mercoledì 24 agosto 2011

[Esplora il significato del termine: Facebook :«amicizie» proibite tra insegnanti e allievi] Facebook :«amicizie» proibite tra insegnanti e allievi

[Corriere della Sera 24/08/2011] Quest’amicizia non s’ha da fare: studenti e insegnanti nel Missouri non possono dialogare né via sms né via social network, e chi lo farà verrà punito dalla legge. Dietro alla strana decisione dello stato americano si nasconde il timore di violenze sessuali nei confronti di minori e un tentativo di proteggere dal pericolo – qualche anno fa un giovane studente fu molestato ripetutamente da parte di un insegnante fuori dalla scuola – i più giovani e innocenti. Ma l’associazione degli educatori del Missouri dichiara guerra alla nuova legge, in vigore dal prossimo 28 agosto, e accusa lo stato di non rispettare il primo emendamento della Costituzione americana: quello che garantisce a ogni cittadino il diritto di parola, associazione e religione.

LA LEGGE – La Missouri Senate Bill 54 è la prima negli Stati Uniti a vietare il social networking tra studenti e insegnanti. In vigore dal prossimo 28 agosto, la legge proibisce ad allievi e professori di comunicare fuori dai canali ufficiali: aula ed edificio scolastico. Vietati telefono, sms, e contatti attraverso qualsivoglia sito internet, Facebook incluso. Questo significa che uno studente non potrà essere «amico» del suo professore in un social network, come invece avviene normalmente in tutto il mondo. Mentre resta aperta la possibilità di diventare «fan» della pagina pubblica di un professore su FB, in caso ve ne fosse una.

LA RESPONSABILITÀ DELLA SCUOLA - In più, in caso di professori dal dubbio curriculum, la scuola è tenuta ad avvisare studenti e genitori e se accadesse qualche episodio di violenza o molestia e la scuola non avesse avvertito per tempo le famiglie, sarà l’istituto scolastico a esserne responsabile. E sempre la scuola entro inizio 2012 dovrà stilare una serie di regole sul comportamento da tenere nel rapporto allievi-educatori, dando regole precise anche sui contatti fuori dall’orario di lezione.

IL PRECEDENTE – La legge viene anche chiamata Amy Hestir Student Protection Act, in riferimento al caso di cronaca legato alla donna – Amy Hestir – che qualche anno fa venne ripetutamente molestata da un giovane insegnante della scuola superiore che frequentava, fuori e dentro l’istituto, via sms e di persona. In quel caso, l’insegnante vantava un curriculum insospettabile, con diversi impieghi nello stato e pure una nomina a «insegnante dell’anno».

LA PROTESTA – Gli insegnanti del Missouri non ci stanno. Invocano il diritto di poter comunicare con i loro studenti senza paletti. E attraverso la loro associazione di categoria, la Missouri State Teachers Association, hanno portato in tribunale lo stato e chiesto che la nuova legge venga dichiarata incostituzionale almeno nella parte relativa a Facebook . Come si legge nei documenti presentati dai legali dell’associazione in tribunale, «gli insegnanti utilizzano i social network al di fuori del circuito professionale come mezzo per tenere i contatti con i loro studenti, sia nel corso di emergenze, sia per fini educativi quotidiani, per esempio quando uno studente ha difficoltà con un compito assegnato o per aiutarli a identificare casi di bullismo».

Eva Perasso

martedì 23 agosto 2011

Libri? Meglio Facebook e Twitter

[Corriere della Sera 23/08/2011] MILANO - Meglio la rete dei libri: un bimbo su sei passa sempre più tempo a messaggiare con gli amici e a spedire mail o a chattare sui social netwotk come Facebook e Twitter. A lanciare l’ennesimo allarme è uno studio dell’inglese National Literacy Trust su oltre 18mila bambini fra gli 8 e i 17 anni di 111 scuole della Gran Bretagna, che pare confermare i risultati di un sondaggio internazionale dell’anno scorso, che aveva visto la Gran Bretagna scendere miseramente dal 17° al 25° posto nella classifica mondiale dei libri letti dai lettori più piccoli.

NEANCHE UN LIBRO - E a guardare i numeri di questa nuova ricerca, la preoccupazione degli esperti sembrerebbe fondata, visto che il 13% del campione ha ammesso di non aver aperto libro il mese scorso (sebbene il 28,9% dica di averne da 11 a 50 in casa) e che quasi un bambino su cinque ha raccontato di non aver mai ricevuto un libro in regalo, mentre uno su otto non è mai entrato in una libreria e oltre il 7% non ha mai visitato una biblioteca. «Le persone che non leggono in giovane età rischiano di trasformarsi in adulti con gravi problemi di alfabetizzazione – ha detto il direttore dell’ente, Jonathan Douglas, alla Bbc – ecco perché fare in modo che questi ragazzi amino la lettura è il modo migliore per trasformare le loro vite e per dare loro opportunità ed aspirazioni».

COLPA DELLA TECNOLOGIA - Stando ai risultati dello studio, la frequenza di lettura diminuirebbe sensibilmente con l’aumentare dell’età, al punto che i 14-16enni eviterebbero i libri dieci volte in più dei ragazzini delle elementari. E la spiegazione al trend sarebbe presto trovata: «La tecnologia ha ormai invaso la vita degli adolescenti – ha spiegato ancora Douglas - condizionandone così anche le scelte di lettura. Non a caso gli sms sono la forma di comunicazione scritta più letta dai bambini di ogni età, seguiti dalle mail e dai social network».

CARTA ED EBOOK - Ma a ribaltare il pessimismo inglese ha pensato l’ultimo Kids & Family Reading Report della casa editrice Scholastic: lo studio, condotto tra i ragazzi americani fra i 5 e i 17 anni, voleva analizzare la diffusione dell’ebook fra i giovanissimi e se il 60% degli intervistati ha ammesso interesse per questo genere di dispositivo di lettura, ben il 62% ha comunque sottolineato di preferire sempre la lettura «su carta».

L'AIUTO DEL WEB - Ma c’è di più. Proprio la facilità di navigazione sul web permetterebbe ai ragazzi di cercare e trovare online le informazioni relative ai libri che stanno leggendo: pensate alla saga di Harry Potter e ai forum ad essa dedicata, dove i lettori si scambiano impressioni e giudizi via chat. E il web offre anche lo spunto per nuovi acquisti in libreria, senza dimenticare il proliferare di siti specializzati nella vendita di libri. Cartacei. Eppure la rete continua a non piacere a tanti, fra questi al 91enne autore di Fahrenheit 451, Ray Bradbury, che nel luglio del 2009 tuonava contro Internet, accusandolo di essere «senza senso e una grossa distrazione, perché non è una cosa reale come un libro». Insomma, il dibattito resta sempre aperto.

Simona Marchetti

Facebook :«amicizie» proibite tra insegnanti e allievi

[Corriere della Sera 23/08/2011] Quest’amicizia non s’ha da fare: studenti e insegnanti nel Missouri non possono dialogare né via sms né via social network, e chi lo farà verrà punito dalla legge. Dietro alla strana decisione dello stato americano si nasconde il timore di violenze sessuali nei confronti di minori e un tentativo di proteggere dal pericolo – qualche anno fa un giovane studente fu molestato ripetutamente da parte di un insegnante fuori dalla scuola – i più giovani e innocenti. Ma l’associazione degli educatori del Missouri dichiara guerra alla nuova legge, in vigore dal prossimo 28 agosto, e accusa lo stato di non rispettare il primo emendamento della Costituzione americana: quello che garantisce a ogni cittadino il diritto di parola, associazione e religione.

LA LEGGE – La Missouri Senate Bill 54 è la prima negli Stati Uniti a vietare il social networking tra studenti e insegnanti. In vigore dal prossimo 28 agosto, la legge proibisce ad allievi e professori di comunicare fuori dai canali ufficiali: aula ed edificio scolastico. Vietati telefono, sms, e contatti attraverso qualsivoglia sito internet, Facebook incluso. Questo significa che uno studente non potrà essere «amico» del suo professore in un social network, come invece avviene normalmente in tutto il mondo. Mentre resta aperta la possibilità di diventare «fan» della pagina pubblica di un professore su FB, in caso ve ne fosse una.

LA RESPONSABILITÀ DELLA SCUOLA - In più, in caso di professori dal dubbio curriculum, la scuola è tenuta ad avvisare studenti e genitori e se accadesse qualche episodio di violenza o molestia e la scuola non avesse avvertito per tempo le famiglie, sarà l’istituto scolastico a esserne responsabile. E sempre la scuola entro inizio 2012 dovrà stilare una serie di regole sul comportamento da tenere nel rapporto allievi-educatori, dando regole precise anche sui contatti fuori dall’orario di lezione.

IL PRECEDENTE – La legge viene anche chiamata Amy Hestir Student Protection Act, in riferimento al caso di cronaca legato alla donna – Amy Hestir – che qualche anno fa venne ripetutamente molestata da un giovane insegnante della scuola superiore che frequentava, fuori e dentro l’istituto, via sms e di persona. In quel caso, l’insegnante vantava un curriculum insospettabile, con diversi impieghi nello stato e pure una nomina a «insegnante dell’anno».

LA PROTESTA – Gli insegnanti del Missouri non ci stanno. Invocano il diritto di poter comunicare con i loro studenti senza paletti. E attraverso la loro associazione di categoria, la Missouri State Teachers Association, hanno portato in tribunale lo stato e chiesto che la nuova legge venga dichiarata incostituzionale almeno nella parte relativa a Facebook . Come si legge nei documenti presentati dai legali dell’associazione in tribunale, «gli insegnanti utilizzano i social network al di fuori del circuito professionale come mezzo per tenere i contatti con i loro studenti, sia nel corso di emergenze, sia per fini educativi quotidiani, per esempio quando uno studente ha difficoltà con un compito assegnato o per aiutarli a identificare casi di bullismo».

Eva Perasso

lunedì 8 agosto 2011

Fazio ed internet-dipendenza: social network come una droga per i giovani

[Italia news 08/08/2011] Ore ed ore passate davanti ad un pc a chiacchierare con amici vicini e lontani o che forse mai si conosceranno. I social network si evolvono e si diffondono a macchia d'olio tra i giovani tanto che il fenomeno se non controllato, può portare ad una vera e propria dipendenza con sintomatologie molto simili a quelle che si verificano in soggetti che fanno uso di sostanze psicoattive. Lo ha affermato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, durante un'interrogazione parlamentare. L'astinenza dall'uso di questi nuovi strumenti, che tanto affascinano i giovani, e non solo loro ultimamente, può causare una sindrome depressiva che necessiterà di cure farmacologiche. Facebook, i giochi on line e tutti gli altri social network che si stanno imponendo su internet sembrano essere la nuova droga del secolo. A chi non è venuto l'impulso anche mentre si fa una semplice passeggiata di collegarsi e navigare sul web alla prima per rete libera a portata di click?
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Questo impulso, nei casi in cui se ne fa un abuso, può essere la causa di isolamento sociale, dipendenza psicopatologia, sentimenti compulsivi, perdita di contatto con la realtà fino ad arrivare a sentimenti di vera e propria onnipotenza. Fazio denomina questo fenomeno allarmante come il nuovo morbo psichico, annunciando che nel piano sanitario 2011-2013 sarà previsto un intervento straordinario per fronteggiare la dipendenza dei giovani dal mondo del web. Bastano dieci ore al giorno davanti al computer, afferma Fazio, per subirne le devastanti conseguenze. Il consiglio è ovviamente quello di non arrivare ad un livello di abuso, specie per i più giovani.
Eravano nel 1995 quando lo psichiatra Ivan Goldberg propose provocatoriamente l’introduzione nel DSM (il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) di una nuova sindrome, denominata Internet Addiction Disorder. Oggi l’esistenza del disturbo non è più in dubbio e la diagnosi viene posta utilizzando un test specifico. Lo stato attuale delle conoscenze non permette di indicare con certezza quali siano le alterazioni neurochimiche coinvolte nell’insorgenza del disturbo, e quali ne siano le conseguenze. Le ipotesi più accreditate suggeriscono l’esistenza di uno squilibrio tra il sistema della serotonina, della dopamina e degli oppioidi endogeni, sostanze fondamentali per il funzionamento del sistema nervoso, la cui modifica determinerebbe un alterato funzionamento dei cosiddetti 'centri del piacere'. Con il passare del tempo, questa alterazione tenderebbe a cronicizzarsi, causando una sorta di anomalo 'reset' cerebrale.

L’informazione è ricchezza. Su Internet la qualità si paga

[Corriere della Sera 05/08/2011]

A confronto studiosi delle tecnologie telematiche e dei media digitali. I prossimi passi: addio vecchia tv, scacco al diritto d’autore

PROSPETTIVE

«L’informazione è ricchezza.
Su Internet la qualità si paga»

A confronto studiosi delle tecnologie telematiche e dei media digitali. I prossimi passi: addio vecchia tv, scacco al diritto d’autore

Illustrazioni di Chiara Dattola
Illustrazioni di Chiara Dattola
Dalla ristretta rete Arpanet, creata nel 1969 per fini militari, alla sterminata galassia interattiva del Web 2.0, la Rete ha fatto molta strada. E certo un passo decisivo risale al 6 agosto 1991, vent’anni fa, quando il primo sito Web venne messo online da Tim Berners-Lee. «Al di là delle date simboliche—osserva Gino Roncaglia, docente dell’Università della Tuscia—la nascita del Web segna una svolta, perché rende possibile una comunicazione allargata da molti a molti. Prima c’erano canali verticali, come la stampa e la televisione, in cui pochi trasmettono l’informazione e molti la ricevono. Oppure canali orizzontali, tipo la posta e il telefono, in cui lo scambio è reciproco, ma tra pochi soggetti. Con il Web si passa a un processo reticolare, cui molte persone possono partecipare in veste di emittenti come di destinatari. E l’effetto si moltiplica circa dieci anni dopo, tra il 2001 e il 2002, quando nuovi programmi di gestione dei contenuti rendono ben più facile costruire un sito e prendere la parola».

Insiste su questo anche Angelo Raffaele Meo, ex presidente dell’Accademia delle Scienze di Torino: «La svolta del 1991 viene consacrata nel 2006, quando "Time", dovendo designare la persona dell’anno, mette in copertina un computer con uno schermo riflettente, in cui il lettore può specchiarsi, con la parola "You" (tu), per sottolineare che ciascuno, attraverso il Web, oggi è diventato artefice di comunicazione verso il mondo intero».

Secondo Vittorio Marchis, professore del Politecnico di Torino, la vera rivoluzione è stata però segnata dai motori di ricerca: «Quei dispositivi hanno permesso agli utenti di esplorare il Web inserendo semplici parole. Così il singolo navigatore può trovare il bandolo di ciò che gli interessa. Ma gli indici generati da Google sono spesso frutto di meccanismi condizionati dai flussi commerciali, perché la navigazione online viene monitorata, alla faccia della privacy e a vantaggio dei poteri economici».

Un altro punto critico di Internet è l’inattendibilità delle notizie. Ma secondo Roncaglia l’allarme è esagerato: «Ogni tecnologia può essere utilizzata male. Le stupidaggini girano fuori e dentro il Web, ma in Rete è più facile sbugiardarle. Wikipedia è un esempio di costruzione collaborativa aperta che permette di selezionare e filtrare le informazioni con meccanismi di controllo allargato che funzionano abbastanza bene. Nel complesso il bilancio è positivo: non a caso la Rete è il principale canale di circolazione dell’informazione scientifica».


Meo vede avanzare mutamenti radicali: «Con la diffusione dei video via Web, grazie alle fibre ottiche, la televisione tradizionale andrà a morire. Poi crescerà l’Internet delle cose. Tutti gli oggetti di cui ci serviamo saranno collegati online e potremo azionarli a distanza. Inoltre il Web sta cancellando il diritto d’autore, perché il contenuto di qualsiasi libro o filmato diventa rapidamente disponibile. La lotta alla pirateria è vana, perché si tratta di una pratica generalizzata, che la gente non avverte come illecita. Penso che il diritto d’autore, invenzione piuttosto recente, non sia un diritto naturale e comunque valga molto meno dei benefici universali che la società dell’informazione può produrre. Anche i brevetti sono ormai solo uno strumento in mano ai grandi poteri economici a danno delle piccole imprese ».

Anche Marchis ritiene cruciale il tema del copyright, ma è dubbioso sulla caduta delle barriere: «Oggi l’informazione è la principale fonte di ricchezza, più importante dell’energia, e si cerca di farla pagare anche in Rete, superando il principio del libero accesso. La pirateria dilaga per i contenuti di valore mediocre, ma si attivano sempre nuove restrizioni per i dati e le conoscenze di qualità. Capisco le esigenze economiche dell’editoria, ma temo la trasformazione del Web in un campo di battaglia, dove rischia di prevalere la legge del più forte».

Antonio Carioti

Toglietemi tutto, ma non il mio smartphone

[Wired.it 05/08/2011] Non chiedete mai a un ragazzo di Londra di rinunciare alla connessione Wi-Fi o alle notifiche live di Facebook mentre è in giro per la City. Per i giovani inglesi, i cellulari ultimo modello sono diventati un bisogno di cui non possono più fare a meno. Chiamatela dipendenza da smartphone o 'connettivite' acuta, ma resta pur sempre vero il fatto che l'isola di Sua Maestà si sta digitalizzando ad un ritmo sfrenato: nei primi sei mesi del 2011 sono stati venduti più di 6 milioni di cellulari di nuova generazione.

A dimostrarlo è l'ultimo rapporto pubblicato ad agosto dall'inglese Ofcom, l'autorità indipendente per il controllo del mercato delle comunicazioni. Secondo i dati raccolti, inoltre, su un campione di 521 ragazzi (12 - 15 anni) e 2073 'adulti' over 16, più del 60% dei teen-ager intervistati si è definito 'fortemente dipendente' dagli smartphone, contro il 37% dei connazional ipiù maturi. I più giovani sono stati letteralmente stregati dai nuovi gingilli tecnologici, a tal punto che un ragazzo su due non può fare a meno di portarlo con sé al bagno. Inoltre, il 47% di loro possiede un cellulare con connessione a alla rete, contro il 27% degli adulti.

" Il nostro studio”, spiega al Guardian il direttore di Ofcom James Thickett, “ dimostra come le persone abbiano acquisito rapidamente fiducia negli smartphone, a tal punto da provare una sensazione di dipendenza. Più il numero di questi dispositivi aumenta, più le persone pensano di avere tra le mani un oggetto di cui non possono fare a meno, soprattutto nella vita sociale”. Non a caso, la app più utilizzata dai possessori di smartphone è Facebook mobile, su cui gli utenti britannici passano circa 4 volte più tempo rispetto a Google o qualsiasi altro servizio Web.

Come se non bastasse molti tra i giovani intervistati da Ofcom preferiscono addirittura snobbare le consolle di videogiochi in favore dei più piccoli smartphone. Peccato che non valga lo stesso per la lettura, visto che ben pochi inglesi si azzarderebbero a sfogliare un libro in formato mignon sullo schermo di un dispositivo mobile.

Questa dipendenza, tuttavia, è limitata alle generazioni più giovani: anche se il 90% degli adulti di età compresa tra i 35 - 44 anni ha internet a casa, c'è ancora una buona parte di cittadini anziani che vive offline. Tra gli over 75, solo un inglese su 4 ha accesso alla rete. C'è però una speranza anche per i nonni, visto che tra di loro ben la metà possiede già un cellulare. Basterebbe che i nipoti regalassero loro uno smartphone, e tutti sarebbero finalmente connessi, felici e contenti.
Lorenzo Mannella

martedì 2 agosto 2011

Il gergo della Rete contagia il linguaggio dei giovani

[La Stampa 01/08/2011] «Cliccare», «scrollare», «nickname», «rippare». Ma anche «zippare», «account» e «cybernauta». Nell’era di Internet il vocabolario del web contagia la conversazione dei giovani fino a creare un vero e proprio gergo del net-dipendente. È quanto emerge dalla «Ricerca sull’impatto dell’uso di Internet sul linguaggio degli adolescenti», realizzata da Giuseppe Lavenia, docente universitario e responsabile dell’Area nuove dipendenze del Centro studi e ricerche ’Nostos’.

La ricerca è stata condotta su un campione di 500 soggetti, 358 maschi e 142 femmine, tutti adolescenti, studenti delle scuole superiori e in particolare di scuole d’informatica e licei scientifici, tra i 14 e i 18 anni. Ai giovani è stato somministrato un questionario dove gli è stato chiesto di indicare la frequenza d’uso di un determinato termine del linguaggio informatico e telematico in una conversazione: su 25 vocaboli ben 12 sono usati, singolarmente, in una normale conversazione da più del 50% del campione.

Termini come hacker, cliccare e crakkare, ma soprattutto scrollare e nickname. «Hacker» è tra le parole più conosciute: usata dal 67% dei soggetti da raramente a sempre, ben il 64,44% afferma di usarla in una conversazione off-line. «Scrollare»è è utilizzato dal 51% e ben il 71,57% finisce per adoperarlo nel comune parlare. Vale anche per ’cadutò, che il 61% adopera e il 59,2% lo fa anche nelle comuni conversazioni.

In percentuali superiori al 70% vengono usate da raramente a sempre termini come ’ipertestò, ’zipparè e vanno forte anche nelle conversazioni non virtuali visto che, rispettivamente, il 50,3% e il 50,6% afferma di utilizzarlo anche nel parlare faccia a faccia. Parole come ’nicknamè, ’on-line e off-linè e ’cliccarè superano, per utilizzo, oltre il 90% e comunque oltre la metà lo adopera anche nelle normali conversazioni.

Dallo studio emerge che i termini più usati off-line sono quelli da più tempo sulla scena, quelli che è più facile sentire anche in tv. Ciò lascia immaginare che le parole, per ora meno usate, abbiano solo bisogno di un pò di tempo in più per allargarsi a macchia d’olio anche nel linguaggio quotidiano.

Ma lo studio è andato oltre: la ricerca ha puntato a capire quanto la frequenza nell’uso di internet incida sulla conoscenza ottimale del linguaggio telematico. Dai risultati emerge che proprio gli utenti (1%) classificabili come «dipendenti» sono quelli che conoscono nel dettaglio tutti i termini e li usano correttamente e comunemente nelle conversazioni off-line.

Il 16% degli adolescenti analizzati è risultato ’abusatorè: vive gravi problemi nelle relazioni affettive e disturbi psicofisici. Ha una buona conoscenza del linguaggio telematico e un uso discreto anche nelle normali conversazioni. Il 28% degli utenti è ’a rischiò: sono quelli che su internet si sono costruiti un nuovo mondo in sostituzione di quello reale e mostrano una sufficiente conoscenza dei termini e un uso assiduo anche off-line.

Ancora, il 42% del campione è definito ’problematicò perchè evidenzia i primi problemi causati dall’uso di internet. In questo caso i questionari rivelano una discreta conoscenza del vocabolario ’internettesè ma un uso scarso nelle conversazioni non virtuali.

Infine, il 13% degli utenti è ’regolarè perchè pur facendo uso della rete riesce a mantenere il controllo della situazione. Ha una mediocre conoscenza dei termini e un uso assiduo nelle conversazioni off-line. Più si usa internet più si conoscono e adoperano le parole chiave del linguaggio telematico. Ciò dimostra, secondo la ricerca di Lavenia, che la net-dipendenza come la tossicodipendenza porta all’acquisizione e all’utilizzo di un proprio gergo specifico.

Social network: tu sei mezzo di comunicazione

[Il Fatto quotidiano 30/07/2011] Negli ultimi dodici mesi ho modificato le mie abitudini informative. Prima leggevo solo i giornali vicini alla mia parte politica (sinistra), monitorando gli avversari solo per motivi professionali o per leggere le iperboli presenti in molti dei titoli e delle prime pagine.

Poi ho cambiato decisamente dieta informativa. La mattina mi seguo sempre la rassegna stampa in tv, poi ascolto la lettura dei giornali del Gr Rai Parlamento mentre mi sposto verso l’ufficio. Poi leggo i principali quotidiani online e i link condivisi dai miei contatti di riferimento su Facebook e Twitter. A intervalli regolari leggo Dagospia. E la giornata lavorativa non finisce prima di aver ascoltato “La Zanzara”.

Durante la giornata leggo moltissime notizie, in gran parte per lavoro e un po’ per curiosità. Cerco di condividere e commentare le più importanti sui social media. Spesso queste azioni generano discussioni molto interessanti (Facebook) e catene di passaparola con ulteriori approfondimenti (Twitter). Quando ho un concetto più strutturato, cerco un blog, un giornale online, un luogo dove scriverlo con lo scopo di dare spazio e visibilità alle idee che nascono online, provando a sintetizzarle e a razionalizzarle.

Non pretendo di dare lezioni di giornalismo e di uso dei social media, però sento di avere una percezione generale migliore su ciò che accade del nostro Paese da quando ho smesso di ascoltare solamente la mia campana.

Ho deciso di scrivere questo post, perché ritengo che un lavoro del genere sia utile, forse necessario, per far maturare la consapevolezza collettiva e l’informazione italiana. Ma va svolto collettivamente e da più persone possibile. E dunque sento di suggerirvi di fare lo stesso, se avete tempo e voglia di costruire meglio le vostre opinioni e aiutare i vostri amici, conoscenti e lettori a fare lo stesso.

Ancora più dell’attivazione tipica dei social media, ritengo che l’opinione pubblica abbia bisogno di ‘gatekeepers’, di filtri, di raccordi tra le cose della politica nazionale e i sentimenti del comune cittadino. C’è bisogno di legare il dibattito del bar e quello del Palazzo, di spiegare le dinamiche complesse dell’economia e delle relazioni con un linguaggio semplice e al pubblico più vasto possibile. Al contempo è utile provare a fare uno sforzo per trasmettere ai decisori le volontà della gente affinché le politiche pubbliche migliorino e imparino dalla ‘saggezza della folla’.

All’Italia mancano grandi opinion leader della Rete, blogger politici ‘nativi’ (e non giornalisti appassionati di blog), soprattutto su scala locale, dove c’è un bisogno ancora maggiore di questo raccordo tra elettori ed eletti, in contesti dove il senso di comunità è molto più visibile e dove il rapporto tra amministratori e cittadini è diretto e talvolta viscerale.

E soprattutto manca l’abitudine a guardare nel campo ‘avversario’. La polarizzazione italiana figlia del berlusconismo e dell’antiberlusconismo ha portato più alla ricerca di notizie e tesi conformi alle proprie idee di partenza che alla lettura critica per verificare l’attendibilità delle proprie posizioni. Chi è di sinistra tende a leggere giornali di sinistra e ignora la stampa di destra, e viceversa. Questo non aiuta a essere oggettivi.

Dove manca il giornalismo tradizionale, dove manca la partecipazione, dove manca la politica, serve che i cittadini si organizzino in autonomia per informare ed informarsi nel migliore dei modi possibili, per essere cittadini consapevoli, per muovere il consenso, per premiare i comportamenti virtuosi e stigmatizzare le condotte non conformi dei personaggi politici e pubblici.

Questo nuovo ‘corpo intermedio’ deve però avere l’umiltà della collaborazione e non deve entrare in una logica competitiva, perché altrimenti è inutile. Deve essere consapevole del ruolo sociale che può ricoprire in questa fase politica e sociale, decisiva per il nostro Paese.

Manuel Castells, parlando di queste dinamiche, racconta delle possibilità dell’autocomunicazione di massa, ossia del potenziale dei social media di orientare l’opinione pubblica attraverso milioni di conversazioni reticolari che, tenendosi in reciproco equilibrio, formano una nuova coscienza collettiva e ‘di massa’ pur non essendo regolati a meccanismi di comunicazione top-down come quella della televisione. A questa dinamica si deve il successo del movimento referendario e, in parte, anche dell’affermazione del centrosinistra alle ultime elezioni amministrative.

Non aspettiamo la politica, non aspettiamo i media, non aspettiamo il cambiamento. Facciamolo.
Dino Amenduni

Facebook: "L'anonimato online è pericoloso", Google concorda

[La Stampa 29/07/2011] NEW YORK
Randi Zuckerberg, il direttore marketing di Facebook, nonché sorella del suo fondatore Mark, ha dichiarato guerra al bullismo su Internet e ha intenzione di fare tutto il possibile per impedire che le persone facciano qualcosa sul Web senza il proprio nome ben in vista.

Il social network richiede a tutti i suoi utenti di registrarsi con il loro vero nome e la propria e-mail personale - una regola che è sempre stata molto difficile da mettere in pratica, lo dimostrano i numerosi account cancellati e i nomi fittizi su Facebook. Secondo il direttore marketing, mettere fine all'anonimato online potrebbe aiutare a mettere un freno al bullismo e alle molestie su Internet.

La Zuckerberg non ha offerto esempi pratici di iniziative a breve termine, ma durante un meeting che aveva come tema i social media tenuto martedì dal magazine Marie Claire, ha dichiarato: «Penso che l'anonimato debba sparire. Il comportamento delle persone è migliore quando hanno il loro nome in bella vista, penso che la gente si nasconda dietro l'anonimato e pensi di poter dire tutto quello che vuole a porte chiuse», ha commentato.

L'ex amministratore delegato di Google, Eric Schmidt, ora presidente del gigante informatico, ha anche lui convenuto che «l'anonimato è pericoloso».

Lo scorso weekend. Google+ ha fatto infuriare alcuni dei suoi oltre 20 milioni di utenti, sopprimendo degli account perché contravvenivano alle sue regole sui nomi. Da Google+, infatti, sono scomparsi - o meglio sono stati «congelati» - migliaia di account, perché associati a nomi di fantasia, a pseudonimi, o a nomi troppo lunghi. Google vuole solo iscritti che utlizzano nomi reali.

Alle proteste degli utenti per la poca chiarezza delle regole del social network che impongono agli utenti «di utilizzare il nome con cui famiglia, amici e colleghi ti chiamano normalmente», Bradley Horowitz vice direttore del social network, ha risposto che Google «sta cercando di migliorare il modo in cui tratta casi del genere, in particolare il modo di notificare la contravvenzione delle regole del social network agli utenti e di comunicare loro le alternative a disposizione».

Handicap, nuova cassetta degli attrezzi

[West 28/07/2011] In Francia, il menu delle applicazioni sui cellulari a supporto delle persone disabili si fa sempre più ricco. Con un semplice download dai negozi online delle più celebri marche di telefonini, é già possibile avere gratuitamente una guida che indica i luoghi di Parigi dotati di servizi per portatori di handicap (Jaccede Mobile). Oppure scaricare programmi più specifici come GuidEnVille e Handicap.fr. Il primo è un testo vocale per facilitare l’accesso ai trasporti dell’Ile-de-France, mentre il secondo individua i parcheggi per persone diversamente abili presenti in tutto lo stato Transalpino. Ma non finisce qui. Dalla fine di luglio si potranno aggiungere sul proprio smartphone altre due geniali trovate tecnologiche. JustBip, un sistema che attraverso codici specifici attribuiti sia ad uffici che a luoghi di svago permetterà, avvicinando il proprio telefono ad un apposito dispositivo di ricevere informazioni sui servizi offerti. L’altra novità é un dizionario di francese interamente sviluppato nel linguaggio dei segni. Questa applicazione inoltre, sfruttando interamente le potenzialità del web 2.0 permetterà agli utilizzatori di integrare il vocabolario con nuove parole in maniera interattiva.
Beatrice Credi

Applicazioni per persone disabili