lunedì 23 settembre 2013

Scuola 2.0, la Ue accelera su eSkills: competenze digitali per insegnanti e studenti

[Key4biz 20/09/2013]
Mentre l'Italia fa un passo indietro nella digitalizzazione delle scuole con il Decreto approvato dal CDM il 9 settembre (Leggi Articolo Key4biz), la Ue chiede ai Paesi membri di accelerare.
Oggi con un tweet il Commissario Ue alla Digital Agenda Neelie Kroes ricorda che il prossimo 25 settembre, insieme al Commissario alla Cultura Androulla Vassiliou, presenterà a Bruxelles una Comunicazione sull'Istruzione che mira a stimolare la qualità, metodi innovativi di apprendimento e insegnamento, grazie alle tecnologie digitali e ai contenuti.

Rendendo l'apprendimento più aperto e offrendo un'istruzione di qualità in modo efficiente, si legge nella nota, la Ue potrà contare su una forza lavoro più qualificata che aumenterà l'occupazione, la competitività e la crescita. [Leggi tutto...]

The innovation of loneliness: i social network ci fanno sentire soli?

[Ninja Marketing 20/09/2013]
Per ogni marketer è importante seguire i trend che caratterizzano una società in un dato periodo, essere a conoscenza dei pro e dei contro e valutarne i benefici per la propria strategia. Ecco perché oggi, invece di parlarvi dell’ultima campagna non convenzionale, abbiamo scelto di proporvi una riflessione sul difficile rapporto tra la solitudine dell’essere umano e i social network.
“Ciò che rende socievoli gli uomini è la loro incapacità di sopportare la solitudine e, in questa, se stessi”. Questa affermazione di Arthur Schopenhauer ci è utile per introdurre una interessante infografica animata opera di Shimi Cohen da cui parte la nostra riflessione. [Leggi tutto...]

Internet e social media, ecco come navigano gli studenti lombardi

[Data Manager Online 19/09/2013]


I liceali usano internet per informarsi, gli studenti degli istituti professionali pubblicano musica e video. Ma tutti sono sui social network. Ecco quanto rivela uno studio dell’Università di Milano-Bicocca condotto su oltre duemila studenti delle scuole superiori lombarde. Secondo i dati, un uso intenso di internet si associa negativamente al rendimento scolastico

Trascorrono circa tre ore al giorno in Rete, principalmente chattando sui social network (83 per cento) e cercando informazioni e approfondimenti (53 per cento). Ma per ogni ora passata in più su Internet, l’apprendimento (calcolato utilizzando i dati INVALSI) cala di 0,8 punti in italiano e di 1,2 punti in matematica.

È quanto emerge dall’Indagine sull’uso dei nuovi media tra gli studenti delle scuole superiori lombarde (scarica il report completo), condotta dal Gruppo di Ricerca sui Nuovi Media del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca, coordinata da Marco Gui, ricercatore in Sociologia dei media e con la supervisione scientifica di Giorgio Grossi, ordinario di Sociologia della comunicazione. Alla ricerca ha collaborato anche l’Osservatorio sulla Comunicazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

La ricerca è stata svolta su un campione di 2.327 studenti delle seconde superiori in Lombardia, e ha analizzato le dotazioni tecnologiche, l’uso dei nuovi media e le competenze digitali degli studenti. Per la prima volta in Italia, inoltre, ha associato l’utilizzo dei media digitali ai livelli di apprendimento, utilizzando i dati dei test SNV/INVALSI. Il campione è rappresentativo per tipo di scuola e area geografica.
Internet, social media e apprendimento

Dai dati emerge una relazione negativa tra alcune pratiche di uso della rete e l’apprendimento in italiano e in matematica. In una scala da 0 a 100, per ogni ora passata in più su internet a casa l’apprendimento cala di 0,8 punti in italiano e di 1,2 punti in matematica. Tale calo è ancora più marcato se si considera solo la quota di tempo che gli studenti trascorrono online per motivi di studio: meno 2,2 punti in italiano e meno 3,2 punti in matematica. Inoltre, gli usi poco frequenti e molto frequenti della rete sono associati alle performance peggiori, mentre gli utilizzi moderati sono associati a quelle migliori.
L’identikit dello studente online

La posizione sociale dei ragazzi non si associa più direttamente all'intensità del loro uso di Internet, anzi i ragazzi dei centri di formazione professionale hanno superato quelli dei licei e dei tecnici nel tempo speso online. La permanenza online dello studente medio è infatti di circa 3 ore giornaliere, ma i ragazzi dei licei stanno online in media circa 2 ore e 48 minuti, quelli dei centri di formazione professionale circa 3 ore e un quarto.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo dei social network, Facebook è protagonista: l’82 per cento degli intervistati possiede un profilo e il 57 per cento lo tiene addirittura aperto mentre fa i compiti. Tuttavia emergono due stili d’uso: uno più chiuso con poche informazioni condivise online, profilo privato e con contatto prevalentemente con persone conosciute offline (tipico dei ragazzi dei licei e di chi ha genitori istruiti) e uno più aperto alle nuove conoscenze online con molte info messe a disposizione e profilo aperto (più frequente tra gli studenti con meno risorse culturali ed economiche: il 35 per cento degli studenti dei Centri di formazione professionale hanno un profilo completamente pubblico contro il 18 per cento dei liceali).

I genitori sono percepiti dai ragazzi come meno competenti di loro e sembrano non essere in grado di fornire competenze digitali avanzate. Un po’ più competenti i genitori dei liceali che sono anche quelli che controllano maggiormente i tempi di utilizzo del computer dei figli.

L'uso di Internet per la scuola appare diffuso (il 32,4 per cento cerca informazioni che non trova nei testi, il 41 per cento scambia informazioni con i compagni) ma poco guidato da genitori e insegnanti, cosa che spiega probabilmente anche la relazione non incoraggiante di queste attività con l’apprendimento.

Il livello di competenza digitale critica (inteso come capacità di valutare le fonti, capire i rischi, comprendere la natura dei contenuti) mostra disuguaglianze per tipo di scuola e tra italiani e figli di immigrati (i liceali rispondono correttamente al 69 per cento delle domande del test, gli studenti dei Centri di formazione professionale solo al 56 per cento; simile divario si nota tra figli di italiani e figli di genitori immigrati). In generale, i deficit più importanti si riscontrano nel riconoscimento critico di indirizzi web, la consapevolezza dei meccanismi commerciali del web e la valutazione del livello di affidabilità dei contenuti. Ad esempio solo il 32,7% ha risposto correttamente a una domanda dettagliata sul modo in cui funziona Wikipedia, un’analoga percentuale (34,8%) riesce a riconoscere una pagina di login falsificata a partire dall’indirizzo web, e il 33% si rende conto dello scopo di lucro dietro a siti commerciali di uso comune.

«Quelli che vengono definiti nativi digitali appaiono invece bisognosi di guida rispetto agli usi significativi della Rete», afferma Marco Gui. «C’è oggi un grande spazio di intervento per scuola, istituzioni e ricerca nell’identificazione e promozione di “diete mediali” che supportino lo sviluppo scolastico e personale dei ragazzi».

L’indagine, supportata da Regione Lombardia e dall’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, si iscrive nell’insieme di iniziative della Regione allo scopo di facilitare l’interazione tra studenti e scuole sul tema delle nuove tecnologie della comunicazione.

Tra i teenagers gli smartphone sorpassano i pc

[Ansa 20/09/2013]
Tra i ragazzi italiani lo smartphone 'sorpassa' il Pc fisso o portatile nel mix di strumenti utilizzati per navigare, diventando il più diffuso. Il dato emerge dall'indagine su 'Adolescenti e stili di vita' della Società italiana di pediatria (Sip).

Per collegarsi in rete, dunque, il 51% degli adolescenti utilizza lo smartphone, il 50% il PC fisso, il 28% il notebook e il 24% il tablet. Questa 'rivoluzione', avverte la Sip, ''rende ancora più problematico il controllo da parte dei genitori, perché si è svincolata la possibilità di connettersi in rete dalla permanenza fisica davanti ad un PC''. Inoltre, l'aver osservato che tra gli adolescenti è sempre più diffusa l'abitudine di avviare una conoscenza in rete e trasferirla poi nella realtà, affermano i pediatri, ''pone sempre di più il problema dei contatti con sconosciuti''. La ''preoccupazione maggiore - commenta Maurizio Tucci, presidente dell'Associazione Laboratorio Adolescenza - è che con il passare degli anni e con la sempre maggiore dimestichezza che gli adolescenti acquisiscono con questi strumenti, diminuisca la percezione del rischio e siano indotti a comportamenti sempre meno prudenti".

L'indagine evidenzia, ad esempio, che per il 56% dei ragazzi intervistati dare l'amicizia su Facebook ad uno sconosciuto non è pericoloso, per il 35% non è pericoloso scambiarsi il numero di telefono e per il 26% non è pericoloso neanche accettare un incontro. Il 59% dei ragazzi, inoltre, ha dichiarato di aver dato l'amicizia Facebook ad uno sconosciuto; il 22% di avergli detto la scuola che frequenta; il 29% di aver scambiato il numero di telefono; il 18% (22% delle femmine) di avergli inviato una propria foto; il 20% di aver accettato un incontro al quale è andato insieme ad amici e il 9% di aver accettato un incontro al quale è andato da solo.

martedì 17 settembre 2013

Dipendenza da internet: apre negli Usa il primo centro per la disintossicazione

[Keyforbiz 06/09/2013]
Aprirà lunedì prossimo presso il Bradford Regional Medical Center in Pennsylvania il primo centro americano per la cura della dipendenza da internet.
I primi 4 volontari che si sottoporranno al trattamento intensivo, della durata di 10 giorni, sono affetti da quella che gli psichiatri definiscono una vera e propria ‘dipendenza patologica da internet’ – un’ossessione che si differenzia dalla dipendenza psicologica dalle nuove tecnologie e che condiziona la vita di chi ne soffre in maniera del tutto simile alla dipendenza da eroina.
La patologia si manifesta con diversi disturbi, che vanno dal bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore online per ottenere soddisfazione, alla mancanza di interesse per altre attività che non ruotano attorno al web, provocando agitazione, ansia, depressione, pensieri ossessivi dopo la diminuzione o la sospensione dell’uso della rete. [Leggi tutto...]

I bambini che usano tablet si distruggono il cervello? Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/tablet-bambini#ixzz2f95chAGu

[Linkiesta 14/09/2013]
Ogni volta che si diffonde una nuova moda basta poco tempo perché qualcuno inizi a interrogarsi sui possibili effetti negativi per la gioventù. “Mio figlio che ascolta la musica rock diventerà un adoratore di Satana?”, “La mia bambina che ora mette la minigonna si avvia al meretricio?”, “Quei giovani che si piastrano i capelli e ascoltano lamenti strazianti spacciati per musica avranno tendenze suicide collettive manco fossero dei lemming?”.
Se poi la moda riguarda una tecnologia precedentemente ignota è facile che le preoccupazioni parentali abbiano come comune denominatore il rischio di danni permanenti al cervello dei figli. Se già nell’Ottocento c’era chi criticava la diffusione dei romanzi, che avrebbero ridotto la capacità di concentrazione dei giovani, quando nel secolo successivo si sono diffuse le radio, la tv e i computer (con annessi videogame), gli apocalittici dell’evoluzione tecnologica hanno avuto molto materiale su cui discettare.
Comportamenti antisociali, morte della fantasia, disprezzo per l’autorità e inclinazione alla violenza sono solo alcuni degli effetti collaterali che deriverebbero da un’eccessiva esposizione a una “certa” tv e a “certi” videogame. I casi di cronaca in cui i colpevoli ammettono di essersi ispirati a film o videogiochi – ad esempio è successo vicino a Udine lo scorso aprile – sembrano la dimostrazione scientifica della fondatezza dei peggiori sospetti.
Dopo la straordinaria diffusione di smartphone e tablet – nel 2013 Gartner stima che saranno attivati 1,2 miliardi di mobile device – era solo questione di tempo prima che iniziassero gli interrogativi anche riguardo questi strumenti. In particolare la preoccupazione si è concentrata sui più piccoli, i bambini in età pre-scolastica. Chiunque abbia avuto modo di osservare l’interazione tra un bambino piccolo e un tablet non potrà che parlare di amore a prima vista. Lo schermo luccicante che, se toccato, cambia colori ed emette suoni esercita un’attrazione irresistibile rispetto a qualsiasi altro giocattolo che pure possa essere presente nella stessa stanza.
E qui sta il problema: la dipendenza. Secondo alcuni scienziati americani il cervello del bambino che gioca con tablet o smartphone rilascia dopamina, un neurotrasmettitore associato al piacere. Nel momento in cui i genitori provano a sottrarre al figlio il suo personale spacciatore di felicità – “ci hai già giocato cinque ore di fila” – il bambino tende a dare in escandescenze.
La dipendenza è poi il presupposto di una serie di altre conseguenze spiacevoli legate ad un eccessivo utilizzo di mobile device. Secondo l’associazione dei pediatri americani rimanendo esposti per numerose ore ai nuovi media si rischiano problemi di attenzione, difficoltà scolastiche, disordini alimentari e del sonno, obesità e predisposizione a comportamenti illegali o rischiosi.
Non tutti sono d’accordo con questa visione giudicata eccessivamente allarmista. Il Joan Ganz Cooney Center, un’associazione che si occupa di apprendimento dei bambini nell’era digitale, ad esempio ha concluso che i bambini dai quattro ai sette anni hanno molto migliorato il loro vocabolario (+27%), usando una app educativa chiamata “Martha speaks”. Altri studi analoghi testimoniano come, essendo la tecnologia touch molto interattiva (a differenza ad esempio della tv), i bambini siano in grado di sviluppare abilità e ampliare le proprie conoscenze grazie ad essa.
«Bisogna evitare gli approcci ideologici, in un senso o nell’altro», afferma Alba Marcoli, psicologa esperta di infanzia e scrittrice. «È chiaro che l’uomo si deve adattare all’evoluzione della società. Ciò che apprendono i bambini poi lo utilizzano nel resto della vita». Quindi se immaginiamo che nel futuro questo tipo di tecnologie avranno sempre più spazio non è assurdo lasciare che i bambini familiarizzino con esse fin da subito.
«Il pericolo che va evitato – prosegue la dottoressa Marcoli – è che l’eccesso di tecnologia impedisca ai bambini di costruire i propri contenitori mentali, cioè la capacità, che si costruisce lentamente nell’infanzia, di adattarsi alle situazioni difficili della vita senza esserne distrutti. Faccio un esempio: un ragazzo che in tenera età abbia potuto costruire i suoi contenitori mentali, anche accecato da un momento di rabbia, saprà dare uno sfogo evolutivo alle sue emozioni. Al contrario se quei contenitori mancano è più facile avere comportamenti esagerati o autolesivi. Purtroppo si vedono sempre più spesso bambini che sono cognitivamente molto grandi, ma emotivamente ancora piccoli».
Non esiste una regola aurea con cui evitare che la tecnologia danneggi la formazione di questi contenitori. «Ognuno – afferma la dottoressa Marcoli - trova il proprio sistema. Non si può avere la pretesa di avere una sola soluzione unica e valida per tutti. Ciò che rende pericoloso l’eccesso di tecnologia è che spesso va a scapito delle relazioni, che sono il contesto in cui i contenitori mentali di cui parlavo si creano. Invece anche in questo ambito è fondamentale che ci sia una relazione - conclude la dottoressa - specialmente tra genitori e figli».
Il consiglio insomma è sempre quello: non lasciare soli i bambini con questi strumenti, guidarli nella scoperta e nell’apprendimento, evitare che entrino nel tunnel (nel caso, evitare di arredarglielo), limitare le ore di esposizione agli schermi e insegnargli anche a divertirsi in altro modo. Se poi ci fossero conseguenze ulteriori e imprevedibili legate all’utilizzo di questa tecnologia lo scopriremo a breve. Secondo un articolo pubblicato sul Wall Street Journal i bambini di due-cinque anni che oggi usano l’Ipad (o altri apparecchi touch-screen) devono essere considerati delle “cavie”. La tecnologia touch-screen ha iniziato a diffondersi sul mercato da un paio d’anni mentre per studi scientifici rigorosi è necessario un periodo di osservazione di tre-cinque anni. Nel frattempo la scelta tra lassismo e paranoia, con un generico buon senso nel mezzo, è lasciata ai genitori.

Tommaso Canetta

Over 50 Italiani sui Social Network: un vero successo

[Networkey 14/09/2013]
Come capita da diversi anni a questa parte, l'azienda specializzata in ricerche e analisi sui social network e social media, la Pew Research, ha messo in evidenza i dati relativi alla rete dei social network in tutto il Mondo.

La ricerca pubblicata in questi ultimi giorni è rivolta soprattutto all'analisi della "penetrazione dei social network all'interno dei vari Paesi Occidentali".
Il Bel Paese si colloca addirittura sopra gli Stati Uniti per quanto riguarda le statistiche che riguardano gli utenti over 50.

Mentre negli USA gli over 50 che frequentano i social network si assestano intorno ad una percentuale vicina al 72%, in Italia arriva al 75%.

Ma non sono solo gli over 50 ad essere molto attivi sui social network, dato che tra i dati pubblicati nella stessa ricerca sembra che oltre il 60% degli internauti sopra i 60 anni utilizzi regolarmente internet.

Dati incoraggianti che forse faranno ricredere molte persone che non avrebbero mai immaginato gli "anziani" alle prese con un pc o un dispositivo mobile.

La Pew Research ha messo in evidenza anche alcuni dati relativi al consenso riscosso in generale dai vari social network nei Paesi Occidentali; relativamente a questo dato l'Italia si colloca ai primi posti con una percentuale di utenti che apprezzano i social intorno al 70%.

La democrazia del web. Come conoscerla e, forse, praticarla

[Education 2.0 12/09/2013]
Uno dei compiti della scuola è dare agli studenti gli strumenti per comprendere il ruolo delle tecnologie nella vita sociale, e il tema della democrazia del web è certamente uno dei più importanti. Da considerare secondo diversi livelli di analisi: da quello della partecipazione, a quello degli strumenti e delle regole da seguire, a quello, di fondo, degli aspetti sociali e storici in gioco.


L’uso della rete per avvicinare i cittadini alla vita politica e amministrativa è una pratica che si sta sviluppando da tempo, ma questo è il suo ruolo in gran parte dei nuovi movimenti politici in tutto il mondo, dall’America, all’Europa, al Nord Africa, che ne ha fatto una questione di prima grandezza. Anche perché alcuni di questi movimenti la propongono come una vera rivoluzione destinata a cambiare il modo di essere della democrazia nel prossimo futuro. Per questo si parla di democrazia digitale o elettronica. La quantità e la complessità delle domande che sorgono è enorme e ne riparleremo alla fine.

Domandiamoci: la scuola deve aiutare i ragazzi a capire di cosa si tratta? Certamente sì, chi altro se no? Del resto si tratta di una delle competenze stabilite per l’obbligo scolastico: essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate.

Per capire come, occorre affrontare il problema in modo analitico. Si può partire da uno studio dell’OCSE[1] oppure da diversi articoli e libri italiani reperibili in rete[2].

Anzitutto si distinguono tre livelli di coinvolgimento dei cittadini:
- Informazione
- Consultazione
- Partecipazione attiva

Nel primo caso la comunicazione è unidirezionale e i cittadini possono solo usare le informazioni; nel secondo la comunicazione è bidirezionale, ma i cittadini possono solo fornire una risposta a questioni specifiche già formulate, dalla scelta fra più alternative alle risposte articolate e motivate; nel terzo i cittadini possono partecipare al processo decisionale con diversi livelli di coinvolgimento, dalla votazione, alla formulazione di proposte, all’emendamento di testi (norme, leggi, documenti programmatici) fino alla co-produzione online di documenti.

La prima idea sbagliata da combattere è che la democrazia in rete sia un processo spontaneo e autoregolato “dal basso”. Tutte e tre le forme richiedono una forte organizzazione stabilita da una qualche entità che si deve prendere la responsabilità di scegliere gli obiettivi, i tempi, i modi, le regole. Ad esempio pubblicare informazioni secondo standard riconosciuti di qualità, decidere l’estensione del pubblico da coinvolgere (tutti, persone accreditate, gruppi di esperti ecc.). E ciascuna forma ha regole precise che ne garantiscono l’attendibilità.

Fra le cose che l’entità organizzativa deve decidere e predisporre ci sono gli strumenti tecnici. Alcuni sono abbastanza consolidati, come i siti web per informare e gli strumenti per le consultazioni on line (dai semplici quesiti a scelta multipla ai forum). Più complicata è la partecipazione attiva che, come si è detto, può arrivare alla co-produzione di testi (programmi, norme ecc.), per la quale si va dagli strumenti di Word, come le revisioni multiple, a strumenti più specifici[3].

Quello che si può fare a scuola inizia da questo livello di analisi. Ovviamente si possono informare gli studenti o, meglio, guidarli in un’esplorazione di testi e iniziative già esistenti per comprendere la complessità del problema. Per esempio si può condurre una ricerca di quello che offrono i siti delle amministrazioni pubbliche nazionali e, soprattutto, di quelle locali che sono solitamente le più attive. Fra l’altro questo permette di raggiungere un primo livello di competenza: la capacità di trovare e consultare le informazioni socialmente rilevanti.

Seguendo il principio che il miglior modo per capire è sperimentare, si possono impegnare gli studenti in veri e proprie attività di e-democracy. La scuola è in fondo un microcosmo che ha tutte le caratteristiche di una società civile che deve informare i propri cittadini (studenti, docenti, famiglie), consultarli e coinvolgerli nelle decisioni. Almeno i primi due livelli di coinvolgimento possono essere un realistico campo di esercitazione. La progettazione e la gestione on line di una consultazione su qualche questione importante per gli studenti (la mensa, gli orari, le attività sportive ecc), ma anche la co-produzione di documenti on line potrebbero essere iniziative degli studenti stessi.

Ma non si può sfuggire al fatto che la discussione pubblica sulla democrazia del Web ci pone molte e difficili domande[4]. È vero che essa allarga la partecipazione e abbatte le barriere, rispetto alle forme basate sulla delega, oppure semplicemente sposta il potere di decidere da minoranze politiche impegnate nelle forme tradizionali a quella che Ulrich Beck (La Repubblica, 17 luglio 2013) chiama la “generazione dei giovani Colombo”, per ora anch’essa minoritaria?
La democrazia del Web è semplicemente uno strumento al servizio dell’idea di democrazia storicamente consolidata, oppure è l’origine di qualcosa di intrinsecamente nuovo?
Fino alla domanda delle domande, che si rivolge Stefano Rodotà: la democrazia del web è vera democrazia (La Repubblica, 30 maggio 2013)?
Niente impedisce che la scuola aiuti gli studenti, almeno i più grandi, a esplorare domande di questo livello, ma il lavoro è di altro genere, lungo e impegnativo, e richiede la messa in campo di metodi storici, filosofici e sociali.

È scontato concludere con una considerazione: lavorare su questo tema richiede, per non fare danni, la collaborazione di docenti ben informati di varie discipline e risorse organizzative adeguate.


Note bibliografiche:
[1] OECD, “Promises and Problems of E-Democracy”, OECDiLibrary, 2004. A.C. Freschi, “E-democracy e politiche per la partecipazione dei cittadini”, in “Economia e politica industriale”, n.121, 2004.
[2] R. Casati, G. Roncaglia, “La struttura di uno strumento di scrittura collaborativa per la democrazia partecipativa”, 2007 reperibile in ebookbrowse.net.
[3] Serena Danna ha scritto sul Corriere della Sera alcune rassegne critiche, reperibili in archivio: “La Tecnologia non risolve tutto…Morozov contro la finta democrazia della Silicon Valley” (Corriere della Sera, 30 maggio 2013),
[4] “Demagogia digitale. Il web non rafforza i cittadini, ma dà potere alle tecno-élite” (Supplemento La Lettura del Corriere della Sera, 17 giugno 2013).


FULL ABSTRACT:
Uno dei compiti della scuola è dare agli studenti gli strumenti per comprendere il ruolo delle tecnologie nella vita sociale e il tema della democrazia del web è certamente uno dei più importanti. È anzitutto necessario capire in concreto e analiticamente come le tecnologie possono cambiare le varie forme di partecipazione e i suoi livelli: informazione, consultazione, partecipazione attiva. E di capire che esse non nascono dal niente o “dal basso”, ma richiedono che un soggetto si prenda la responsabilità di promuoverle, stabilirne le regole e prepararne gli strumenti. In quel microcosmo sociale che è la scuola, è addirittura possibile sperimentare alcune di tali forme. Entrare poi nel grande dibattito sulle domande e le prospettive di fondo della democrazia nell’epoca del web richiede un lavoro approfondito e fondato sull’analisi sociale e storica. In ogni caso si tratta di un compito interdisciplinare che richiede l’impegno ben organizzato di molti docenti.

Mario Fierli

Tv per bambini, Italia in testa: i piccoli incollati allo schermo per quasi 3 ore al giorno

[Key4biz 11/09/2013]
I bambini non hanno mai consumato tanta Tv come adesso. Lo rivela il Report Kids TV di Eurodata Tv Worldwide, secondo il quale nel primo semestre 2013 in Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna la fruizione ha raggiunto una media di 2 ore e 14 minuti al giorno, segnando un aumento di cinque minuti negli ultimi cinque anni. Il dato maggiore lo registrano Italia e Germania.
I piccoli italiani sono i più grossi consumatori (7 minuti in più rispetto allo scorso anno) tra i cinque Paesi considerati nel Rapporto, restando incollati al televisore per almeno 2 ore e 49 minuti al giorno. I tedeschi invece si attestano su un’ora e 33 minuti con un aumento di 7 minuti. [Leggi tutto...]

Infanzia, Osservatorio Diritti Minori: Abolire il Codice Tv e Minori

[Il velino 10/09/2013]
“Sono mutate le condizioni storiche che hanno portato al varo del Codice Tv e Minori, pertanto ne chiediamo l’abolizione”: è quanto dichiara, sorprendentemente, il sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, che ha affiancato l’allora ministro delle comunicazioni, Maurizio Gasparri, nella fase di stesura del protocollo recepito dalla Legge per il riordino dell’assetto radiotelevisivo. “L’offerta televisiva, in termini di canali, è aumentata a dismisura – spiega Marziale – ed il monitoraggio è diventato impossibile. Da qui il rischio, empiricamente dimostrabile, che alcune reti sono chiamate a pagare le sanzioni previste e altre la fanno franca. Tutto ciò rende ridicolo e parziale lo strumento, concepito non già per censurare, bensì per richiamare culturalmente i responsabili dei palinsesti e i genitori al dovere di attenzionarsi in particolari momenti della giornata rispetto alle esigenze dei fruitori più piccoli”. Per il presidente dell’Osservatorio “sono maturi i tempi per sostituire uno strumento ormai vetusto con un tavolo da costituirsi presso il Dipartimento comunicazioni del governo, contemplante la rappresentanza di editori e della società civile impegnata nella tutela dei minori, allo scopo di concepire un nuovo codice di autodisciplina, più aderente alle condizioni storiche e sociali contemporanee. L’assunzione di responsabilità diretta da parte degli editori e della società civile, con l’arbitrato del governo – conclude Marziale – garantirebbe sicuramente risultati di gran lunga superiori rispetto a quelli attuali e, anzi, costituirebbe un motivo di confronto più serrato e sinergicamente in grado di agevolare il compito ai primi ed insostituibili garanti del benessere psicofisico dei bambini, ossia i genitori”.

giovedì 12 settembre 2013

Internet e bambini: ricerca a Pisa

Internet e bambini: ricerca a Pisa
[PisaToday 07/09/2013]

Duecentottanta bambini pisani su 420 (il 67% del campione) usano internet, guardano video e ascoltano musica da soli, mentre oltre 200 alunni affermano di conoscere abbastanza bene internet e il 57% sa cos’è un virus informatico. In 201 hanno scaricato musica e film da internet e in 198 (24%) hanno un profilo su un social network. Alla domanda se internet possa essere pericoloso, hanno risposto 'Sì' in 264 (66%) mentre in 109 (27%) hanno risposto 'Non so'.
L’indagine, svolta durante l’anno scolastico 2012-2013, si basa sulle risposte di 420 alunni di età compresa tra gli otto ed i dieci anni. I questionari sono stati proposti durante le lezioni svolte dalla Ludoteca del Registro .it, in sette scuole pisane (21 classi dalla III° alla V° elementare). Il progetto, gratuito e aperto a tutte le scuole italiane, è stato ideato dal Registro .it, gestito dall’Istituto di Informatica e Telematica (IIT) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per affiancare l’opera degli educatori con un contributo che aiuti i più piccoli a prendere coscienza del funzionamento, delle problematiche e delle opportunità connesse al mondo di Internet.

Domenico Laforenza, direttore del Registro .it e presidente dell’Area della ricerca del Cnr pisano afferma: “I risultati ottenuti dal questionario confermano la necessità di una maggiore consapevolezza nell’utilizzo della Rete da parte dei minori. Questa indagine è solo una delle iniziative della Ludoteca del Registro .it, che ha ricevuto proprio in questi giorni il prestigioso riconoscimento del patrocinio dell’Autorità garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza”.

Il questionario è stato compilato nel più assoluto rispetto dell’anonimato e della privacy. Le scuole interessate dall’indagine sono state: Scuola Toti, Scuola Cambini, Scuola Oberdan, Scuola Parmini, Scuola Gereschi, Scuola Pisano e Scuola Chiesa. La scelta di far partire questa prima indagine conoscitiva del rapporto tra internet, il web ed i minori, è caduta su Pisa dove ha sede lo stesso Registro .it ed è città 'culla dell’informatica' per antonomasia visto che a Pisa fu registrato il primo dominio internet a livello nazionale. Indagini simili a quella pisana sono in corso in altre città come Genova, Lido d’Ostia e Padova.

Il Prefetto di Pisa Francesco Tagliente commenta: “Il fatto che, come evidenziato dal risultato della ricerca condotta della Ludoteca del Registro.it, il 67% dei bambini pisani tra gli 8 e i 10 anni usa Internet senza ausilio di genitori o insegnanti, non può che destare una certa preoccupazione. Se poi consideriamo che molti bambini hanno un profilo sui social network nonostante sia vietato ai minori di anni 13, il pericolo di adescamento online diventa concreto. Sarebbe opportuno che le famiglie orientassero i propri ragazzi nella navigazione web, prendendo misure per tutelarli, anche mediante l’ausilio di programmi informatici ad hoc”.

“Internet è una straordinaria opportunità di accesso a fantastilioni di dati e di saperi liberi - sottolinea Marilù Chiofalo, assessore alle Politiche Socioeducative e Scolastiche del Comune di Pisa - lo è per tutti e in particolare per i più giovani che nello spazio virtuale si muovono con agilità e naturalezza. Una tale enorme potenzialità implica una grande responsabilità d'uso, che a sua volta richiede conoscenza dei valori oltre a quella tecnica, spirito critico e consapevolezza. Il lavoro di educazione e ricognizione fatto da Registro.it a beneficio delle nostre scuole e dunque della nostra comunità è stato estremamente prezioso: è auspicabile che diventi un'esperienza nazionale".

Ulteriori informazioni sull’attività della Ludoteca sono reperibili sul sito www.ludotecaregistro.it


Potrebbe interessarti: http://www.pisatoday.it/cronaca/internet-bambini-ricerca-pisa.html
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mercoledì 4 settembre 2013

Apprendere nel web 2.0

[Unascuola.it ]

apprendere nel webL’autrice, Arisa Dedey, di questo blog, “Apprenderenelweb2.0“, si occupa di educazione, di formazione e utilizza quotidianamente gli strumenti web 2.0 e le nuove strategie di apprendimento.
L’idea è quella di “condividere“ con tutti, educatori e docenti, strumenti all’avanguardia per realizzare una nuova didattica di qualità.
Nel suo blog quindi troviamo nuovi programmi, software, applicazioni, relativi alla didattica, tutorial, e degli esempi di risorse che potete utilizzare con i vostri studenti.
Un esempio per tutti: Text Compactor, un utilissimo programma di videoscrittura che, però, fa tutto da solo: permette di sintetizzare un testo in modo automatico online. All’occorrenza crea addirittura l’MP3 del testo sintetizzato.
Sicuramente da provare. Fatemi sapere.

martedì 3 settembre 2013

L’uso dei social network tra adulti e adolescenti in un’infografica

[PMI servizi 30/08/2013]

I social media sono potenti strumenti di comunicazione entrati nella quotidianità della maggior parte delle persone, indipendentemente dall’età.
L’uso che viene fatto dei diversi social network offerti dalla rete è però diverso in base all’età dell’utente, probabilmente a causa delle diverse esigenze ma anche perché i più giovani sono cresciuti a stretto contatto con le nuove tecnologie a differenza di chi, già adulto, si è confrontato con nuovi modi di comunicare online attraverso mezzi quali Facebook e Twitter.
L’infografica che segue, realizzata per NextAdvisor.com, mette a confronto l’utilizzo dei più diffusi social network da parte di ragazzi e adulti, sulla base di recenti studi del Pew Research Center, ponendo l’accento sulle preferenze dei diversi target per le piattaforme social più diffuse sul web: Tumblr, instagram, Pinterest, Twitter e Facebook.
I dati mostrati dell’infografica analizzano essenzialmente tre aspetti:
  • In che percentuale adulti e ragazzi utilizzano i social media
  • Quali sono i social network preferiti dai due diversi target
  • Quali le percentuali in base alle fasce d’età degli utenti social
I dati mostrano che l’81% degli adolescenti utilizza i social network ma anche che gli adulti non sono poi così distanti da questo mondo aggiudicandosi una percentuale di utilizzo di tutto rispetto: il 72%.
Per quel che riguarda nello specifico le piattaforme scopriamo che i teenager rimangono fedeli ai social network più consolidati, ovvero Facebook (94% contro il 67% degli adulti) e Twitter (26% contro il 18% degli adulti), mentre sono gli adulti che si avvicinano con maggiore frequenza a nuove reti, soprattutto nel caso di Pinterest, ma anche per Instagram e Tumblr, anche se con una percentuale di poco maggiore rispetto ai ragazzi.
La fascia d’eta di utenti più coinvolti dai social media è quella che va dai 18 ai 29 anni (89%), subito a seguire i giovanissimi di età compresa tra i 13 e i 18 anni (81%).
Infografica social media adulti e ragazzi

Bambini e famiglie divisi dalla guerra si ritrovano grazie a un'app mobile

[La Repubblica 28/08/2013]
DA SEI SETTIMANE a poche ore. Chiedetelo a Rosete, Birungiste e Samuel, tre dei piccoli congolesi arrivati soli e senza documenti al Bubukwanga Transit Centre di Bundibugyo, in Uganda, se non fa differenza poter riabbracciare prima possibile i propri cari. Evitando giorni di separazione che si aggiungono ai già terribili shock del fuoco e del sangue. Laggiù, in quel campo-profughi dimenticato dal mondo come tanti altri a ogni latitudine, approdano ogni giorno bambini e giovani separati dalle proprie famiglie a causa dei combattimenti fra truppe governative della Repubblica Democratica del Congo e ribelli. Non è ovviamente l'unico caso: in tutti i punti caldi del pianeta sorgono enormi accampamenti e siti dove rifugiati e profughi provenienti dai più diversi Paesi, dal Sudan alla Palestina, dal Ruanda al Kenya passando per l'Etiopia, cercano di sfuggire a guerre e persecuzioni. È un'autentica diaspora: ricongiungere figli e genitori o parenti è infatti spesso un'impresa complessa se non titanica. Basti pensare, solo per rimanere alla più stretta attualità, alla situazione siriana: secondo l'Onu il numero di piccoli profughi ha toccato, dopo tre anni di guerra civile, la cifra-monstre di un milione. Adesso una semplice app, battezzata RapidFTR, promette di cambiare le cose. Almeno un po'.
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BAMBINI E VIDEOGIOCHI: SVAGO O PERICOLO?

[Legnano news 28/08/2013]
I bambini e videogiochi: uno svago o un pericolo?
Sembrerà strano, ma già verso la fine degli anni ‘70 si era iniziato a discutere su quanto l’utilizzo di videogiochi fosse o meno diseducativo.
La questione è quindi abbastanza antica ma è innegabile che sempre più giovani e giovanissimi
hanno accesso a mezzi informatici e la domanda, circa quale sia il limite entro cui definire il loro utilizzo “sano”, è sempre più impellente.
Inoltre vengono creati videogiochi adatti ad ogni fascia di età, anche per i più piccoli e i mezzi per accedervi sono ormai di uso molto comune: basta un telefono!
Che tantissimi bambini possano utilizzare (e utilizzino) videogiochi è ormai un dato di fatto e demonizzare l’avvento della tecnologia potrebbe essere al limite controproducente.
La rivoluzione tecnologica porta con sé, secondo le ricerche, variazioni sociologiche e psicologiche importanti. Si è per esempio notato che l’uso eccessivo di videogiochi ha un effetto sulle capacità relazionali del bambino. Ovvero passare troppo tempo di fronte allo schermo riduce il tempo dedicato alle relazioni interpersonali, privando il bambino delle occasioni di socializzazione con i coetanei.
Certo sono lontani i tempi in cui ci si trovava dall’unico amico che aveva le prime rudimentali forme di console! Oggi il videogioco è perlopiù un momento trascorso in solitudine. A tutto ciò si deve aggiungere che giocare di fronte ad uno schermo è un’attività perlopiù sedentaria.
Giocare troppo a lungo con i videogiochi potrebbe influire anche sulla crescita cognitiva e scolastica dei giovani, dal momento in cui limita il tempo dedicato ad altre attività educative. In contrasto a ciò è stata sottolineata la valenza positiva sull’apprendimento quando il materiale didattico viene presentato attraverso un videogioco.
Il tempo e ricerche future ci diranno se l’utilizzo della tecnologia comporterà effetti sulla cognizione, ovvero sul modo di apprendere dalla realtà, sulle capacità di riflessione e di attenzione. Tutto ciò appare già oggi plausibile. Inoltre si dibatte anche ora su quanto alcuni videogiochi possano essere diseducativi. In particolare l’opinione degli esperti si è divisa sui giochi in cui era presente violenza “gratuita”.
Va notato che se alcune ricerche concludono che questa tipologia di stimoli possa avere un effetto sull’aggressività dei più giovani, altre concludono in modo del tutto opposto, ovvero che l’espressione video - ludica delle pulsioni aggressive renda esse più elaborabili nel quotidiano.
Ma i videogiochi inibiscono o sviluppano la fantasia?
Anche qui le opinioni sono del tutto discordi, tra chi ritiene che la tecnologia possa essere nociva e chi dice possa favorire questa capacità umana.
Come avrete capito non è semplice orientarsi nel panorama del dibattito sull’utilizzo dei videogiochi. Ma potrebbe esiste un limite entro il quale il videogioco rimane uno strumento di svago e oltre il quale corre il rischio di essere uno svantaggio per la crescita del bambino. Il limite è l’impatto che l’utilizzo della tecnologia ha sulla vita quotidiana.
In definitiva il videogioco non può sostituire le occasioni di socializzazione fondamentali per la crescita di un bambino, così come non è (per il momento) il principale mezzo di formazione educativa e scolastica. Non ha quindi senso vietare, quanto controllare che l’utilizzo di videogiochi resti nei limiti dello svago. Ancora meglio sarebbe non abbandonare i più piccoli davanti ad uno schermo, ma giocare con loro,
avvicinarsi ai loro interessi, anche tecnologici.
Il vaccino adeguato è solo uno: il buon senso dell’adulto che non deve perdere la sua funzione di guida nei confronti dei bambini.
Come sempre per qualsiasi domanda o commento vi invito a scrivermi.
Stefano Landoni
Psicologo Psicoterapeuta

Cyberbullismo: quando la violenza è sempre online

[Novi online 26/08/2013]
Che cos’è il cyberbullismo?
Il cyberbullismo consiste in atti di derisione, diffamazione, minaccia e violenza verbale e psicologica compiuti tra adolescenti attraverso sms, e-mail, youtube, blog o social network. Il bullo ha lo scopo di insultare la vittima oppure diffonderne video o immagini imbarazzanti per umiliarla e ferirla pubblicamente, cercando di condividere lo scherno con più utenti possibili sul web. Purtroppo si tratta di un fenomeno in continua crescita, poiché l’aumento del numero di profili su social media “giovani” e la possibilità di rimanere anonimi rendono complicato l’intervento da parte degli adulti e la segnalazione degli autori di tali atti denigratori.

Che differenza c’è tra bullismo e cyberbullismo?
Nell’attuale dibattito scientifico alcuni studiosi considerano il cyberbullismo come qualcosa di diverso rispetto al bullismo tradizionale, ma la maggior parte dei ricercatori sostiene che il web sia un nuovo strumento a disposizione del bullo per continuare a perseguitare la vittima al di fuori della scuola o della piazza. Tale ipotesi è confermata dagli studi che rivelano una continuità tra il coinvolgimento nel bullismo tradizionale e nel cyberbullismo.

Esistono comunque alcune caratteristiche che distinguono il cyberbullismo dal bullismo tradizionale:
  • tra bullo e vittima può non esserci alcuna relazione nella vita reale: paradossalmente potrebbero non conoscersi, vivere in regioni diverse e non incontrarsi mai;
  • il bullo può compiere gli atti denigratori in forma anonima o con uno pseudonimo: la disinibizione legata alla sicurezza che la propria identità non sia scoperta contribuisce notevolmente alla diffusione del fenomeno;
  • il bullo non prova alcuna remora dal punto di vista etico: l’identità nascosta e l’utilizzo di strumenti informatici disinibiscono notevolmente l’artefice delle violenze, portandolo a minimizzare i propri atti come se fosse soltanto uno scherzo
  • il cyberbullismo non ha limiti spazio-temporali: il bullo può colpire la vittima in qualsiasi momento nello spazio virtuale, senza concessione di un luogo sicuro e privato in cui vivere serenamente
Si può contrastare il cyberbullismo?
La risposta è sì! I programmi specifici per le scuole finalizzati a prevenire e a gestire il problema del cyberbullismo dimostrano ottimi risultati relativamente alla responsabilizzazione dei ragazzi; in particolare, la partecipazione attiva dei coetanei nel contrastare i bulli e difendere le vittime sembra offrire un contributo fondamentale alla diminuzione del fenomeno.
In generale, l’arma migliore per contrastare il cyberbullismo è la prevenzione che sensibilizza genitori e insegnanti sull’importanza di educare gli adolescenti ad un uso responsabile degli strumenti web e alla promozione delle relazioni positive con i compagni. Attualmente Internet costituisce un canale comunicativo usato quotidianamente per entrare in contatto con altre persone; per questo motivo gli adulti sono chiamati a guidare e monitorare l’utilizzo che i giovani fanno di tale strumento con suggerimenti, regole e limitazioni, al pari dell’educazione che offrirebbero riguardo agli approcci relazionali diretti con gli altri. Intervenire contro il bullismo significa intervenire anche contro il cyberbullismo, per questo è fondamentale aiutare i ragazzi a responsabilizzarsi ed acquisire un senso critico dei propri atteggiamenti nei confronti dell’altro, anche quando l’approccio avviene virtualmente attraverso la tastiera di un computer o di un telefono cellulare.
Chi è il cyberbullo?
Volendo costruire l’identikit del cyberbullo, egli può essere descritto come un adolescente che vuole essere popolare, ricerca il divertimento o fugge dalla noia, e pensa di ottenere il suo scopo attraverso atti di prepotenza nei confronti di chi è diverso da lui e dal suo gruppo di riferimento, rivolgendo attacchi su aspetto fisico (anche contro ragazze molto carine), timidezza, disabilità, orientamento sessuale o etnia. Tuttavia spesso si tratta di ragazzi che non si rendono conto di essere cyberbulli, bensì sono convinti di fare un semplice scherzo o un dispetto, forse pesante ma innocente, a chi ha fatto loro un presunto torto. Hanno maggiori probabilità di esercitare cyberbullismo coloro che utilizzano internet in modo eccessivo e autonomo, sono iscritti a social network che favoriscono la diffusione di immagini e informazioni personali, partecipano a gruppi online prettamente giovani in cui manca completamente il controllo delle figure adulte, insultano via internet attraverso messaggi volgari e offensivi, utilizzano frequentemente videogiochi violenti che rafforzano l’idea che la violenza esercitata con un click sia solo virtuale.

Quali sono le conseguenze del cyberbullismo?
I danni del cyberbullismo sulla vittima sono simili a quelli del bullismo tradizionale: bassa autostima, depressione, ansia, paura, difficoltà scolastiche, problemi relazionali, pensieri di suicidio. Tuttavia ciò che rende ancora più devastante questo fenomeno rispetto al bullismo tradizionale è la diffusione pubblica dell’umiliazione, che in un solo click annienta l’immagine sociale che la vittima ha di sé, scatenando sentimenti di estrema vergogna e inadeguatezza. Inoltre, mentre un episodio di bullismo è circoscritto nel tempo e nello spazio e resta solo nella memoria e nei racconti, l’episodio di cyberbullismo è difficilmente cancellabile da alcuni spazi web: la vittima è dunque costretta a subire la molestia senza fine con la consapevolezza che il mondo del web sta assistendo alla sua umiliazione con chissà quali giudizi. Questo potrebbe spiegare i dati della ricerca Ipsos realizzata per Save the Children secondo cui il 72% degli adolescenti e giovanissimi italiani considera il cyberbullismo come il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo.
Il fenomeno del cyberbullismo è oggi al centro di un’ampia polemica legata a fatti di cronaca molto gravi. Considerando solo gli ultimi mesi possiamo tristemente ricordare il suicidio del 15enne sbeffeggiato come “il ragazzo con i pantaloni rosa” e deriso su Facebook dai compagni perchè omosessuale; o il caso di Carolina, 14enne che si è suicidata dopo che alcuni coetanei avevano diffuso su internet fotografie e video imbarazzanti che la ritraevano; o Hannah Smith, 14 enne che si è uccisa dopo aver ricevuto insulti per mesi sul sito Ask.fm, ora al centro di numerose polemiche per l’assenza di dispositivi antiabuso; o le attuali vicende drammatiche in Russia, che vedono le persone omosessuali vittime di pestaggi, torture e cyberbullismo da parte degli esponenti del movimento neonazista Occupy Pedofilyaj.
Che cosa fare quando si è presi di mira da un cyberbullo?
Le associazioni che si occupano di cyberbullismo concordano nel consigliare alle vittime un atteggiamento fermo nei confronti del bullo:
  • non rispondere ai messaggi offensivi o intimidatori ricevuti da qualsiasi fonte (sms, e-mail, chat);
  • mai mandare messaggi offensivi o volgari, nemmeno per rispondere a ingiurie ricevute;
  • salvare tutti i messaggi molesti ricevuti annotandone data e ora;
  • cambiare il proprio nickname o il numero di cellulare comunicandolo solo agli amici;
  • utilizzare i filtri per bloccare gli indirizzi e-mail o gli account di chi molesta;
  • non fornire mai i dati personali (nome, cognome, indirizzo, nome della scuola o degli amici) a chi si conosce sul web;
  • non condividere le password, nemmeno con gli amici;
  • parlare immediatamente dei messaggi offensivi ricevuti a un adulto;
  • segnalare il comportamento inappropriato ai moderatori della chat o del forum chiedendo di cancellare i messaggi offensivi e bannare (cioè escludere a vita) l’utente molesto;
  • in caso di minacce fisiche o sessuali contattare anche la Polizia.
Grazie all’intervento della Commissione europea, alcune compagnie del web hanno introdotto dispositivi per segnalare eventuali abusi o comportamenti inappropriati di altri utenti. Tuttavia altre compagnie web ampiamente utilizzate dagli adolescenti sono ancora prive di moderatore, e tale assenza è associata a numerosi comportamenti inappropriati. È il caso del sito Ask.fm, il social network con sede in Lettonia ritenuto da molti il regno del cyberbullismo e a rischio di chiusura in seguito a più casi di suicidio.

Chi si può contattare per avere sostegno?
Dal 2007 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha attivato il numero verde nazionale 800 669696 e l’indirizzo e-mail bullismo@istruzione.it per segnalare casi, chiedere consigli o ricevere supporto (per info visita il sito web della campagna nazionale contro il bullismo “Smonta il bullo”: www.smontailbullo.it).
Si può anche chiedere un consiglio personale o per un amico vittima di cyberbullismo a Telefono Azzurro, tramite il numero gratuito 19696 o via chat (accedi al sito www.azzurro.it e clicca su “ch@tt@ con Telefono Azzurro!”).
In caso di situazione potenzialmente pericolosa per l’incolumità della vita di un adolescente non esitare a contattare la linea telefonica gratuita 114 – Emergenza Infanzia. Il servizio, gestito da Telefono Azzurro e promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità, è attivo 24 ore su 24 e mette direttamente in contatto con un operatore pronto ad offrire sostegno psicologico, inoltre attiva nell’immediato le istituzioni presenti sul territorio (forze dell’ordine, servizi socio-sanitari, tribunali, ecc.) per rispondere nel modo più adeguato all’emergenza segnalata.

Link utili:
Campagna nazionale contro il bullismo: www.smontailbullo.it
Telefono azzurro: www.azzurro.it
Bullismo elettronico: www.cyberbullismo.com
Progetti europei di contrasto e prevenzione: http://www.bullyingandcyber.net/it/
Dati della ricerca Ipsos realizzata per Save the Children

Sara Bosatra - psicologa clinica - redazione@alessandrianews.it