lunedì 31 maggio 2010

Raccolta delle migliori risorse didattiche dal WEB

[Maestro Roberto 31/05/2010]

Best of web 1

Condivido questi 3 slideshow che recensiscono una serie di programmi ed applicazioni in versione web 2.0, particolarmente adatti per un utilizzo didattico.
I vari programmi sono corredati di link al sito per l'uso più immediato

Best of the Web V. II

Best of the Web V. III


giovedì 27 maggio 2010

USA, la reputazione non è abbandonata alla rete

[Punto Informatico 27/05/2010]

Una ricerca a stelle e strisce sottolinea come la fascia d'età tra i 18 e i 29 anni sia decisamente più accorta nella gestione dell'identità connessa. A partire dalla fiducia concessa con parsimonia per finire con ripetute rimozioni di contenuti

Roma - Significative percentuali, a disegnare uno scenario statistico che potrebbe confutare una delle più comuni credenze del popolo online. Ad introdurle, l'analista statunitense Mary Madden, alla guida di una recente ricerca del Pew Internet & American Life Project, uno studio intitolato Reputation Management and Social Media, che ha esplorato le varie modalità con cui gli abitanti della Rete gestiscono la propria identità connessa.

Coloro che hanno più volte visto i giovani come sprovveduti - nonché particolarmente inclini alla bella mostra della propria identità online - dovranno ricredersi. Secondo i dati pubblicati dagli analisti a stelle e strisce, il 71 per cento dei cosiddetti giovani adulti (18-29 anni) ha apportato serie modifiche alle impostazioni sulla privacy interne ai vari social network.

Una percentuale non riscontrabile in altri gruppi anagrafici, almeno all'interno del campione di più di 2mila utenti maggiorenni scelto dall'istituto Pew Internet. I giovani adulti hanno dunque mostrato particolare accortezza nella gestione della propria identità online, scegliendo di rimuovere commenti sgraditi o tag d'identificazione collegabili a fotografie poco opportune.
Ad esempio, il 44 per cento degli utenti tra 18 e 29 anni ha dichiarato di aver fortemente limitato il numero di informazioni personali pubblicate online. Una percentuale che scende di ben 11 punti relativamente alla categoria degli adulti, ovvero tra 30 e 49 anni. Differenze rilevate anche nel livello generale di fiducia nei confronti degli attuali tool social. Il 28 per cento dei giovani adulti ha infatti dichiarato di non fidarsi in alcun modo di piattaforme come Facebook e LinkedIn.

Anche se presi nel loro complesso, gli utenti della Rete hanno dimostrato di conoscere bene la situazione generale della propria identità online. Grazie a sondaggi a mezzo motore di ricerca sui dati personali compiuti da un numero sempre maggiore di utenti, lo studio ha evidenziato che quasi la metà del campione è consapevole della presenza online di informazioni e fotografie che possano interessare i datori di lavoro e fotografie, ovviamente diffuse attraverso i vari social network.

Ma sembrano appunto i più giovani a fare effettivamente qualcosa per limitare questa diffusione a mezzo web delle informazioni personali. "Contrariamente a quanto si crede - ha spiegato Mary Madden - i giovani non hanno un atteggiamento lassista e incurante nei confronti della loro reputazione online. Anzi, sono decisamente più attenti degli adulti quando si tratta di gestire con cura la propria identità su Internet".

Mauro Vecchio

lunedì 24 maggio 2010

Togetherville, il social network protetto per baby internauti

[Mamme nella rete 24/05/2010] È online una nuova piattaforma di condivisione per piccini. Si tratta di Togetherville, un social network pensato per utenti da 0 a 10 anni, per ora in versione beta e solo in lingua inglese. Un progetto a misura di bambino, pensato per tutelare i naviganti più esposti ai pericoli della Rete.

Il problema sicurezza, per quanto riguarda i baby internauti è notoriamente un tema molto sentito. Vi abbiamo spesso raccontato di tutte le iniziative intraprese per rendere la Rete, o almeno parte di essa, il più sicura possibile per i più indifesi, prima tra tutte la stesura di un decalogo ad hoc da parte del Moige.

Togetherville sembra pensato per rispondere proprio a tali esigenze. L’interfaccia utente si presta su tutta la linea per una navigazione a quattro mani genitore-bambino e la scelta grafica del sito ne è la prima dimostrazione. L’adulto può connettersi al social network tramite il proprio account Facebook e, una volta registratosi, è in grado di approvare o disapprovare tutte le potenziali amicizie in Rete del proprio piccolo.

Su Togetherville non è consentita la condivisione di link esterni ma è possibile giocare, scambiarsi messaggi testuali (depurati da parole offensive grazie a un filtro apposito) e creare biglietti d’auguri. Un ottimo modo, dunque, per iniziare i piccoli alla Rete, in generale, e ai social network, in particolare, in modo sicuro e graduale.

sabato 22 maggio 2010

Web 2.0 e creatività giovanile Così impresa e cultura "volano"

[L'Unità 22/05/2010]
Dopo l'assedio creativo al castello di Casale Monferrato lo scorso anno, in occasione della sua inaugurazione ( e di cui s'è trattato a suo tempo: LEGGI L'ARTICOLO ), quell'esperienza ha lasciato un segno di continuità. E' sorto un progetto formativo su marketing territoriale, performing media e social networking inscritto nel Piano Locali Giovani-PLG promosso dal Dipartimento della Gioventù - Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Comune di Casale Monferrato – Assessorato alla Gioventù, in collaborazione con l’Anci - Associazione Nazionale Comuni Italiani e la Rete Iter. Si tratta di un Performing Media Lab che coniuga la creatività giovanile nell’era del web 2.0 con un'attività formativa funzionale allo sviluppo di project-work (progetti di narrazione del territorio e prototipi di comunicazione pubblica interattiva) in collaborazione con l'Alta Scuola di Imprenditoria Giovanile promossa dall'associazione ARGO e nello sviluppo di un social network connesso a un geoblog ( www.geoblog.it/monferrato ) in cui mappare le realtà rilevate dal lavoro d'indagine, secondo l'impronta del marketing territoriale.

Il 29 maggio 2010 il Performing Media Lab si concluderà con un evento finale nel Castello di Casale Monferrato centrato su una tavola rotonda (ore 16) sul “Performing Media per l'Innovazione territoriale” in cui si tratterà delle diverse modalità di comunicazione multimediale tese alla valorizzazione delle dinamiche partecipative, come i blog di quartiere promossi da Pari-Go Onlus-Ars Media, le attività sui social media promosse da Libera, le pratiche open source e le azioni radioguidate di Koinè e Collettivo Teatrale.
Un appuntamento preliminare sarà quello del 25 maggio alla Cascina Caccia, bene confiscato alle mafie, allocato nel Comune di S.Sebastiano Po, dove si svolgerà, in collaborazione con Acmos e Libera Piemonte, un seminario sulle pratiche ludico-partecipative dell'educazione alla legalità, integrato ad un laboratorio sui diversi format di performing media per la creatività sociale delle reti, come l'instant blog via twitter.

Questa giornata sarà seguita in diretta radiofonica da Radio Gold e anticipata da un “radio raid” che vedrà il percorso verso Cascina Caccia (da diversi punti: Casale Monferrato, Alessandria e Torino) scandito da una trasmissione animata dai partecipanti via mobile e ascoltata via autoradio mentre scorrerà dai finestrini il paesaggio del Monferrato. Performing media è una progettazione che non riguarda più solo la sperimentazione dei nuovi linguaggi ma la progettazione di eventi e piattaforme cross-media per l’interazione tra le reti e il territorio. L’attività di ricerca è rivolta non solo al sistema dei media ma alle peculiarità dei territori, con tutte le loro valenze, sia tradizionali sia d’innovazione. Si tratta di progettare un uso sociale e creativo delle reti attraverso un particolare approccio di marketing strategico, la cosiddetta Innovazione Territoriale, innervato alle soluzioni più evolute dell'Interaction Design e del web 2.0.
Un cantiere aperto di nuova progettazione teso ad attuare nuovi format di comunicazione pubblica interattiva come il social network, il geoblog, il mobtagging (l'uso di codici digitali che trasmettono link e testi ai cellulari), bluetoothing, l’interaction design urbano (ambientazioni multimediali di public art) e il digital story-telling, per narrare il territorio attraverso proiezioni multimediali.

Carlo Infante

Guarda come pensi

[IlSole24Ore 22/05/2010]Stefan Balázs sostienesulla rivista telematica tedesca Telepolis che il web 2.0 marchi il ritorno alla linearità: blog, twitter o facebook rilancerebbero un'organizzazione dei contenuti vicina a quella dei “vecchi” media, come il libro, la radio o il film, incanalando la complessità e la dispersività delle narrazioni ipertestuali. Certo non si torna indietro, nulla vieta di riprendere a surfare saltabeccando da un link all'altro: ma questi formati introdurrebbero almeno una parvenza rassicurante di ordine ai fili comunque sempre più frammentati del pensiero.
A ricucire questi ultimi ci provano a un altro livello alcuni progetti web, raccogliendo la sfida di articolare in un quadro di insieme i singoli pezzi di informazione più pregnanti relativi a questioni controverse emergenti nella discussione pubblica. Che si tratti di aborto, intelligenza artificiale, porto d'armi, si evidenziano gli argomenti a favore e quelli contrari, così da favorire la formazione di opinioni informate e articolate. Ve ne sono diversi, eccone due esempi: Opposingviews contrappone l'opinione di esperti, proponendosi presto di allargare la partecipazione ai fruitori; più ambizioso e complesso è Debategraph che organizza gli argomenti in mappe concettuali dinamiche, aperte al contributo pubblico come un wiki.
Chiara Somajni

venerdì 21 maggio 2010

Facebook, l'amico-nemico "Troppi dati, disastro privacy"

[La Repubblica 21/05/2010] NEW YORK - "Avete presente Ulisse? Sì, Ulisse e le sirene. Beh, il nostro rapporto con Facebook è quello là: vogliamo starci vicino vicino ma senza esserne catturati. E come si fa?". Già, come si fa. Alessandro Acquisti sono vent'anni che dall'Italia agli Usa studia le regole dell'attrazione dei social network. E adesso, professore alla Carnegie Mellon, l'Università di Pittsburgh, ha lanciato negli Usa l'allarme privacy & web finito sul New York Times: non bisogna essere degli hacker per risalire attraverso i social network a tutti i nostri dati sensibili, basta miscelare le informazioni disponibili in un grande calcolatore.

Ulisse per godere del canto delle sirene senza lasciarsi portar via dal mare si fece legare al palo della nave. Possiamo sperare in qualche soluzione più pratica?
"La prima regola che consiglio ai miei studenti è una vecchia legge della privacy. Quando state per mettere una qualsiasi informazione online immaginate che un bel giorno possa finire sulla prima pagina del Times o di Repubblica: siete disposti ad accettarlo?".

Scusi ma così non andiamo da nessuna parte: il successo di Facebook nasce proprio dallo scambio di informazioni. O no?
"Il suo successo ha due spiegazioni principali. Punto primo: a differenza degli altri social network, che pure erano nati prima, come MySpace, Facebook ha sempre continuato a creare nuove applicazioni, a offrire nuovi modi alla gente di spedere tempo sulla piattaforma, prima l'instant messaging, poi i giochini, poi l'uso delle foto, al punto che oggi è diventato il depositario più grande al mondo di immagini fotografiche".

Punto secondo?
"Quel capolavoro strategico che per la privacy è un disastro. Facebook nasce come un gioco da college, all'inizio potevi entrare nella comunità solo se avevi una mail con la sigla edu, quella delle università, poi ha cominciato ad aprirsi alle scuole superiori, poi alle società, poi ai regional networks, infine a tutti i maggiori di 13 anni. Ma già nello studio che avevamo condotto cinque anni fa, agli inizi del fenomeno, veniva fuori questa caratteristica principale: proprio per la sua natura ristretta, la maggioranza degli utenti si identificava col proprio nome e cognome. Una rivoluzione per il web, dove fino ad allora la maggioranza circolava con i nickname, i nomi immaginari".

Risultato?
"Con il tuo nome e cognome su Facebook ritrovi il tuo compagno di scuola di 25 anni fa. Ma con il tuo nome e cognome i rischi per la privacy sono ovviamente moltiplicati".

Sempre più gente, scrive il New York Times, proprio per questo è in fuga. La ragazzina cresciuta sul social network si accorge che magari quella simpatica foto in cui mezzanuda fa la gara di birra è finita nella documentazione del suo colloquio di lavoro.
"La fuga c'è ma i numeri non ci sono. Ho ricevuto una mail che mi invita a partecipare al primo Exit Facebook Day: il 31 maggio, tra dieci giorni. Ma gli stessi organizzatori riconoscono ironicamente di essere neppure lo 0,001 per cento degli iscritti. Che ormai viaggiano verso il mezzo miliardo".

Facebook for ever?

"Forse solo la saturazione del mercato potrebbe provocare uno stop. O una restrizione sulla privacy per legge. Ma la storia ci insegna due cose. Che tramontato un social network ne spunta un altro. E che Facebook ha dimostrato un'incredibile capacità di rigenerarsi".

Oggi per esempio è lo stesso fondatore, Mark Zuckerberg, che dice a Time di avere innalzato i livelli di privacy. E qui torniamo a Ulisse e le sirene. Sappiamo tutti i rischi, eppure siamo tutti sui social network. Perché?
"Ci sono almeno due risposte. La prima è economica: non avere un profilo su Facebook oggi è come non avere il cellulare, ti taglia fuori dalla società, quindi il costo della privacy è cresciuto, sì, ma ripagato dall'opportunità. La seconda è psicologica: gli scienziati parlano di foot on the door, piede nella porta, ed è quel meccanismo per cui quando oltrepassi una soglia lo fai a poco poco, e così anche il cedimento sulla privacy avviene gradualmente, prima mi fido della mail, poi dei pagamenti online, poi faccio tutto con l'iPhone e finisce che in breve tutta la mia vita senza che me ne sia accorto è finita online, col social network in testa".

Un signore, Clark Harris, proprio questo mese ha lanciato uno strano esperimento: trenta giorni di comunicazione solo su Facebook e Twitter. Non uno scambio verbale, neppure con la moglie, e in fondo uno può trovarci anche dei vantaggi...
"C'è poco da meravigliarsi: certo che è possibile. Dovremmo anzi stupirci del contrario: perché tra quarant'anni rischiamo di comunicare quasi tutti così".
ANGELO AQUARO

Imparare l'italiano con la piattaforma radio web 2.0 di Spreaker

[Informazione.it 21/05/2010] Bologna, 21/05/2010 (informazione.it - comunicati stampa) Internet e il mondo ICT sono a tutti gli effetti strumenti efficaci per lo sviluppo di nuove conoscenze e per l'accrescimento dei propri interessi e abilità. Da qualche tempo anche nell'ambito della formazione e dell'istruzione internet sta facendo il suo timido ingresso come supporto per l'apprendimento. In questo articolo vi racconto la storia di Francesco Tarozzi, insegnante di lingua italiana presso la Scuola italiana Vittorio Montiglio di Santiago del Cile. Francesco si è inventato un nuovo modo per coinvolgere gli alunni e favorire l'apprendimento della lingua italiana. Ha proposto ai suoi studenti di realizzare degli show radiofonici in italiano, grazie alle funzionalità e agli strumenti messi a disposizione da Spreaker, la piattaforma radio web 2.0 che permette a chiunque di creare gratuitamente programmi radiofonici. “Noi insegnanti siamo sempre alla ricerca di strategie nuove per rendere il nostro lavoro il più accattivante possibile sia per gli alunni, sia per noi. Con questo strumento potremmo aver trovato una nuova miniera di idee" afferma Francesco.

Spreaker infatti è uno strumento vicino alle abitudini e allo stile di vita dei ragazzi perché integra musica, radio e internet. “Durante le ore di lezione, abbiamo prima scritto i testi e poi abbiamo registrato le puntate” commenta il professore. Gli show che i ragazzi, tutti tra i 14 e i 15 anni, hanno realizzato parlano di musica, presentano rubriche, raccontano i fatti di ogni giorno, con lo stile incalzante dei veri addetti ai lavori. Tra i più divertenti Radio Geisha, RadiOnfire, RadioMondo, PocketHit, Radio Italica.

Ci auguriamo che questa non rimanga un'esperienza isolata.

I nonni alla scuola di web "chiedono di usare Facebook"

[La Repubblica 21/05/2010] GOOGLE era appena nato, YouTube non esisteva e l'inventore di Facebook era poco più che un bambino: mentre nel Duemila i giganti della rete dovevano ancora muovere i primi passi, a Milano l'Internet Saloon 1 già insegnava agli over 50 quanto web e informatica fossero importanti. La scuola per i "nonni" che vogliono imparare a usare il computer ha appena compiuto dieci anni e il suo successo non accenna a rallentare: ultimo in ordine di tempo è il boom di richieste per i corsi di Facebook. A differenza di quel che si crede, Il social network non è un passatempo per studenti ma sta avvicinando a internet anche i "diversamente giovani".

Il boom del web 2.0 è solo l'ultimo dei fenomeni vissuti dal Saloon che, da esperienza solo milanese, si è sviluppato fino ad arrivare alle attuali sette sedi: da Sondrio a Pavia fino alle ultime nate di Catania, Napoli, Bari e Ancona. "Doveva essere un esperimento o una provocazione, ma Internet Saloon è diventata esperienza consolidata, con le caratteristiche di un vero servizio sociale - spiega Pier Giuseppe Torrani, Presidente Aim - rivolto ad una componente meno attrezzata verso le nuove tecnologie come quella avanti con gli anni".

Informazioni sulla salute, possibilità di comunicare con altri e di ricevere i servizi della pubblica amministrazione: queste le necessità che chi è avanti con gli anni chiede al proprio computer. La connessione a internet diventa così un servizio chiave, indispensabile per sconfiggere la solitudine ma anche per prendersi qualche bella soddisfazione. Sempre più anziani imparano infatti a pubblicare i loro racconti sui blog o scoprono come ricevere le foto di laurea dei nipoti andati all'estero.

Il navigatore senior resta ancora una figura pionieristica in Italia (tra gli ultra sessantenni meno del 10% usa il web), ma il profilo che emerge dall'Internet Saloon riserva qualche sorpresa: quasi sei studenti su dieci sono signore, mentre la fascia di età più rappresentata è quella dai 60 ai 69 anni, in gran parte pensionati. Non è poi raro che lo studente frequenti i corsi a insaputa dei parenti, visto che "Figli, nipoti e coniugi sono degli insegnanti pessimi" scherza Luisa Toeschi, direttore dell'Aim.

Nelle sue varie sedi il Saloon ha formato a oggi quasi 45 mila corsisti e oltre 50 mila sono invece gli "studenti" passati dalle palestre informatiche, postazioni multimediali in cui esercitarsi senza seguire un corso. La dimensione raggiunta dalla rete è tale da poter permettere la frequenza a circa 10 mila nuovi corsisti ogni anno. Il progetto è nato per iniziativa dell'associazione culturale Aim con il supporto di importanti partner del settore delle comunicazioni e del credito come Hp, Microsoft, Telecom Italia e il Credito Valtellinese.

La sfida per il futuro è quella di continuare a seguire l'evoluzione del web. "Tra dieci anni internet sarà sicuramente diverso da qualunque cosa possiamo oggi immaginare - spiega Roberto Dadda, responsabile scientifico dell'Aim - e dieci anni fa nessuno avrebbe pensato all'internet di oggi". Dispositivi touchscreen, connessioni mobile e tutto il cosiddetto "internet delle cose" sono fenomeni in piena esplosione che rischiano però di lasciare indietro i meno giovani. Proprio per questo, mentre il web continua a crescere, le iscrizioni sono aperte: non è mai troppo tardi per imparare.
MAURO MUNAFO'

Facebook, l'amico-nemico le guerre del social network

[La Repubblica 21/05/2010] WASHINGTON - Ha un volto, anzi, una face, allegro e accattivante il possibile, nuovo “Grande Fratello” orwelliano, ma in molti cominciano a intravedere un ghigno dietro il sorriso innocente e vogliono dichiarargli guerra. Che si tratti di paranoia da complottisti incurabili, di invidia, di semplice effetto collaterale del mostruoso successo di Mark Zuckeberg l’i nventore, il risultato è ormai sotto il miliardo di occhi che nel mondo la guardano: Facebook, la rete sociale che raccoglie almeno 500 milioni di amici virtuali attraverso il pianeta per scambiarsi, tenere foto di neonati, meno tenere immagini di sé ignudi, messaggi di propaganda politica e sempre più commerciali, è in guerra.

È in guerra con sé stessa, con gli utenti agitati dall'invasione massiccia e crescente della loro privacy, con qualche governo suscettibile, come quello pachistano che ora l'ha bloccata per le immancabili "vignette blasfeme" contro il Profeta, con l'universo dei tecchies, dei grandi smanettatori di Internet sui loro blog frementi e ora pure con Hollywood, che sta finendo di produrre il primo kolossal di denuncia e di critica su Facebook: si chiamerà appunto Social Network, ma senza lieto fine. Dal "grande amico di tastiera", qual era ancora cinque anni or sono quando partì il boom, rischia di trasformarsi nella nuova edizione del Big Brother orwelliano.

Il clima giocoso e innocente da scampagnata su banda larga e da riunione fra i diplomati del liceo classe 1990 sta lentamente intossicandosi in un'atmosfera di sospetto reciproco e collettivo, nel dubbio che quell'entusiastica cessione dei particolari privati della propria vita sia il cavallo di Troia attraverso il quale gli "apostoli" della rete sociale invadano l'esistenza dei cosiddetti "amici" per venderli al miglior offerente. Non amici, ma merce di scambio. Facebook, dietro la faccia, è un'impresa commerciale a fini di lucro, di molto lucro, che ha già attirato sostanziosi investimenti anche dai russi, che hanno pagato 200 milioni di dollari per acquistare l'1,9 per cento della società, dopo che Microsoft, il "grande fratello" dei computer d'altri tempi, aveva già staccato un assegno per 240 milioni. Le stime di reddito per l'anno in corso, ancora anno "di crisi", arrivano a un miliardo e mezzo di dollari, mentre il valore complessivo di mercato, quando nel 2011 Zuckerberg la dovrebbe portare a Wall Street, arrivano al totale siderale di 15 miliardi.

Se si leggono gli articoli sui grandi media di carta, anche facendo la tara all'invidia che le testate tradizionali boccheggiati provano per questi nuove onnivore creature, come il New York Times e il Wall Street Journal, ma anche su blog e sulle riviste specializzate nelle nuove tecnologie come PCWorld o sul sito Cnet, si ha l'impressione che Zuckerberg, lo studente di Harvard che inventò il concetto del social network per spezzare la noia mortifera e la solitudine dei dormitori universitari si stia "morfizzando" nella reincarnazione del grande nemico degli anni '80 e '90, Bill Gates. Personaggio non gradevolissimo, e lontano le mille miglia dalla astuta mistica "zen" di Steve Jobs o dalla leggenda di Brin e Page, i due studenti che crearono Google, Zuckerberg è descritto nella biografia non autorizzata e invano aggredita dagli apostoli di Facebook, che ha formato il copione del film in produzione, come un avido, egocentrico, insaziabile affarista teso a sfruttare fino all'ultimo dettaglio il successo della sua creature. Un profilo che si potrebbe facilmente applicare a dozzine di Ceo, di presidenti proprietari di molte aziende di successo, non noti per il loro fraterno ecumenismo. Il motto americano secondo il quale "nice guys finish last", le persone gentili arrivano ultime, non è mai passato di moda.

Ma ai frequentatori e ai fedeli, poco importa, o importava, se il patron della loro chiesa fosse un egolatra antipatico o un piacevole mattacchione. Interessava che Facebook offrisse, al più oscuro adolescente foruncoloso in una roulotte nel Nebraska ai leader politici come Hillary Clinton o Silvio Berlusconi approdato anche lui - almeno in nome - sul libro delle facce, la vertigine della comunicazione e del rapporto con il resto del mondo fisicamente irraggiungibile. Molti, se non tutti, erano disposti a pagare il prezzo di questa rottura dall'assedio dell'isolamento o dalla fatica della comunicazione tradizionale, con quale cessione di riservatezza, sedotti dall'ovvio elemento di esibizionismo e di protagonismo (le migliaia di "amici" che mi cercano) che offriva. Ma è il prezzo che comincia a diventare troppo alto. A pretendere una resa sempre più totale della propria identità, della propria vita, della propria privacy e in un mondo impalpabile, come Internet, ma dotato di una memoria totale.

Nulla sarà mai davvero dimenticato o cancellato, in Rete, non la spiritosa foto dell'orgetta per l'addio al celibato, non la frase audace diretta all'amico di banda larga in India o a Malta. È nato anche l'inevitabile acronimo, vizio americano, il TMI, che sta per "Too Much Information" e su questo eccesso è scoppiata la guerra di Facebook. Pretende troppi dettagli, troppe notizie private, troppe informazioni in cambio della vertigine dell'"amicizia" e della "comunicazione", ha scritto uno dei quotidiani che vegliano sul mondo di chips e bytes, il californiano San Josè Mercury. Troppo ficcanaso questo libro dei volti, dove la sonda scava sempre più in profondità nell'iscritto per mettere sempre meglio a fuoco il cliente, le sue abitudini, i suoi gusti e dunque venderlo a un maggior profitto ai commercianti che vogliono mirare con precisione il proprio messaggio, anziché buttarlo a pioggia. Facebook è un "work in progress", un meccanismo, un programma che evolve ogni giorno e che fa dei propri "amici" di fatto le cavie sulle quali sperimentare i continui cambiamenti, per vedere quali funzionino e quali vadano abbandonati. Tutti sono insieme partecipanti e porcellini d'India, nel più grande laboratorio del mondo.

Quando ha introdotto in questi giorni un nuovo gimmick, chiamato "personalizzazione istantanea" al momento di iscriversi, organizzazioni politicamente influenti come MoveOn, che tanta parte ebbe nel mobilitare gli elettori per Obama nel 2008, e singoli commentatori da Silicon Valley sono scattati in piedi, accusandola di "subdolo attacco alla privacy", dietro le carinerie superficiali e le vanità dei fedeli. La controffensiva di Facebook, dopo alcune repliche stizzite e molto nel carattere del fondatore a chi osava criticare il nuovo Moloch di Internet, si è manifestata nella promessa di rendere più facile la difesa della privacy per gli iscritti e nello sfornare una nuova, gigantesca edizione della propria "politica della riservatezza", che ha raggiunto quest'anno le 5830 parole, 23 pagine, più della Costituzione americana. Promesse abbondano, ora, perché l'armata di Zuckerberg ha paura, sa che questa di passare dal campo dei "buoni", a quello dei "cattivi" è una minaccia seria per la propria chiesa.

Ad ascoltare i portavoce e gli addetti alle pubbliche relazioni di Facebook, che sono moltissimi, forse in proporzione diretta agli attacchi, questa "guerra" è una pura invenzione dei media e del bloggers e degli invidiosi, alla ricerca di qualche incrinatura nella corazza e certamente i casi shock come quelli dell'insegnante inglese Emma Jones, suicida dopo avere scoperto vecchie foto di lei completamente nuda messe in rete dall'ex fidanzato, sono tragedie rare e troppo aneddottiche per tirarne generalizzazioni. Ma il conflitto fra la caccia a sempre maggiori informazioni personali da sfruttare commercialmente e il timore di denudare la propria anima, prima ancora che il proprio corpo, davanti a un miliardi di occhi è inevitabile. Sono nati già almeno tre siti che offrono programmi semplici per limitare l'invadenza di Facebook, ma il vero motore che muove questo nuovo impero sarà difficile da bloccare, perché non è l'ingordigia di Mark o l'invadenza del Grande Fratelli. Sono coloro che si offrono al rischio e misurano il proprio valore dal numero di "amici" che riescono a reclutare. E non esiste un programma di computer che possa proteggere gli uomini da loro stessi.
VITTORIO ZUCCONI

giovedì 20 maggio 2010

Addio atlanti, c'è Google Benvenuti nella scuola 2.0

[La Repubblica 20/05/2010] SONO lontani i tempi in cui per studiare materie come la storia e la geografia i ragazzi avevano a disposizione soltanto ponderosi manuali, con molto testo e poche immagini, e ingombranti atlanti che non entravano nello zaino. Oggi le nuove tecnologie hanno rivoluzionato le modalità di apprendimento e si comincia fin da piccoli a familiarizzare con i linguaggi informatici. Anzi: gli alunni delle scuole primarie, ormai da qualche anno a questa parte, sono "nativi digitali", vivono cioè immersi in ambienti ultratecnologici e hanno un'ottima padronanza dei gadget elettronici, spesso superiore a quella dei loro genitori. In alcuni casi anche dei loro insegnanti.

Facendo leva su questa innata predisposizione dei ragazzi nel mondo fioriscono iniziative per valorizzare il ruolo delle nuove tecnologie nell'apprendimento: gli Stati Uniti, il Giappone e l'India sono in prima fila. Al ForumPA in corso a Roma è di scena la "Scuola 2.0" grazie a un progetto italiano realizzato dalla Global Base, azienda partner di Google, presso l'istituto comprensivo Riva 2 "Luigi Pizzini" di Riva del Garda. "Un'iniziativa - spiega Massimo Nicolodi, referente del progetto per la Global Base - volta a creare una sinergia positiva tra docenti e studenti utilizzando tutte le nuove tecniche del web 2.0 e fungendo da stimolo creativo nell'usare la tecnologia in ambiente Google". Il settore education del colosso di Mountain View offre infatti un'ampia gamma di Apps & Maps - gratuite e senza pubblicità - con cui costruire percorsi didattici ad hoc nel solco dei social network.

Nello specifico i ragazzi della scuola primaria "Gianfranco Fedrigoni" di Varone hanno studiato il centro storico di Riva del Garda ricreando in classe un tour virtuale e interattivo utilizzando le mappe di Google Earth. Un lavoro articolato in più fasi in cui le rilevazioni gps, le foto scattate e i materiali audio/video raccolti da loro durante le uscite "sul campo" sono stati pubblicati su un blog online, punto di partenza per una condivisione dei contenuti a livello più ampio, come nel caso di gemellaggi con scuole di altre città. Un progetto glocal realizzato con il supporto dell'Iprase (Istituto Provinciale per la Ricerca e la Sperimentazione Educativi) Trentino e la facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Padova: di notevole interesse locale ma inserito in un contesto globale come il web.

Le potenzialità delle nuove tecnologie applicate alla scuola sono davvero tante, come sottolinea Nicolodi: "Un aspetto centrale è rappresentato dall'interattività e dalla competizione virtuosa che si genera tra alunni e insegnanti che lavorano fianco a fianco per raggiungere un obiettivo comune". Senza contare che le Apps della suite sono strumenti personalizzabili e favoriscono la comunicazione interna (posta elettronica, calendari condivisi, chat video integrati) e la collaborazione a livello globale (studenti e docenti possono condividere documenti online, ovunque e in qualsiasi momento). La sicurezza, poi, è garantita da adeguati filtri e livelli di protezione.

Le Maps e Google Earth rappresentano dei veri e propri "atlanti 2.0" interattivi, innovati in tempo reale e ricchi d'informazioni: una sorta di navigatori satellitari potenziati, con cui si può anche viaggiare indietro nel tempo. Navigazione in 3D, tour multimediali e immagini storiche dal mondo rappresentano un plus per gli studenti, che possono fare viaggi virtuali nei paesi oggetti di studio e trovare informazioni "georeferenziate", ma anche per gli insegnanti nel pianificare le gite scolastiche e creare modelli in 3D personalizzati. In definitiva queste mappe rappresentano uno strumento didattico "trasversale" che può essere utilizzato come supporto all'insegnamento di diverse materie - quali letteratura, storia e lingue - catturando l'attenzione dei ragazzi, che possono sentirsi protagonisti dell'azione.
MANUEL MASSIMO

martedì 18 maggio 2010

Facebook sotto assedio "Cancelliamoci tutti"

[La Repubblica 17/05/2010] LA QUESTIONE privacy investe Facebook e non può essere più ignorata. In seguito alle critiche che piovono da tutti i lati, la società ha convocato un summit dei suoi vertici, come si conviene quando c'è uno stato conclamato di crisi. Il social network è ormai spalle al muro, soprattutto dopo l'intervento dei garanti per la privacy europei. E tra gli utenti cresce il fronte di chi valuta se abbandonare il sito giudicato poco rispettoso dei loro dati personali.

Neanche in questo clima, però, Facebook rinuncia al suo stile tipico: la riunione è stata a porte chiuse. La società non ha fatto sapere nulla di quello che è stato detto o deciso, se non che è stata una "discussione proficua". La sola azione annunciata ieri riguarda più la sicurezza del network che la privacy in senso stretto: ha aggiunto funzioni per contrastare il fenomeno dei ladri di informazioni personali, quelli che riescono a collegarsi agli account altrui.

Le polemiche che hanno colpito il network sono ben altre, però, e riguardano il modo con cui esso stesso gestisce i dati personali dei suoi 400 milioni di utenti. L'ultima è per il servizio nato a fine aprile, l'instant personalization 1. Fa sì che siti partner di Facebook possono sfruttare le informazioni personali che l'utente ha pubblicato sul network (nome, sesso, connessioni con altre persone o gruppi). Quando un utente di Facebook va su un sito partner troverà una pagina personalizzata in base ai suoi dati, per esempio con consigli basati sui suoi gusti musicali o su quelli dei suoi amici. L'utente può evitare questa personalizzazione? Sì, ma soltanto se si prende la briga di modificare un'opzione sul proprio profilo di Facebook.

Una novità "inaccettabile" scrive il Working Party, formato da tutti i garanti della privacy europei, in una lettera inviata al social network 2. Poco tempo fa i garanti avevano puntato il dito 3, in modo analogo, contro Google riguardo al servizio Buzz. In quel caso, l'azienda di Mountain View che ha risposto riconoscendo l'errore. Chissà se anche Facebook si dimostrerà accondiscendente.

Nel frattempo, il social network subisce pressioni anche in madrepatria: un gruppo di senatori Usa gli ha chiesto di essere più trasparente sul modo con cui gestisce i dati personali. Le critiche sono un coro a più voci, anche gli esperti di privacy ci si mettono: l'associazione storica del web Eff ha pubblicato una timeline 4 con il progressivo peggioramento del rapporto tra Facebook e privacy. L'esperto Matt McKeon l'ha messa in bella grafica 5 mostrando come Facebook, dagli inizi ad oggi, ha esposto sempre più informazioni personali degli iscritti.

Lo scopo del network è ovviamente quello di massimizzare lo sfruttamento marketing e pubblicitario dei dati. Né hanno giovato, alla sua fama, sparate come quella del 25enne fondatore Mark Zuckerberg, che ha detto in pubblico 6 "la privacy è un concetto vecchio, superato". Qualcosa di cui gli utenti non si curerebbero più, impazienti come sono di condividere e comunicare. Un calcolo sbagliato, forse, da cui potrebbe cominciare il declino del network a favore di un concorrente più rispettoso delle informazioni personali. L'ha chiesto a gran voce Ryan Singel dalle colonne di Wired 7 ed è una possibilità che comincia a diventare reale. Quattro ragazzi sono riusciti in pochi giorni a raccogliere 120 mila dollari per il progetto Diaspora 8: un social network "open", che nascerà a settembre e che a differenza di Facebook darà agli utenti pieno e trasparente controllo sui propri dati personali.

Pressato da esperti e autorità di tutto il mondo da una parte, minacciato da alternative open dall'altra, Facebook potrebbe decidere di cambiare strada, dovendo però così anche rivedere i propri piani di remunerazione. Nel frattempo, però, c'è anche chi pensa di andarsene: un gruppo di scontenti ha individuato nel 31 maggio il giorno in cui ci si dovrebbe cancellare in massa da Facebook, il Quit Facebook Day 9. In migliaia si sono impegnati a fare questo passo.
ALESSANDRO LONGO

lunedì 17 maggio 2010

Furto di identità, arriva l'assicurazione per proteggersi

[IlSole24Ore 16/05/2010] Con l'evoluzione digitale, trainata dallo sviluppo del Web 2.0, si sta assistendo ad una crescita del fenomeno del furto d'identità, inteso come appropriazione indebita di informazioni personali di un soggetto con lo scopo di commettere in suo nome atti illeciti a fini di guadagno personale.
L'apertura alla rete, l'uso massiccio della posta elettronica, la diffusione delle transazioni telematiche e l'utilizzo crescente di social network e chat al fine di condividere informazioni, contenuti ed esperienze, ha infatti favorito e incrementato la circolazione di dati personali, rendendo i navigatori sempre più vulnerabili rispetto alla possibilità di essere vittima di questo pericolo, con conseguenti gravi danni economici e sociali.
Dal rapporto 2010 dell'Osservatorio Permanente sul Furto d'Identità di Adiconsum emerge una fotografia allarmante: il 22% degli intervistati ha infatti dichiarato di aver subito almeno un'esperienza di furto d'identità.
Dati allineati a quelli di una ricerca recentemente commissionata a Tnsda Cpp Italia, specialista nella protezione e nei servizi di assistenza.
«Il fenomeno del furto d'identità, oggi massicciamente presente nei paesi anglosassoni, secondo le nostre esperienze internazionali è purtroppo destinato ad allargarsi ad altri Paesi, tra cui l'Italia». ha dichiarato Walter Bruschi, direttore generale di Cpp Italia.

«Una recente indagine condotta in Italia ha chiaramente mostrato questa tendenza, rilevando come circa il 21% degli intervistati abbia subito un furto d'identità o conosca qualcuno che ne è stato vittima».
Se il fenomeno sta crescendo esso risulta però ancora sottovalutato, tanto che la stessa ricerca commissionata da Cpp indica come solo un 20% del campione si dichiari "molto preoccupato" in merito a questo problema, che viene ancora percepito come un rischio accidentale e che è per questo spesso trascurato.
Da tutto ciò emerge la necessità di avviare un processo di educazione indirizzato ai consumatori per incrementare la percezione di questo fenomeno, ma questa iniziativa non può e non deve essere gestita da un unico soggetto.
«Incrementare - prosegue Bruschi - l'attenzione e la conoscenza intorno al tema del furto d'identità è possibile solo a fronte di uno sforzo congiunto di tutte le organizzazioni impegnate rispetto a questo fenomeno – associazioni dei consumatori, assicurazioni, banche, istituzioni, legislatori, authorities, It security vendor, consorzi attivi nell'eCommerce, social network solo per citarne alcune» .
L'acuirsi di questo problema ha portato i vari operatori a sviluppare, ciascuno nel proprio ambito, strumenti innovativi a tutela del furto d'identità. In questo ambito cresce l'importanza di ideare, con il supporto delle tecnologie più avanzate, nuovi servizi assicurativi in grado di arginare questo fenomeno.
«Stiamo infatti - dichiara Bruschi - affinando il primo prodotto completo web based, che si avvale delle più avanzate metodologie di tutela, per proteggersi contro questo problema, a partire dalla prevenzione fino alla risoluzione e al ripristino dell'onorabilità»
L'obiettivo di Cpp Identity Protection è soprattutto prevenire il furto dell'identità, mettendo a disposizione del cliente un numero verde che lo guiderà nell'affrontare eventuali chiarimenti e/o dubbi. Nel caso in cui comunque il furto d'identità avvenga, il cliente avrà un'assistenza legale specializzata che lo aiuterà a ripristinare la sua identità nel minor tempo possibile. La polizza inoltre coprirà le spese per il rifacimento dei documenti, per eventuali giorni di lavoro persi e le spese legali necessarie per ripristinare la situazione.

sabato 15 maggio 2010

Chi ha paura del Web 3.0?

[coachingstudio.it 15/05/2010] Dalla nascita del WWW (World Wide Web) nel 1989 (paternità assegnata a Timothy J.Berners-Lee), al suo debutto in società nel 1993 grazie alla magnanimità del CERN, datore di lavoro dell'inventore, la rete delle reti si è evoluta in modo esponenziale. La fase Web 1.0 era caratterizzata da pagine statiche, dove i navigatori leggevano e se ne andavano senza interagire: una serie di brochure impresse nell'etere, complesse e costose da maneggiare e perciò poco variate. L'odierna fase Web 2.0 vede libertà creativa (chiunque può facilmente creare contenuti e modificarli) e di interazione tramite i social network, in testa a tutti
Facebook, Linkedin e Twitter. Già proiettati verso la prossima fase, consapevoli che il tempo si accorcia tra un ciclo e l'altro grazie alla diffusione culturale e tecnologica, stiamo per approdare alla fase Web 3.0. Qui le informazioni presenti in Internet verranno agglomerate in un unico enorme ed accogliente database che promette di rendere i contenuti meglio navigabili e più rapidamente accessibili da un numero sempre più ampio di utenti.
“Internet è come una tela dove la gente dipinge e proietta le proprie paure e i propri desideri” - afferma Esther Dyson, giornalista e filosofa esperta di tecnologie digitali emergenti. “Come il web interattivo possa influire sull'uomo e sul suo quotidiano, e ciò che possiamo fare ed ottenere grazie a questa tecnologia, dipende da noi stessi” - dice, e porta a riflettere che non possiamo ignorare le regole che si stanno creando e che verranno stabilite, nè subire un
cambiamento interattivo che ci avvolge volenti o nolenti. Siamo nella centrifuga: o ci adattiamo al suo vorticare, cercando e trovando l'equilibrio che ci appartiene, o rischiamo di venirne sputati fuori, o peggio ancora fortemente spinti dove non vogliamo andare. Si tratta di “guidare” o di “essere guidati”.
Ad esempio, prendiamo la protezione dei dati personali e i diritti d'autore. I milioni di utenti dei social network – YouTube, Facebook, Flickr, Twitter, e tutti gli altri a cui abbiamo aderito o siamo in procinto di fare – condividono informazioni personali con i loro “amici”. E con gli “amici degli amici”, se siamo interattivamente socievoli e non vogliamo offendere nessuno negando la nostra amicizia. E con molte altre persone che non conosciamo per niente ma che
in qualche modo abbiamo “incontrato” in qualche gruppo di chiacchiera. Le aziende stanno scoprendo che la rete è un nuovo sistema di fare marketing a bassissimo costo, e imperversano innescando e invadendo con “gruppi di amici” altrettanto sconosciuti tra di loro, che in questo modo entrano in contatto con le nostre quotidianità. Alternativa conclamata alla televisione nell'utilizzo del tempo libero, Internet dà spazio al feedback, dove ciascuno può lasciare la propria impronta esprimendo – finalmente! - il proprio parere. Che lì resta per
sempre, o almeno finché un grande fratello pulitore non deciderà di cancellare le stupidaggini che scriviamo nell'aria, visibili a tutti, non passibili di ripensamento.
Le potenzialità del Web 3.0 – e i suoi pericoli – si basano sul “web semantico”, grazie al quale sarà possibile fare ricerche più evolute di quelle attuali, oggi semplicemente basate sulle parole chiave presenti nei testi. Anche la costruzione di reti relazionali e di connessioni tra documenti avverrà secondo logiche più elaborate del semplice link ipertestuale.
I servizi hardware e software saranno presto disponibili sui server web, e non più sui singoli computer connessi in rete, creando l'architettura “cloud computing” che permetterà al singolo utente di accedere con il suo PC (o altro strumento di connessione) alla “nuvola” giusta che fornirà i servizi o i dati richiesti. Le condizioni fondamentali per il cloud computing sono computer più potenti e la tecnologia a banda larga superveloce.
L'idea alla base del “web semantico” è che sul network attuale vada a sovrapporsi una rete di connessione più intelligente, dove i documenti pubblicati siano associati a informazioni e dati che ne specifichino il contesto semantico in formato adatto all'interrogazione, all'interpretazione e all'elaborazione automatica. Ovviamente saranno necessari strumenti e motori di ricerca più evoluti.
Bene, allora quando? Esistono ancora importanti questioni in sospeso, prima di poter avviare il Web 3.0. Ad esempio, ci si domanda chi controllerà l'accesso alla rete rendendo sicuri i dati personali e il rispetto della privacy; ed anche come accertarsi dell'affidabilità delle informazioni disponibili; oppure quale formazione dovranno ricevere gli scrittori della rete per esserne abilitati. Dovremmo tutti quanti imparare l'educazione ed il rispetto, tanto per cominciare, nel
trattare i contenuti in modo attento e responsabile, sia quelli che inseriamo che quelli che prendiamo.
Marina Fabiano

venerdì 14 maggio 2010

La Scala. Nasce archivio web, online 60 anni di spettacoli

[L'occidentale 14/05/2010] Nell'epoca del web 2.0, anche il patrimonio storico e artistico del Teatro alla Scala di Milano diventa a portata di mouse. Gli ultimi 60 anni di spettacoli sono infatti raggiungibili da oggi con un semplice clic, grazie alla messa a punto del nuovo archivio internet. Locandine, trame, cast, libretti, introduzione alle opere, cronologie e soprattutto una raccolta di 50mila fotografie che fanno rivivere i cartelloni e i rispettivi protagonisti dal 1950 in poi sono a disposizione di studiosi e appassionati sul sito www.archiviolascala.org.

Per consultare documentazione e materiali basta registrarsi gratuitamente al sito, raggiungibile anche tramite un link sulla tradizionale pagina web della Scala (www.teatroallascala.org). Opere, balletti e concerti, catalogati in ordine cronologico a partire dalle loro locandine, sono da lì rintracciabili attraverso campi di ricerca, fornendo una vetrina web di tutto ciò che è andato in scena al Piermarini. L'archivio, presentato oggi contestualmente con la sua attivazione sul web, è un estratto, in continua evoluzione, dell'archivio digitale esteso della Scala (Dam), avviato nel 1996. In esso sono raccolte oltre un milione di fotografie, immagini di 45mila costumi, 24mila bozzetti e figurini, 80mila attrezzi di scena e 10mila ore di musica registrata che verranno mano a mano resi accessibili al pubblico.

Il nuovo sito archivio è dotato inoltre di una sezione 'bonus', attualmente dedicata all'opera Carmen, che fornisce materiale aggiuntivo, fra slide show e contributi audio, su un titolo campione, di pari passo con ciò che viene proposto nella stagione in corso. L'archivio "è un costante work in progress ed è anche l'inizio di un programma di restyling dei nostri siti fortemente voluto dal sovrintendente Lissner", hanno spiegato nella conferenza stampa odierna. Prossima mossa per migliorare la comunicazione online del Teatro e renderlo sempre più al passo con i tempi sarà il ripensamento del sistema di biglietteria on line, indicendo una gara per la realizzazione di un nuovo progetto. Prioritari anche il potenziamento della documentazione video e la creazione di un'area riservata ai giornalisti. Sarà infine scelta una nuova veste grafica che riunisca dinamicamente i singoli siti - il principale, l'Under30, Archivio, Accademia e Bookshop - appartenenti alla 'famiglia' della Scala.

Protezione minori internet

[Elisa Bistocchi blog 14/05/2010] La vita privata dei giovani, inoltre, risulta sempre più esposta a causa della pubblicazione di contenuti, spesso personali, su blog, social network, chat, ecc. Già da piccoli, gli internauti sono posti di fronte a questioni complesse quali il diritto d’autore su Internet, il diritto all’immagine, la protezione dei dati personali e della vita privata o ancora i rischi legati ai nuovi social forum su Internet. Il compito dei genitori è sicuramente quello di tutelare i loro figli da questi pericoli.

Circolano in Rete molti siti che propongono regole di navigazione per la protezione dei minori in Internet. Qua troverete tutte le informazioni necessarie per proteggere i vostri figli durante le loro visite su Internet.
La pornografia su Internet è frequente. Accanto all’ignobile sfruttamento commerciale del corpo della donna, è un veicolo di diffusione di molti virus informatici: con la trappola di richiedere di “scaricare” qualcosa di particolarmente “attraente”, si installano cavalli di Troia che consentono a malintenzionati di usare il computer dell’ignaro utente per scopi malvagi (spam, truffe, attacchi per ricatti, ecc.). I bambini si abituano alle immagini erotiche e diventano meno reattivi di fronte alle proposte di pedofili. Le adolescenti imitano ciò che vedono e vendono proprie fotografie oscene in cambio di ricariche di cellulare o di soldi.

Il metodo più sicuro è la biblioteca di casa: i genitori scelgono i siti a cui si può accedere, impedendo l’accesso a tutto il resto. È semplice impostarla gratuitamente seguendo le istruzioni. È una soluzione pedagogicamente positiva, perché costruisce un percorso personalizzato di apprendimento, evitando la dispersione, oltre che i rischi. Con il diffondersi di immagini e video amatoriali che i filtri non riescono a bloccare, la biblioteca di casa è diventata l’unico mezzo di difesa veramente efficace.

Esistono sistemi abbastanza validi (denominati “filtro famiglia“, parental control, “controllo genitori” o in altro modo), ma mai perfetti perché non è facile filtrare automaticamente, discriminando tra siti positivi e negativi. Filtrare i contenuti è anche utile in ambienti scolastici o aziendali per evitare rischi agli utenti e ridurre la perdita di tempo in attività non connesse con studio o lavoro. Nella sezione Test dei filtri sono elencate le valutazioni delle prove effettuate dalla redazione di ilFiltro.it per misurare l’efficacia e completezza delle diverse offerte sul mercato.

Gli utilizzatori di Windows Vista possiedono già, all’interno del loro sistema operativo, una valida funzione di controllo genitori per bloccare automaticamente siti indesiderati (Impostazioni-> Pannello di controllo-> Controllo Genitori -> Creazione di account utente).
A differenza dei primi tre programmi di questa pagina, però, richiede la creazione di un account utente e l’utilizzo successivo di password per passare da un account all’altro.

mercoledì 12 maggio 2010

Navigando in rete, il bar crea traffico

[IlSOle24Ore 12/05/2010] Ci si incontra su facebook.com, si diventa amici di myspace.com e si fanno affari su linkedin.com. I ritrovi virtuali si moltiplicano e in verità starci dietro non è facilissimo. Fino a pochi mesi fa secondlife.com sembrava essere il mondo del futuro: oggi in molti hanno scoperto che avere una seconda identità, anche se “bellissima”, è faticoso. Comunque anche i netgroup, di tanto in tanto, sentono l'esigenza di guardarsi negli occhi e offrirsi un caffè e un panino anziché un link. Così sempre più spesso i principali social forum passano dal mondo virtuale a quello reale organizzando appuntamenti in bar, ristoranti e discoteche. Come intercettare questa clientela a caccia di relazioni sociali? Due sono le strade principali, che si possono anche mixare: diventare uno di loro e farseli amici. La prima è più praticabile da chi naviga abitualmente e consiste nel buttarsi in rete, iscriversi ad un paio di social network, chattare, linkarsi e proporre eventi all'interno del proprio locale.

L'opportunità myspace.com
Se si vuole condire tutto con un po' di buona musica, si possono utilizzare vantaggiosamente spazi come myspace.com uno dei social network preferiti dai gruppi musicali, che ha inoltre l'indubbio vantaggio di non richiedere la registrazione per la visualizzazione: quindi tutti i clienti potranno, anche solo per curiosità, visionare la pagina, conoscere gli appuntamenti in programma e perfino ascoltare un assaggio dei brani musicali dei gruppi che si esibiranno. Tempo necessario per star dietro a questo progetto: un'ora al giorno, escluso quello necessario per la preparazione della propria homepage. Per chi invece punta sulla clientela business la cosa si fa più complessa, perché utilizzare le piattaforme dei business social network è più complicato. xing.com, linkedin.com, clubin.com sono infatti spazi pensati per favorire contatti di lavoro. Quindi niente foto del figlioletto appena nato o dell'ultima vacanza alle Maldive: meglio proporsi come organizzatori di soft meeting, mettendo in evidenza quello che si ha da offrire in termini di spazio, attrezzatura, proposta gastronomica e intrattenimento. «In questo momento siamo alla ricerca di location prestigiose in tutta Italia per i nostri meeting - dice Luigi Fusco presidente di connecting-managers.com -. Aderire è facile e gratuito, mentre sono previsti dei costi per diventare utenti attivi». Molti di questi network sono nati sulla convinzione che i migliori rapporti d'affari si stabiliscono in circostanze informali: quindi non resta che offrirle. Da mettere in conto un paio di ore al giorno necessarie per organizzare la proposta, tenere aggiornati i contatti e seguire da vicino quel che accade nei network.

Dal web al meeting
Una costola molto interessante di questo mondo sono i network a carattere territoriale (es. clubin.com), quelli cioè legati alla valorizzazione di una città o di una regione. In questo caso farsi promotore di istanze utili alla collettività diventa una strategia molto semplice da pianificare e con ritorni immediati in termine di visibilità anche fuori dalla rete. Se invece non si ha dimestichezza con internet? Allora conviene sfruttare uno dei principi che sono alla base dei social network, ovvero la legge dei 6 gradi di separazione. Secondo quest'ipotesi, qualunque persona può essere collegata a un'altra attraverso una catena di conoscenze che non supera i 5 intermediari. Se, quindi, bastano 6 passaggi intermedi per arrivare a chiunque, sarà sufficiente spargere tra i clienti la voce della disponibilità ad accogliere un meeting e in poco tempo si dovrebbero ricevere delle proposte. Nel frattempo meglio prepararsi installando un sistema wi-fi e qualche presa vicino ai tavolini per i pc. Per dare un aiuto a quanti hanno difficoltà con l'inglese, sarebbe utile trovare un madrelingua esperto di reti.
Per tutti uno strumento facile da usare è twitter.com, una messaggeria on line, che viaggia anche sul telefonino. L'utente lancia messaggi tematici a un gruppo di “appassionati” e con solo mezz'ora al giorno di “lavoro” può raggiungere centinaia di contatti. Per usarlo al meglio, individuare un solo tema preciso, comunicando agli utenti anche eventi e iniziative del locale.
Manuela Soressi

martedì 11 maggio 2010

Imparare, insegnare e fare formazione con i social network

[WebappHTML.it 11705/2010] social network rappresentano una realtà veramente consistente del nuovo modo di intendere il web. Facebook, MySpace, LinkedIn e molti altri sono il fulcro principale dell'attività online non solo di giovani, ma anche - ormai - di moltissime aziende. Nell'immaginario collettivo tali reti sociali sono spesso accostate alla perdita di tempo o, al massimo, a pure e semplici attività ludico-ricreative. Abbiamo visto come - in realtà - tali dinamiche possano essere utili per le aziende, per la loro immagine e per nuovi piani di marketing sociale; ma è possibile che i social network siano utilizzabili anche per generare apprendimento? O per essere applicati in contesti scolastici o formativi?

Lo scopo dell'articolo è quello di indagare tali possibilità presentando anche alcuni potenziali strumenti per entrare nel concreto e sperimentare in prima persona queste nuove dinamiche.

Perché proprio i social network?

Una recente ricerca (Cantoia & Besana, 2009) effettuata su oltre 300 soggetti ha messo in luce la possibilità di inquadrare tali siti come strumenti che possano davvero rappresentare un utile valore aggiunto per la didattica o per la formazione aziendale, soprattutto in contesti che prevedano la co-costruzione di significati e la cooperazione. Anche le organizzazioni stanno cominciando a comprendere l'importanza di quello che Andrew McAfee chiama "Enterprise 2.0", cioè " l'uso in modalità emergente di piattaforme di social software all'interno delle aziende o tra le aziende ed i propri partner e clienti" .

Non è una novità che la maggior parte delle conoscenze nelle aziende siano collocate in quella zona di "non formale", tacito e "non detto" e che il ruolo delle reti sociali all'interno delle dinamiche lavorative è fondamentale (si confronti il concetto di comunità di pratica).

Figura 1: L'interfaccia del servizio Hotseat

L'interfaccia  del servizio Hotseat

I media sociali, collocati in ambienti aziendali o accademico/educativi, con le opportune modifiche, possono dunque risultare un utile vantaggio per la didattica e per la gestione della conoscenza.

Nella prossima pagina, vedremo gli strumenti da utilizzare per fare formazione con i social network.

Qualche strumento e alcuni suggerimenti pratici

Vediamo ora qualche pratico strumento che permette di spendere nel concreto i concetti che abbiamo illustrato.

Com8s è un applicativo molto interessante che consente - attraverso un'interfaccia simile a quella di Google Wave - di creare delle "classi di apprendimento virtuali"; il sistema consente la creazione di due spazi personali: il Co-Space e il I-Space, il primo consente di condividere file, organizzare agende, calendari, discussioni, riunioni e molto altro; mentre il secondo - come suggerisce il nome - è il proprio spazio personale. L'interfaccia molto semplice (si veda a proposito il video), rende pratico l'utilizzo anche senza conoscenze tecniche particolari. Per il momento il sistema è disponibile in portoghese e in inglese, ma non è da escludersi una sua futura localizzazione in italiano.

La Purdue University ha deciso di fare un passo in più, aggiungendo HotSeat alla partecipazione scolastica, permettendo quindi agli studenti di scambiarsi messaggi, informazioni - e conoscenza - sia durante sia dopo le lezioni.

Cambiando impostazione e andando su qualcosa di più specifico, non possiamo non segnalare l'ottimo Livemocha che permette di imparare le lingue sfruttando appunto un'idea sociale: oltre ai comuni esercizi di lettura, produzione, compilazione previsti dai classici programmi per imparare le lingue, prevede anche la possibilità di valutare (e farsi valutare) le traduzioni dagli altri, di chattare e chiedere consiglio a madrelingua e di scambiarsi impressioni sulle espressioni idiomatiche e su quei modi di dire che sarebbe impossibile conoscere se non con un dialogo diretto con chi conosce davvero una lingua. Oltre alle classiche lingue europee sono previsti anche corsi di cinese e di giapponese. Da poco l'interfaccia del programma è stata tradotta anche in italiano. Di simile impostazione, ma leggermente meno famoso è Italki.

E per chi, ancora, non si accontentasse, esistono servizi che permettono di creare da zero il proprio ambiente virtuale sociale per l'apprendimento o per la semplice creazione di community. Elgg, ad esempio, consente di creare il proprio social network personale, adatto alle specifiche esigenze delle singole realtà: siano esse educative, sportive o aziendali. Elgg vanta una comunità di supporto, una serie di plugin, un buon grado di personalizzazione e alcuni partner che garantiscono ottimi hosting a prezzi competitivi.

Acanto a tutto questo dobbiamo sottolineare come sia fondamentale tenere in considerazione soprattutto le rappresentazioni - più o meno esplicite - che le persone hanno su un determinato mezzo e come debba essere sempre lo strumento a "piegarsi" alle esigenze dei singoli e non viceversa. Per uscire dai servizi specifici, per esempio, i gruppi su LinkedIn rappresentano ottimi servizi di scambio e gestione della conoscenza all'interno delle aziende e tra professionisti di settori differenti.

Conclusioni

Alla luce anche di recenti ricerche sarebbe realmente e concretamente possibile sperimentare i social network nella didattica - e a differenti livelli - a patto però che essi non vengano intesi come semplici strumenti di formazione a distanza che, inseriti in un determinato contesto, favoriscano in modo automatico l'apprendimento e la gestione della conoscenza da parte dei soggetti.

Accanto al discorso tecnologico, approfondito in questa sede, è sempre necessario tenere presente le dimensioni personali, sociali e culturali dell'apprendimento e dei processi che s'innescano con l'introduzione di una nuova tecnologia. Personalmente sono dell'opinione che si debba prestare grande attenzione al social network learning, perché le dinamiche che stanno mutando i contesti nei quali viviamo, studiamo, lavoriamo e giochiamo non sono più trascurabili ormai.

Stefano Besana

Creatività/ Niccolò Magnani, Senior Consultant di Mrm Worldwide Italia: "Il marketing virale non esiste"

[Affaritaliani.it 11/05/2010] Ha appena ideato e realizzato il nuovo sito Campari per il 150° anniversario dell’azienda. E non c’è da stupirsi: Mrm Worldwide Italia, la "digital thinking agency" di McCann Worldgroup guidata da Michele Sternai, punta da anni sul digital, sulla nuova creatività e sul marketing non convenzionale. Tanto che Niccolò Magnani, Senior Consultant di Mrm Worldwide Italia, afferma senza esitazione: “Alle aziende consiglio sempre di dotarsi di social media guidelines. Non si può più comunicare one-way e sperare di raccogliere i frutti. Gli utenti oramai si sono abituati a 'chiacchierare' con chiunque sul web grazie ad anni di chat attraverso i sistemi di messaggistica istantanea e negli ultimi tempi con Facebook. Non si può non tenere conto di questo scenario”. E intervistato a tutto tondo da Affaritaliani.it fa il punto sulla comunicazione aziendale nell’era del web 2.0.

Nuova creatività/ Paolo Molinaro, a.d. di Aipem-Vodu: "È l’era del digitale, strumento principe della comunicazione"

Nuova creatività/ "E' iniziata l'era del web 3.0: la pubblicità chiede i contributi degli utenti e abbassa i costi creativi”. L’intervista a Fabio Albanese, presidente e amministratore delegato di Action Brand Communication

Gli utenti si sono abituati a dialogare sul web: quali sono le conseguenze per chi pianifica la comunicazione aziendale?
“Diventa necessario rendere bilaterale la piattaforma di comunicazione adottando tutti gli strumenti social. Oggi l’utente si aspetta di poter aggiungere un brand come amico (come nel caso di Facebook), di dialogare con il brand (come si fa in chat e su Twitter) e di ricevere un feedback dall’azienda entro quattro ore al massimo. Il concetto di comunicazione utente – azienda è , semplificando al massimo : “ma come, ti parlo e non mi rispondi? Bel maleducato!”.

In molti sostengono che il web 2.0 si evolverà in 3.0 e che ognuno costruirà la propria rete personale o biblioteca digitale etc. Secondo lei in quanti anni si verificherà il cambiamento?
“Il web 3.0 o web semantico è ancora una realtà lontana. Un trend interessante invece è l'internet of things. In sintesi rappresenta il superamento dei classici limiti della rete: fuoriuscendo dal mondo virtuale, si collega al mondo reale, al mondo degli oggetti. Tag e sensori infatti, associati a un oggetto, possono identificarlo univocamente e raccogliere informazioni in tempo reale su parametri del suo ambiente come: temperatura, localizzazione, pressione, rumore, luce, umidità. Questo nuovo scenario tecnologico unito ai progressi delle tecnologie wireless e satellitari, offre l’opportunità di sviluppare una serie di applicazioni innovative”.

Oggi che ruolo ha l'evento nella comunicazione aziendale?
“Lo stesso di sempre. Ma deve aggiornarsi e integrarsi sempre di più in dinamiche digitali e sociali”.

In che senso? Quali tipi di eventi sono più efficaci?
“Quelli che permettono una forte integrazione online-offline e un conseguente forte buzz: mi riferisco per esempio a piattaforme come Foursquare che ultimamente è stata usata da Ford Fiesta per i propri eventi in America. Ma anche General Motors ha sviluppato una campagna integrata social media/eventi che ha avuto un buon risultato in Usa e che andrebbe studiata con attenzione”.

Capitolo marketing virale: quanto viene sfruttato dalle aziende? E quali settori sono i più sensibili allo strumento?
“Per alcuni sembrerà una provocazione, ma secondo me il marketing virale non esiste. Esistono solo strumenti per agevolare la diffusione di un messaggio, come le piattaforme di seeding, per esempio. Quello che conta, insomma, è il messaggio: deve intrigare, qualsiasi sia la tecnica di propagazione utilizzata, dallo spot al cosiddetto 'virale'. E per avere successo occorre talvolta usare codici di comunicazione inusuali per le marche. Ma solo talvolta, sottolineo”.



Nicole Cavazzuti

lunedì 10 maggio 2010

Fibra unica per l'Italia da Fastweb, Vodafone e Wind

[La Stampa 10/05/2010] Proposta di infrastruttura di rete per il Paese con la partecipazione degli operatori e delle Istituzioni. A Roma la prima sperimentazione
Schloter, Bertoluzzo e Gubitosi alla presentazione di '2010: Fibra per l'Italia'ROMA
I tre amministratori delegati di Fastweb, Vodafone e Wind hanno presentato un progetto per dotare l’Italia di una unica infrastruttura di rete in fibra che riporti il Paese tra i leader nei servizi a Banda Larga. Gli operatori chiedono al Governo di avviare il processo per la creazione della società della fibra chiamando al tavolo tutti gli operatori e le Istituzioni. Schloter, Bertoluzzo e Gubitosi hanno inoltre lanciato la prima sperimentazione di una rete in fibra aperta a tutti in un quartiere di Roma.

Il piano prevede la realizzazione di una unica rete “Fiber To The Home”, in modalità punto-punto, che raggiungerà direttamente le case e le imprese e consentirà connessioni sempre più veloci con prestazioni ed affidabilità superiori all’attuale rete in rame con l’ulteriore vantaggio derivante dai minori costi di manutenzione tipici della fibra.

La copertura dovrebbe riguardare 15 maggiori città italiane (10 milioni di persone), entro 5 anni, con un investimento di circa 2,5 miliardi di euro ripartito tra tutti gli operatori e le istituzioni coinvolte. In una seconda fase il progetto potrà essere esteso fino a coprire le città con più di 20.000 abitanti, raggiungendo così il 50% circa della popolazione italiana con un investimento totale di 8,5 miliardi di euro.

L'iniziativa nazionale è aperta a tutti i soggetti pubblici e privati, Telecom Italia inclusa, che vogliano farne parte e l’investimento sarà funzione di tale partecipazione. L’utilizzo della rete sarà disponibile a tutti gli operatori che ne facciano richiesta, a condizioni eque e non discriminatorie, mentre la commercializzazione dei servizi ai clienti erogabili attraverso il ricorso alla rete in fibra sarà gestita in modo autonomo e indipendente dagli operatori. Fastweb, Vodafone e Wind si impegnano a partecipare economicamente al capitale della futura società e a migrare tutti i propri clienti sulla nuova rete.

La proposta prevede l’avvio immediato di un progetto pilota nell’area della Collina Fleming a Roma, e porterà alla realizzazione di collegamenti interamente in fibra ottica dalla centrale a circa 7.000 abitazioni entro luglio 2010.

venerdì 7 maggio 2010

Localizzazione, Facebook lancerà nuove funzionalità questo mese

[DG Mag.it 07/05/2010]Secondo Mashable, che riporta Advertising Age, Facebook si appresta a lanciare i servizi di localizzazione integrandoli direttamente nel social network.

Non si sa se sarà Facebook stesso a geolocalizzare contenuti e contenitori in base all'utente connesso sul social network o se il singolo utente potrà aggiungere e customizzare questo servizio ma pare proprio che la mossa del social network sia legata alla volontà di far immediatamente fuori dal mercato nuovi servizi emergenti per la geolocalizzazione come Foursquare, Brightkite e Gowalla.

Ovviamente questi competitor, ad oggi, sono molto meno agguerriti oltre che economicamente e socialmente forti di Facebook e questo li mette in una posizione di netto svantaggio rispetto al social network nei servizi di geolocalizzazione che secondo gli esperti rappresenteranno il futuro della Rete.

Scrive sempre Mashable che Facebook dovrà vagliare correttamente i termini del servizio di localizzazione sul social network per non incappare in problemi di privacy e questioni legal-burocratiche difficili da sbrogliare.

Allo stesso tempo, è chiaro come la geolocalizzazione diventerà fondamentale per le aziende che vorranno iniziare (o continuare) a fare business tramite Facebook in quanto permetterà aki soggetti interessati di produrre una pubblicità mirata e dirigerla direttamente agli utenti finali in base alla loro area di provenienza geografica.

Pare che la prima azienda a testare il servizio di geolocalizzazione di Facebook sarà McDonald's che offrirà agli utenti del social network la possibilità di visualizzare annunci pubblicitari in base a dove sono collocati in un determinato istante.

La sfida con Google è apertissima visto che proprio il motore di ricerca ha deciso di puntare sulla localizzazione dei contenuti allo scopo di inglobare sempre più pubblicità profilata e attirare inserzionisti mirati.

mercoledì 5 maggio 2010

Facebook e grandi media, presto maggiore integrazione.

[Corriere Canadese 05/05/2010] Dal Post alla Cnn, si cercano nuove strategie

NEW YORK - Media tradizionali e social network: un connubio che diventa sempre più stretto sia per l’uso integrato che ne fanno gli utenti della rete - l’ultima ricerca della Pew Internet ha rivelato che il 75% degli americani trova notizie sul web grazie ai social network e alle e-mail - ma anche perché le due realtà, con i dovuti distinguo, stanno capendo che per affrontare vecchi e nuovi problemi di monetizzazione devono forse iniziare a contare l’uno sull’altro. I grandi gruppi editoriali hanno già imparato a spalmare sempre di più le loro notizie sui social media come Facebook e Twitter grazie ad una figura professionale creata ad hoc, il “social media editor” (ce l’hanno il Nyt e Al Jazeera, ad esempio), ma ora possono fare di più grazie ai “social plugins’, inventati da Marck Zuckerbeg, il creatore di Facebook, e illustrati qualche giorno fa a San Francisco all’ottava conferenza degli sviluppatori.
È in pratica un servizio, che fa parte dell’ampio progetto Open Graph (http://developers.facebook.com/docs/opengraph) che permette di aumentare l’integrazione tra la piattaforma Facebook e una qualsiasi pagina web. Questo strumento di interconnessione, oltre a far crescere la già smisurata popolarità e influenza sul web del social network, offre alle aziende editoriali un’opportunità per capire esigenze e gusti dei propri lettori pescati da Facebook e quindi fidelizzarli. In molti, negli Stati Uniti, ci stanno già provando, dal Washington Post alla Cnn alla Abc News. «Per noi è sempre più importante andare dove sono i lettori. Molti dei nostri contenuti sono su Facebook, quindi dobbiamo renderne più facile la condivisione ma anche capire cosa piace al nostro pubblico senza che abbandoni il nostro sito», dice a Cyberjournalist.net Narisetti Raju, managing editor del Washington Post.
Per questo motivo il Post ha lanciato sul proprio sito la funzione “Network News”, in bella vista in alto a destra: è un rullo dove vanno a finire le notizie della testata più condivise dagli utenti del social network. Mentre guardi quante persone che conosci hanno letto una news del Post su Facebook, resti agganciato al sito d’informazione. Secondo Narisetti, lo strumento consente una «scoperta fortuita del sito» e potenzialmente può generare più lettori «che attraggono più pubblicità e aiutano così a finanziare la creazione di maggiori contenuti». Se si è disinteressati a questo modulo c’è il pulsante “opt-out”. Stessa strategia usata dalla Cnn.
Sul sito, sempre in alto a destra, appare lo spazio “Popular on Facebook”: se sei iscritto al social network puoi visualizzare quante persone, tra cui i tuoi amici, hanno letto, commentato e condiviso una notizia del network americano. Per Jennifer Martin, senior director delle pubbliche relazioni di Cnn, la nuova funzione «permette di perfezionare la quotidiana strategia sui social media».
«Abbiamo rivisto l’impianto del sito e ci siamo detti “cosa può essere più utile e rispettoso della nostra community?” - dice Martin - E ci sembra ci siamo mossi in quella direzione». Sulla stessa scia, lo spazio “Abc News on Facebook” del broadcaster statunitense: un insieme di notizie generate da Abc e condivise dagli utenti del social network. Jonathan Dube, vice presidente di Abcnews.com, crede che questa nuova applicazione motivi il lettore a restare sul sito facendo così decrescere il tasso di abbandono (bounce rate). E sembra che i risultati siano incoraggianti.

Usiamo i social network per parlare d'Europa

[Tecnologiapercaso 05/05/2010] Dal sito della Commissione UE arriva una riflessione: i social network stanno trasformando il panorama mediatico, creando forti comunità online dove giovani e meno giovani scambiano idee e danno vita a nuovi spazi collettivi. Il Parlamento e le altre istituzioni UE devono essere "dove sta la gente", e parlare di Europa sulle nuove piattaforme. Nella relazione discussa qualche giorno fa, il liberale Morten Løøkkegaard evidenzia il potenziale dei social media per rafforzare la partecipazione dei cittadini e costruire una sfera pubblica europea.
"Sull'UE c'è un'abbondanza di informazione, ma manca la comunicazione", ha detto Løøkkegaard, presentando il suo rapporto alla commissione Educazione e Cultura del Parlamento il 27 aprile. "Dobbiamo avvicinarci ai cittadini con un approccio dal basso verso l'alto, e non il contrario", ha aggiunto.

Essere lì dov'è la conversazione

I cosiddetti 'social network' non sono solo una fonte di informazione per i giovani, ma anche il luogo dove esprimere le proprie idee, condividere contenuti e proposte: il posto ideale per "raccontare la nuova storia europea, e parlare alla generazione che è nata con l'Europa", secondo l'ex-giornalista.

Per raggiungere questo audience le istituzioni devono essere "dove la conversazione prende vita": piattaforme come Facebook e Twitter, su cui fette sempre più ampie della popolazione spendono parte del tempo libero, sono gli 'spazi' ideali.

La relazione sottolinea che il Parlamento è stato un "precursore" in questo senso, lanciando - in occasione delle elezioni europee - una serie di piattaforme online per incitare i cittadini al voto. Ma Løkkegaard incoraggia anche a esplorare di più le partnership con il settore privato, perché nel privato secondo lui - "ci sono esperienze e competenze validissime sui social media".

Durante l'incontro, il francese Jean-Marie Cavada, del PPE, ha parlato di "arroganza" delle istituzioni, che non si prendono la briga di "spiegare le cose chiaramente": anche secondo lui i social media possono essere un'opportunità per "una comunicazione più orizzontale".

L'assenza di una sfera pubblica europea

"Il contesto istituzionale e tecnologico non potrebbe essere più favorevole", ha continuato Løkkegaard, eppure" un sfera pubblica europea di vasto raggio non esiste, mentre le sfere pubbliche nazionali sono vivaci". Secondo lui, sta ai leader europei e nazionali assumersi la responsabilità e agire.

L'UE grande assente dai media nazionali

Più copertura degli affari europei sui media nazionali: per ottenere questo obiettivo, il rapporto raccomanda ai governi di proporre ai canali televisivi delle linee guida su come seguire l'attualità europea: si tratta "ovviamente di un esperimento", ha precisato l'autore, "ma chiedere che ci siano più servizi sull'Europa, può incoraggiare gli editori a mandare più corrispondenti a Bruxelles".

La relazione, infatti, lancia l'allarme sul declino nel numero dei corrispondenti presso le sedi dell'UE: secondo Lorenzo Consoli, presidente dell'Associazione della stampa internazionale (API) a Bruxelles, nel 2005 c'erano 1300 giornalisti accreditati presso le istituzioni europee, oggi sono solo 800.

D'accordo con la proposta l'europarlamentare del PD Silvia Costa, per cui "un riferimento all'UE nei contratti pubblici potrebbe fare una differenza sostanziale". Più critica la tedesca Petra Kammerevert, S&D, che teme che l'imposizione di linee guida dei governi alle TV possa "scivolare su un terreno pericoloso".

Gruppo di lavoro di giornalisti indipendenti

Løkkegaard propone anche la creazione di una "task force" europea di giornalisti indipendenti, liberi da ogni controllo editoriale, che producano news giornaliere sull'Europa, da pubblicare su diverse piattaforme e canali, secondo criteri giornalistici.

Critica la reazione della Kammerevert: "Non serve a nessuno comprarsi gli editori e i giornali. Nel tuo rapporto c'è una tendenza a cancellare la divisione fra noi istituzione e l'indipendenza dei media".

"Assolutamente no, lungi da me interferire con la libertà editoriale", ha replicato il danese, precisando che le sue idee sono nate con uno spirito "costruttivo, e in nessun modo come attacco al giornalismo".

La commissione per la Cultura voterà sul rapporto Løkkegaard il 2 giugno.

martedì 4 maggio 2010

Explorer assediato, sotto il 60% infuria la guerra dei browser

[La Repubblica 04/05/2010] I DATI diffusi da Net Applications, una società di data-analysis della Rete, parlano chiaro: Internet Explorer, il browser di Microsoft che ogni utente Windows trova già installato sul proprio computer all'acquisto, continua a perdere quote di mercato. E nel mese di Aprile 2010, pur essendo il programma per navigare più diffuso, registra una perdita dello 0.70% e per la prima volta scende sotto il 60% del totale degli utenti di browser, esattamente al 59.95. Insomma torna alle cifre del tempo della bolla della new economy, quando se la vedeva contro Netscape Navigator e quasi nessun altro.

Come se la passano i concorrenti? C'è chi vivacchia, chi sopravvive e chi brucia ogni aspettativa di crescita. Vale a dire nell'ordine Mozilla con Firefox e Apple con Safari, che crescono ma senza clamori. A seguire Opera, e poi la vera sorpresa di Google Chrome. Un browser che dopo un inizio quieto, vede la sua diffusione aumentare più di tutti, sia sul fronte statunitense che europeo. Un 0.60% di crescita tra marzo e aprile 2010, che porta le quote di Chrome al 6.73%. A danno certamente di Explorer, ma anche rosicchiando utenti a Firefox.

Dati da interpretare. I numeri di Net Applications vanno però letti da più angolazioni. Mentre Firefox continua a crescere e Explorer nel complesso cede, vale la pena notare come gli utenti di Firefox (15.33% del totale esaminato) siano ancora numericamente inferiori a quelli di Explorer 6 (17.58%), la versione al momento più anziana del browser tra quelle utilizzabili oggi per un'esperienza di navigazione soddisfacente. Di fatto una versione obsoleta, che però è ancora diffusa. E in più, fa notare Microsoft, all'interno dell'universo Explorer, l'ultima versione 8 è il software di navigazione che acquista più nuovi utenti nel mese di aprile.

Il Ballot Screen. È la recente introduzione dello schermo di installazione di altri browser, imposta a Microsoft dall'Unione Europea per bilanciare la posizione dominante dell'azienda nel campo dei browser, dato che ogni copia di Windows viene venduta con Explorer già pronto all'uso. Adesso è possibile scegliere attraverso un'apposita schermata quale deve essere il browser del pc che avete appena comprato, senza andarlo a cercare per la Rete ma proposto direttamente dal sistema operativo. Eppure questa apertura alla concorrenza non sembra aver influito più di tanto nelle scelte degli utenti: il calo di utenti di Explorer non ha visto picchi significativi, anzi, si è mantenuto decisamente costante negli ultimi tempi. Un elemento che fa pensare che l'incidenza del ballot screen non sia un elemento fondamentale.

Chrome e Firefox. Gli utenti crescono per entrambi, ma Chrome ha la meglio. Si tratta in effetti di un programma molto efficiente, in grado di gestire una navigazione "pesante" in modo snello e, essendo realizzato da Google, interagisce al meglio con l'universo web creato dall'azienda. La recente introduzione delle estensioni, vero punto di forza del concorrente Firefox, ha poi eroso le quote di mercato di quest'ultimo e portato su Chrome utenti anche irriducibili della "volpe di fuoco". Firefox rimane però un browser irrinunciabile per chi utilizza il web quotidianamente, anche se l'interesse verso Internet Explorer 8 si dimostra in crescita. Naturalmente, nulla vieta di utilizzare questi browser sulla stessa macchina, contemporaneamente, per le funzioni che si ritengono più opportune. Alla fine, non è uno scontro tra immortali e non ne rimarrà mai uno solo. E a guadagnarci, per una volta, è l'utente.

TIZIANO TONIUTTI

Su Twitter la lettura è collettiva

[La Stampa.it 04/05/2010] Il club del libro sbarca su Twitter. Nell'era di internet e dei social network, in molti avevano previsto la morte della letteratura e invece proprio attraverso il web potrebbe avere nuova vita. L operazione One Book One Twitter è il primo esperimento al mondo di lettura collettiva: per la sua prima puntata è stato scelto American Gods di Neil Gaiman. L'iniziativa è stata pensata e promossa da Jeff Howe, collaboratore del mensile americano Wired. Si legge tutti insieme e si commenta al ritmo di 140 caratteri per volta. Il libro è stato scelto attraverso agguerrite selezioni tra gli utenti del social network e ha battuto campioni del calibro di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, 1984 di George Orwell a Mattatoio n.5 di Kurt Vonnegut.

lunedì 3 maggio 2010

Altro che social network! Twitter è un servizio di notizie…

[Computerworld 03/05/2010] Una ricerca ha analizzato milioni di tweet scoprendo che chi scrive sul microblog fornisce spesso informazioni su eventi
a cura della Redazione Computerworld

Un gruppo ricercatori coreani ha analizzato come viene utilizzato Twitter scoprendo che somiglia più a un tradizionale servizio di news. In altre parole non bisogna pensarlo come a una versione troncata di Facebook bensì come a un rapido sito di notizie dove chiunque può fare il reporter e le notizie non possono essere più lunghe di 140 caratteri.

Haewoon Kwak, uno dei ricercatori che hanno realizzato lo studio, ha elencato i modi in cui Twitter differisce dagli altri siti di social networking, e quindi ha descritto l’analisi matematica eseguita per mostrare come le persone condividono informazioni in modo differente su Twitter rispetto ad altri siti social. Per lo studio il team di ricerca ha raccolto le informazioni su 41,7 milioni di profili utente, analizzati 106 milioni di tweet e seguiti 4.262 topic, identificati attraverso gli hash tag. Diversamente dalla maggior parte dei siti un utente Twitter non ha la necessità di ottenere il permesso da un altro utente per seguirne le missive pubbliche. Questo approccio, ha continuato Kwak, è più vicino a quello dei blog, ai quali ci si può iscrivere via RSS. Questo ha portato il team di ricerca a chiedersi se Twitter era più un mezzo di informazione che un sito di social-networking E i numeri hanno confermato questa idea con solo il 22% dei “follow”, dove una persona sceglie di includere i tweet di un altro sulla propria pagina, che erano reciproci. Un dato molto più basso rispetto di altri siti social come Flickr (68%) e il servizio coreano Cyworld (77%). E come altre forme di media ha le sue star. Circa 40 account Twitter hanno oltre un milione di follower, un livello di popolarità non raggiungibile semplicemente pubblicando tweet il più possibile. Invece tutti gli account più popolari appartengono a celebrità famose anche in altri canali oltre a Twitter. E i messaggi stessi somigliano di più a quelli di un sito di news, con oltre l’85% relativi in qualche modo a notizie.

L’aspetto da servizio di notizie viene anche confermato dalla domanda ora posta ai suoi utenti quando si pubblicano i messaggi: “Che cosa sta accadendo?” rispetto alla precedente “Che cosa stai facendo?”. E in molti utilizzano il servizio per per cercare la seconda informazione relativamente ad eventi come partite o disastri naturali. I ricercatori hanno infine comparato quanto spesso Twitter conteneva la prima menzione di un evento dell’ultima ora rispetto al sito della CNN . Mentre la CNN ha dato per prima la notizia oltre la metà delle volte, un considerevole numero di volte le notizie sono comparse su Twitter prima che sulla CNN. (mg)

Twitter, il social network di colore

[webnews 03/05/2010] Un nuovo report Edison Research evidenzia un dato che, pur se di difficile interpretazione, indica la presenza di un qualche motore sociale che spinge particolari porzioni della popolazione USA ad accedere a Twitter. Il dato numerico appare infatti chiaro: la percentuale di utenti di colore sul social network è doppia rispetto alla popolazione di colore esistente sul territorio. La comunità di colore, insomma, sembra apprezzare Twitter in modo particolare, anche se questa speciale preferenza non sembra essere di facile lettura.

Tre le ipotesi suggerite da Business Insider. Innanzitutto la comunità nera (così come quella ispanica) sembra gradire la connettività mobile con maggior rilievo rispetto alla comunità bianca: alla luce della natura particolare di Twitter la cui struttura è forgiata attorno al principio basilare dei 140 caratteri di lunghezza dei messaggi, potrebbe essere questa una componente causale rilevante. In secondo luogo v'è il possibile traino determinato dallo star system: le celebrità di colore su Twitter sono molte, e proporzionalmente in quantità maggiore rispetto alla controparte bianca. Infine, la popolazione USA di colore ha una età media molto inferiore rispetto al resto della popolazione, il che suggerisce un possibile maggior feeling con gli strumenti informatici e con i social network in particolare.

Difficilmente le tre cause suggerite possono individualmente avere valore decisivo, ma la concomitanza di queste condizioni può delineare un quadro interpretativo di tutto interesse. I dati, del resto, indicano come ben il 25% della community Twitter sia di colore, mentre tra la popolazione la percentuale scende al 12% circa.

Sette americani su cento hanno utilizzato Twitter, percentuale che per Facebook sale oltre il 40%. La differenza tra i due network rimane pertanto evidente, ancor più se in considerazione del fatto che il dato sembra essere paragonabile al calcolo degli "utenti attivi" che Facebook usa per misurare la propria community.

L'utenza Twitter è soprattutto donna (51%) e tendenzialmente con alto livello di istruzione. Ben l'85% degli utenti del network, inoltre, confida di accedere al web da due o più postazioni differenti (casa/lavoro/mobile). La vocazione mobile di Twitter è inoltre confermata dal fatto che gran parte degli utenti del network vi accede tramite smartphone o similari, percentuale che per la parte restante dei social network è dimezzata. Ultimo dato di grande rilievo è il forte utilizzo della rete: la community Twitter passa online 4 ore al giorno circa, più del doppio rispetto alla media della popolazione USA connessa. Non a caso, quindi, la rete è considerata nel 46% come il primo medium a cui ci si rivolge per avere informazione fresca e di valore (contro il 42% della tv).

Trattasi di numeri importanti a livello aziendale, di numeri importanti per l'interpretazione del social network nel novero delle novità della rete, ma anche di numeri molto importanti per fotografare l'evoluzione "social" con cui l'utenza del web si approccia ai contenuti.

Giacomo Dotta

Contrappunti/ Internet per principianti

[Punto Informatico 03/05/2010] i M. Mantellini - Esperimenti in un recinto sicuro, esperimenti senza un futuro. I quotidiani italiani sbarcano su Facebook, ma la Rete è già pronta ad andare oltre. Oltre i quotidiani, oltre il social network
Contrappunti/ Internet per principiantiRoma - Più o meno silenziosamente i siti web dei grandi quotidiani italiani sono sbarcati su Facebook. Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore e La Stampa hanno oggi una propria pagina sul più frequentato social network mondiale. La parte del leone la fa la pagina de La Repubblica che "piace" a oltre 130 mila persone (come è noto da qualche settimana le pagine dei "fans" hanno cambiato denominazione e sono diventate pagine"mi piaci"), gli altri editori seguono, per adesso a discreta distanza.

Le ragioni di questo sbarco su Facebook dell'editoria digitale sono semplici e ragionevoli. Ormai quasi la metà degli utenti italiani della Rete ha un profilo da quelle parti: di questa marea di persone non poche concepiscono Facebook come propria principale interfaccia di rete, limitando al massimo le proprie scorribande fuori dalle quattro mura tranquillizzanti del social network creato da Mark Zuckerberg. La montagna degli editori quindi, prende e va da Maometto, anche se il risultato di un simile tentativo è comunque di modesta qualità.

L'offerta contenutistica è infatti limitata e parzialissima. Sulla pagina Facebook di Repubblica vengono mediamente aggiunti quattro o cinque articoli ogni giorno (brevi rimandi di alcune righe che linkano l'articolo originale sulla pagina web del giornale), più o meno lo stesso fanno anche gli altri (il Corriere della Sera è più parco e linka non più di un paio di articoli al giorno) sempre nelle medesime modalità: niente testi completi, solo brevi riassunti che rimandano al sito web. L'intento è evidente: raccogliere traffico da Facebook sia direttamente sia attraverso la condivisione dei contenuti proposti sulla rete sociale degli utenti.
Spesso le note su Facebook dei grandi quotidiani si riempiono di commenti ma nessuno nelle redazioni sembra occuparsene: non esiste alcun tentativo di dialogo in un luogo dove ogni strumento disponibile inviterebbe alla condivisione ed allo scambio informativo. Le sezioni fotografiche delle pagine sono semideserte e piuttosto tristi (il sito de La Stampa offre per esempio un vibrante set fotografico della visita di Vasco Rossi in redazione); la sezione informativa, quella nella quale si dovrebbe spiegare come e perché si è sbarcati su Facebook, sono il regno del copia-incolla di vaghi proclami aziendali.

Facebook e gli altri ambiti sociali in rete non sono del resto molto adatti a simili esperimenti. Le "fans page" prima, e quelle "Mi piace" ora, sono esperimenti mascherati di quella contaminazione fra marketing e relazioni sociali che tanto interessa i fornitori di piattaforma, alla ricerca di una monetizzazione del proprio lavoro, e che tanto disturba gli utenti, i quali utilizzano simili servizi per collegarsi ad altre persone direttamente e senza grandi impicci. Ed è stato proprio il successo planetario di un simile atteggiamento sociale fra pari che ogni giorno cerca di trasformare Facebook in qualcosa che non è.

Oggi Facebook - ci informano moltissimi report - è il più grande archivio fotografico della rete Internet; con un po' di fantasia si appresta a diventare il luogo più frequentato nel quale gli utenti di Internet si informano. Questo almeno secondo le valutazioni strabiche che girano in rete. A tale proposito Hitwise qualche tempo fa ha presentato uno studio secondo il quale Facebook avrebbe superato Google News in quanto a numero di contatti trasportati verso i siti di notizie.

Basterebbe un po' di buon senso per capire che Facebook non è un abito buono per tutte le stagioni, che la fruizione delle foto e delle notizie là dentro, per l'architettura stessa del social network, non ha nulla a che vedere con un utilizzo organico e gestito delle stesse e che, in particolare per le notizie, nessuno raccoglie pezzetti di giornale a caso sparsi sul selciato per comporre il proprio panorama informativo. Più semplicemente entra in una edicola e compra un quotidiano.

La scelta degli editori italiani di scendere su Facebook, così come è stata pensata, è una decisione a costo quasi zero che chiunque al loro posto avrebbe fatto. Certo il rapporto con i propri estimatori su Facebook ne esce leggermente ammaccato, visto che nulla di sociale è previsto nei loro confronti, non un briciolo di attenzione per i punti di vista espressi dai lettori, nessuna attenzione verso la rete informativa che comunque su Facebook è possibile intercettare. Del resto una volontà del genere richiederebbe risorse umane che oggi le redazioni web dei grandi quotidiani certamente non posseggono.

Giusto ieri su Twitter girava questa breve frase di Elizabeth Stark:
"Facebook has become like aol, it's like training wheels for the internet. it's a safe place, except for yr privacy" (Facebook è diventato come AOL, come le rotelle per Internet. È un posto sicuro, eccetto per la tua privacy)
America on Line (AOL) fu, ai tempi dei tempi, la palestra dentro la quale molti statunitensi impararono a conoscere e ad utilizzare le Rete. Oggi Facebook, da molti punti di vista, è una bicicletta con le ruotine che insegna, anche a milioni di italiani, le magie di Internet.

Se e quando tutte queste persone toglieranno le ruotine ed inizieranno a pedalare liberamente, Facebook smetterà di essere molte delle cose che è oggi. Ci guadagneremo tutti, tranne Facebook stessa ovviamente.

Massimo Mantellini