lunedì 20 gennaio 2014

Bambini e ebook, in America quasi il 70% dei piccoli lettori usa l'ereader abitualmente

[Libreriamo 16/01/2014]
MILANO – Circa due terzi dei ragazzini fino a 13 anni leggono libri digitali e il 92% di questi legge su ereader almeno una volta a settimana. È quanto emerge dall’ultimo report di uno studio sul rapporto tra bambini e lettura digitale condotto negli Stati Uniti nel corso del 2013 da PlayScience, la divisione ricerche della compagnia PlayCollective, in collaborazione con Digital Book World, la conferenza internazionale che si tiene annualmente a New York dedicata all’analisi del mondo dell’editoria digitale.
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Bambini e ragazzi, il tablet nuovo oggetto inseparabile

[ANSA 15/01/2014]
Bambini e ragazzi  'sempre connessi'. Inseparabili dai loro tablet, un oggetto quotidiano con cui hanno familiarità alla gran parte dei genitori sconosciuta. Li usano per giocare, per chattare con gli amici e anche per studiare. Il tablet fa da telefono (con What's app e similari), da passatempo, da enciclopedia per le ricerche, da tv e da terminale didattico.
  Per le scuole è ormai sempre più uno strumento che entra nei percorsi di istruzione canonici. Sono nati l'anno scorso progetti come lo Smart Future, promosso dalla Samsung per favorire lo sviluppo della digitalizzazione nelle scuole primarie e secondarie di primo grado (partito a ottobre in Lombardia, punta a coinvolgere in due anni 200 classi in varie regioni d'Italia) o il ParnAsus, realizzato dalla Asus con il Liceo 'A. Maffei' di Riva del Garda, dove, anche per favorire l'ingresso nel mondo del lavoro, il libro di testo è stato sostituito in aula da contenuti già disponibili in rete e dalla costruzione di risorse ad hoc.
Un cambiamento di abitudini riflesso dalla ricerca realizzata da Imaginarium, la catena spagnola specializzata nell’infanzia, su un panel di 10.000 membri del Club Imaginarium, provenienti da 5 Paesi (Italia, Spagna, Portogallo, Germania e Messico). Il 65,4% degli intervistati afferma di possedere un tablet, e il 94,58% dei genitori permette ai propri figli di farne uso. Anche se ne controllano il tempo di utilizzo (l’82,59% degli intervistati glielo fa usare meno di un’ora al giorno) e i contenuti: il 54,48% dei genitori, infatti, limita l’accesso solo ad alcune funzioni e 'monitora' le app scaricate .Inoltre il 75,99% del campione considera l'uso di tablet nelle scuole, come un mezzo certamente non indispensabile, ma importante per la formazione dei figli.
Il mercato reagisce al boom tablet continuando a sformare novità. Fra le ultime annunciate, il Dreamtab, per i più piccoli in arrivo, in primavera creato dalla Dreamworks con la Fuhu. Oltre a una serie di contenuti esclusivi e originali sui personaggi creati dalla casa di produzione, che li aggiornerà costantemente, da Kung Fu Panda al nuovo Dragon Trainer 2, la possibilità di vedere in streaming cartoon e show di vari canali per bambini (anche quelli Disney), si offriranno esperienze 'artistico/didattiche'. Tra le decine di dispositivi già in vendita, con controllo parentale schermi super-resistenti, involucri colorati e cover antiurto, personalizzabili e da arricchire con centinaia di app scaricabili, la scelta si è moltiplicata anche nelle versioni con i personaggi delle serie più amate, da Mio Tab Peppa Pig (Lisciani) a Monster High Tablet Premium 7 (Ingo Devices). Inoltre nel 2013, anche la Samsung ha pensato a un modello per bambini (utilizzabile però come un normale tablet anche dagli adulti), il Samsung Galaxy Tab 3 Kids, anche in versione Disney. Tra le prime case di giocattoli a scommettere sul settore c'è la Imaginarium, con le linee Superpaquito e il nuovo Paquito mini, che ha fra le utility, l'agenda che aiuta il bambino ad organizzarsi, la tabella delle ricompense per prefiggersi obiettivi, il lettore di libri, 2 videocamere. In prima linea anche la Clementoni , con prodotti come Il mio primo Clempad, per i più piccoli, e, per chi è fra i sei ai 12 anni, ilClemPad XL. Fra le tavolette che puntano su potenza di sistema operativo, connettibilità, e numero di app, ci sono anche il Meep X2 (Oregon Scientific) e Polaroid Kids Tablet 2. Inoltre si iniziano a pensare tablet per chi ha difficoltà di apprendimento, come l'EdiTouch, studiato a supporto dei bambini dislessici e utile ai bambini con bisogni educativi epeciali o 'Blue' un comunicatore tablet visivo e uditivo per persone affette da disturbi che coinvolgono il linguaggio e la comunicazione, come l’autismo e l’afasia. Infine, si rifà alla pura inventiva dei bambini, l'Iwood Mini della Donkey, piccola lavagna nera, con cornice in legno, a forma di tablet, 'compatibile' con tutti i tipi di gessetti (da conservare nell'apposito vano) e presa jack, dove al posto delle cuffie, sono attaccati due cancellini.
Francesca Pierleoni

Hooked: ecco come app e social network creano dipendenza

[Wired 15/01/2014]

Hooked: ecco come app e social network creano dipendenza

Da Pinterest a Candy Crush, da Ruzzle a Tinder, Nir Eyal spiega come si fa ad entrare nella vita quotidiana degli utenti.

Abbiamo tutti sperimentato un’addiction tecnologicaNir Eyal è un autore e consulente esperto sull’intersezione tra business, tecnologia e psicologia. Ha da poco pubblicato un libro in grado di spiegare – agli startupper ed a chi crea prodotti digital – come fabbricare motori di desidero in grado di trasformarsi in abitudini.
Hooked è un manuale che spiega quelle fasi costanti ed universali che sono dietro al successo di Farmville, Instagram, Pinterest, Twitter. Di app e siti web ai quali siamo ormai ritualmente “agganciati” nelle nostre routine quotidiane, fedeli e di ritorno più o meno consapevolmente.
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Gli adolescenti italiani secondo Telefono Azzurro e Eurispes

[Nanopress 13/01/2014]
Sexting e cyberbullismo: gli adolescenti italiani sono stati fotografati nell'indagine di Telefono Azzurro e Eurispes appena pubblicata. Lo studio sui giovani è stato condotto su 1.523 ragazzi di età compresa tra i 12 ed i 18 anni, frequentanti la seconda e la terza classe della scuola secondaria di primo grado o una delle cinque classi della scuola secondaria di secondo grado. Alcuni dati sono stati messi a confronto con quelli degli anni precedenti.

LA CRISI
Nel 2010 più di un adolescente su quattro riteneva che la crisi economica avesse colpito la propria famiglia (29%), oggi ben la metà dei ragazzi (50,1%) si dice consapevole della difficile situazione economica che vive in prima persona nella propria famiglia. Sebbene nel 64,9% la situazione professionale dei genitori complessivamente appaia invariata, in quasi una famiglia su tre (30,9%) la crisi economica ha costretto a dei cambiamenti nella condizione lavorativa. Il 59,2%, riferisce che la propria famiglia ha dovuto prestare negli ultimi mesi maggiore attenzione alle spese tagliando quelle extra come le cene fuori e i divertimenti. Moltissime famiglie (48,4%) hanno effettuato addirittura tagli sui beni alimentari e sul vestiario oppure hanno deciso di rinunciare alle vacanze (23,9%). Nel 26,1%  dei casi gli adolescenti segnalano una situazione economica così grave che la propria famiglia ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese.

DIPENDENZA DA INTERNET
Alla domanda “ti capita, quando sei connesso a Internet, di non riuscire a staccarti, anche se ti sei riproposto di farlo?” quasi metà degli adolescenti (47%) risponde “qualche volta”, al 14,5% accade spesso e al 7,2% sempre. Solo il 30,3% dei ragazzi non mai messo in atto comportamenti di dipendenza, anche se con diverse gradazioni, dalla Rete. Un terzo dei ragazzi (33,9%) ha navigato in siti di  immagini pornografiche e che esaltano un  corpo palestrato (32%); il 19,3% ha visitato siti che incitano alla violenza, all’odio contro gli stranieri  (13,1%) e a commettere un reato (12,1%); hanno inoltre navigato all’interno dei siti che esaltano l’anoressia (9,9%) o il suicidio  (4,9%), con consigli annessi.

SEXTING
Oltre 1 adolescente su 4 (25,9%) afferma di aver ricevuto sms/mms/video a sfondo sessuale ; al 73,7%, al contrario, non è mai capitato.  Il fenomeno ha subito un aumento sorprendente : dal 10,2% del 2011 al 25,9%. Ad inviare i messaggi sono principalmente amici (38,6%), partner (27,1%) e sconosciuti (22,7%). Il 12,3% degli adolescenti ammette infine di aver inviato sms/mms/video a sfondo sessuale. Le reazioni dei ragazzi al sexting: tra divertimento e indifferenza. Le reazioni degli adolescenti alla ricezione di invio o filmati a sfondo pornografico (sexting) sono prevalentemente positive. Il 30,1% dice che gli ha fatto piacere, il 29,1% che lo ha divertito. Le reazioni negative ammontano complessivamente al 23,1%: il 10,7% si è sentito infastidito, il 6,6% imbarazzato, il 2,9% spaventato ed il 2,9% angosciato. Il 16% è invece rimasto indifferente. 

DATING VIOLENCE
La dating violence (violenza fisica o psicologica all’interno dei rapporti di coppia) è estremamente diffusa tra gli adolescenti, soprattutto nella forma del rapportarsi con il proprio ragazzo/ragazza urlando (29,1%); segue l’insulto (20,9%). Tra le opzioni inerenti le varie forme di minaccia , quella subita più spesso è l’essere lasciati dal proprio ragazzo/ragazza nel caso non si faccia ciò che viene detto (8,7%). Il 5,4% degli adolescenti dichiara che il proprio partner ha minacciato di picchiarlo.

ALCOL
Il 64% dei ragazzi di 12-18 anni raggiunti dall’indagine dichiara di bere alcolici . Si tratta quasi di un’abitudine per il 10,6% e per il 2,5% che ne fa un uso quotidiano, mentre sceglie qualche volta questo genere di bibite il 50,9%. Solo il 35,2% dei ragazzi afferma di non essere interessato all’alcol. Il consumo di alcolici sembra avere inizio soprattutto nel periodo della scuola media.

I consigli per usare al meglio i Social Media nel 2014

[Wired 13/01/2/14]
Se il 2013 è stato per i Social Media un anno importante, come sarà il 2014? Non è difficile immaginare che sarà un anno con molte sorprese, anche perché alcuni dati del 2013 ci aiutano meglio a capire il fenomeno: 500 milioni di tweet inviati ogni giorno, 35 milioni di foto col tag #selfies (nel frattempo diventata parola dell’anno per l’Oxford Dictionaries) pubblicate su Instagram, 350 milioni di foto postate su Facebook ogni mese, oltre 343 milioni di utenti su G+.
Per l’inizio del nuovo anno, il blog di Klout, la discussa piattaforma che si prefigge di misurare l’influenza on line di ognuno di noi (abbiamo anche intervistato il founder tempo fa), ha pubblicato una raccolta di consigli da seguire per migliorare la propria presenza sui Social Media. Il motivo è semplice: i Social Media continueranno a far parte delle nostre vite e saranno sempre più utile nella ricerca di lavoro, oltre ad aumentare il nostro personal branding. [Leggi tutto...]

lunedì 13 gennaio 2014

Social network usati da narcisisti, lo dice una ricerca

[Webisland.net 12/01/2013]
e sono il luogo ideale – come tutti i – per i . Se molti di noi già lo sapevano, ora a confermarlo arriva la ricerca condotta dal professor Shaun Davenport della High Point University della North Carolina, ricerca su un campione di 515 studenti universitari e 669 adulti.
Lo studio, pubblicato sulla rivista specializzata «Computers in Human Behavior» , ha dimostrato «come il desiderio narcisista sia una molla primaria per gli utenti social», allo scopo di ottenere sempre nuovi follower o amici, a seconda del social a cui ci riferiamo. Così gli utenti sono spinti a twittare sempre di più e sempre più spesso, e a condividere continuamente status online.
Ci sono però differenze generazionali: se i più adulti preferiscono Facebook, i giovani amano soprattutto Twitter. «Il nostro studio ha evidenziato la mancanza di significative relazioni dirette o indirette fra gli studenti e la loro attività Facebook – si legge nella ricerca -  mentre, al contrario, il narcisismo è risultato essere sia direttamente che indirettamente collegato alla presenza su Facebook degli adulti, sebbene questa sia solo una delle ragioni (ma non certo l’unica) che li spinge ad aggiornare in continuazione la loro pagina».

venerdì 10 gennaio 2014

Cyberbullismo: dal Mise il nuovo Codice per tutelare i minori

[nextme 09/01/2014]
È guerra al cyberbullismo. Il Ministero dello Sviluppo economico ha annunciato misure dure contro tali episodi, volte a tutelare soprattutto i più giovani. La bozza del nuovo Codice di Autoregolamentazione è stata approvata ieri, durante la riunione tecnica.
Reso necessario anche dai gravi fatti di cronaca che hanno visto alcuni giovanissimi arrivare a gesti estremi dopo essere stati oggetto di insulti e diffamazioni su Internet, il nuovo corpus di regole parte dai sistemi di segnalazione che i gestori dei siti devono mettere a disposizione di bambini e adolescenti per “consentire loro l’immediata segnalazione di situazioni a rischio e di pericolo”.
Secondo il Codice, gli operatori che forniscono servizi di social networking, i fornitori di servizi on line, di contenuti, di piattaforme User Generated Content e social network dovranno garantire tempestivamente l'attivazione di meccanismi di segnalazione di episodi di cyberbullismo.
Altrettanto celeri devono essere i meccanismi di risposta alle segnalazioni, per eliminare gli eventuali contenuti lesivi indicati entro un massimo di due ore dall’avvenuta segnalazione. Inoltre, dovrà essere garantito l'oscuramento cautelare temporaneo del contenuto lesivo segnalato.
Le nuove misure, secondo il MiSE, dovrebbero contrastare “la crescente tendenza dei giovani a sviluppare, attraverso l’uso dei nuovi media, una forma di socialità aggressiva e violenta che può indurre all’adozione di quei comportamenti discriminatori e denigratori verso i propri coetanei che spesso sfociano in 'contro'”:
Per verificare l'effettiva applicazione del Codice, è istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico un Comitato di monitoraggio, formato da esperti nella tutela dei minori.
Francesca Mancuso

“Spam Totale”, ecco cosa fanno i ragazzini su Facebook

[Wired 08/01/2014]
Selfie come piovesse, cuoricini elargiti in cambio di un giudizio, provocazioni (finte) a profusione. Benvenuti in Spam Totale, gruppo chiuso di Facebook con oltre 995mila partecipanti (numero che varia costantemente tra defezioni e aggiunte). Cos’hanno in comune tutte queste persone? L’approccio comunicativo. Le regole nei gruppi prendono subito piede, e l’uniformazione diventa automatismo. Fatta la tara sui fake, e preso in considerazione il nome – una dichiarazione d’intenti –  le dinamiche sono piuttosto abitudinarie. [Leggi tutto...]

martedì 7 gennaio 2014

Scuola: Osservatorio Minori, costituente sul web inutile e dannosa

[Asca 06/01/2014]
''La riforma della scuola non puo' essere concepita soltanto come momento di rivisitazione amministrativa, perche' l'edificio e' vetusto, soprattutto sul piano dei contenuti'': e' quanto afferma il sociologo Antonio Marziale, presidente dell'Osservatorio sui Diritti dei Minori, in relazione alla costituente sul web annunciata dal ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza. Per Marziale: ''E' inaudito che un sistema scolastico non contempli l'educazione ai media e quella sessuale come materie organiche fondamentali ed eventuali iniziative in tale direzione continuino ad essere relegate al buonsenso di qualche dirigente scolastico. Io stesso - chiosa il sociologo - chiamato frequentemente a tenere seminari ai discenti in materia di educazione ai media mi rendo perfettamente conto che poche ore non bastano ad impartire alcunche'''. ''Basta guardare ai fenomeni di devianza per convincersi che la societa' non puo' prescindere dal formare debitamente le masse studentesche in materia di media e sessualita', perche' - evidenzia il presidente dell'Osservatorio - esse rappresentano l'approdo piu' evidente e quantitativamente esponenziale dei reati minorili e giovanili''. ''Per tali ragioni - conclude Marziale - piu' che una costituente massificata e, dunque, dannosa sul web sarebbe necessaria una task force di esperti al massimo livello incaricata di tratteggiare una riforma contenutistica non piu' procrastinabile, se si vuole che l'Italia non rimanga indietro anni luce rispetto all'evoluzione culturale globale, con il rischio di diventare paradossalmente il Paese piu' povero d'Europa''.

Su Facebook sempre meno adolescenti: come cambierà il social network?

[Blogo 06/01/2014]
In questi ultimi tempi non si fa altro che parlare del fatto che i giovanissimi stanno abbandonando i lidi di Facebook per andare a sperimentare realtà più frizzanti come Snapchat o Twitter. Mentre ci si interroga sempre sul perché di questa diaspora e su come fare per prevenirla, un'altra domanda dovrebbe sorgere spontanea: come cambierà Facebook privo di questo bacino di utenza adolescenziale?
Non si tratta solamente di fare sterili ricerche demografiche, un recente studio ha dimostrato come Facebook sia morto e sepolto per gli adolescenti i quali pare siano tutti emigrati su piattaforme come Instagram, Snapchat e Twitter. Dunque chi è rimasto su Facebook? I loro genitori, of course.
Il caso che viene portato ad esempio è quello della presenza di una madre settantenne su Facebook. Per sua scelta, sul suo profilo ha pochi amici, il concetto di inserire come amici anche sconosciuti e conoscenti è tipicamente giovanile, le persone più grandicelle selezionano attentamente i loro contatti, preferendone pochi, ma buoni.
Rispetto ad un giovane, questa madre avrà meno collegamenti sulla piattaforma, di sicuro sarà meno attiva rispetto ad un eventuale figlio. Questo significa avere anche meno dati a disposizione per Facebook, quindi una minor accuratezza delle informazioni a disposizione. Magari la madre in questione non ha volutamente inserito i dati del profilo che Facebook continuava a richiederle (casa, lavoro e via dicendo) o magari ha erroneamente confermato quelli che Facebook suggeriva, contribuendo così a generare informazioni errate.
Se ciò dovesse succedere per un alto numero di utenti, ecco che l'allontanamento dei giovani da Facebook avrebbe un'inaspettata conseguenza: la qualità e l'accuratezza dei suoi dati diminuisce in maniera proporzionale. E questo significa una piattaforma meno interessante per gli inserzionisti. In più dobbiamo considerare che se dal punto di vista pubblicitario i giovani non sono molto redditizi, da quello delle attività sul social network lo sono, eccome. Sono più energici, postano, linkano, condividono, chattano di continuo, ne sono quasi ossessionati. E tutti questi contatti generano traffico, cosa che fa piacere a Facebook. Cosa che non succede con gli utenti più anziani, più diffidenti e restii a condividere tutto così su pubblica piazza.
E il guaio è che se i giovani si spostano su altri lidi, ben presto anche i loro genitori faranno lo stesso, non fosse altro che per tenerli sotto controllo. Stiamo assistendo all'apocalisse di Facebook?
Manuela Chimera

Social network e lettura: quale rapporto?

[Mondolibri 04/01/2014]
Non è affatto vero che i giovani leggano di meno per colpa di Internet: leggono in maniera diversa, questo sì. I social network come Facebook e Twitter hanno contribuito, comunque, ad abbassare il livello di attenzione e questo lo si nota soprattutto nello scrivere. Non è che si legga di meno, pertanto, ma si legge male.
Sui social network, infatti, si trovano brevi frammenti di testo, come gli status, i commenti, tweet, gli emoticon, i messaggi scambiati via chat e via dicendo. Il problema con Internet nasce quando si deve affrontare un testo più lungo e con un contenuto ben preciso. Commenta Ethna Gaitán, psicologa dell’IPLER – centro colombiano per il miglioramento della lettura veloce e della comprensione dei testi:
È un problema di concentrazione. La rete distrae, così che mentre si legge un testo non vi si presta l’attenzione al cento per cento e, di conseguenza, la comprensione delle idee si riduce di molto.
E poi continua:
Si possono anche leggere testi lunghi, ma bisogna avere la necessaria capacità di concentrazione per comprenderli e farli propri. Tutto dipende dall’interesse che suscita l’argomento della lettura.
Di fatto succede che mentre si sta leggendo un testo online, arriva l’amico che ti saluta via chat, ci sono una decina di Tweet con quell’hashtag che stai seguendo e un paio di persone che conosci aggiornano il proprio stato su Facebook. Tutto questo distrae e le idee che il testo trasmette non sono pienamente comprese da chi le sta leggendo.
Questa nuova modalità di lettura comporta quattro conseguenze principali:
  1. impoverimento del vocabolario: i più giovani – che sono i più esposti ai problemi di comprensione della lettura – fanno uso di poche parole che sono, poi, sempre le stesse con un effetto abbastanza lampante: meno parole si usano e meno ancora saranno quelle che si potranno comprendere;
  2. si preferisce il riassunto al testo originale: invece di cercare un libro – sia esso cartaceo o digitale – si prediligono i riassunti del libro stesso, su Google o Wikipedia o forum vari. In tal modo si perdono tutta una serie di dettagli che solo nei libri si possono scoprire grazie a una lettura tranquilla e cosciente del testo;
  3. pessima ortografia: la buona ortografia prima era quasi un segno distintivo di dilegenza e preparazione, mentre ora sembra non necessaria e, addirittura, simbolica. È tutto concatenato: se non si comprende quello che si legge, si scrive velocemente e senza curarsi delle regole, il risultato ovvio è che la grammatica e l’ortografia diventano irrilevanti, con tutto quel che comporta una tale deriva;
  4. mancanza di argomentazione nei propri testi: sebbene sembri ovvia, la conseguenza più grave di tutto questo è la mancanza di capacità di costruire testi decenti quando ce n’è bisogno (una tesi di laurea, per esempio). Lo scrivere bene si fonda sul leggere bene, sull’avere un vocabolario ricco e sul sapere collegare tra loro le idee; tutto questo è stato intaccato dalla rapidità e dall’immediatezza dei testi reperibili in rete.
C’è soluzione? Certo! Basta spegnere il computer e aprire un libro. Ci vuole solo un po’ di coraggio, nulla di più.

Roberto Russo

5 motivi per lasciare Facebook nel 2014

[Panorama 02/01/2014]
La prima ammissione è arrivata dall’azienda stessa. A ottobre del 2013 il team di Facebook aveva affermato come gli utenti più giovani fossero ai margini dell’ecosistema della piattaforma, con un utilizzo, su base giornaliera, minore che in passato. Un fuggi fuggi confermato a dicembre da Statista . Il “sentiment” pare essere quello di una saturazione globale di Facebook, non solo in termini di persone iscritte quanto di contenuti. Ecco qualche motivo che potrebbe bastare per convincervi a guardare oltre il social network di Mark Zuckerberg.
A nessuno interessa leggere quello che fai
Un calo di interesse che non riguarda i post in sé ma la forma in cui vengono pubblicati. La lettura non basta più a soddisfare l’umana curiosità e la voglia di pettegolezzo. Il 2013 ha dato uno scossone alla condivisione di foto e video che possano raccontare, più di un paio di righe di testo, cosa facciamo, con chi e perché. Non a caso il 2014 sarà l’anno di Instagram e Vine: ve lo avevamo detto .
Quanto conta (ri)tornare alla privacy?
La realizzazione del paradosso più grande: andiamo su Facebook per condividere ma ci preoccupiamo di quello che abbiamo condiviso. Il pericolo maggiore è che sulla nostra bacheca compaiano link, foto e contenuti dove siamo taggati ma dove non vorremmo mai essere, vuoi per principio, vuoi per pudore (tranne che non siate tra i fan dei gattini). Facebook, nel 2013, ha costretto le persone a controllare ogni singola impostazione di privacy, portando molti a cancellarsi dal network o a bloccare persone per non lasciare che invadessero la propria bacheca. Una serie di problematiche a cui Twitter non va incontro, pur rimanendo una rete globale.
Tu pubblichi, loro ti controllano
Alzate la mano se non vi è capitato, almeno una volta, di vedere attivata la funzione di localizzazione su Facebook mentre state inviando un post. Una “casualità” che avviene spesso su Android dove, grazie all’ A-GPS, l’app riesce a capire dove siamo, individuando la posizione dall’intreccio delle celle telefoniche. Un paio di post geo-localizzati possono raccontare a chi non vogliamo (parenti, amici, datori di lavoro) dove ci troviamo e magari cosa stiamo facendo. Per questo non serve Facebook, basta Foursquare.
Tu NON pubblichi, loro ti controllano
Qualche giorno fa è saltata fuori la notizia che Facebook sia in grado di leggere anche quello che si è scritto ma poi cancellato . A rivelarlo è ancora una volta il team di sviluppo che, durante il mese di dicembre, ha pubblicato uno studio che spiega l’avvio di un nuovo strumento di raccolta dati, in grado di leggere le frasi digitate dagli utenti e poi rimosse, senza che siano state mai pubblicate. La missione è quella di “capire perché gli utenti si auto-censurano” in determinate circostanze e situazioni. Eppure esiste un social network dove potete dire tutto, senza paura di far male a nessuno: www.worldtruth.org .
Sei messo continuamente in discussione
Avrà senso scrivere questo?”, “Chissà se in quella foto sono venuto bene?”, “Cosa penserà mia madre di questo post?”. Queste sono alcune delle frasi che ci circolano in testa prima di premere invio e pubblicare qualcosa. Facebook, più degli altri social network, ci mette in discussione, praticamente sempre. Non possiamo nemmeno fare i furbi e cancellare un contenuto pubblicato in piena notte, da ubriachi, eccitati o stanchi. In poco meno di un minuto quel contenuto, se di rilevanza (nel bene e nel male), viene ripreso, catturato e ricondiviso. Un recente studio del Dipartimento di Scienze Comportamentali della Utah Valley University ha evidenziato come gli utenti che passano più tempo su Facebook non sono di certo le persone più felici al mondo. Di 400 studenti intervistati “coloro che hanno utilizzato di più il social network erano concordi con l’affermare che le vite degli altri fossero migliori, considerando meno bella la propria”. Un’iniezione di autostima può arrivare da CircleMe , il social network “delle passioni”.
Antonino Caffo

Sei riflessioni sui social media per il 2014

[Vanityfair.it 02/01/2013]
Quindi, il Capodanno è andato, la parola più odiata dell’anno l’abbiamo eletta  - lovvo, per chi se la fosse persa – e io, che sono in montagna praticamente sempre senza connessione, ho scoperto con sollievo di non soffrire di sindrome FOMO ma di riuscire perfettamente a sopravvivere con qualche ora online al giorno anziché 24. In una delle due ore di connessione giornaliere, condivido alcuni spunti di riflessione – non previsioni, ché a tanto non mi azzardo – sull’evoluzione dei social media e soprattutto del nostro rapporto con loro per l’anno che arriva. Se invece amate chi prova a guardare il futuro e le previsioni le fa davvero, leggetevi quelle di Isaac Asimov per il 2014, scritte nel 1964. Buoni propositi non ne faccio, ma fate conto che siano i soliti: la dieta, lo sport, le sigarette, eccetera. Ah sì: la scritta della foto sopra era di cioccolato, l’ho mangiata, per buon auspicio. E buon anno.
1 Condividere meno, condividere con pochi Ce lo ha detto Nathan Jurgenson, ce lo conferma la direzione presa dai maggiori social media, sempre più impegnati a tutelare la privacy e a offrire possibilità per inviare messaggi privati a cancellare e modificare i contenuti. E’ finita l’era dell’apertura a tutti i costi e dei contenuti pubblicati per sempre, inizia quella della condivisione mirata, quasi ad personam, ed effimera. C’è chi dice che a soffrirne sarà soprattutto Facebook, già abbandonato in massa dagli adolescenti; vedremo.
2 Crederci davvero Il 75% delle Pmi europee è su internet e il 30% sui social, ma l’Italia è sotto la media Ue con il 67% ad avere un sito internet e il 25% (contro il 30%) ad utilizzare Facebook, Twitter o Youtube. (Dati Eurostat per il 2013, relativi alle imprese che hanno almeno 10 dipendenti.) In tutti gli ambiti, il cambiamento deve iniziare dall’alto. Se i grandi capi per primi non adottano i nuovi strumenti di comunicazione nel loro lavoro quotidiano, perché dovrebbero farlo tutti gli altri? Per una volta, non è un problema italiano: quasi il 70% dei 500 amministratori delegati più potenti al mondo, selezionati da Fortune, non hanno alcuna presenza sui social media. Del 30% che sceglie di esserci, quasi tutti (28%) lo fanno solo attraverso LinkedIn.
3 Esserci davvero Il 2014 sarà l’anno in cui le aziende dovranno fare una scelta: o fuori, o dentro. E visto che fuori dal web non si può stare, poiché coincide e coinciderà sempre più con il flusso delle altre attività, dovranno imparare a starci bene. Quindi, a non usare i social network come vetrine, brochure promozionali, canali unidirezionali, ma imparare finalmente a conversare e a rispondere. La strada da fare è molta: secondo uno studio Nielsen già nel 2012 più della metà dei consumatori si aspettava un servizio di customer care efficiente per risolvere problemi e controversie online. Oracle ha scoperto che l’81% degli utenti su Twitter attendono una risposta alle loro lamentele nello stesso giorno. A fronte di queste aspettative, una ricerca di Blogmeter ci dice che in Italia il numero delle aziende che segue i clienti sui social network è esiguo: il 2,4% di queste fornisce assistenza via Facebook e solo il 2% via Twitter. Secondo un altro studio di Sprout Social, nel 2013 le aziende hanno ricevuto in media il 175% in più di messaggi sui social rispetto al 2012. Il tasso di risposta ai messaggi, però,  è al di sotto del 20%, quindi 4 richieste su 5 restano a vagare nell’etere.
4 Tv, guardarla e non fidarsi. Poi commentare sui social
Secondo la VII Indagine di Demos-Coop “Gli Italiani e l’Informazione” per informarsi otto italiani su dieci scelgono ancora la televisione, anche se non si fidano più. Forse anche per questo cresce il numero di chi chi cerca notizie in Rete, percepita come libera e indipendente. La percentuale di chi usa Internet per informarsi è passata dal 31,7% del 2005 al 47,9% di oggi; la radio tiene ancora (39,5%), la carta stampata è cresciuta soltanto dello 0,1 per cento rispetto al 2012 (ferma al 25,4%). Va detto anche che la tv beneficia e beneficerà probabilmente sempre di più del fenomeno Social Tv.
5 Social, sempre più mobile A livello mondiale, il 60% circa di coloro che frequentano i social media lo fanno perlopiù in mobilità, su smartphone e tablet. Questo per dire che mentre da noi ci si balocca ancora con il dubbio amletico del Digital First, oltreoceano stanno già pensando – e da un po’ – al Mobile First.
6 Lavoro: se c’è, si trova online Tutti gli indicatori lo confermano: se volete trovare o cambiare lavoro, mettete mano ai vostri profili online e curate l’immagine che un selezionatore un po’ sgamato può ricomporre seguendo le tracce che lasciate sul web. Imparate a usare bene i social media come strumenti di comunicazione, non solo per pazzeggio, perché chi vi potrebbe assumere inizia a dare le competenze social per scontate. Ah, e non mentite: troppo facile scoprirvi. Altri suggerimenti qui.
Barbara Sgarzi