da Facebook per sperimentare un progetto di marketing turistico. Profili, gruppi, pagine, eventi, chat, note e ogni altra possibilità sarà ampiamente sfruttata per incrementare la conoscenza dell’offerta turistica salentina e per aumentarne il volume d’affari. Il primo banco di prova sarà la prossima edizione della BIT (Borsa Internazionale del Turismo) che avrà luogo fra pochi giorni a Milano.

Questo genere di sistema permettere a tanti ragazzi di studiare, autonomamente, senza alcuna “costrizione” da parte dei docenti e genitori, sia a scuola che a casa, imparando con entusiasmo.

La scuola salentina, già da due anni effettua sperimentazioni didattiche offerte dalla comunicazione sociale, che possono essere tante, diversificate ed efficienti, ed è fermamente convinta che il mercato del lavoro e la vita “reale”, quella che si vive fuori dalle aule scolastiche, siano più veloci e più dinamiche rispetto ai ritmi interni alla scuola italiana. Mentre oggi, le aziende cercano giovani preparati professionalmente nell’utilizzo di tutte le più potenti ed innovative tecniche di gestione aziendale e di marketing (internet, social networks, e-commerce, etc.), le scuole continuano ad ignorare o, addirittura, a fare resistenza affinché non vengano regolarmente inserite nei contesti formativi.

A questo proposito ci sarebbe da chiedersi se sia davvero l'Istituto “Costa “ ad essere la scuola tecnica “strana” in Italia o se non lo siano invece tutte le altre. L'integrazione dittatica/società porta sicuramente lo studente a studiare con più interesse perchè nella sua ottica gli insegnamenti non restano come nozioni fluttuanti ma elementi applicabili e di uso quotidiano, non solo del suo, ma di massa.

Sono già state pubblicate su Facebook le prime lezioni sotto forma di “note”, le quali possono essere lette da chiunque abbia un profilo e, in più, possono essere commentate in tempo reale dai ragazzi e dai docenti con richieste di chiarimenti o dettagli informativi.
Il corso si chiama “Html al Costa – Lezioni su Facebook” e le prime due lezioni sono visibili agli indirizzi qui riportati :

Lezione #1: http://www.facebook.com/note.php?note_id=106554246086200
Lezione #2: http://www.facebook.com/note.php?note_id=107028072705484

martedì 1 febbraio 2011

Appthusiast o connector quanto le app dicono di te

[La Repubblica 01/02/2011] LO SMARTPHONE come uno specchio dell'anima, le applicazioni installate come una fotografia del proprio carattere. A rivelarlo è l'ultima ricerca di Nokia, condotta su oltre 5.000 utenti in 10 paesi, che ha studiato le abitudini d'uso dei possessori di smartphone per giungere a una conclusione: noi siamo ciò che scarichiamo, per parafrasare D'Annunzio. Una massima che vale soprattutto nel nostro paese, dove l'ossessione per i telefonini è ormai strettamente collegata allo stile di vita.

Non dev'essere un caso che, in Italia, circa il 45% dei possessori di smartphone ritenga che le applicazioni aiutino a migliorare la propria vita. Oltre il 74% degli italiani possiede fino a 30 applicazioni, con una leggera prevalenza degli uomini (79%) sulle donne (69%). Un amore digitale che si rinnova di continuo (circa il 35% le usa almeno 2-3 volte ogni giorno) e che pervade ogni fase della giornata: oltre il 34% degli utenti utilizza le proprie app a casa, il 20% in viaggio, l'11% sul lavoro.

L'importante, in ogni caso, è avere l'applicazione giusta al prezzo giusto. Circa il 43% degli intervistati, nello specifico, ammette di scaricare unicamente app gratuite. Le più scaricate sono i videogiochi (39%), seguite dalle app relative ai social network (32%), alla musica (31%) e ai servizi (30%). Le più utilizzate sono invece quelle correlate ai servizi (33%), ai videogiochi (26%), ai social network (25%) e alla musica (21%).

Passioni regionali. I singoli dati regionali della ricerca Nokia individuano anche i caratteri di massima di ogni zona d'Italia, giocando più volte con lo stereotipo. Si scopre così che in Campania il 41% degli intervistati scarica di frequente applicazioni musicali. Oppure che in Lombardia prevalgono i videogiochi, con circa il 40% degli utenti interessati al gaming su smartphone. Il Piemonte si assicura il primato della regione più parsimoniosa, con il 54% che scarica unicamente applicazioni gratuite. La Sicilia è invece la terra degli infedeli, con il 39% che ammette di eliminare un'applicazione non appena ne scopre una simile ma migliore.

Un mondo di app. Gli stereotipi da app non valgono solo per le regioni italiane, ma anche per gli altri nove paesi coinvolti nella ricerca. Secondo i dati Nokia, nei consumi dei brasiliani prevalgono le applicazioni musicali (42%), mentre i tedeschi prediligono le applicazioni utili (29%), come sveglie o torce digitali. Gli indiani sono i più fedeli alle proprie app (14%), in quanto affermano di usare tutte quelle installate sul proprio smartphone, laddove gli inglesi si distinguono al contrario come i più indifferenti (23%).

Tra tutti gli intervistati, i brasiliani sono risultati i più "connessi", mostrando una rara passione (45%) per i social network, mentre i singaporiani hanno dimostrato di amare i videogiochi (49%) più di ogni altro genere. In Cina si registra infine il primato dell'accesso alle notizie, che i cinesi consumano su smartphone più di qualsiasi altro gruppo nazionale.

Sei profili in cerca di app. "I dispositivi ci consentono di condividere pensieri, gusti e desideri" spiega il professor Trevor Pinch, docente di Scienze e Tecnologia alla Cornell University. "E un tale livello di intimità fa sì che, a volte, essi ci conoscano meglio che noi stessi". Proprio basandosi sulla ricerca Nokia, il professor Pinch ha stilato una guida agli "AppiType", tracciando sei diversi profili di consumatori di app.

Si parte dal classico "Appthusiast", colui che intorno alla tecnologia basa il proprio stile di vita, per arrivare al "Live Wire", l'appassionato di sport che porta sempre con sé il proprio smartphone. A seguire, l'artistico "Creator", definito come "il Picasso delle applicazioni", e il cosiddetto "Appcentric", figura in giacca e cravatta che non potrebbe fare a meno delle sue applicazioni per il business. Infine, emergono le figure del "Connector", che vive connesso ai social network, e dell'"Apprentice", ovvero dell'utente con scarsa esperienza, in genere più avanti con l'età, che tenta in ogni modo di recuperare il gap tecnologico. "Come per le auto - spiega il professor Pinch - la scelta delle app è molto personale e rivela non solo le caratteristiche di un individuo, ma anche le sue aspirazioni". Noi siamo ciò che scarichiamo, appunto. E chissà cosa ne direbbe D'Annunzio.

IVAN FULCO