giovedì 26 gennaio 2012

Minori online, cresce il "grooming"

[La Stampa 26/01/2012]
«Il 27% dei ragazzi italiani si dà appuntamento di persona con qualcuno conosciuto in internet, e il 17% ha rapporti intimi con persone contattate via web. Da queste evidenze e dal nostro lavoro quotidiano con i ragazzi emerge chiaramente come sia necessario dar loro gli strumenti tecnici e relazionali per l’utilizzo delle nuove tecnologie».

Lo ha detto Raffaela Milano, direttore programmi Italia-Europa di Save the Children commentando la vicenda di una 13enne adescata via chat e obbligata poi a prostituirsi. Una storia, ha osservato, che «evidenzia come l’utilizzo che i ragazzi fanno di Internet e cellulari sia fortemente influenzato dalla sfera delle relazioni e delle emozioni e che pertanto affettività e sessualità, insieme alla percezione del rischio e alla consapevolezza dei pericoli, siano un ambito fondamentale sul quale agire in termini di prevenzione quando si parla di sicurezza in rete». Per questo «occorre intervenire in maniera immediata, incisiva e congiunta, poichè nessuno singolarmente possiede tutte le competenze e gli strumenti necessari per la tutela di bambini e adolescenti on line. La realizzazione di un ambiente sicuro in rete è una responsabilità condivisa».

Il 7 febbraio si celebrerà il Safer Internet Day, la giornata istituita dalla Commissione europea, all’interno del Safer Internet Programme, per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile dei Nuovi Media tra i più giovani. In Italia il referente del programma è il Centro Giovani Online (www.sicurinrete.it) coordinato da Save the Children e Adiconsum. Tema del Safer Internet Day 2012 sarà «Connecting Generation», per incoraggiare una comunicazione efficace tra generazioni - i giovani e gli adulti - anche nell’ambito dei Nuovi Media.

In occasione della giornata, il 7 febbraio a Roma, si terrà un incontro ospitato dal presidente della Camera insieme al Comitato Consultivo del Centro Giovani Online, coordinato da Save the Children e Adiconsum: un network di 50 organizzazioni - tra istituzioni, società scientifiche, media, aziende ICT e di telefonia mobile, associazioni e università - attive nella tutela on line di bambini e adolescenti. Nel corso dell’incontro il Comitato presenterà ’L’Agenda strategica per la promozione dei diritti on line dei minorì e la nuova ricerca ’Insieme. Più Connessi. Più sicurì.

A fine 2011 da Ecpat Italia, organizzazione per il contrasto dello sfruttamento sessuale dei minori, aveva chiesto l’approvazione di una «legge sull’adescamento al fine di abuso o sfruttamento sessuale, ferma da gennaio 2011 in Parlamento». L’avvento delle nuove tecnologie «presenta delle zone d’ombra difficilmente ignorabili. Per quanto riguarda l’Italia, dall’analisi dei dati della Polizia, emerge che nei due terzi dei casi le vittime sono bambine, ragazze o donne. Oltre che sui reati commessi dagli adulti, Ecpat «punta i riflettori anche su quelli commessi dagli adolescenti, come ad esempio il fenomeno delle "Candy girl" (ragazzine che si spogliano davanti a una web cam o che vendono le loro foto per ricariche telefoniche o altri regali), legato alla forte erotizzazione di bambini e adolescenti attraverso i media».

Digital Agenda, Neelie Kroes: ‘Norme equilibrate contro la pirateria ed entro l’estate strategia sul cloud e Paper sulla connected Tv’

[Key4biz 25/01/2012]
Torna a parla di diritto d’autore e pirateria il Commissario Ue alla Digital Agenda, Neelie Kroes, in occasione del Forum sulla proprietà intellettuale dell’Europarlamento.

Il Commissario ha sottolineato ancora una volta i vantaggi dell’era digitale per la diffusione dei contenuti, ribadendo la necessità di trovare le giuste soluzioni contro il downloading illegale.

“Dobbiamo fermare quei siti che intenzionalmente consentono la massiccia violazione del copyright e guadagnano laute somme a spese dei creatori”, ha detto la Kroes.

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Social Media: ecco come li usano i giornalisti dell’era digitale

[Key4biz 25/01/2012]
L’impatto sociale dei Social Media è inarrestabile, così come la presenza nell’ecosistema dell’informazione. Ma qual è la loro effettiva influenza sul giornalismo e sui giornalisti? Quanto vengono considerati affidabili come fonte da sviscerare per costruire la notizia? Come sono utilizzati nel lavoro redazionale? E che ruolo hanno nella promozione dell’immagine di chi scrive?
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lunedì 23 gennaio 2012

Sappiamo tutto capiamo poco

[Corriere della sera 23/01/2012]
«A cosa serve avere tanti libri e librerie se poi non basterebbe una vita intera per leggere solo i titoli?»: se lo chiedeva già nel V secolo a. C. il filosofo Socrate, che possiamo quindi considerare a buon titolo primo teorico dell’«overload informativo», l’eccesso di informazioni che affligge i nostri tempi. E Socrate fu solo il pioniere, anche il matematico e filosofo Leibniz denunciava l’«orribile massa di libri che continua a crescere», mentre Denis Diderot, padre dell’Enciclopedia, scriveva nel 1755: «Con il passare dei secoli, aumenterà il numero di libri, al punto che possiamo prevedere un tempo in cui imparare dai libri sarà difficile come studiare l’universo». [Leggi tutto]

mercoledì 18 gennaio 2012

Ecco perché usiamo Facebook

[Wired 18/01/2012]
Forse, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti Facebook sta davvero perdendo colpi, con il numero di nuovi utenti che rallenta la corsa. Ma, per fortuna di Zuckerber, ci sono India e Brasile a tenere alta la curva della crescita. Così che, dopo quota 800 milioni (toccata lo scorso settembre) Facebook viaggia verso il miliardo di utenti: cifra che potrebbe raggiungere già ad agosto, secondo l’analista di iCrossing, Gregory Lyons. Ma perché tutte queste persone si creano un profilo su Facebook? Per Ashwini Nadkarni e Stefan G. Hofmann dell’ Università di Boston, i motivi possono riassumersi sostanzialmente in due necessità fondamentali: il bisogno di appartenenza a qualcosa e quello di auto- rappresentazione.

Le conclusioni dei ricercatori tirano in realtà le somme da una serie di studi che nel corso degli ultimi anni si sono accumulati sulle caratteristiche demografiche, culturali e personali degli utenti che si iscrivono ai social network. Si scopre così che tra i fattori che più contribuiscono al bisogno di appartenenza ci sono quelli demografici e culturali, mentre narcisismo, timidezza e stima personale sono fondamentali per l’altra metà della mela, che così appagherebbe il bisogno di auto-rappresentazione. Ma andiamo con ordine.

Come riporta Readwriteweb, per capire perché le persone usino i social network, la prima cosa è sapere chi effettivamente li utilizza. Il popolo più numeroso e attivo di Facebook sembrerebbe essere quello femminile in generale, e quello delle minoranze etniche in particolare. Secondo uno studio pubblicato su Journal of Computer-Mediated Communication, gli afroamericani, le popolazioni latine e gli indiani sarebbero quelle con una “maggiore intensità di identità culturale”. Cosa che, per i ricercatori dell’Università di Boston, spiegherebbe in parte la loro forte presenza sui social network.

Secondo: anche il tipo di personalità influenza la partecipazione degli utenti a Facebook. Gli estroversi hanno una vita piuttosto movimentata sul social network, e in genere hanno più amici rispetto ai timidi, ma sono questi ultimi a passare più tempo su Facebook e ad appassionarsi alla piazza virtuale. Anche chi in genere ha poca stima di sè usa molto il social network, insieme a quelli che a scuola non se la cavano molto bene.

Ovviamente, ci sono anche i narcisisti tra gli appassionati di Facebook, cioè quelli che usano la loro bacheca come un luogo per autopromuoversi. Tutti questi fattori - stima personale, timidezza e rendimenti scolastici - giocherebbero un ruolo fondamentale nello spingere le persone a utilizzare il social network. In questo contesto, Fb servirebbe proprio per aumentare il senso di appartenenza (anche solo virtuale) o la stima personale, come vuole dimostrare un altro studio dal titolo eloquente: Mirror, Mirror on my Facebook Wall: Effects of Exposure to Facebook on Self-Esteem.

Ma, cosa non meno importante, avere un profilo su Facebook risponderebbe al nostro bisogno di auto-presentazione, di riservarci un posto come persone pubbliche.
Dare, insomma, un’ impressione agli altri (sarà anche per questo che non esiste il don't like su Fb?). È sufficiente fare due esempi, come quelli riportati da Readwriteweb: pensate a un appuntamento al buio e a un datore di lavoro in cerca di informazioni su aspiranti candidati. Dare uno sguardo al profilo su Facebook prima di incontrarsi o una sbirciatina per farsi un’idea di potenziali collaboratori è infatti un comportamento piuttosto comune tra i clienti di Zuckerberg.
Anna Lisa Bonfranceschi

martedì 17 gennaio 2012

I social network stanno soppiantando gli sms

[IL Sole 24 Ore 17/01/2012]
Il futuro degli sms (Short Message Service) è in forse. Gli analisti di Citigroup lanciano un allarme dopo avere analizzato l'ulteriore calo di messaggini che, nel mondo, sono stati spediti durante le festività natalizie. Le reti sociali, le applicazioni per smartphone e le email stanno rapidamente togliendo ossigeno ai carrier di telefonia mobile; a farne le spese Sonera, il più grande operatore mobile finlandese, che nel corso del 2011 ha registrato un calo del 22% degli sms inviati. Cali generali dappertutto in Europa ma, secondo gli analisti, l'allarme dovrebbe suonare soprattutto per i carrier in Italia, Spagna, Belgio e Olanda (l'olandese KPN, ha già esternato la sua preoccupazione lanciando un profit warning).

Nel terzo trimestre del 2011 gli sms hanno rappresentato il 14% del fatturato delle maggiori compagnie europee e, considerando che questo risultato è in calo ormai da tre anni, si può parlare di un cambiamento strutturale e non ciclico, che costringerà gli operatori a puntare su altri servizi (di natura ovviamente digitale) giacché non sembrano essere stati fino ad oggi sensibili al problema, nonostante i costi di gestione delle reti rappresentino voci viepiù importanti nei rispettivi conti economici.

In Italia il calo si è assestato attorno al 2%, ma è un dato da relativizzare poiché gli operatori nostrani si sfidano a colpi di offerte e pacchetti basati soprattutto sull'invio di SMS gratuiti o a costi particolarmente contenuti.

Non si tratta di un fulmine a ciel sereno ma resta comunque una doccia fredda: nel 2000 gli sms inviati nel mondo sono stati 17miliardi, 500miliardi nel 2004 e nel 2008 4.100miliardi. Gli operatori sembrano impreparati a questo nuovo trend calante e lo spettro delle soluzioni sul breve periodo non sembra essere ampio. Con ogni probabilità si tenderà alla creazione di nuovi contenuti multimediali a pagamento e alla monetizzazione di tutte quelle applicazioni per smartphone che stanno mandando in pensione gli sms, alla soglia del loro 19esimo compleanno.
Giuditta Mosca

lunedì 16 gennaio 2012

Riconoscimento facciale: è finita l’era delle password?

[Key4biz 13/01/2012]
Un nuovo sistema di riconoscimento facciale, creato da due 17enni irlandesi, potrebbe presto chiudere l’era delle password da immettere per accedere ai siti web.
Il sistema Viv.ie è stato creato da due studenti, Niall Paterson e Sam Caulfield e funziona confrontando una foto del volto dell’utente con un database di altri utenti registrati.

Il software è stato distribuito gratuitamente agli amministratori di vari siti web attraverso una semplice API, ma ne è stata create anche una versione iFrame per evitare problemi di implementazione nei diversi siti.

Se attivato in siti come Facebook, Twitter o Google, il software – progettato per identificare una persona dai tratti unici del viso - potrebbe evitare agli utenti di dover digitare ogni volta una password per l’accesso.

Il giovane Paterson ha rassicurato sul fatto che il sistema è progettato in maniera tale da renderne impossibile da violare e si è detto disponibile a farlo testare da un’azienda di sicurezza IT per comprovarne la resistenza a tentativi di hacking.

Il progetto è partito lo scorso anno, ma non è ancora completo. Servono aggiustamenti sul back end, ma di sicuro se verrà implementato sarà un sollievo per chi fatica a tenere a mente le diverse password per accedere alla miriade di servizi disponibili online.

Integrazione fra ricerche e social network, duro scontro fra i giganti del web

[LSDI 14/01/2011]
giganti della Rete – Google, Facebook e Twitter – stanno giocando una partita decisiva per il mondo digitale, una partita che ruota attorno all’ integrazione fra ricerche e social network e che potrebbe determinare i rapporti di forza nel prossimo futuro.



Lo racconta molto bene Tagliaerbe che sul suo blog segnala le reazioni stizzite che Twitter ha avuto al lancio di Google Search plus Your World (qui accanto il video con l’ annuncio), ovvero l’ integrazione fra Google (motore) e Google+ (social).



‘’Come abbiamo notato più e più volte – avrebbero commentato i dirigenti della piattaforma di microblogging -, le notizie vengono messe prima su Twitter (rispetto agli altri media), e di conseguenza gli account di Twitter e i tweet sono spesso i risultati più rilevanti.

Siamo preoccupati per questi cambiamenti di Google, perché trovare queste informazioni diverrà più difficile per tutti. Pensiamo sia un male per le persone, gli editori, le agenzie di stampa e gli utenti di Twitter”.



Osserva Tagliaerbe:



Come ben sappiamo, Twitter ripete da tempo di essere un information network (e non un social), e il fatto di non poter più figurare fra le pagine di Google, per chi fa informazione, non è certo una cosa simpatica. Pensano insomma che le SERP (i risultati delle ricerche, ndr) di Google possano venir monopolizzate da Google+, con la conseguenza che non ci sarà più spazio per altri risultati che invece meriterebbero di essere ben posizionati.

Google, ovviamente tramite Google+, ha provveduto a zittire Twitter con queste 2 righe:

“Siamo un po’ sorpresi dai commenti di Twitter circa Search plus Your World, perché han deciso di non rinnovare il loro accordo con noi la scorsa estate (http://goo.gl/chKwi), e da allora abbiamo osservato le loro istruzioni sul rel=nofollow”.

Che è un po’ come dire: il fidanzamento si è rotto, non abbiamo più alcun legame, e a casa nostra facciamo quello che vogliamo. Se in più siete proprio voi a dirci di non indicizzarvi, che cosa cavolo volete?

Secondo Tagliaerbe comunque ci sarebbero state trattative sull’integrazione all’interno di Google+ dei contenuti di Facebook e Twitter. Anche se non si sa a che punto sono o se addirittura siano già abortite.



Un’ ampia analisi sulla situazione è su Niemanlab.org.

Minori e sexting, ormai è una moda

[Help consumatori 13/02/2012]
Si chiama sexting ed è l’atto di postare su web o inviare via cellulare immagini provocanti di sé, nude o in pose sexy, con riferimenti espliciti al sesso. L’8% di adolescenti che va su Internet invia foto di questo tipo, il 22% ammette che si tratta di una pratica diffusa fra gli amici. Sono dati di Save the Children.L’associazione fa riferimento a un recente fatto di cronaca relativo alla chiusura di un sito web con immagini di adolescenti in pose hot. “Il sito con foto di ragazze adolescenti ritratte nude, individuato e chiuso oggi dalla Polizia postale e delle comunicazioni di Catania, porta alla luce un fenomeno che è diffuso e ben presente a Save the Children, che sul sexting ha realizzato la ricerca ‘Sessualità e Internet: i comportamenti dei teenager italiani’, documentando con dati chiari ed espliciti, quel segmento di vita di adolescenti e pre-adolescenti che è la sfera sessuale”, ha detto Raffaela Milano, Responsabile Programmi Italia e Europa Save the Children.

Secondo la ricerca, il 4% di ragazzini e ragazzine italiani fra i 12 e i 14 anni dichiara esplicitamente di inviare spesso fotografie di sé nudi o in pose sexy. Percentuale che sale all’8% fra i 15-17. Il dato, probabilmente, è sottostimato: quando ai giovani si chiede un parere su quanto tali comportamenti siano diffusi fra i giovani, il 22% afferma che si tratta di una pratica diffusa – percentuale che scende al 17% per i giovanissimi fra i 12 e i 14 anni, ma sale al 25% fra i 15-17enni e al 26% per gli over 17 anni.

Se poi si chiede a che età si è inviato il primo messaggio un po’ osé, con sottintesi e riferimenti sessuali, le conferme fioccano: ben il 47% dice di averlo fatto tra i 10 e 14 anni, gli altri dai 15 in su. Interrogati sui propri comportamenti, infine, il 45% dei ragazzi intervistati dichiara di ricevere messaggi con riferimento al sesso, il 37% dà il suo numero di cellulare online, il 24% riceve immagini o video di persone conosciute solo online seminude o nude, il 19% ammette di avere rapporti intimi con qualcuno conosciuto in rete. E i dati personali vengono facilmente divulgati in rete.

Commenta Raffaela Milano: “Quello che colpisce è che questi giovani si dichiarano consapevoli dei rischi e dei pericoli nei quali rischiano di incappare. Le molestie via cellulare o e-mail vengono segnalate come un problema all’ordine del giorno da circa un terzo degli intervistati (29%), così come l’alta probabilità – dichiarata dal 37% – di imbattersi in maniaci o squilibrati in caso di scambio di immagini a contenuto sessuale. Tuttavia anche se sono razionalmente consapevoli che prevalgono i rischi (76%) sui vantaggi (7%) questo non sembra essere un deterrente”.

Il 7 febbraio prossimo, ricorda Save the Children, si celebrerà la Giornata mondiale della sicurezza in rete per i più giovani.

venerdì 13 gennaio 2012

Commenta Censura Internet, il bavaglio arriva dagli States

[L'Espresso 11/01/2012]
"Sopa" e "Pipa". Negli States questi due nomi stanno scatenando una guerra senza esclusione di colpi e di investimenti. Da una parte "le lobby di Hollywood", ovvero la Motion Pictures Association of America e la Recording Industry Association of America, sostenute dalla Camera del Commercio statunitense e da una larga maggioranza di senatori, democratici e repubblicani. Dall'altra i giganti di internet, Google, Yahoo, Facebook, Twitter, Ebay, Amazon, Expedia, Zynga, Wikipedia e molti altri, uniti ad associazioni, imprenditori e redazioni come quella del New York Times nella "NetCoalition".

In mezzo le due proposte di legge: il PIPA, Protect IP Act e il SOPA, Stop Online Piracy Act. Il PIPA è arrivato a maggio dello scorso anno al Senato, su proposta del senatore Patrick Lehay. Si tratta di una misura per bloccare i "rogue sites", i siti "canaglia" che offrono contenuti piratati. L'obiettivo è riuscire a bloccare i siti ospitati all'estero, verso i quali finora la legge nazionale poteva ben poco. Il Pipa autorizzerebbe il Dipartimento di Giustizia statunitense a emettere una richiesta di ingiunzione al tribunale non solo contro i siti che ospitato file che violano il copyright, ma anche contro quelli che vengono ritenuti "facilitare" l'accesso a documenti piratati. Quindi, niente più scuse per BitTorrent e soci, e non solo.

La legge prevede che una volta emessa l'ingiunzione, questa può essere impugnata dal detentore della proprietà d'autore per richiedere al Dns provider di rendere invisibile quel sito da parte degli utenti americani. L'ordine verrebbe poi diramato ai motori di ricerca e ai network pubblicitari perché cancellino "rapidamente" quel sito dal loro database. In un articolo del 12 maggio l'autorevole testata Cnet definiva la proposta di legge "l'istituzione della pena di morte per internet".

Ma non era abbastanza: il 26 ottobre 2011 è arrivato alla Camera il Sopa, proposto dal deputato texano Lamar Smith (leggi il testo originale). Se il Pipa si limitava a colpire i Dns provider, il Sopa estende l'ingiunzione a tutti gli internet service provider (Isp) e a tutti i content provider, portali e aggregatori come Amazon ed Expedia, che una volta emesso l'ordine dovrebbero bloccare l'accesso al sito. Per farlo hanno cinque giorni di tempo. Il sito "canaglia" deve scomparire del tutto, eccetto che per il suo Ip numerico, che non si può cancellare. Deve essere reso invisibile ai motori di ricerca, inaccessibile tramite link e si devono bloccare tutte le transazioni economiche in suo favore.

"Il punto chiave - spiega Guido Scorza, avvocato esperto di diritti digitali - è proprio questo: non è pirata solo il contenuto, ma anche qualsiasi link che porti a quello. Chiunque "faciliti" l'accesso al contenuto pirata è perseguibile. In questo modo, anche se il sito canaglia è cinese o svedese, io posso rivalermi su tutti i siti americani che vi linkano, dai motori di ricerca come Google ai social network come Facebook o Twitter". Il passaggio ha conseguenze enormi: "Nessuno ormai accede direttamente a un sito - continua Scorza - facendo scomparire i link, anche quello diventerà praticamente inesistente. E non solo in America: se il content provider toglie il link, lo toglie per tutti, anche gli utenti italiani o europei".

Contro Pipa e Sopa si è levato un'assordante coro di voci. Il 15 novembre Google, eBay, Yahoo, Facebook, Twitter e molte altre compagnie hanno scritto una lettera ai membri della commissione che stava esaminando i due progetti di legge. Nella lettera dicono di "supportare l'intento delle due proposte" ma di essere molto preoccupati per come l'obiettivo di fermare la pirateria informatica viene perseguito. In particolare, scrivono, il Sopa andrebbe a sovvertire il Digital Millenium Copyright Act del 1998, su cui si basa tutta la struttura fondante di internet. "Siamo fieri di far parte di un industria che è stata cruciale per la crescita economica americana e la creazione di posti di lavoro - scrivono - vi preghiamo di non mettere a rischio questo successo e i grandi benefici che porta a centinaia di milioni di americani e di persone nel mondo". Le dot com contrarie alla legge sono ora riunite nella Commenta
Censura
Internet, il bavaglio arriva dagli States
di Francesca Sironi (11 gennaio 2012)
NetCoalition, una rete che rappresenta società e individui per creare un dialogo con i legislatori.

Gli oppositori alle due leggi stanno invitando tutti gli elettori americani a fare pressione sui loro candidati perché votino contro, in Senato e alla Camera, come hanno fatto American Censorship e Mozilla Firefox, il browser open source. C'è chi ha realizzato un'app che permette di scoprire, grazie al codice a barre, se il prodotto che si vuole acquistare è di un'azienda che è favorevole al Sopa, per boicottare i sostenitori della legge, chi ha scritto canzoni, chi ha realizzato infografiche. Un deputato del Congresso ha scelto di non supportare più il Sopa dopo che migliaia di persone avevano lanciato su Reddit una campagna contro di lui.

Tra i casi più eclatanti della campagna anti-Sopa il primo posto spetta di sicuro all'esodo di utenti da GoDaddy, uno dei più grossi hosting e registratori di domini del mondo. GoDaddy, società americana, è nella lista dei supporter di Sopa. In un comunicato l'azienda dichiarava: "Siamo felici che il Comitato concordi sul fatto che sia giunto il momento per rafforzare le azioni contro la pirateria". Venuto a conoscenza di questa posizione, Ben Huh, fondatore e ad di Cheezburger, ha dichiarato su twitter che avrebbe spostato tutti i suoi più di 1000 domini da GoDaddy a un altro registrar. L'azienda ha cercato di fare un passo indietro, con un post che però non permetteva i commenti degli utenti, che hanno usato altri canali per dichiarare la propria contrarietà. Intanto, da dicembre, prosegue l'esodo dei siti.

I sostenitori dei due progetti di legge difendono la loro validità contro il fenomeno della pirateria informatica, ma non solo: "Dobbiamo proteggere i consumatori e gli interessi americani - scrive Smith, il promotore del Sopa, in una lettera al New York Times del 6 gennaio - Il furto illegale di proprietà intellettuali americane e la contraffazione di beni come medicine, parti di automobili e perfino cibo per bambini pone una seria minaccia per la salute dei consumatori americani". Il riferimento è ai siti che vendono beni contraffatti; la nota dolente sono in particolare le medicine, che molti americani comprano in Canada o da siti canadesi per risparmiare. In Agosto Google ha dovuto patteggiare con il Dipartimento di Giustizia americano una multa da 500 milioni di dollari per aver tratto profitti dalle pubblicità di case farmaceutiche canadesi. Gli interessi commerciali a sostegno del Sopa, come è facile immaginare, sono enormi. Un esempio per tutti: Lamar Smith è diventato il deputato repubblicano più amato da Hollywood e può oggi contare su quasi 60 milioni di dollari di sostegno da parte dell'industria cinematografica, musicale e televisiva.
Francesca Sironi

giovedì 12 gennaio 2012

La dipendenza dal Web? Modifica il cervello

[Wired 12/01/2012]
Non solo estranea dalla vita sociale, si ripercuote negativamente sulle performance lavorative e di studio, ma modifica anche il cervello. Letteralmente: l’ uso patologico di Internet (Iad, dall’inglese Internet Addiction Disorder, l’impossibilità di staccarsi dal Web senza avvertire ansia da astinenza) altera l’integrità della sostanza bianca (fibre nervose ricoperte di mielina), e questo a sua volta determinerebbe dei disturbi nel comportamento. A dirlo è un gruppo di ricercatori guidati da Hao Lei della Chinese Academy of Sciences di Wuhan, che mostrano i risultati della loro ricerca condotta su un gruppo di adolescenti con la dipendenza dal Web su Plos One.

Come spiegano gli scienziati, la maggior parte degli studi condotti finora sulle persone colpite da Internet addiction si sono per lo più concentrati sulle ripercussioni che un uso sregolato della Rete ha sulla sfera emotiva e lavorativa, basandosi su questionari psicologici. Senza, quindi, indagare su possibili effetti diretti della dipendenza sull’ anatomia cerebrale (e sulle conseguenze sul funzionamento del cervello stesso). I ricercatori cinesi, invece, hanno pensato di analizzare, tramite risonanza magnetica per immagini, 17 adolescenti con diagnosi di Iad.

La diagnosi di Interned addicted è stata effettuata sottoponendo i giovani a una versione modificata dello Young’s Diagnostic Questionnaire for Internet Addiction secondo i criteri di Beard e Wolf. Si tratta in pratica di un test di otto domande che richiedono una risposta negativa o affermativa, del tipo: " Ti senti agitato, lunatico, depresso o irritabile quando cerchi di ridurre o interrompere l’uso di Internet?" O ancora " Ti trattieni online più di quanto avresti voluto?". La diagnosi di Iad dipende dal numero e dal tipo di domande alle quali si è risposto . Nello studio, sono stati reclutati anche 16 ragazzi senza dipendenza, come controllo.

Analizzando i risultati della risonanza magnetica, gli scienziati hanno osservato come negli adolescenti con dipendenza si ritrovino delle anomalie strutturali nella materia bianca di alcune zone cerebrali (come la regione orbito-frontale, il cingolo anteriore e il corpo calloso). Alterazioni in alcuni casi già osservate in altri tipi di dipendenze (come quelle da alcool o sostanze stupefacenti).

Queste zone, come spiegano i ricercatori, sono coinvolte in diversi aspetti comportamentali: dall’attenzione, al controllo cognitivo, alla capacità di prendere decisioni, all’elaborazione delle emozioni. Il campione è piccolo ma, sostengono i ricercatori, aver identificato delle possibili anomalie potrebbe permettere, in futuro, di comprendere meglio (e quindi trattare) la dipendenza da Internet.

Anna Lisa Bonfranceschi

martedì 10 gennaio 2012

CES 2012: Nicholas Negroponte presenta il tablet dal 100 dollari per i paesi in via di sviluppo

[Key4biz 10/01/2012]
Internet - One Laptop Per Child, l’organizzazione non-profit che si batte da diversi anni per diffondere i computer tra i bambini dei paesi emergenti, ha deciso di virare sui tablet, seguendo il trend che caratterizza l’industria.

OLPC e Marvell Technology dimostreranno al CES il tablet XO 3.0, progettato per scopi didattici in quelle aree del pianeta in cui l’elettricità scarseggia.

Il tablet presente al CES è dotato di display Pixel Qi da 8 pollici che rende agevole la lettura anche in condizioni di luce ambientale intensa - processore Marvell Armada PXA618 e 512 MB di memoria Ram. Due le versioni del dispositivo: una con sistema operativo Android e un’altra con Sugar OS, una versione personalizzata di Linux come quella pensata per il laptop XO originario.

La versione più completa di XO 3.0 costerà circa 200 dollari. Il tablet potrà essere alimentato oltre che con il cavo anche a manovella e con un pannello solare da 4 Watt.

One Laptop per Child è un’organizzazione non-profit creata nel 2005 da Nicholas Negroponte e altri membri del prestigioso MIT media lab, con l’obiettivo di progettare, costruire e distribuire laptop abbastanza economici da permettere a tutti i bambini del mondo di accedere alla conoscenza e alle nuove forme di educazione, date per scontate nei paesi industrializzati.

Il sogno del professor Negroponte, nonché guru tra i più influenti dell’industria informatica mondiale, era quello di rendere i computer ubiqui come i telefonini, in quelle aree del mondo che sono prive delle tecnologie basilari e trasformare i bambini – diretti destinatari dell’iniziativa - in “agenti del cambiamento”.

Fornire un Pc a ogni bambino disagiato del mondo, spiegava infatti Negroponte, permetterebbe non solo di rivoluzionare la loro educazione, ma anche di trasferirla agli adulti nel modo più semplice e immediato.

La produzione in serie dei computer è iniziata nel luglio del 2007 anche se i laptop sono stati distribuiti a un prezzo superiore al prezzo preventivato.

A marzo 2012, hanno annunciato OLPC e Marvell, oltre 75 mila laptop XO 1.75 verranno distribuiti in Uruguay e Nicaragua.

Adolescenti divisi tra chat e sms

[Quo Media 10/01/2012]

Ericsson ConsumerLab svela le abitudini dei teenager in fatto di comunicazione. L’indagine, condotta su un campione di quasi 2mila intervistati americani tra i 13 e i 17 anni evidenzia come l’utilizzo diffuso degli sms e di Facebook abbia cambiato la dinamica degli appuntamenti tra teenager. Gli sms rimangono lo strumento di comunicazione più scelto dai giovani quando l’incontro di persona non è possibile.

Le chiamate invece sono considerate uno strumento di comunicazione più adatto agli adulti. La ricerca rileva che i diciassettenni possiedono nella stessa percentuale smartphone e cellulari, mentre i tredicenni sono molto più interessati a possedere uno smartphone, se non ne hanno già uno.

I comportamenti sono dinamici, e cambiano mano a mano che le persone entrano in differenti fasce d’età. Crescendo i teenager iniziano a utilizzare gli strumenti di comunicazione come fanno gli adulti. Continuano a utilizzare i loro strumenti, quali gli sms, Facebook e le video chat ma, allo stesso tempo, comprendono il bisogno di usare la voce e le e-mail nel momento in cui entrano nelle fasi successive della loro vita”, ha dichiarato Ann-Charlotte Kornblad, senior advisor di Ericsson ConsumerLab.

Media e Minori, il Comitato scrive a Corrado Passera: ‘Non possiamo lavorare, mandati scaduti’

[Key4biz 09/01/2012]
“Il Comitato Media e Minori non è attualmente nelle condizioni di proseguire nel compito istituzionale che la legge gli affida”. Comincia così la lettera che il Presidente del Comitato Franco Mugerli ha indirizzato al Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera per chiedere di procedere a rinnovare con urgenza l’organismo. Il 23 dicembre scorso si è concluso il mandato di un elevato numero di componenti e anche del Presidente del Comitato che non è più in grado di riunirsi e di far fronte alla quotidianità delle segnalazioni collegate alla programmazione televisiva.

Il Comitato ha il compito di dare applicazione al Codice di autoregolamentazione Tv e Minori, sottoscritto nel 2002 dalle principali emittenti italiane e dal 2004 recepito in via legislativa. Ne fanno parte rappresentanti di istituzioni, utenti ed emittenti, nominati dal Ministro dello Sviluppo Economico d’intesa con l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

“Confido nella sua attenzione - scrive Franco Mugerli al Ministro Corrado Passera - per assicurare una tempestiva ripresa dell’attività del Comitato e un sollecito ripristino delle garanzie conferitegli a tutela dei minori nelle trasmissioni televisive”.

Mugerli ha aggiunto che “la crisi che stiamo attraversando è tra le più gravi della nostra storia. Se le scelte politiche, economiche e finanziarie saranno determinanti per il suo superamento, non meno importante sarà accompagnare le giovani generazioni in un’introduzione positiva nella realtà, nella quale non poca parte è rappresentata dai mezzi di comunicazione”.


lunedì 9 gennaio 2012

Ora Twitter sale in cattedraMaestra, posso cinguettare? In alcune scuole francesi gli insegnanti si affidano a Twitter per insegnare ai bambini a legg

[Corriere della Sera 09/01/2012]
Maestra, posso cinguettare? In alcune scuole francesi gli insegnanti si affidano a Twitter per insegnare ai bambini a leggere e scrivere. 140 caratteri si adattano perfettamente all’età degli alunni, sostengono gli educatori. «Apprendono presto che la scrittura su carta rimane, mentre sul pc si può cancellare. E questo elimina la colpa dell’errore, dello scrivere male e permette di sperimentare senza paura».

Twitter a scuola
COMPITI DI SCUOLA - «Chi vuole leggere ad alta voce?», chiede la maestra. E tutti alzano la mano. Forse altrove a questa richiesta molti scolari avrebbero fatto orecchie da mercante, cercando magari di nascondersi dietro ai compagni seduti nel banco davanti. Non accade così nella scuola privata Immaculée Conception di Seclin, a nord della Francia. Qui i bambini di sette anni premono per poter fare l’esercizio. Già, perchè gli alunni possono leggere dal servizio di messaggistica Twitter, e ciò è molto più «fico» dei tradizionali libri di testo. Su Twitter ci sono anche immagini, ma questo non diminuisce affatto l’interesse per lo scritto, anzi così facendo si esercitano in scrittura e lettura, ha spiegato la maestra Céline Lamare all’AFP.

LA LAVAGNA È UNO SCHERMO - L’esperimento del social network nella scuola primaria d'Oltralpe è iniziato a settembre: la giovane insegnante ha infatti introdotto nella lezione di lettura i messaggi brevi da 140 caratteri, i cinguettii. Entrata in classe non apre la lavagna nera, come accade ogni mattina in altre scuole, ma accende uno schermo gigante sul quale vengono visualizzati i tweets di altre classi in Francia, Belgio e Canada. I piccoli allievi di Seclin redigono poi delle brevi risposte, che dapprima devono trascrivere sui loro quaderni e infine far correggere alla maestra. «Buongiorno, mi chiamo Elise, vivo a Seclin e ho sette anni», scrive un’allieva. «I 140 caratteri di Twitter si adattano bene alle loro esigenze didattiche», dice l'insegnante. Inoltre, il servizio di messaggistica breve costringerebbe i bambini a pensare ai loro «lettori» e darebbe di conseguenza maggiore senso all’esercizio. «Si può twittare con altre classi, perciò ci si impegna di più», dice la piccola Valentine. Insomma, i bambini hanno meno inibizioni quando scrivono sul computer.

Lavagna-schermo
«TWITTCLASSI» - Progetti scolastici in cui si usa il servizio di microblogging per imparare a leggere e scrivere esistono anche in altri Paesi, tuttavia, perlopiù nei trienni superiori. In Francia, il sito che censisce le «Twittclasses» ne calcolava in primavera appena 25, arrivate nel frattempo a 129, di queste 39 alle scuole elementari. Dal momento che i giovanissimi crescono in ogni caso con i computer, lo schermo in classe non distrare dall’apprendimento, è dell’avviso la maestra Lamare. Al contrario: «Se non hanno uno schermo davanti a loro, non seguono la lezione». I suoi allievi hanno talmente tanta familiarità con il computer che arrivano a scuola con una chiavetta Usb già caricata di foto da spedire ai loro follower via Twitter.

Elmar Burchia