lunedì 15 ottobre 2012

Bambini sicuri sui social media

[14/10/2012 Città Nuova Online]
I bambini sono oggi nativi digitali. Sembrano conoscere il mondo virtuale del web e cosa farci quasi di default. Ma questo spazio non sempre è un luogo adatto a loro, alle loro giovani menti, alla loro età, alla loro inesperienza del mondo, quello reale. Spesso i genitori temono quello che possono fare in Rete tutto il giorno. Ma da una parte non riescono, o non vogliono, staccarli dagli schermi e dall’altra, troppo spesso, non sanno come difenderli durante la navigazione.

Sensibilizzare figli e genitori a un uso consapevole di questi strumenti si può. È l’ambizioso obiettivo che si pone il progetto "Safe Social Media". Abbiamo incontrato la dott.ssa Francesca Ranni, coordinatrice del progetto per l’associazione "Davide.it Onlus", capofila del progetto, che ci ha spiegato meglio in cosa consiste.

In cosa consiste "Safe Social Media"?
«Safe Social Media è un progetto finanziato dal programma dell'Unione europea Daphne III e mira a prevenire e combattere la violenza presente nei social media, strumenti oggi sempre più utilizzati da bambini e ragazzi. Iniziato a gennaio 2011, è promosso da tre organizzazioni: l'associazione "Davide.it", che da anni si occupa di tutela dei minori online, con sede a Torino, "Intermedia consulting", con sede a Roma e l'organizzazione spagnola "Cece". Finora ha visto coinvolti 6 mila adolescenti di oltre cinquanta scuole medie e superiori italiane, con i loro genitori e insegnanti. Un percorso analogo è stato fatto in Spagna».

Parliamo dei pericoli online: quali sono quelli più prossimi ai bambini e come evitarli?
«Le nuove tecnologie sono una grande risorsa, ma comportano anche dei rischi, perché è più semplice entrare in contatto con contenuti violenti, nocivi, per i quali i ragazzi non possiedono ancora i giusti strumenti d'interpretazione. Il discorso vale sia per Internet che per i videogiochi. Sui social network occorre scegliere con cura le persone con cui entrare in relazione e pensare bene prima di postare foto o commenti: tutto ciò che si mette su Internet rimane per sempre! Attenzione anche alle azioni di cyberbullismo: i ragazzi non devono contribuire alla loro diffusione, ma “spezzare la catena” e parlare con gli adulti di cui si fidano». 

Come ridurre i contenuti violenti non adatti ai più piccoli?
«
Installare un buon filtro per la navigazione, che protegga da contenuti nocivi e non adatti è un buon punto di partenza, ma è poi fondamentale agire dal punto di vista educativo. Nell'indagine condotta per "Safe Social Media" emerge che appena il 35 pe cento dei ragazzi parla in famiglia di cosa succede online: un dato allarmante. I genitori devono essere vicini ai propri figli anche in questo aspetto così importante della loro vita, che occupa gran parte della giornata. Devono parlare con loro, capire cosa fanno su Internet, quali siti frequentano, come usano i social network e poi dare alcune semplici regole, come fanno già nella vita reale. Per il mondo virtuale spesso valgono gli stessi princìpi: non dare confidenza agli sconosciuti, trattare con rispetto i propri amici, essere responsabili nel prendere decisioni sono alcuni di questi».

Discrepanze generazionali. Come aiutare genitori e insegnanti a trasformarsi in protagonisti digitali?
«Siamo convinti che coinvolgere genitori e insegnanti, cioè le figure di riferimento più importanti nell'educazione e nella crescita dei ragazzi, sia fondamentale. Per questo "Safe Social Media" tenta un approccio educativo congiunto, con incontri formativi destinati agli adulti e materiale di approfondimento che è possibile reperire anche sul sito web del progetto».

Il vostro è un progetto ambizioso. Quali sviluppi futuri prevede?
«Questa edizione del progetto durerà fino a gennaio 2013 e vedrà la pubblicazione dei risultati dello studio che stiamo conducendo sugli stili di vita digitali degli adolescenti italiani e spagnoli. Per il futuro ci auguriamo, in presenza di adeguate risorse, di poter coinvolgere sempre più ragazzi e offrire a sempre più famiglie l'opportunità di una formazione su temi così importanti ma ancora trascurati dai curricula scolastici tradizionali».
Eloisa De Felice

Adolescenti e tecnologia, senza regole fisse

[12/10/2012 Techcorner]
I teenager di tutto il mondo usano la tecnologia per tenersi in contatto con gli amici. Dietro a tale certezza, si celano però diversi dubbi, per esempio su quali siano le regole o chi decide in famiglia cosa sia permesso. Per scoprire questo e altro, Ericsson ConsumerLab ha condotto una ricerca su un campione di duemila giovani americani tra i 13 e i 17 anni.
Lo studio rivela che se gli adolescenti hanno sempre più voce in capitolo sul funzionamento delle nuove tecnologie, sono i genitori ad avere ancora molto controllo su come e quando i loro figli possono utilizzare computer, telefono cellulare e Facebook. Proprio "Facebook" e "come usare il computer" sono le due voci rispetto alle quali i genitori sembrano avere le regole più rigide, soprattutto per i giovani tra i 13 e i 14 anni. Circa il 30% dei genitori prende le decisioni per i figli a questa età. Secondo lo studio, i genitori prendono questo tipo di decisioni sugli adolescenti in base all'età dei propri figli e allo stile educativo adottato.
Ed è proprio attraverso la comprensione di quest'ultimo che si può prevedere come verranno prese le decisioni relative all'uso della tecnologia. In particolare, i teenager americani classificano i genitori secondo cinque tipologie di stili educativi. Si va dall'Autoritario (9%), dove i genitori hanno regole molto rigide, con limitazioni non solo sul come ma anche sul quando poter utilizzare determinati dispositivi, al Direttivo (14%) con mamme e papà esigenti ma anche in grado di adeguarsi.
Non può mancare il Democratico (50%) che a larga maggioranza coinvolge i propri figli nel processo decisionale, così come il Permissivo (15%), dove i genitori che danno maggiore autonomia ai figli e che evitano il confronto. Infine, il basso coinvolgimento (12%), con genitori poco esigenti che lasciano i figli decidere da soli. Nella maggior parte dei casi teenager e genitori decidono insieme – prevale quindi lo stile educativo "democratico" – e non c'è quasi nessuna differenza di genere.
Per quanto riguarda invece ciò che i teenager possono tenere nelle proprie camere, 85-90% del campione è autorizzato ad avere con sé il proprio telefono cellulare e iPod touch. La grande maggioranza degli adolescenti intervistati, inoltre, ha nella propria stanza un televisore. Anche in questo caso non ci sono differenze di età o genere.
Le cose cambiano quando invece si parla di computer: solo al 50% dei tredicenni infatti è consentito avere un computer nella propria camera. Anche a 17 anni, il 34% dei ragazzi e il 28% delle ragazze non sono autorizzati ad avere un computer sulla scrivania della propria cameretta. Segnale evidente che c'è una differenza su come i genitori percepiscono il telefono cellulare e il computer.
In sintesi dallo studio emerge che l'utilizzo della tecnologia da parte degli adolescenti non dipende solo dalla loro età ma anche dallo stile educativo dei propri genitori. Un altro importante fattore è la conoscenza che i genitori stessi hanno della tecnologia, che contribuisce a farsi un'opinione e, a sua volta, influenza l'utilizzo della tecnologia da parte dei figli.
Anche se Internet è utilizzato a tutte le età, dal report emerge una differenza sostanziale sull'importanza che le diverse generazioni gli attribuiscono : il 57% dei teenager infatti considera importante avere accesso a Internet in qualsiasi luogo ci si trovi, la percentuale dei genitori scende al 35% , quella degli anziani si ferma al 24%. Infine, lo studio rivela che il 40% dei teenager americani tra i 13 e i 17 anni possiede uno smartphone - che può essere usato come un computer - e, coloro che non lo usano, ne vorrebbero uno.

10° Rapporto Censis, comunicazione sempre più social e mobile

[09710/2012 Mediapolitika]
Sempre più italiani su Internet. Cresce l’utenza di smartphone e social network, diminuiscono i lettori di libri e quotidiani a vantaggio dell’informazione online. In questo contesto, la condivisione telematica delle biografie personali comporta una rinnovata concezione della privacy, con la diffusa percezione, tra gli internauti, dei rischi per la sicurezza di dati e contenuti pubblicati in rete. Di questi temi si è discusso durante la presentazione del 10° Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione “I media siamo noi. L’inizio dell’era biomediatica”, promosso da 3 Italia, Mediaset, Mondadori, Rai e Telecom Italia e presentato il 3 ottobre a Roma presso la Sala Capitolare del Senato.
Al discorso introduttivo del presidente del Senato, Renato Schifani, che ha sottolineato le potenzialità e i rischi della comunicazione digitale, hanno fatto seguito, tra gli atri, gli interventi di Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, Presidente e Direttore Generale del Censis e del presidente dell’Ucsi, Andrea Melodia.
I consumi mediatici nel 2012 – La tv resta ancora il mezzo più pervasivo, ma cambia il modo di guardarla: il 42,4% degli italiani cerca su YouTube i programmi preferiti per personalizzare i propri palinsesti, crescono gli utenti di mobile tv e tv satellitari (+1,6%) e della radio via web tramite il pc (+2,3%), a dimostrazione dell’integrazione dei vecchi media con la rete. In costante crescita gli iscritti a Facebook, passati dal 49% del 2011 all’attuale 66,6% degli internauti, corrispondenti al 41,3% degli italiani e al 79,7% dei giovani. Nel comparto della telefonia spopolano gli smartphone (+10%), posseduti da più della metà dei giovani (54,8%). Prosegue, invece, la crisi della carta stampata (-2,3% di lettori per i quotidiani, -11,8% per la free press) e dell’editoria libraria (-6,5%).
L’era biomediatica – L’individuo è al centro del sistema mediatico grazie alla miniaturizzazione dei dispositivi e al proliferare delle connessioni mobili: in quella che il Censis ha definito “era biomediatica”, l’aspetto che più colpisce è “l’esasperazione della personalizzazione”, da cui deriva il rischio di un conformismo dell’informazione “fai da te”, come ha sottolineato De Rita. Alla bio-mediatica, che vede i media come un’estensione delle funzioni vitali, deve accompagnarsi una bio-media-etica, che preveda “un sistema il più possibile condiviso di valutazione qualitativa, sul confronto, sul dialogo, sulla responsabilità personale”, ha chiosato Melodia.
L’industria dei contenuti digitali – Cresce il ruolo di Internet nel mercato della pubblicità, con un +12,3% di investimenti nel settore, al secondo posto, dopo la tv, per capacità di influenzare le scelte d’acquisto dei consumatori. In rete occorre re-inventare non solo la pubblicità, come ha evidenziato Novari, ma anche l’editoria, che grazie all’edicola digitale, come dimostra l’esperienza degli Usa, può trovare soluzioni alla crisi del settore venendo incontro alle nuove esigenze dei lettori, ha sottolineato Costa, amministratore delegato Mondadori. Diffusione e redistribuzione dei contenuti digitali interessano anche il mercato televisivo secondo la duplice prospettiva esposta da Nieri, di Mediaset, e Marano, della Rai. Da un lato, servono regole allo sfruttamento da parte della rete dei contenuti prodotti, dall’altro, la vera sfida della multimedialità consiste nella creazione di contenuti “web-nativi” per offrire un “servizio globale”.
Internet e privacy – Il 75,4% di chi accede a Internet ritiene che la propria privacy possa essere violata sul web, quasi la stessa percentuale rivendica il diritto all’oblio, più della metà degli italiani vorrebbe una normativa più severa a tutela della privacy, minacciata oggi da “enormi banche dati” che mettono in pericolo il nostro “corpo elettronico”. Lo ha affermato il Garante della privacy, Antonio Soro, invitando a considerare la tutela della privacy un “diritto e non un costo” e “una sfida di libertà” da vincere con una maggiore “coesione tra i vari poteri”.
Elena Angiargiu

Vietare la tivù ai bambini?

[09/10/2012 My Tube Enrico Franceschini - Repubblica.it]
Uno studio pubblicato in Gran Bretagna dà l’allarme con accenti ancora più gravi del solito su un tema ampiamente dibattuto: i danni che la televisione può causare ai bambini. Nella ricerca condotta dal professor Aric Sigman, un noto psicologo, per la rivista Archives of Disease in Childhood, si afferma che la crescente ossessione dell’infanza per tivù, computer e video giochi può causare danni allo sviluppo mentale e problemi fisici a lungo termine. Secondo dati citati dall’autore, un adolescente inglese passa sei ore al giorno davanti a uno schermo, senza contare la scuola; negli Stati Uniti la media è otto ore al giorno. Lo studioso ritiene che in particolare nei primi tre anni di vita di un bambino, quando per uno sviluppo sano del cervello occorre interagire “faccia a faccia” con i genitori (non con uno schermo), la televisione e altri mezzi di intrattenimento digitali dovrebbero essere messi completamente al bando, cioè portati a zero ore; e che il tempo dedicato a tivù, computer, tablet e telefonini debba poi crescere gradualmente fino a un massimo di due ore al giorno per i ragazzi al di sopra dei 16 anni. La sua ricerca calcola che quando un bambino inglese compie 7 anni di età, avrà già trascorso un anno intero di 24 ore al giorno guardando tivù, computer o videogames, e quando ne compie 18 avrà trascorso davanti a uno schermo tre interi anni della sua vita. Non tutti gli esperti concordano con la preoccupazione espressa da Sigman (e riportata oggi in prima pagina dal quotidiano Guardian di Londra): per esempio Dorothy Bishop, docente di sviluppo neurospicologico all’università di Oxford, sostiene che le sue tesi non contengono nuovi dati e che l’impatto dello schermo sullo sviluppo cerebrale da lui descritto è soltanto una supposizione, “si potrebbe concludere in modo analogo che i bambini non dovrebbero leggere libri”. Ma tutti concordano che uno stile di vita sedentario per bambini e adolescenti è tra le principali cause di obesità e disturbi cardiaci.

Europarlamento: passo per protezione minori in rete

[09/10/2012 ANSA]
''Internet sta diventando sempre piu' pervasivo nella vita dei minori e, se da un lato offre nuove e inedite opportunita' ai bambini e ai ragazzi di far sentire la loro voce, dall'altro li espone a rischi elevati e richiede un intervento su almeno tre fronti: accesso ed educazione, protezione, e cittadinanza digitale''. E' quanto ha detto Silvia Costa, eurodeputata del Pd la relatrice del rapporto approvato oggi in commissione cultura sulla protezione dei minori nel mondo digitale.


La relazione contiene specifiche indicazioni rivolte alla Commissione sulle modalita' con cui la protezione dei minori nel mondo digitale puo' essere incorporata nelle sue azioni e provvedimenti secondo una metodologia piu' efficace, potenziando i meccanismi gia' esistenti come le hotlines nazionali, secondo gli standard INHOPE, i red buttons, gli alert per i genitori e gli altri, per assicurare un approccio coerente e coordinato nei confronti della sicurezza online del bambino.


Quattro, quindi, i cardini della proposta di Silvia Costa: una cornice generale di diritti e di governance, il diritto di accesso e di educazione nei media e nei nuovi media, il diritto alla protezione, il diritto alla cittadinanza digitale.


In materia di protezione, la relazione chiede a Commissione e Stati membri di valutare l'opportunita' di iniziative specifiche da parte dei servizi preposti alla sicurezza e alla tutela, come quello giudiziario e di polizia, con l'obiettivo di realizzare tempestivi interventi sui contenuti pericolosi, in accordo con le legislazioni nazionali, anche di Paesi terzi.


TUTELARE MINORI, SCURRIA (PDL) - Il Parlamento europeo mira a proteggere i giovani che navigano in rete proteggendoli dai ''rischi di azioni criminali'' ed eliminando il digital divide che colpisce in particolare i minori soprattutto in ambito scolastico. E' questo il senso della relazione approvata oggi in commissione cultura sulla ''tutela dei giovani nel mondo digitale''. ''Il primo tema da affrontare - ha detto l'eurodeputato Pdl Marco Scurria, coordinatore Ppe in commissione cultura - e' sicuramente quello del divario digitale, e in particolare la tutela delle fasce meno protette, tra le quali i minori''. La relazione approvata oggi contiene impegni o codici di condotta che predevono la visualizzazione di un'apposita etichetta sui siti internet per combattere le discriminazioni e gli altri contenuti illeciti o nocivi online.


''Vanno indubbiamente incoraggiate le azioni di contrasto alla criminalita' online messe a punto con successo da alcuni Stati membri - ha segnalato Scurria - ma le differenze culturali e giuridiche esistenti tra essi, non permettono di stabilire con chiarezza i contenuti da sanzionare''. I contenuti illeciti o nocivi provengono anche da paesi terzi e quindi la relazione mira a ''un approccio coordinato sia a livello europeo che internazionale per permettere di armonizzare la tutela contro questo tipo di contenuti''.

lunedì 1 ottobre 2012

New Media: a scuola con iPad. Vetrya e 3 Italia lanciano una sperimentazione con la Scuola Media Signorelli di Orvieto

[Key4Biz 21/09/2012]
Se gli studenti pensano ed apprendono in modo diverso, la scuola prova strade nuove. Da queste considerazioni è nato l'accordo tra Vetrya, società leader nello sviluppo dei nuovi media, l’operatore mobile 3 e la Scuola Media Luca Signorelli di Orvieto. L’obiettivo della sperimentazione di tecnologie innovative per la didattica digitale è quello di valutare l’impatto che possono avere sui metodi di insegnamento e sul processo di apprendimento.
Il progetto, che partirà il 24 settembre, è rivolto ai ragazzi nati negli anni novanta, i cosiddetti nativi digitali.
Il progetto sperimentale di Vetrya persegue l’idea del Ministro Francesco Profumo: un tablet per ogni studente.
Vetrya fornirà, infatti, a titolo gratuito 30 tablet Apple iPad retina display ai ragazzi, con specifiche applicazioni sviluppate in accordo con il personale docente della Scuola. Le applicazioni prevedono non solo il supporto digitale dei “libri di testo” realizzati dai docenti in collaborazione con gli allievi, ma anche moduli didattici del corso di studi e soluzioni interattive per sessioni di formazione e comunicazione verso i genitori.
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Sms scavalcati da internet mobile, ma sulla banda larga fissa l’Italia resta in ritardo

[Key4biz 21/09/2012]
Il sorpasso ‘storico’ è avvenuto nel 2011 ed è stato certificato dalla Relazione Agcom 2012: per la prima volta, internet mobile ha battuto gli sms. Gli italiani, insomma, hanno speso più per navigare in internet dal cellulare (2,41 miliardi, +18% sul 2010) che per inviare sms (2,3 miliardi, +1,5%).
I ricavi derivanti dalla fornitura di servizi dati registrano una crescita complessiva dell’8,9% e nell’ultimo trimestre del 2011, le sim utilizzate per il traffico dati sono cresciute a quota 19,4 milioni contro i 17,1 dell’ultimo del 2010 - per un volume di traffico che ha superato i 190 petbyte (+52% rispetto al 2010).
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