mercoledì 31 marzo 2010

Il web cambia: Nils Andrei e Alex Giordano a confronto sul 3.0

[Wired.it 30/03/2010]Hey, tu, devo dirti una cosa! Nel passaparola sta il segreto del successo di una campagna sui social network. L’abbiamo sentito dire nel corso della Marketing Conference 2.0 a Parigi, organizzata dal della ESCP Europe Business School. Una due giorni di incontri dedicati a definire, analizzare, studiare, la bussola del web. Niels Andres, Brand Science Institute, la racconta così “questa conferenza è diversa, per i contenuti. I relatori non sono higt executive, ma i responsabili diretti dei progetti che qui vengono illustrati e condivisi”.

La Marketing and Social Media Conference 2.0 nasce sei anni fa, ad Amburgo, in Germania, proprio dedicata al nascente fenomeno del Word Of Mouth, il passa parola. Si chiamava allora "International Word of Mouth Marketing Conference", per diventare oggi un forum aperto agli esperti di social media ed advertising di tutto il mondo.

Il Web 3.0 si è affacciato a Parigi, in diversi interventi dei relatori, che hanno cominciato a puntare l’attenzione su quello che il web sarà domani. "Il web 3.0 è tutto cio che è “location based”, " dice Nils Andres. E le teorie a riguardo sono tante, e non sempre in linea fra loro. Sarà perché siamo all’alba di questo nuovo giorno del web? "Io credo che la vera forza del 3.0 sia la sua capacità di puntare al coinvolgimento diretto delle persone " a darci questa chiave di lettura è Alex Giordano, fondatore di NinjaMarketing x, unico media partner italiano della MC 2.0 "Mi riferisco alla possibilità che ciascuno ha di farsi imprenditore di se stesso, proprio sfruttando le risorse offerte dalla rete. Le piccole e micro imprese possono utilizzare il web per crescere in maniera concreta, per me questo è il web 3.0, fare di ogni individuo un soggetto attivo " quisque faber fortune sue, per dirla con i latini.

"Noi non comunichiamo con le persone, noi comunichiamo con delle social people lo dice Joshua Benton, professore ad Harvard, scende più nel dettaglio, e definisce i termini della relazione che anima il web 3.0. Le "social people” a cui il web comunica lui le vede come dei giovani Neo, degli abitanti della Matrix, a cui viene concesso di togliere il velo alla realtà, per vedere le connessioni che la reggono. Nel futuro che lui preconizza, e che vede nel web lo strumento essenziale, il mondo virtuale e quello reale saranno comunicanti, perché l’uno avrà mappato e referenziato l’altro. “il web 4.0 avrà nei cellulari lo strumento principale, per la sua capacità di connettere data e mediadata con le persone, ed i posti, le cose, il tempo. E’ questo il cambiamento a cui dobbiamo prepararci

martedì 30 marzo 2010

L'Italia perde posti in innovazione "In pieno ritardo tecnologico"

[La Repubblica 30/03/2010] L'Italia è scesa al 48esimo posto, per livelli di innovazione, da 45esimi che eravamo nel 2009: se pensavamo di aver già raggiunto il fondo, tocca ricredersi. Adesso cominciamo a scavare. Lo dice la classifica annuale stilata dal World Economic Forum, su 133 Paesi: il Global Information Technology Report. L'Italia è il solo tra i Paesi ad alto reddito a non occupare una delle prime 40 posizioni. La Spagna è 34esima, la Francia 18esima. Poco sopra di noi c'è l'Ungheria (46esima), il Cile (40esima), la Tunisia (39esima). Il podio, per capacità di innovare, spetta a Svezia, Singapore e Danimarca, mentre gli Stati Uniti sono soltanto quinti. Per la classifica, il World Economic Forum ha considerato parametri come la digitalizzazione della pubblica amministrazione (qui siamo 86esimi), l'uso delle nuove tecnologie da parte dei cittadini, la diffusione e la prontezza di risposta all'innovazione digitale (qui il tracollo, dal 41esimo al 120esimo posto). "L'Italia sta sprofondando nel ritardo tecnologico", ha commentato il delegato di Confindustria per le tecnologie digitali per le imprese, Ennio Lucarelli, notando che il fenomeno è cominciato nel 2006, in controtendenza con le principali economie mondiali.

Da notare che invece, secondo l'indice di competitività (pubblicato da World Economic Forum, l'Italia ha guadagnato un punto (ora 48esima), quindi il problema è proprio nell'innovazione e nelle nuove tecnologie. "Il motivo è che il Paese non investe in questi campi, a differenza degli altri in Europa e persino di molti di quelli in via di sviluppo", dice a Repubblica.it Maurizio Dècina, ordinario di reti e comunicazioni al Politecnico di Milano e uno dei massimi esperti di tecnologia in Italia. "Sono tre i punti dove lo Stato dovrebbe investire: l'alfabetizzazione informatica, la copertura banda larga e le nuove reti in fibra ottica", continua. "Per il primo punto ha appena stanziato la "strabiliante" cifra di 20 milioni di euro per dare un contributo di 50 euro ai giovani che comprano un'Adsl. Per il secondo punto andiamo avanti ancora con i fondi delle precedenti legislature.
Si attendono infatti ancora dal Cipe gli 800 milioni di euro promessi dal piano Romani (di Paolo Romani, vice ministro allo sviluppo economico con delega alle comunicazioni, Ndr.)". "Quanto alle nuove reti, l'Italia non ha messo nemmeno un euro, invece".

A differenza di Regno Unito, Francia, Germania, Stati Uniti. "Questo è il solo governo a non avere dato fondi per le infrastrutture banda larga", rincara la dose Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazione per il Pd. "La copertura banda larga nei comuni in digital divide avanza solo con i fondi pubblici stanziati dalla nostra precedente legislatura", aggiunge. Se non arriveranno i fondi del Cipe, i piani di copertura contro il digital divide potrebbero fermarsi a dicembre 2010, ultimo orizzonte temporale degli annunci del governo.
Alessandro Longo

Direttiva Ue contro abusi sui minori in Rete

[La Stampa 30/03/2010] Pene inasprite e introduzione del reato di «grooming», l'adescamento online
Direttiva Ue contro abusi sui minori in Rete
BRUXELLES - La Commissione europea ha varato oggi una proposta di direttiva che, se approvata dal Consiglio Ue e dal Parlamento europeo, obbligherà gli Stati membri a inasprire le pene per gli abusi sessuali sui minori e la pedopornografia. La proposta chiede, in particolare, che siano perseguite penalmente attività come il «grooming» (l’adescamento di minori su Internet a fini di abuso), il fatto di visionare materiale pedopornografico anche senza scaricare i file o di indurre un minore a posare in atteggiamenti sessualmente espliciti di fronte a una webcam, nonché il turismo sessuale, anche quando l’abuso è commesso al di fuori del territorio Ue (con perseguimento del responsabile al ritorno in patria).

La Commissione chiede che si faccia di più sul fronte della prevenzione e su quello della protezione delle vittime, con un trattamento personalizzato per i responsabili degli abusi che eviti la reiterazione del reato. La direttiva prevede che l’interdizione del condannato dall’esercizio di attività che comportino contatti con minori sia effettiva in tutta l’Unione e non solo nel paese in cui è stata pronunciata la condanna. Gli Stati membri avranno l’obbligo di provvedere al blocco degli accessi ai siti web a contenuto pedopornografico, sempre nel rispetto delle garanzie giuridiche.

Secondo studi citati dalla Commissione, in Europa tra il 10% e il 20% dei minori sono esposti al rischio di violenze sessuali. È in aumento il numero di siti a contenuto pedopornografico, con 200 immagini nuove ogni giorno sul web. Le vittime ritratte sono sempre più giovani e il materiale diventa sempre più esplicito e violento. Inoltre, il 20% circa degli autori di reati sessuali tende a commettere nuovamente il reato dopo la condanna.

La proposta di direttiva è stata presentata in una conferenza stampa, oggi a Bruxelles, dal commissario europeo agli Affari interni, Cecilia Malmostroem. «Abusare di minori - ha detto il commissario - significa perpetrare orrendi delitti contro bambini e adolescenti, marchiandoli a vita. Sfruttare sessualmente un minore significa usarlo come un oggetto sessuale arricchendosi sulle sue sofferenze. Scaricare e visionare materiale pedopornografico su Internet - ha avvertito Malmstroem - è causa di un aumento dei casi di stupro di minori proprio per produrre quelle immagini. La risposta dell’Ue - ha concluso - non potrebbe essere più chiara e risoluta: tutto quel che sarà possibile fare contro questo fenomeno, l’Ue deve farlo e lo farà».

La proposta odierna sostituirà la normativa attuale, una ’decisione quadrò del Consiglio Ue in vigore dal 2004. Con l’entrata in vigore del Trattato Ue di Lisbona, la Commissione potrà verificare che gli Stati membri recepiscano correttamente la normativa nei loro ordinamenti mediante le usuali procedure d’infrazione, fino e ricorrere in Corte di giustizia contro i paesi che non lo fanno.

domenica 28 marzo 2010

Contrappunti/ L'insostenibile leggerezza del web

[Punto Informatico 28/03/2010] Roma - Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un nuovo interesse della televisione verso le rete Internet. Il tutto condito di numerosi aggettivi roboanti. Il critico televisivo per eccellenza, Aldo Grasso, per esempio, ha descritto l'esordio di MentanaCondicio, talk show politico condotto da Enrico Mentana traghettato sul web di corriere.it per sfuggire alle censure della par condicio, come "una data storica, che verrà ricordata nei libri di comunicazione".

Un giudizio forse esagerato, visto che il programma in questione era un banale format giornalistico di quelli che vanno in onda sul web (anche sul sito di corriere.it) da qualche anno a questa parte. Ma il trionfo della retorica televisiva applicata alla rete è stato riservato da critici ed editorialisti a Raiperunanotte, versione alternativa di Annozero organizzata da Michele Santoro in accordo con la Federazione della Stampa ed il sindacato dei giornalisti al PalaDozza di Bologna: un programma in aperta contrapposizione con i diktat Rai, colpevole di aver allontanato i talk show politici dalla televisione pubblica nel mese precedente alle elezioni. Anche in questo caso abbiamo letto analisi ampie sulla grande novità della TV che diventa web, e parole come "rivoluzione" ed "evento web" hanno riempito le pagine dei quotidiani.

Raiperunanotte è stato un esperimento interessante. Interessante e riuscito, al di là delle cifre sulla sua diffusione che circolano in questi giorni. E le ragioni del suo interesse sono in primo luogo ambientali: nel giro di poche settimane è stato possibile allestire "un luogo" alternativo a quello usuale dal quale trasmettere un programma televisivo. È la presa di coscienza di un ecosistema che del resto esiste già da qualche anno, ma che è sempre stato considerato ininfluente nella logica verticale del mainstream. Così i milioni di telespettatori di Annozero, per una volta, hanno seguito il proprio programma preferito dentro nuove stanze. Fondamentalmente due: alcuni canali satellitari di nicchia o TV locali che hanno ritrasmesso l'evento, e attraverso uno streaming Internet localizzato in molti siti differenti (da RepubblicaTV a moltissimi blog).
Resta inteso che stiamo parlando di televisione, ci stiamo riferendo ad un formato riconosciuto, con attori noti che il pubblico identifica come abituali. Non è successo nient'altro. E allora cosa c'entra Internet con tutto questo?

Esiste una retorica spicciola, per altro molto utilizzata in questi giorni, secondo la quale la rete libera salva la TV in pericolo. Ne abbiamo sentito parlare molto. Non a caso il sottotitolo del talk show di Mentana è "Vietati in TV liberi sul web", non a caso Michele Serra commentando il programma di Santoro dice "è quella fascia di pubblico, in larga parte giovane, che ritiene di non avere più rappresentanza televisiva. Il suo esilio, prima ancora che politico, è culturale: il linguaggio della tivù, in gran parte calibrato su un'idea corriva e classista dei gusti popolari, non gli appartiene da anni". Serra confonde una audience usuale e televisiva con qualcosa che ancora di fatto non esiste se non nelle sue (e nelle nostre) aspirazioni. Il web che libera la TV è insomma un progetto ancora tutto da costruire.

Chi ha osservato Raiperunanotte conoscendo la Rete ha in genere punti di vista ugualmente positivi, anche se meno romantici e più informati rispetto a chi, come Grasso e Serra, esaurisce la propria visione del mondo dentro l'analisi degli old media. Per esempio Davide Bennato scrive "che in questa alleanza tra televisione e media digitali hanno vinto entrambi delineando un'ecologia dei media assolutamente interessante"; mentre Giovanni Boccia Artieri parla di "Un modo di fare televisione che ha saputo, insomma, sfruttare la dimensione dei pubblici connessi". Personalmente sospetto qualche entusiasmo di troppo e vorrei sottolineare alcuni altri aspetti e qualche rischio.

Il primo traspare dalla apologia dei risultati che ha accompagnato e seguito la trasmissione. La logica dello share, l'unico criterio dominante in ambito broadcast è stato, quello sì per la prima volta, trascinato a forza in Rete. A tale proposito sarà utile ricordare che il "celolunghismo" da Auditel è uno dei peggiori figli della televisione mainstream e rappresenta, in ultima analisi, anche la causa della sua decadenza. Questo per almeno due importanti ragioni. La prima è che riducendo la comunicazione a mero scambio economico si allontana ogni afflato di libertà: una rapida occhiata ai palinsesti televisivi dei principali network potrà in tal senso essere d'aiuto. In secondo luogo, è forse antipatico sottolinearlo, ma le agitazioni democratiche che hanno portato a Raiperunanotte sono occasionali e in parte interessate, e non hanno dato grande segno di sé quando, per esempio, il cattivo amministratore dai pruriti censori solo qualche mese fa ha defenestrato senza ragione il bravo (e poco allineato) direttore di Rai3 Paolo Ruffini. Nessuno che abbia pensato ad un RaiperRuffini sul web fino a che il giochetto dei troppi interessi incrociati è rimasto in piedi.

Ma ancora più convincente è la constatazione che la logica dell'audience non può essere trascinata in Rete così com'è. II successo di Raiperunanotte, come è evidente, dipende solo in parte dal numero di spettatori che hanno seguito il programma in real time: una volta digerita dal web, la reputazione di quei contenuti è determinata da molte altre variabili. Dagli spezzoni su YouTube, alle citazioni ed alle conversazioni sui social network e ad una miriade di altri canali secondari dei quali è difficile tenere traccia. In altre parole, quando Santoro annuncia trionfante che al "più grande evento web della storia italiana" hanno partecipato tot migliaia di persone, racconta solo una parte marginale del tutto.

I rischi dicevo. I rischi e qualche speranza. I rischi sono modesti, per esempio una banalizzazione dell'idea di Rete che renda vano il traghettamento di una quota di pubblico televisivo verso nuovi strumenti. Esattamente come avviene con Facebook, la migrazione dei contenuti televisivi sul web apre una possibilità di svelamento tecnologico rivolta ad un numero ampio di soggetti capitati lì quasi per caso. Mentre gli esperti di Rete si titillano con idee formidabili ma di nicchia come il social zapping (vale a dire la tendenza sempre più diffusa di aprire conversazioni in tempo reale sulle reti sociali a margine di uno streaming TV) o l'analisi degli hashtag di Twitter (in occasione di Raiperunanotte Luca Alagna ha fatto un bel lavoro al riguardo) il tema davvero importante è capire se e come un numero ampio di cittadini può approdare a strumenti informativi migliori di quelli di cui attualmente dispone. Più ampi, meno ancorati ai tanti legacci della TV lottizzata o commerciale, in definitiva più liberi e personali.

Il punto è usare Santoro per andare oltre Santoro, uscendo dalla logica imperante del "più grande evento web della storia" o da quella altrettanto deprimente del giornalismo eroico che percorre i sentieri di montagna visto che l'autostrada è momentaneamente occupata. C'è tutta una nuova televisione da immaginare che non ha grandi punti di contatto con quella che conosciamo, una TV che, osservata da qua, vede già adesso fenomenali autostrade là dove altri continuano ad riconoscere solo impervi sentieri di montagna.

Massimo Mantellini
Manteblog

Il sistema più semplice per limitare la navigazione internet dei minori ai siti potenzialmente pericolosi?

[ResetMind 28/03/2010] Lasciare un bambino solo davanti al pc, senza nessun controllo di un adulto che possa aiutarlo ad identificare cosa è giusto e cosa è sbagliato non è un buon insegnamento.
Le soluzioni offerte per applicare dei filtri alla navigazione e all’uso del pc ai figli sono diverse e sostanzialmente hanno tutte la stessa funzione, ma per chi non volesse spendere soldi sull’acquisto di software è possibile usare una soluzione facile e alternativa.

Nei sistemi Windows o Apple sono prevviste funzionalità di controllo genitori per limitare l’uso e le navigazione di account applicando quindi le restrizioni ai bambini, ma è possibile estendere questa funzionalità usando OpenDNS

Con OpenDNS è possibile controllare i contenuti che vengono visualizzati offrendo un sistema di “filtro contenuti web” utile non solo ai bambini, ma anche per limitare l’accesso a siti fraudolenti o malevoli usando sistemi Anti-Phishing e Malware Site Protection.

Una volta creato l’account su OpenDNS, basterà seguire le istruzione per come impostare gli indirizzi OpenDns (208.67.222.222 e 208.67.220.220) sul proprio pc o meglio ancora sulla configurazione del router. La documentazione è davvero intuitiva e ben descritta per tutti gli utenti Windows, Mac e Linux cosi tutti potrano inizare ad usare OpenDNS

bloccare_internet_minori

La prova che ho effettuato è stata molto soddisfacente come tipologia di filtro applicato alla navigazione e la cosa che mi ha piacevolemte colpito è stata la reportistica della navigazione dalla quale è possibile risalire al tipo di blocco applicato e ai domini visitati.
Nel caso usate adsl “domestiche” dove l’indirizzo IP è dinamico, ricordatevi di installare il client per mantenere aggiornato il vostro IP nell’elenco OpenDNS.

OpenDNS manterrà sempre aggiornata la lista dei siti appartenenti alle categorie che desiderate vengano escluse alla navigazione, dando così un forte contributo a rendere internet un luogo sicuro anche per bambini.

Se volete effettuare una prova di OpenDNS free potete iniziare da qui.

sabato 27 marzo 2010

Internet e il caso Raiperunanotte di Michele Santoro

[ImpresaCity 27/03/2010] Internet candidato al Premio Nobel per la Pace 2010: da tutto il mondo sono giunte le sottoscrizioni all'iniziativa che intende far sì che internet si aggiudichi il prestigioso riconoscimento. Cos'ha portato a questo movimento, che via-via diventa di maggior entità, grazie al coinvolgimento di utenti e personalità del mondo politico e culturale, è facile da comprendere semplicemente accedendo alla rete.
Oggi quanto avviene nel mondo è traslato e impatta sul web: le notizie passano attraverso le testate online, i social network e i forum di discussione, sono condivise fra le persone e ne escono accresciute nei contenuti, grazie al Web 2.0 che trasforma l'utente in un soggetto attivo e importante del processo comunicativo.
In altri modi, inoltre, la rete mostra il suo rilievo nella società contemporanea: quanto accaduto in Iran, durante le proteste successive alle elezioni, quando Twitter era diventato il mezzo di comunicazione fra i cittadini iraniani, nell'organizzazione delle proteste, è un chiaro esempio del potere del web.
A questo punto del discorso, parlare di "Raiperunanotte" potrebbe apparire, ad alcuni, fuori luogo od eccessivo. Eppure, a prescindere dalle ideologie politiche di ciascuno e dall'opinione personale in merito alla decisione del CdA della Rai di sospendere i talk show fino alla data delle elezioni, appare chiaro a chiunque come giovedì sera internet ha mostrato tutta la sua forza e la capacità di superare i media tradizionali.
Lo streaming della trasmissione ha totalizzato 120 mila accessi contemporanei e circa 1 milione e 700 mila visitatori unici; su Repubblica.it sono stati invece raggiunti i 60 mila accessi unici contemporanei: numeri che mostrano come il programma, non trasmissibile sulla Rai, abbia comunque avuto la possibilità di raggiungere gli spettatori, che hanno utilizzato il web per assistere alla trasmissione di Santoro e Co.
Oltre alla rete, anche radio, televisioni locali, digitale terrestre e satellite sono stati adoperati per la messa in onda di "Rai per una notte", ma è indubbiamente il popolo del web il vero vincitore della serata.
Oltre ai numerosi accessi, i portali di social networking, Facebook in primis, si sono trasformati in un salotto virtuale nei quali scambiare opinioni sugli interventi dei diversi ospiti: commenti sulle provocazioni di Luzzati, elogi alla vivacità perenne di Benigni e così via, che venivano commentati via via da altri utenti, anch'essi intenti a seguire il programma.
Infine, i gruppi e le pagine intitolate a "Rai per una notte", una volta terminato il programma, hanno visto aumentare copiosamente il numero degli iscritti: siamo nell'era del Web 2.0, il fragore degli applausi diventa il numero degli iscritti ad un gruppo su Facebook.

giovedì 25 marzo 2010

INFANZIA E INTERNET: TELEFONO AZZURRO 'CONNETTE' GENITORI E FIGLI

[AGI 25/03/2010]I social network sono sempre piu' diffusi tra le nuove generazioni e i dati lo dimostrano: il 71,1% degli adolescenti 'frequenta attivamente' Facebook e il 17,1% ha un profilo su MySpace. Il 47% ha avuto esperienza di contatti in rete allo scopo di fornire dati personali, il 41,4% e' entrato in siti che indicavano il divieto di accesso per i minori e il 39,8% ha ricevuto almeno una volta richieste di incontro dal vivo da uno sconosciuto. I bambini sotto gli 11 anni che 'chattano' sono arrivati al 42%. E' quanto emerge da uno studio di Telefono Azzurro.
"Telefono Azzurro" e' da sempre consapevole del pericolo che i minori possono incontrare in rete e per questo motivo, all'interno della Fiera di Bologna organizzera' il 28 Marzo, nell'Auditorium della Sala Borsa, in occasione della Fiera internazionale del libro per ragazzi, il laboratorio Ci@o C6? e a seguire la conferenza "Ragazzi connessi". Nel primo pomeriggio bambini e ragazzi potranno navigare consapevolmente nel Laboratorio Ci@o C 6? (eta' indicata: 10-13 anni), mentre i loro genitori avranno l'occasione di confrontarsi con gli esperti di Telefono Azzurro e dei Social Network italiani per imparare a guidare al meglio i propri figli nel mondo digitale e delle reti telematiche. "Controllo parentale", navigazione assistita da un adulto, e altri segreti della rete che spesso dividono i piu' grandi dai piu' piccoli, saranno i temi trattati ed esemplificati. Nel prosieguo del pomeriggio e' prevista la conferenza 'Ragazzi Connessi: conoscere il mondo digitale per una navigazione consapevole'. Un appuntamento irrinunciabile per dare la possibilita' ai giovani di confrontarsi con gli esperti di Telefono Azzurro e di MyPage, il primo sito didattico dedicato ai bambini dai 5 anni in su, lodato da molti pedagogisti.
I due eventi sono correlati alla nascita de "La Biblioteca di Telefono Azzurro", la collana edita da Azzurro Press. Piu' di 18 titoli che, oltre alla sicurezza in Internet, trattano argomenti di grande attualita' quali Bullismo, Separazione e divorzio. Da segnalare il 23 Marzo alle ore 11:00 presso la Fiera di Bologna nella Sala Melodia, la presentazione dei primi quattro volumi. Telefono Azzurro, con lo scopo di promuovere la nuova collana su tutto il territorio bolognese, sara' presente con uno stand all'interno della Fiera internazionale del libro per ragazzi. (AGI) Mir

lunedì 22 marzo 2010

Localizzazione, nasce la folla elettronica

[L'espresso 22/03/2010] Andate sul sito di Gowalla e osservate che cos’hanno fatto negli ultimi giorni le persone iscritte al servizio: un elenco vi dice i locali che hanno frequentato, le stazioni, gli aeroporti… Ci sono le foto, qualche commento… Si chiama “localizzazione” e sarà la protagonista di una nuova ondata di innovazioni in arrivo. Significa che il cellulare vi suggerisce i ristoranti, i cinema, i musei nelle vicinanze, ma soprattutto se in un locale dove state entrando, o in una piazza, un parco, un aeroporto, ci sono vostri amici da qualche parte. La localizzazione è la prossima scommessa del web perché si porta dietro un ricco business pubblicitario. Google sta migliorando la sua applicazione Latitude per l’iPhone, Apple sta mettendo a punto iGroup e così via. È il web 2.0 portato agli estremi sul cellulare: il desiderio delle aziende (in particolare i negozi) di identificare i clienti che passano nei dintorni si sposa con il desiderio delle persone di comunicare. Oggi il New York Times se ne occupa (l’articolo è qui) raccontando una serata ad Austin: alla fine di un concerto, migliaia di giovani decidono di muoversi seguendo i suggerimenti di Foursquare e Gowalla due applicazioni che ti segnalano non solo i centri di attrazione della zona, ma anche dove stanno andando i vostri amici. Non si segue più il flusso umano, ma quello elettronico. Certo è comodo scoprire con un clic se nei dintorni c’è qualche amico con cui chiacchierare o esiste qualche negozio che vende le scarpe che stiamo cercando e a che prezzo. Quello che preoccupa è la violenza con cui il “mercato” spinge verso l’abbattimento di ogni forma di privacy. Se l’ecologia della comunicazione evolverà nella direzione descritta sulla rete resterà traccia di ogni spostamento, di ogni acquisto, di ogni incontro dei milioni di abbonati che accetteranno questo tipo di servizi. Certo, il senso della privacy sta cambiando e non ci si può opporre a questa tendenza storica, anche se talvolta appare allarmante. Ma forse si può obbligare i detentori di certi servizi a cancellare i dati entro un tempo ragionevole. La rete è libera, ma non deve diventare il far west.

Piattaforme di connessione: il traffico dai social network

[Club Dei Media Sociali 22/03/2010]

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Cosa interessa al pubblico dei social network? L’agenzia Citika ha analizzato il traffico online che parte dalle reti sociali. Le persone su Facebook preferiscono “notizie” (il 28% degli utenti), “community” (17%) e “istruzioni per fai da te” (13%). Diventa interessante confrontare le rilevazioni di Citika con il monitoraggio demografico di Royal Pingdom: il 61% degli utenti nel social network ha più di 35 anni.
Diverso è il caso di MySpace: da qui il traffico è diretto soprattutto alle categorie “videogame” (28%) e “intrattenimento” (23%). Un dato in linea con la fascia d’età più consistente su MySpace: un utente su tre ha 17 anni o meno. Twitter, poi, si conferma come una piattaforma che riunisce persone interessate alle notizie e agli aggiornamenti: il 47% del suo pubblico arriva su siti di informazione, il 10% si interessa di tecnologia e il 10% all’intrattenimento. Il 64% degli utenti ha più di 35 anni: come per Facebook, è consistente la presenza di adulti. Sono meno definite le preferenze del pubblico di Digg (uno spazio di social bookmarking popolare soprattutto negli Stati Uniti): intrattenimento (18%), videogames (17%), news (13%), tecnologia (12%). Su Digg sei utenti su dieci hanno 35 anni o più. In particolare, negli spazi sociali analizzati da Citika, è consistente la categoria “altri”: rappresenta il 17% del traffico da Facebook, il 23% da MySpace, il 23% da twitter e il 26% da Digg.
Altre ricerche chiariscono i comportamenti nei social network. Barracuda networks offre una lente d’ingrandimento sull’audience di twitter. Se il 74% degli utenti ha meno di dieci followers, il 17% non ha nessun follower. Il 60% di chi utilizza i microblog, poi, segue meno di dieci persone e il 20% non segue nessuno. Dati che sembrano indicare una coda lunga: tante piccole nicchie che insieme, costituiscono il social network. In particolare, il 66% degli utenti di twitter ha numero uguale di followers e di following. Da tempo Hitweise analizza l’evoluzione e la crescita di Facebook. Ha evidenziato il sorpasso del social network su Google per una settimana nel traffico online (anche se le rilevazioni conteggiano unicamente google.com). In un recente post, Hitweise ha sottolineato che gli utenti del social network fondato da Mark Zucherberg sono più propensi a diventare un pubblico fedele per quanto riguarda la lettura delle notizie rispetto a chi usa Google News: secondo la società d’analisi, infatti, il 78% delle persone che utilizzano Facebook è costituito da “returning visitors”, rispetto al 64% di Google News. Il rallentamento di MySpace, invece, è segnalato anche dall’accesso da cellulari: per Comscore il social network fondato da Chris DeWolfe e Tom Anderson ha visto una riduzione del 7% nell’utilizzo da telefonino negli Stati Uniti rispetto a un anno prima.

(photo credits: Royal Pingdom)

venerdì 19 marzo 2010

Facebook più cliccato di Google l’amicizia vince sulle informazioni

[Corriere della Sera 18/03/2010]

Per una settimana il social network ha scavalcato il motore di ricerca

Costumi in Rete - Il dato si riferisce alla navigazione sulla homepage dei due portali

Facebook più cliccato di Google l’amicizia vince sulle informazioni

Per una settimana il social network ha scavalcato il motore di ricerca

Non vivo negli Stati Uniti, ma il sorpasso l’ho fatto anch’io. La mattina presto, quando bevo il caffè e vado online. Prima (il Web 2.0 ha molti prima) andavo sui siti dei grandi quotidiani nazionali ed esteri. Ora, come prima cosa, scorro la rassegna stampa virale creata dai miei amici di Facebook (non amici; amici su Facebook). Moltissimi taggano (e ci puoi cliccare sopra) articoli, video, iniziative che gli interessano. Scendendo lungo la pagina posso sapere contemporaneamente (a) cosa sta succedendo, (b) che fanno i miei amici-amici, (c) che aria tira. Alle sette posso vedere (per dire) di che umore sono nel gruppo Fb «Minzolini belli capelli» e cosa segnala, prima di andare a dormire, qualche tecnocrate californiano.

Ieri i «technocrati » segnalavano che negli Usa, per una settimana di fila, Facebook ha battuto Google come numero di utenti unici. Di poco, il 7,07% (e un anno fa erano solo il 2 per cento) contro il 7,03%. Era già capitato per un giorno o due; ma è il primo sorpasso settimanale. Riguarda solo le home page (poi Google ha una marea di servizi e modalità di ricerca; se si contano tutte le pagine viste, Fb è terzo dopo Google e Yahoo!); ma dimostra come — lo ha scritto ieri il Financial Times —il Web stia diventando «more sociable than searchable»: più socievole che ricercabile. Ovvero: ci si collega per avere contatti e condivisioni con altri umani, più che per informarsi, farsi una cultura, inseguire curiosità. Ma non lamentiamoci, non polemizziamo con l’umanità perché invece di seguir virtute e conoscenza cerca socialità virtuale. In ogni centro città (o centro commerciale) è minoranza la gente che va al cinema o in libreria, è maggioranza chi girella, incontra gli amici o li aspetta al bar. Anche in rete è così. Sempre di più. Il tempo passato sui social networks è aumentato in un anno dell’82 per cento in tutto il mondo; ora è sulle cinque ore e mezzo mensili per individuo collegato.

Gli americani, su Facebook, passano sei ore e mezza; su Google, magari per trovare il nome di un regista o il numero di un ristorante, due ore e mezza scarse. Inevitabilmente, il tempo di vero seppur virtuale contatto con altri umani è infinitamente minore di quello che si passa — anche online — seduti al bar ad aspettare qualcuno e a guardare la gente che passa. Cioè: per una piccola parte del tempo si chatta o ci si scrive sulle bacheche; per il resto, ci si fanno gli affari altrui, leggendo cosa scrivono gli amici, guardando le foto di tutti, cliccando su gruppi-scemenze-notizie segnalate. Perché seguire il monologo interiore collettivo in continua evoluzione di Fb è affascinante. Certo, la maggioranza, quelli che sono amici dei loro amici e di qualcuno noto che a loro piace, rischia in questo modo un’informazione univoca e una polarizzazione delle posizioni politiche (tra l’altro). Insomma, chi è di sinistra diventa fan di Informare per resistere, quelli di destra taggano articoli di Vittorio Feltri; se non si hanno amici online in comune si può vivere ignorandosi (a volte è anche bello). Però quando si discute è interessante. Come sono interessanti certe storie personali che si dipanano tra bacheche. Troppo dipanate e troppo personali, a volte. Proprio ieri, mentre il Financial Times annunciava il sorpasso, il New York Times raccontava come i rischi di intrusione aumentino per i più disinvolti e ciarlieri di Fb. Concludendo con il consiglio di Jon Kleinberg, professore alla Cornell University: «Quando siete online, dovreste comportarvi come se foste in piazza — perché è sempre più così». È sempre più così. Ma non vuol dire «non andate in piazza», anche perché pochi gli darebbero retta.

Maria Laura Rodotà

Facebook "censura" le sentinelle contro il razzismo: in 36mila protestano

[Il Messaggero 17/03/2010]
di Laura Bogliolo

ROMA (17 marzo) - Trentaseimila persone non sanno più dove segnalare i gruppi razzisti che nascono ogni giorno su Facebook. La pagina “Basta con il razzismo” non ha più i suoi amministratori. Tra gli ultimi gruppi che i 36mila hanno aiutato a chiudere “Tre motivi perché Et è meglio di un extracomunitario” e “W le crociate”.

Account disattivati. Gli amministratori del gruppo "Basta con il razzismo su Facebook" raccontano di aver trovato i loro account disattivati la mattina del 15 marzo. Come è successo? Con una valanga di segnalazioni contro i loro account ai gestori del social network. «Facebook ha disattivato i nostri account nello stesso momento, senza nessun tipo di avviso o spiegazione, ma si è limitata a "contare" le segnalazioni contro di noi, senza voler verificare che mai, in nessun modo, abbiamo violato la policy del network». A raccontarlo Alessandro Pomponi, 41 anni, romano, uno degli amministratori.

Minacce contro il gruppo. Secondo Alessandro i detrattori del gruppo contro il razzismo hanno messo in pratica una sorta di “attacco” simultaneo contro il suo account e quello dei suoi amici. Il gruppo, che si definisce apolitico e apartitico, aveva ricevuto anche minacce. «Ci scrivevano "occhio a come vi comportate,vi teniamo d'occhio,abbiamo tutti i dati per venirvi a fare una visitina"» racconta James Alvaro Arata, un altro degli amministratori del gruppo.

Anche Alessandro dice di essere stato vittima dei “disturbatori”, anzi di una pagina fake. «Qualcuno - afferma - ha creato un account con finto con il mio nome e cognome, ha messo anche la mia foto presa da un altro mio sito».

Utenti da tutta Italia. «Nel gruppo c'è gente di sinistra, ma anche di destra – assicura Pomponi - non vogliamo fare politica, ci interessa solamente lottare contro il razzismo, in ogni sua forma».

Ma è così facile far chiudere un gruppo o un account su Facebook?. «Per i gruppi più violenti - spiegan Alessandro - nel giro di due o tre giorni Facebook procedeva con la disattivazione, per altri sono passati anche sei mesi. Ma come funziona? Il social network dedica una pagina al tema e spiega che incoraggia gli utenti a segnalare abusi cliccando su un pulsante “segnala” che si trova sotto ai contenuti considerati inappropriati.

Dopo aver cliccato su “segnala” si apre una maschera nella quale è possibile specificare il tipo di abuso e scrivere una segnalazione dettagliata. «Facebook – si legge - esamina le segnalazioni e determina se il contenuto in questione debba essere rimosso o no». Nel caso del gruppo contro il razzismo o il social network ha individuato delle violazione alle norme che regolano l'uso della piattaforma o, più semplicemente, ha solo “contato” il numero di segnalazioni negative contro gli amministratori del gruppo.

Per ora nessuna risposta alle sentinelle contro il razzismo. I ragazzi hanno creato un nuova pagina di protesta contro quanto accaduto e stanno cercando di comunicare con gli amministratori del social network inviando e-mail.

La nuova tattica dei troll razzisti: creare gruppi "segreti". James segnala inoltre che ci sono ancora moltissimi gruppi razzisti, come quelli contro i rom «ma gran parte sono stati resi segreti in questi giorni, dato che c'è stata una campagna nella quale si comunicava a tutti di stare attenti alle nostre segnalazioni». Gruppi segreti, dice James, ossia con un accesso non pubblico.

L'ultima battaglia dei 36mila contro il razzismo era proprio quella contro i troll disturbatori che creano gruppi estremamente provocatori, come quello che esultava per il terremoto ad Haiti o che invitava a segregare le donne in cantina e picchiarle.

Ma qualcosa è andato storto. E le sentinelle contro il razzismo sono state messe a tacere. Anche loro hanno violato qualche regola? Un semplice errore dei gestori del social network? A Facebook la risposta.

laura.bogliolo@ilmessaggero.it

giovedì 18 marzo 2010

La comunicazione politica 2.0 in Italia: meno male che Nichi c’è!

[Ninja Marketing 18/03/2010]

Quale settimana fa, come vi avevamo segnalato, il Dipartimento di Stato Usa ha sostituito il temine social network con il termine social media. L’amministrazione del primo President Internet ritiene che questi siano i nuovi mezzi di comunicazione di massa ai quali guardare per l’informazione del futuro.

Milioni di persone in tutto il mondo utilizzano ogni giorno e sempre di più i social network, non solo per comunicare, interagire, scambiarsi opinioni e organizzare la loro vita sociale, ma anche come principale fonte di notizie ed informazioni.

È chiaro quindi come essere semplicemente presenti su Internet non basti più ma occorra essere parte della rete, essere parte del nuovo sistema di conversazione, informazione, interazione e condivisione.

Ma i repubblicani non stanno a guardare e rispondono a tono all’amministrazione democratica con le parodie di due famosissimi spot per celebrare il primo anniversario del Recovery Act.

Il primo prende spunto dallo spot dell’iPhone, mentre il secondo che vi proponiamo è la parodia dello spot Google trasmesso durante il Super Bowl.

E in Italia? Esattamente come moltissime aziende e brand italiani, anche la politica ancora fatica a capire le nuove dinamiche di relazione con i cyber-cittadini e ad utilizzare tecniche di comunicazione politica al passo con i tempi.

Partiamo dalla Polverini, candidata per il Lazio. Presente su diversi social media (Twitter, Youtube, Facebook, ecc) questi canali sono usati come mezzi di propaganda, quasi come semplici protesi delle tv. Visitando il sito invece, la prima cosa che colpisce, quasi in senso fisico, è il video “Il Futuro è adesso”, buonista, populista e con delle scene riprese da Linea blu, probabilmente.

Da sottolineare la possibilità di inviare cartoline virtuali con gli slogan della candidata (l’elemento più virale della sua campagna!) e il VideoBox con ben 12 video messaggi degli utenti, tra l’altro registrati off-line. Voto 3 (e sono buona, visto che probabilmente nelle ultime settimane, a causa di un panino di troppo, lo staff della Polverini ha avuto ben altre cose più importanti di cui occuparsi). Voto 10 ai finti manifesti elettorali firmati Polverini/GreenPeace e voto 7 al video Save Polverini (lo so non c’entra nulla).

Peccato ancora non sia tempo della nostra Top 5 Horror, altrimenti come non dare il primo posto a Roberto Formigoni e alla sue meravigliose suonerie da scaricare? Non voglio neppure sapere a chi è venuta questa idea, vi dirò solo che il video di Formigoni, candidato per la regione Lombardia, che canta un rap e la suoneria Insieme a Silvio sono indecenti e non avendo avuto il coraggio di ascoltare RadioFormigoni, non posso aggiungere altro. Voto? Secondo voi?

Proseguiamo la nostra personale rassegna con Antonio Di Pietro. Già lo scorso anno l’ex magistrato di Tangentopoli ha dimostrato di essere uno dei pochi politici italiani vicino al mondo dei new media, con la campagna virale “In Italia si vedono cose strane”, di cui vi avevamo ovviamente parlato.

Presente su tutti i social media, l’impressione che si ha (a parte Twitter, aggiornato durante la manifestazione a

Roma dello scorso sabato) è che sia davvero lui a scrivere sul blog e sulla sua fan page Facebook e non qualche anonimo collaboratore del suo staff.

Ovviamente è solo un’impressione, pare però che non sia solo mia, di fatti i social media del leader dell’Italia dei Valori sono seguitissimi e numerosi i feedback degli utenti. Infine il canale Youtube, utilizzato oltre che in maniera tradizionale, anche per condividere divertenti video, potenzialmente virali, che rispecchiano alcune tendenze tipiche del popolo della rete, come ad esempio gli spoof. Voto 6.

Come non ricordare poi Emmatar, video virale che vi avevamo già segnalato, realizzato da alcuni sostenitori di Emma Bonino, altra candidata per il Lazio, per lanciare il nuovo sito Boninopannella.it. C’è poi la sezione del sito che cerca di andare oltre la semplice mobilitazione con l’obiettivo di creare un team per un’operazione organizzata e continua di presenza radicale sulla rete, utilizzando gli strumenti del web 2.0, l’integrazione con le reti sociali e la sperimentazione di processi collaborativi.

Ed infine il Contest video: 60 secondi per Emma, una chiamata alle armi per i creativi 2.0 che punta al coinvolgimento delle persone interessate proponendo tre spunti da cui partire per realizzare un video da 60 secondi: legalità, trasparenza e fiducia. Il video vincitore sarà utilizzato da Emma Bonino nell’ambito della sua campagna per la Presidenza della Regione Lazio (grazie ad Andrea Carnevali per la segnalazione). Anche in questo caso voto 6.

Infine Nichi Vendola, candidato per la regione Puglia, definito in un articolo de La Repubblica, laboratorio d’Italia.

L’uso perfetto dei social media, accompagnato da un’ottima campagna elettorale e due progetti davvero innovativi: Nichipedia e La Fabbrica di Nichi.

Ancora una volta Nichi Vendola dimostra di essere ironico e di saper prendersi in giro, qualità che lo avvicinano alla gente comune e che rendono la sua comunicazione forte ed efficace.

Se durante la sua prima campagna elettorale doveva difendersi dall’accusa di diverso perchè gay, accusa a cui rispose con lo slogan: “Diverso. Da quelli che oggi governano la Puglia. Vendola Presidente, c’è una Puglia migliore” (chapeau), oggi l’accusa è di essere un poeta, ovvero se da una parte gli vengono riconosciute in maniera implicita le sue abilità linguistiche, dall’altra si lascia intendere non troppo sottilmente la sua poca concretezza.Nascono così una serie di slogan tutti in rima baciata, allegri, diretti, comprensibili da tutti, leggeri ma dal significato pesante e ancora un volta forte.

Il progetto Nichipedia invece è una sezione del sito dove per ogni tema è possibile leggere le proposte del candidato segnalando per ogni argomento ciò che va, ciò che non funziona o suggerendo la propria proposta per la Puglia del furuto.

Infine il progetto La Fabbrica di Nichi, non un semplice comitato elettorale, ma uno spazio virtuale e fisico diverso, attivo, creativo e collaborativo. Voto 9 e vi propongo l’ultimo, secondo me molto bello, spot elettorale del candidato per la regione Puglia.


In definitiva, da una parte costretta dal monopolio televisivo della destra dall’altra perché tendenzialmente meno conservatrice, la sinistra italiana sembra aver imboccato la giusta strada della comunicazione politica 2.0, mentre la destra pare utilizzare i social media solo per essere presente nel web senza comprenderne appieno il perché. Voi cosa ne pensate?

mercoledì 17 marzo 2010

Facebook supera Google negli Usa

[La Stampa 17/03/2010] NEW YORK
La settimana scorsa, Facebook è stato il sito più visitato della Rete negli Stati Uniti, superando per la prima volta il motore di ricerca. Altre volte il social network si era piazzato primo, ma non era mai successo per un'intera settimana.

Il Financial Times riporta l'indagine della società di ricerca HitWise, secondo la quale su Facebook si è concentrato il 7,07 per cento degli utenti Internet. Leggermente dietro Google, con il 7,03 per cento.

Lo scorso anno solo il 2% dei navigatori americani frequentava Facebook: il balzo - spiega il Financial Times - indica come la rete più che limitarsi alla ricerca, è ormai un social network. E di questo Google se ne è resa conto, tanto che ha lanciato lo scorso mese il proprio social network, Buzz. Un altro dato che conferma la funzione "sociale" della rete è il tempo passato sui siti di social network dagli statunitensi: in media gli utenti di Facebook, Twitter e degli altri network sono rimasti sul sito per circa 6 ore e mezzo al mese, Google "si ferma" a due ore e mezza.

Altro dato a favore di Facebook: la crescita. Le visite al sito di Mark Zuckerberg nell'ultimo anno sarebbe aumentate del 185 per cento, mentre il traffico di Google sarebbe sostanzialmente invariato. Gli utenti di Facebook sono raddoppiati in poco tempo, passando dai 200.000 dell’aprile scorso ai 400.000 di febbraio.

La previsione degli analisti è quindi che il sorpasso non sia momentaneo. Facebook pare destinato a mantenere il suo primato ancora a lungo.

Le telecamere di Google fuori dalle strade di Gomorra

[Corriere della Sera 17/03/2010]Fotografati i quartieri di Napoli per il servizio «Street View», non le vie dello spaccio a Scampia

IL CASO

Le telecamere di Google
fuori dalle strade di Gomorra

Fotografati i quartieri di Napoli per il servizio «Street View», non le vie dello spaccio a Scampia

Il quartiere di Scampia su Google Maps: le strade non sono evidenziate, significa che non è possibile attivare il servizio 'Street View'
Il quartiere di Scampia su Google Maps: le strade non sono evidenziate, significa che non è possibile attivare il servizio "Street View"
NAPOLI — Sullo schermo del pc si possono vedere — e avere quasi la sensazione di essere lì — le strade del Bronx e le banlieue parigine, il Red light district di Amsterdam e il Tepito, roccaforte degli spacciatori di Città del Messico. Ma non Scampia, quartiere di Napoli, Italia. Come Medellin, patria dei narcos colombiani, la casbah di Algeri e le favelas di Rio, anche il rione 167 — quello dei palazzoni orrendi, del traffico di droga a ogni ora e della faida tra i Di Lauro e gli scissionisti che è stata l’ultima guerra di camorra a Napoli — è fuori dalla mappatura di Google Street View, il servizio offerto dal più grande motore di ricerca della Rete che ha messo il mondo a portata di mouse.

Non è dato sapere il perché. Da Google Italia non arriva una spiegazione precisa. Una portavoce ammette che «a volte le nostre auto non entrano in zone dove le strade sono particolarmente strette», ma questo non è il caso di Scampia, dove ci sono forse le vie più larghe di Napoli. Altre ipotesi non ne vengono fatte: «Il servizio è curato dalla struttura internazionale, dobbiamo chiedere a loro. Servirà qualche giorno». Sapremo, dunque, quando sarà il momento, anche se da chi vive nel tempo reale di internet ci si sarebbe aspettati una risposta immediata o quasi. Intanto Google Map è lì, e resta la stranezza dell’intera zona circostante coperta da Street View, e Scampia in mezzo come un’isola oscurata. Le immagini dal satellite ci sono, si riconoscono le «vele», la famigerata via Baku, teatro di una infinità di agguati, i tetti delle «case dei puffi», palazzi dipinti di celeste dove si trovano più spacciatori che abitanti. Ma le immagini a livello strada si fermano da un lato in via Fratelli Cervi e dall’altro in via Labriola, posti dove pure la polizia fa arresti in continuazione, ma ancora ai margini rispetto al degrado del rione.

Senza una spiegazione ufficiale si possono avanzare ipotesi. Si potrebbe pensare, per esempio, che i clan della zona non avessero piacere di veder circolare nel quartiere una macchina che fotografa tutto per metterlo poi in Rete, e che si siano quindi mossi per impedirlo, magari avvicinando autista e operatore e convincendoli a girare alla larga. Ma una rapida verifica in commissariato lo farebbe escludere: nessuno di Google ha mai denunciato intimidazioni, né risulta che qualcuno abbia chiesto l'accompagnamento di una volante, come capita abitualmente per troupe televisive sia italiane che straniere. Un'altra cosa che verrebbe da pensare è che gli inviati di Google possano aver preferito evitare quella zona, anche senza che nessuno li minacciasse, giustamente preoccupati dalla pessima fama di cui gode Scampia. Ma pure questo ragionamento vale fino a un certo punto, perché in quartieri come lo Zen o Brancaccio a Palermo, il servizio di Street View funziona, e se non c'è a Bari Vecchia, lì può essere davvero perché le strade sono troppo strette. Quindi il discorso torna solo su Scampia. E sull'occasione persa (almeno finora) di far vedere in Rete questo quartiere che comunque non è l’inferno in terra: è pieno di criminali, sì, ma anche di gente per bene e di parrocchie e di scuole dove si lavora ogni giorno anche più e meglio che in tanti altri quartieri di Napoli.

Fulvio Bufi

Rete Libera, i “pirati” si danno appuntamento a Roma per il 20 marzo

[CiaoBlog 16/03/2010]

È passato un anno dalla prima edizione della Festa dei Pirati – tenutasi il 28 marzo 2009 al Teatro delle Arti nel quartiere Garbatella di Roma.

La manifestazione ha riscosso un successo tale da “meritarsi” un altro giro di giostra.

L’obiettivo dell’incontro e è quello di dar voce ad una vera e propria corrente culturale, quella che ritiene la “pirateria telematica” un consapevole atto di disobbedienza civile e non un atto di inciviltà che teso a “derubare” gli autori delle loro opere.

Il movimento – che riscuote consensi negli USA come in Europa – ritiene che il diritto d’autore sia una gabbia che impedisce la reale innovazione creativa, i cui effetti procurerebbero proventi agli stessi autori.

Sono moltissimi gli attivisti italiani e stranieri che promuovono il libero scambio di beni intellettuali, le loro ragioni non sono quelle tipiche dell’egoismo criminale, ma piuttosto quelle del bene comune.

Invece di restare in casa a vergognarsi per aver “rubato” brani musicali, film, libri o quant’altro, i pirati si ritroveranno – ancora una volta – a Roma, il 20 marzo al teatro Capranica; per incontrarsi, dibattere e difendere il diritto alla conoscenza. Tra le novità di quest’anno, troviamo l’istituzione di corsi pratici anti-censura.

Il dato da cui nessun commento può prescindere è che i due terzi del traffico internet sono generati dal peer-to-peer; tentare di ignorare la realtà o di contrastarla è di certo molto più faticoso e dispendioso rispetto a quanto lo sia sforzarsi di capire innanzitutto perché e come si è arrivati a questo stato di cose e – in secondo luogo – cominciare a chiedersi: è davvero così terribile?

Il Movimento ScambioEtico – fautore della manifestazione – intende dimostrare che “la difesa a oltranza della proprietà intellettuale, non solo è tecnicamente impossibile, ma incompatibile con il futuro della libera informazione e della creatività in rete“.

Nel corso della Festa dei Pirati verranno analizzate al microscopio le misure adottate dal governo in materia di Internet, si indagheranno le nuove possibilità offerte dal passaggio al web 2.0, si presenteranno software capaci di garantire l’anonimato e la libertà di navigazione – in particolare per gli utenti che vivono in paesi dove Internet viene censurato.

Fra i partecipanti segnaliamo alcuni rappresentanti del Partito Pirata svedese, gli ideatori del sito – fuorilegge in quasi tutta Europa – “The Pirate Bay”, blogger di fama internazionale e artisti di avanguardia.

Alla luce di tutto questo, si può ben dire che – al di là delle posizioni – i “pirati telematici” sono più i membri di un movimento culturale che quelli di un’associazione a delinquere.

Anna Coluccino

martedì 16 marzo 2010

Social network, chat e gioco: la famiglia italiana nell’era 2.0

[IT Espresso.it 16/03/2010] Da una ricerca effettuata da Nextplora per Microsoft emerge il ruolo predominante di Internet nelle famiglie italiane: dominano i servizi di social networking e le chat, anche tramite console di gioco.

Il ruolo della console per i videogiochi è sempre stato chiaro e lapalissiano. Piazzata nella camera dei figli, la console ha avuto sempre e solo il compito di intrattenere, far divertire, in una parola, giocare. Oggi le cose non stanno più così, perchè soprattutto il mondo dell’elettronica di consumo ha subito un profondo cambiamento all’insegna delle interconnessioni. Termine altisonante, ma assolutamente semplice nel significato: un dispositivo può comunicare con altri dispositivi e lavorare insieme ad essi. Tutto questo grazie a Internet. Come già smartphone, notebook e netbook, anche le console di gioco (xBox 360, Playstation, Wii…) non potevano essere immuni da questo fenomeno, sempre più potenti per giocare, ma capaci di collegarsi al Web, connettere il giocatore con altri utenti per sfide online, fornire gli strumenti per chattare, scambiare opinioni ed esperienze.

Questo è anche quel che emerge dalla ricerca effettuata da Nextplora e commissionata da Microsoft su come gli utenti comunicano online: quattro su cinque utilizzano servizi di instant messeging e social networking (Facebook, MySpace, Twitter…), spendendo così il 38% del tempo complessivo passato sul Web. L’evoluzione delle console di gioco, come detto, ha fatto sì che anche queste diventassero non più simbolo di asocialità e isolamento - come spesso è stato sostenuto - quanto piuttosto il contrario, ovvero un ulteriore modo di interagire con altri utenti, ovunque essi siano.

“Le console di nuova generazione escono dalle camerette e si presentano come il centro multimediale della casa - sostiene Andrea Giovenali, Presidente di Nextplora -, coinvolgono un pubblico sempre più adulto e femminile, e soprattutto si pongono come strumento di socializzazione e di interazione, online e offline, all’interno del gruppo dei pari e tra i fratelli, fino a diventare punto di incontro e di relazione tra genitori e figli”.

Facebook è accessibile anche tramite console Xbox 360

“Il fenomeno dell’Instant Messaging nel nostro Paese è stabilmente affermato - spiega Luca Colombo, Consumer & Online Marketing Officer di Microsoft Italia -, confermandosi uno dei mezzi di comunicazione e condivisione online preferiti per tutti coloro che vogliono restare in contatto e chattare con i loro amici in tempo reale. Con oltre 10.8 milioni di utenti, Windows Live Messenger è il più diffuso servizio di Instant Messaging in Italia. Intrattenimento, musica e gaming sono solo alcune delle esperienze che stiamo integrando in Windows Live Messenger - continua Colombo - per offrire alle persone il miglior strumento per comunicare con la loro rete di amici unito a un’ampia gamma di servizi innovativi in grado di estendere e condividere le loro passioni digitali anche sugli smartphone e su Xbox 360”.
Vediamo allora qualche dato emerso dalla ricerca di Nextplora. Il campione intervistato era composto da persone tra 16 e 55 anni, che abitualmente e in modo regolare utilizzano Internet. Nel 48% dei casi nelle famiglie è presente almeno una console di gioco fissa e il 34% degli intervistati dichiara di usarla per giocare, anche se saltuariamente. Benchè il mercato delle console non sia dinamico come può essere quello della telefonia mobile, il 41% ha acquistato la console nel corso dell’ultimo anno, segno che ampi sono ancora i margini di crescita in questo settore. La percentuale di acquisti recenti, se presi in considerazione gli ultimi due anni, sale addirittura al 67%. Abbiamo già sottolineato come dal punto di vista tecnico-tecnologico le nuove console diano la possibilità di andare oltre il semplice gioco: gli utenti sembrano non trascurare questo aspetto, se è vero che il 41% degli intervistati usa abitualmente la console per guardare film, ascoltare musica, vedere le proprie foto e collegarsi a Internet (una xBox 360 su tre è connessa al web per partite Live). La connessione a Internet tramite console è utilizzata non solo per giocare, ma anche per accedere ai social network e chattare con servizi di instant messaging.
E se in politica le quote rosa sono sempre al centro di polemiche, quando si parla di gaming non c’è dubbio che le donne siano ormai numericamente vicine alla parità con gli uomini: le donne rappresentano infatti il 41% degli internauti che hanno o giocano con una console, con maggiore concentrazione nella fascia d’età 35-44 anni.
Per quanto riguarda il social networking, il 74% degli internauti italiani è iscritto ad almeno un sito, mentre il 67% utilizza anche se saltuariamente un programma di chat. Per il 57% entrambe sono ormai attività entrate nella quotidianità.

La classifica dei programmi di instant messaging più conosciuti vede in testa Windows Live Messenger con l’83%, seguito da Skype (58%), Yahoo Messenger (34%), C6 Messenger (15%), Alice Messenger (20%) e Google Talk (19%).
Un altro dato curioso riguarda l’utilizzo della console all’interno del nucleo famigliare. Un po’ a sorpresa è emerso che il 52% dei genitori dichiara di giocare con la console, mentre i figli preferiscono le sfide con fratelli e sorelle (42%) a quelle da soli (39%) o con gli amici (32%). Tutto questo giocare, anche da parte dei genitori, non supera l’antico sospetto che i videogiochi sottraggano tempo utile allo studio (73%).

Alessandro Bosco

Web 2.0 econtrollo 2.0: "I nemici di internet" pubblicato il Rapporto di Reporters sans frontieres sulla cyber-cultura

[Ischia blog 15/03/2010] Alle cyberfemministe iraniane del sito “Change for Equality” il primo “Premio Netizen” organizzato da Reporters sans frontières con il sostegno di Google
La Giornata mondiale contro la cyber-censura si celebra ogni 12 marzo, con l’obiettivo di esprimere il sostegno di ognuno di noi per una rete Internet libera e accessibile a tutti. Reporters sans frontières pubblica in questa occasione la versione aggiornata del suo rapporto “nemici di Internet”, un elenco dei peggiori paesi per quanto riguarda le limitazioni dell’accesso on-line.

Logo della Giornata mondiale contro la cyber-censura

I nemici di Internet: Web 2.0 versus Controllo 2.0

La battaglia per un’informazione libera si gioca sempre più su Internet. La tendenza generale che si sta delineando è quella di un rafforzamento del controllo da parte di un numero crescente di paesi, ma anche di una crescita delle capacità di mobilitazione dei “netizens” (cittadini della rete) sempre più creativi e solidali.

Internet, spazio di scambi e di mobilitazione

Nei paesi autoritari, dove i media tradizionali sono sotto la mannaia del regime, Internet offre uno spazio unico di discussione e di scambio di informazioni, ma è anche motore della contestazione e della mobilitazione democratica. Internet rappresenta il crogiuolo in cui le società civili sotto controllo rinascono e si sviluppano.

I nuovi media e in particolare i social network hanno messo a disposizione della gente strumenti di collaborazione che permettono di sconvolgere l’ordine sociale. I giovani li hanno presi d’assalto. FaceBook è diventato un luogo d’incontro per i manifestanti che non possono scendere in piazza. Un semplice video su YouTube – Neda in Iran o la manifestazione arancione dei monaci birmani – può essere sufficiente a mostrare al mondo intero gli abusi dei governi. Una semplice chiavetta USB può permettere di diffondere delle informazioni proibite, come a Cuba dove sono divenute le “samizdat” locali.

Gli interessi economici e la difesa della libertà di circolazione dell’informazione vanno talvolta di pari passo. In alcuni paesi, sono le aziende che hanno ottenuto il migliore accesso ad Internet e ai nuovi media, a volte con delle ripercussioni positive per il resto della popolazione. Ostacolo per gli scambi economici, la lotta alla censura del Web dovrebbe figurare tra gli appuntamenti sull’agenda dell’Organizzazione mondiale del Commercio. Molti dei suoi membri, come la Cina e il Vietnam, dovrebbero essere costretti ad rendere libere le loro reti prima di unirsi al villaggio globale del commercio mondiale.

Riprendere in mano la situazione

L’epoca in cui Internet e i nuovi media erano territorio privato dei dissidenti e degli oppositori è passata. I dirigenti di alcuni paesi sono stati presi alla sprovvista dall’emergere delle nuove tecnologie e dalla comparsa di una nuova scena per il dibattito pubblico. La presa di coscienza è stata drammatica mentre la “Rivoluzione dei colori” diventava la “Rivoluzione di Twitter”. Ormai non è più questione di lasciare il controllo del cyberspazio alle voci discordanti. Con la censura dei contenuti politici o sociali grazie ai più recenti strumenti tecnologici, gli arresti e le intimidazioni di netizen, con la sorveglianza continua e la schedatura destinata a mettere in pericolo l’anonimato degli internauti, i governi repressivi sono passati all’azione. Nel 2009 più di una sessantina di paesi sono stati coinvolti in qualche forma di censura del web, ovvero ilo doppio di quanto successo l’anno precedente. Lo spazio “World Wide Web” è stato progressivamente limitato con la messa a punto di intranet nazionali, reti controllate, con contenuti “approvati” dalle autorità. UzNet, Chinternet, TurkmenNet, etc.: poco importa a questi dirigenti se gli internauti sono sempre più spesso vittime di una segregazione numerica. Il Web 2.0 si infrange contro il Controllo 2.0.

Qualche raro paese, come la Corea del Nord, la Birmania o il Turkmenistan, può permettersi di isolarsi completamente dal World Wide Web. La mancanza di sviluppo delle infrastrutture serve loro da pretesto. Nonostante tutto, il mercato nero delle telecomunicazioni prospera, come per esempio a Cuba o alla frontiera tra la Cina e la Corea del Nord.

I netizen sono colpiti a ritmo crescente. Per la prima volta dopo la creazione di Internet, è stato stabilito il record di quasi 120 blogger, internauti e cyberdissidenti dietro le sbarre per essersi espressi liberamente online. Le più grandi prigioni del mondo per i netizen sono la Cina, decisamente in testa con 72 detenuti, seguita da Vietnam e Iran, che negli ultimi mesi hanno dato il via ad una brutale ondata di arresti.

Anche altri paesi, che non hanno una strategia pianificata per il controllo o la repressione della rete, hanno in questi ultimi mesi arrestato dei netizen. In Marocco, un blogger e un proprietario di un cybercafé sono stati imprigionati dalle autorità locali per aver dato semplicemente informazioni sulla repressione di una manifestazione finita male. In Azerbaigian il potere ha messo le grinfie su Adnan Hadjizade e Emin Milli, due blogger che hanno denunciato la corruzione delle autorità e ne hanno fatto satira in un video diffuso su YouTube. Quattro giornalisti online sono anch’essi dietro le sbarre nello Yemen. E’ ancora troppo presto per dire se questi arresti sono dei casi isolati o se si tratta del tentativo di riprendere in mano la situazione dei nuovi media.

Sempre più frequentemente gli stati si dotano di legislazioni repressive e cominciano ad applicarle. E’ il caso della Giordania, del Kazakhstan, dell’Afghanistan e dell’Iraq. Le democrazie occidentali non sfuggono a questa logica di regolamentazione della rete. In nome della lotta contro la pedopornografia o contro il furto della proprietà intellettuale, leggi e decreti vengono adottati o sono in fase di esame in paesi come l’Australia, la Francia, l’Italia, la Gran Bretagna. A livello internazionale l’ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), che dovrebbe lottare contro la contraffazione, sta trattando in segreto, senza consultare ONG e società civile. Potrebbero essere decise misure potenzialmente liberticide come lo sviluppo di un sistema di filtraggio non sottomesso alla decisione di un giudice.

I paesi scandinavi stanno imboccando un percorso diverso. In Finlandia, il decreto n° 732/2009, che entrerà in vigore il 1° luglio 2010, fa dell’accesso ad Internet un diritto fondamentale per tutti i cittadini. In virtù di questo testo, ogni cittadino dovrà disporre di una connessione di almeno un megabyte. Nel 2010 la velocità dovrà essere elevata ad almeno 100 megabyte.

Da parte sua il parlamento islandese sta esaminando una proposta di legge molto ambiziosa, “Icelandic Modern Media Initiative” (IMMI), che vuole proteggere la libertà su Internet, garantendo la trasparenza e l’indipendenza dell’informazione. Se adottata, l’Islanda diventerà un paradiso cibernetico per i blogger e i giornalisti-cittadini.

La risposta degli utenti Internet

La cyberguerra tra netizen e autorità repressive si basa sull’efficacia delle armi a disposizione di ciascuno: sistemi di filtraggio e di sorveglianza sempre più performanti contro il criptaggio delle email, dei proxy e strumenti per aggirare la censura sempre più sofisticati (Tor, VPN, Psiphon, UltraReach, etc.). Quest’ultimi sono stati sviluppati grazie alla solidarietà dei netizen del mondo intero. Migliaia di iraniani per esempio utilizzano dei proxy destinati ai navigatori cinesi.

Anche le pressioni internazionali contano. Gli interessi geopolitici delle grandi potenze si manifestano anche sul web. Gli Stati Uniti hanno posto, nel gennaio 2010, la libertà di espressione su Internet come priorità della loro politica estera. Resta da vedere come applicheranno questa strategia alle proprie relazioni con i paesi stranieri e quale sarà la reazione dei paesi coinvolti.

Isolati, gli internauti, i dissidenti e i blogger sono vulnerabili. Cominciano dunque ad unirsi, in associazioni o aggregandosi sulla base delle battaglie che vogliono portare avanti. Così è nata un’associazione di blogger russi o un’altra in Marocco, dei gruppi di internauti della Bielorussia che lanciano delle campagne contro le decisioni del governo, fino ad altre associazioni di blogger egiziani mobilitati contro la tortura o il costo della vita e anche di internauti cinesi che organizzano dei cybermovimenti in favore dei manifestanti iraniani su Twitter. Che le loro cause siano nazionali o mondiali, le battaglie che portano avanti si fanno sentire e determineranno come sarà Internet del futuro. La resistenza si organizza.

I nemici di Internet 2010

La lista dei nemici di Internet compilata da Reporters sans frontières, raggruppa anche quest’anno i paesi che hanno violato maggiormente la libertà di espressione sulla rete: l’Arabia Saudita, la Birmania, la Cina, la Corea del Nord, Cuba, l’Egitto, l’Iran, l’Uzbekistan, la Siria, la Tunisia, il Turkmenistan, il Vietnam.

Tra questi paesi, alcuni impediscono a qualsiasi costo ai loro cittadini l’accesso ad Internet: la Birmania, la Corea del Nord, Cuba, l’Eritrea e il Turkmenistan, paesi in cui gli ostacoli tecnici ed economici sono uniti ad un controllo statale e all’esistenza di un Intranet molto limitata. Blocco di Internet o rallentamento fortissimo sono fatti usuali nei momenti difficili. L’Arabia Saudita e l’Uzbekistan optano per un filtraggio così imponente da indurre i loro internauti all’autocensura. La Cina, l’Egitto, la Tunisia e il Vietnam consentono lo sviluppo delle infrastrutture a fini economici, ma controllano da vicino i contenuti politici e sociali (i sistemi di filtraggio in Cina e in Tunisia sono sempre più sofisticati) e mostrano una profonda intolleranza verso le voci dissidenti. La grave crisi interna che sconvolge l’Iran da mesi ha preso nella propria rete i netizen e i nuovi media, divenuti a loro volta i nemici del regime.

I paesi sotto sorveglianza 2010

Tra i paesi “sotto sorveglianza”, molti sono democratici. L’Australia, a causa della prossima installazione di un sistema di filtraggio della rete molto potente e la Corea del Sud, dove leggi troppo severe inquadrano gli internauti, mettendo in gioco il loro anonimato e inducendoli all’autocensura.

Quest’anno fanno il loro ingresso in questa lista la Turchia e la Russia.

In Russia, in seguito al controllo esercitato dal Cremlino sulla maggioranza dei media, Internet è divenuto lo spazio per lo scambio delle informazioni più libere. Ma la sua indipendenza è minacciata da arresti e procedimenti giudiziari verso blogger, così come dal blocco dei siti “estremisti”, che non sempre sono veramente tali. La propaganda del regime è sempre più presente in rete. Esiste un rischio concreto che Internet si trasformi in uno strumento di controllo politico.

In Turchia, gli argomenti tabù riguardano soprattutto Ataturk, l’esercito, i problemi delle minoranze (curde e armene) e la dignità della nazione. Questi fungono da pretesto per bloccare diverse migliaia di siti, tra cui YouTube, suscitando forti proteste. I blogger e gli internauti che si esprimono liberamente su questi argomenti si espongono a rappresaglie, soprattutto di tipo giudiziario.

Altri paesi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, la Bielorussia e la Tailandia, restano nella lista dei “paesi sotto sorveglianza” con la speranza che adottino delle misure per non scivolare in quella dei “nemici di Internet”: la Tailandia, a causa degli abusi legati al reato di lesa maestà, gli Emirati a causa del rafforzamento dei filtri e il presidente bielorusso per aver firmato di recente un decreto liberticida che regola la rete e che entrerà in vigore in estate, qualche mese prima delle elezioni.

Alla vigilia della Giornata mondiale contro la cyber-censura e con il sostegno di Google, Reporters sans frontières ha assegnato il primo “Premio Netizen” alle cyberfemministe iraniane del sito web Change for Equality (www.we-change.org, versione inglese www.we-change.org/english). Il Premio è stato consegnato dal giornalista francese Jean-Marie Colombani a Parvin Ardalan, giornalista, blogger e attivista per i diritti umani, una delle fondatrici del sito, in una cerimonia tenutasi presso la sede di Parigi di Google Francia.

“Siamo molto lieti che alle donne blogger iraniane sia andato il riconoscimento del primo “Premio Netizen”, ha detto Reporters sans frontières. ”‘Internet è stata di grandissimo aiuto nel difendere la libertà e la democrazia in Iran dopo la rielezione contestata del presidente Mahmoud Ahmadinejad lo scorso giugno. La maggior parte delle foto e dei video che abbiamo visto degli eventi in Iran sono stati inviati via Internet.”

L’organizzazione per la libertà di stampa ha aggiunto: “La blogosfera iraniana è molto attiva e merita un forte sostegno. Senza questi Netizen coraggiosi e determinati, saremmo privati di informazioni essenziali per capire il nostro mondo “.

Il senior vice-presidente di Google, David Drummond, ha dichiarato: “La libertà di espressione è fondamentale per responsabilizzare gli individui. Come Google, stiamo lavorando in modo che agli utenti di Internet siano fornite maggiori informazioni, maggiori possibilità di scelta e maggiore controllo in quanti più paesi possibile. Sostenere il Premio Netizen di Reporters sans frontières e premiare il collettivo di Change for Equality è una nuova opportunità per promuovere ciò in cui crediamo profondamente.”

Il sito Change for Equality (www.we-change.org) è stato lanciato nel settembre 2006 da un gruppo di circa 20 donne, per lo più blogger e giornaliste, per promuovere una campagna per le modifiche alle leggi che discriminano le donne. Tre anni e mezzo dopo, il sito è diventato una fonte autorevole di informazioni sui diritti delle donne in una società governata da fondamentalisti. I risultati di queste donne attiviste online per i diritti comprendono il sostegno per impugnare nel settembre 2008 un disegno di legge che rende più facile la poligamia e di contribuire a sviluppare la società civile iraniana. Più di 50 attiviste del movimento sono stati convocate, arrestate e incarcerate dal lancio del sito.

Alla consegna del premio, Parvin Ardalan ha detto: “Questo premio non è solo per il nostro singolo sito. Premia gli sforzi di tutti coloro che lottano per la libertà di espressione in Iran. Alcuni di loro sono in carcere. Dedico a loro questo premio”.

Informazioni tratte dal sito Rsf Italia: http://rsfitalia.org/

lunedì 15 marzo 2010

Piange il telefono battuto dal Web

[La Stampa 13/03/2010] I contatti via instant messaging e social network sono ormai parte della quotidianità. Molto del tempo passato online è speso per comunicare
I contatti via Web battono il telefono ROMA
Gli internauti italiani trascorrono ogni giorno oltre tre ore connessi a Internet e dedicano solo due ore ai programmi televisivi. Quando, poi, si tratta di comunicare, il mezzo preferito è ancora il Web: le conversazioni attraverso gli strumenti online si prolungano per un’ora e dieci minuti, a fronte dei 48 minuti dedicati a quelle telefoniche.

Da una ricerca, commissionata da Microsoft a Nextplora e condotta su un campione di oltre mille internauti, emerge che quattro su cinque usano l’instant messaging e i social network, dedicando il 38% del tempo speso online a comunicare con i propri contatti. I dati variano sensibilmente in base alla fascia di età, ma mostrano una maggiore inclinazione delle donne a comunicare via Web.

Instant messaging e social network sembrano ormai parte integrante della quotidianità degli italiani, che li usano praticamente tutti i giorni nel 57% e 61% dei casi rispettivamente. Tra i due strumenti di comunicazione si segnala il successo delle reti sociali, che in un solo anno hanno guadagnato il 12% in termini di fruizione quotidiana, superando così i sistemi di messaggistica istantanea.

Tra i sistemi di instant messaging più usati è in testa Windows Live Messenger, preferito dal 65% degli utenti, a cui seguono Skype, scelto dal 20%, Yahoo! Messenger (5%), Alice Messenger e Google Talk (3%). Il servizio di Microsoft è in testa anche nella classifica di notiorietà, indicato dall’83% del campione. Skype è al 58%, Yahoo! al 34%, Alice al 20 e Google al 19%.

venerdì 12 marzo 2010

Università come social network economica col "peer to peer"

[La Repubblica 12/03/2010]L'esperimento, ambizioso, della University of the People. Il fatto che sia totalmente in rete e la quasi gratuità del servizio ne fanno un'esperienza unica nel panorama educativo mondiale. Ecco come funzionadi PAOLO PONTONIERE

Università come social network economica col "peer to peer"
SAN FRANCISCO - Il luogo dove il social networking incontra l'alta educazione ha un nome: University of the People. Creata da Shai Reshef, un imprenditore israeliano, la nuova istituzione didattica ha obiettivi ambiziosi: mettere l'istruzione universitaria alla portata di tutti i webnauti e - soprattutto - di farlo gratis sfruttando alcuni canali di comunicazione - come ad esempio il peer to peer - esistenti tra gli utenti della rete.

L'idea di sfruttare l'internet per globalizzare e massificare l'istruzione superiore non è nuova, sopratutto in America dove anche gli atenei più ricercati - università come la Johns Hopkins, la City Univesristy of New York e la Northwestern University - offrono corsi sul web per tutte le fascie d'età. A questa pratica non si sottraggono nemmeno le blasonatissime scuole della cosiddetta Ivy League. Università come Harvard, Columbia e Brown offrono una variegatissima scelta di materiali via Internet. Già nel 2001 per esempio il MIT aveva lanciato l'Open Courseware Consortium, un network usato da università di tutto il mondo per mettere corsi in rete. Corsi che vanno da quello in "Gestione delle pecore e degli agnelli", offerto dall'università dello Utah, a "Teoria relativistica dei quanti" offerto invece dalla Stanford University.

Alcuni gratis, altri a un costo competitivo rispetto a quello di un corso condotto regolarmente in aula (ad Harvard la retta annuale supera i 30 mila dollari) sono tutti molto popolari. Sfruttando l'internet, inoltre, università for-profit come la Phoenix University e la Kaplan University che prima giocavano un ruolo solo marginale nel panorama educativo statunitense, adesso sono diventate delle vere e proprie fucine di diplomi d'istruzione universitaria. La University of Phoenix, che tra i suoi laureati conta anche la star della NBA Shaquille O'Neal, ha 200 campus sparsi per gli Stati Uniti e ogni anno solo in aiuti finanziari per i suoi studenti riceve oltre 2 miliardi di dollari dal governo federale.


Il distance learning - imparare a distanza - si sta diffondendo anche in altri continenti. In Europa è per esempio famosissima la Open University britannica che conta oltre 160 mila iscritti. Ma nel caso della University of the People, il ricorso al P2P e la quasi totale gratuità del servizio - in tutto gli studenti spendono un centinaio di dollari tra retta e costo dei corsi - ne fanno un'esperienza unica nel panorama educativo mondiale. "L'idea è quella di prendere il social networking e di applicarlo all'accademia", ha dichiarato Reshef, "Il materiale per i corsi è già disponibile online, ce l'hanno messo tantissime università, adesso poi sappiamo che l'insegnamento in condivisione funziona. Mettendo le due cose assieme siamo stati in grado di costruire un'università che è gratis ed aperta agli studenti di tutto il mondo".

Le classi della University of the People funzionano più o meno come quelle offerte online da altri atenei. Un gruppo di 10, 15 studenti, muniti di un curriculum prestabilito e libri di testo, si incontra regolarmente in una chat room per discutere dei materiali. Quelli che hanno una migliore comprensione del materiale lo spiegano al resto della classe. E gli studenti possono anche scambiarsi il ruolo di "facilitatore". Quando necessario si rivolgono a un insegnante regolare o ad un ricercatore, un esperto o uno studioso del campo. Tutte persone che si mettono volontariamente a disposizione sia per aiutare gli studenti a comprendere il materiale sia per fare l'esame.

Al secondo semestre di vita la nuova università conta 400 studenti provenienti da 81 paesi ed è finanziata prevalentemente da Reshef, che non è alla sua prima avventura nel campo dell'istruzione. L'imprenditore israeliano vorrebbe racimolare sei milioni di dollari così da poter ampliare la sua offerta e affrontare i montanti costi amministrativi. "Altrimenti per essere autosufficienti avremmo bisogno di 15 mila studenti ai costi attuali", dichiara Reshef. Una cifra che secondo gli esperti potrebbe essere raggiunta in un battibaleno se solo la nuova università venisse accreditata. E questo è probabilmente il vero problema. Come si fa ad accreditare una università globale? Negli Stati Uniti esiste una associazione nazionale delle istituzioni educative online, ma raggruppa entità che operano esclusivamente in territorio americano. Sebbene registrata in California, la University of the People opera a livello mondiale.

Internet e i social network visti da Polizia Postale

[Hardware upgrade 11/03/2010]

In molti angoli della rete dedicati alla tecnologia e alla sicurezza informatica si descrive spesso l'ultimo malware, si analizzano vulnerabilità di sistemi operativi o ci si sofferma su prodotti e suite che promettono sempre maggior protezione e sicurezza per i propri dati. L'attenzione si sofferma sui tecnicismi, sulle modalità di diffusione di un malware e su come un particolare attacco è stato condotto. Sia chiaro: tutti argomenti validi, interessanti e degni di pubblicazione, ma probabilmente c'è bisogno anche di altro.

Un recente incontro organizzato da Symantec mi ha fatto capire che troppo spesso si parla di sicurezza informatica in modo incompleto, cercando un approccio il più possibile ineccepibile dal punto di vista dei contenuti e del livello di dettaglio, cercando di soddisfare la curiosità dell'utenza più smaliziata e competente. E si perde il senso della realtà, una realtà anche scomoda da accettare e che descrive un utente medio davvero inconsapevole e sprovveduto.

La presentazione di Norton 360v.4.0 è stata l'occasione per ascoltare l'intervento da parte di un funzionario di Polizia Postale; un'occasione davvero interessante, in quanto è emersa una situazione preoccupante non tanto dal punto di vista numerico e statistico, quanto piuttosto per la tipologia media dei problemi in cui viene coinvolta l'utenza italiana. E' vero, siamo di fronte a una mole enorme di truffe e affini, con differente distribuzione a seconda della regione geografica di appartenenza, ma da certi comportamenti possono derivare anche pesanti conseguenze per l'incauto utente.

Polizia Postale ha mostrato i risultati riportati nell'immagine appena mostrata che in confronto all'anno precedente confermano un trend in crescita. Anche se in merito a questi dati bisogna considerare il sempre crescente numero di utenti connessi a Internet e che con tali strumenti effettuano acquisti, gestiscono beni o condividono informazioni.

Citiamo un esempio -non isolato - di segnalazione pervenuta a Polizia Postale per iniziare questo breve articolo con il sorriso: nel mese di dicembre un utente è entrato in contatto con un venditore online per l'acquisto di un TV da oltre cinquanta pollici. L'utente ha proceduto al pagamento in anticipo del bene e a fronte di fantomatici e improbabili problemi da parte del venditore nell'incassare il pattuito il pagamento è stato fatto per ben tre volte. Il finale della vicenda è tragicomico: venditore sparito nel nulla, televisore mai consegnato e ovviamente tutti e tre i pagamenti regolarmente incassati. Il Vice Questore Aggiunto Fabiola Treffiletti di Polizia Postale ha giurato che non si tratta di una barzelletta ma di un fatto realmente accaduto nelle settimane precedenti allo scorso Natale.

La tipologia di problemi di sicurezza osservati da Polizia Postale è piuttosto ampia e la categoria maggiormente rappresentata pare essere il phishing, ovvero la tecnica attraverso la quale vengono raccolte le credenziali di un utente. Possono essere semplici credenziali per l'accesso a un servizio online o più delicate informazioni relative a conti correnti bancari e servizi simili. La fase di raccolta dati da parte di malintenzionati è seguita poi da una più complicata operazione di utilizzo di tali informazioni, anche al fine di compiere ulteriori illeciti.

E' proprio su questo punto che si deve porre particolare attenzione: una leggerezza, un click di troppo su un link sbagliato può portare a una fregatura ma, ancor peggio, può avere come conseguenza il coinvolgimento in questioni legali che nulla hanno a che vedere con la propria vita e con l'utilizzo domestico del PC.

Una variante del vero e proprio phishing viene denominato pharming e prevede il dirottamento verso URL malevoli pur inserendo nella barra degli indirizzo del browser la stringa corretta: nel pharming un apposito trojan si occupa di reindirizzare localmente il browser dell'utente verso risorse web appositamente create per carpire le credenziali dell'utente. Per proteggersi da questo tipo di pericolo è indispensabile una buona suite di sicurezza aggiornata e configurata in modo corretto.

Polizia Postale ha posto anche l'accento sulle problematiche legate ai più piccoli utenti della rete: l'accesso a contenuti inappropriati, la possibilità di entrare in contatto con malintenzionati e - ancor più preoccupante - la fiducia che i piccoli hanno nei confronti del mezzo e degli interlocutori sono solo alcuni degli aspetti sui quali c'è alta sorveglianza. Per questo delicato aspetto il controllo degli adulti attuato con Parental Control, con azioni di sensibilizzazione e controllo sono fondamentali, a ciò si aggiunga la collocazione del PC in un ambito facilmente sorvegliabile e accessibile non solo al minore.

Social Network: attenzione ai dati condivisi

Questa breve panoramica relativa ai lati oscuri ma comunque vicini a chi accede a internet prosegue con un accenno alle problematiche di sicurezza relative ai social network, realtà in crescita e capaci di catalizzare l'attenzione e i dati di parecchi utenti. Alcuni esempi citati da Polizia Postale confermano come non vi sia nell'utente italiano consapevolezza nel mettere online informazioni: immagini, status o dettagli del profilo rendono pubbliche tutte le informazioni utili all'individuazione di una persona, anche in situazioni nelle quali ciò si rende inopportuno.

Le possibilità di esemplificazione in questo caso sono assai ampie e prevedono rapide indagini online sull'individuo, con accesso a informazioni professionali o personali senza alcuna sorta di filtro. Gli strumenti per compiere queste ricerche sono alla portata di tutti: un browser web e un login valido per accedere al social network.

Per ammissione delle stesse autorità di Polizia i social network e i forum si rivelano importanti database attraverso i quali raccogliere informazioni e dettagli su persone o fatti accaduti anche a fini di indagine. Tutto ciò non è una novità e può anche essere consapevolmente accettato ma bisogna aver chiaro come le proprie informazioni personali diventino di fatto pubbliche, accessibili e condivisibili anche da terzi poiché come troppo spesso accade le impostazioni relative alla privacy dei dati vengono trascurate in virtù di un "senso di sicurezza ingenerato dalla rete", proprio così lo definisce Polizia Postale.

Eliseo Santoro -primo dirigente di Polizia Postale - afferma come la normativa italiana in termini di sicurezza informatica sia da ritenersi all'avanguardia e presa a riferimento anche da altri stati. Viene però sottolineato come poi ogni operazione relativa ad attività su Internet debba essere ricalata nella quotidianità delle operazioni di Polizia, con atti previsti dai codici e con procedure giuridiche ben definite, e i cui tempi sono altrettanto noti.

I problemi sorgono quando nell'indagine vengono coinvolte organizzazioni straniere oppure qualora le risorse hardware siano ospitate in Paesi esteri. In queste situazioni il lavoro da fare per ottimizzare le procedure, armonizzare le legislazioni e rendere i provvedimenti tempestivi e efficaci è ancora parecchio per stessa ammissione degli addetti ai lavori.

Considerazioni finali

Questa breve panoramica sulle più comuni insidie della rete e sulle attività della Polizia Postale italiana deve portare come logica conclusione a un insieme di suggerimenti e consigli ritenuti banali dagli esperti, ma altrettanto importanti considerando le situazioni descritte nelle pagine precedenti. Sul piano tecnico per una sufficiente protezione del proprio sistema è consigliabile installare un antivirus, un personal firewall e software i grado di individuare e rimuovere anche gli spyware. A ciò si deve aggiungere una corretta gestione della posta elettronica con filtri antispam e il tutto non può prescindere da un sistema operativo sempre aggiornato.

A questo elenco aggiungiamo anche un costante aggiornamento delle applicazioni software, con i relativi plug-in. Anche un plug-in non aggiornato o un browser datato, infatti, possono essere una breccia di sicurezza del proprio sistema. Anche in questo caso è la diffusione del singolo software ad aver indotto a creare codice dedicato a una determinata vulnerabilità.

Oltre ai consigli di natura tecnologica - raccomandazioni per altro da noi riportate ormai da anni - la Polizia Postale sintetizza in alcuni comportamenti da evitare e altri invece da prendere quale abitudine. Sembra banale ma ascoltando quanto esposto dal dirigente della Polizia Postale pare avere la sua importanza: non cliccare su link poco affidabili o contenuti in messaggi email di dubbia provenienza.

Anche l'utilizzo di password sicure, composte da cifre alternate a lettere e possibilmente che non utilizzino parole di senso compiuto presenti in vocabolari, è un'ulteriore forma di tutela; inoltre, per quanto riguarda le pagine web, è utile prestare attenzione alle informazioni contenute nel certificato SSL. Per quanto riguarda le compravendite online il primo suggerimento è quello di evitare, o meglio diffidare, delle offerte troppo vantaggiose. E' bene poi fare qualche indagine sul venditore (motori di ricerca e forum sono risorse preziose per queste informazioni), verificando eventuali problemi accaduti in altre compravendite. A questo proposito si sappia che online vi sono vere e proprie bufale orchestrate sempre con i medesimi nomi e le stesse modalità e per un approfondimento Google può essere un valido strumento di ricerca.

Per quanto riguarda il phishing c'è poco da suggerire, oltre a raccomandare un atteggiamento sempre e comunque diffidente. Inoltre, si tenga presente che la propria banca di norma non invia mai informazioni delicate via email e nemmeno Microsoft invia messaggi di posta elettronica per informare un singolo utente in merito a un problema di sicurezza: di solito dietro tali messaggi si nascondono operazioni di phishing e molto spesso nelle email sono presenti anche errori grammaticali o sintattici. Anche questi ultimi elementi devono invitare alla cautela, infatti è poco verosimile che un istituto di credito italiano farcisca la corrispondenza dedicata alla clientela con errori grossolani.

A queste indicazioni molto generali si aggiungano anche le seguenti raccomandazioni, forse più adatte a un'utenza non alle prime armi. Nell'utilizzo dei social network e delle risorse web è importante avere sempre un approccio critico evitando di condividere sempre e ovunque tutti gli elementi: per una maggior riservatezza sarebbe importante diversificare le liste di contatti autorizzando ad esempio solo gli amici alla visualizzazione di certi elementi e offrendo ai contatti lavorativi un livello di dettaglio inferiore.

Anche la condivisione di immagini e album fotografici merita attenzione e la scelta di chi può visualizzare una fotografia propria o di un contesto famigliare è un'operazione che non andrebbe banalizzata. Inoltre si tenga presente che un elemento pubblicato online con scarsa attenzione alla privacy è a disposizione di motori di ricerca e di altri utenti: la rimozione dell'immagine potrebbe essere un'operazione difficoltosa, tanto più che spesso la pubblicazione online di immagini sottointende la cessione di ogni proprietà intellettuale.

In sintesi finale la Polizia Postale ha mostrato un quadro interessante nel quale un numero sempre crescente di utenti usa il web sfruttandone le potenzialità in termini di accesso all'informazione e di fruizione di servizi. In ogni situazione è importante avere un approccio critico, attento e soprattutto consapevole. Il "mezzo" Internet non deve invitare alla fiducia cieca: il semplice login non è una condizione di sicurezza sufficiente e altri atteggiamenti tipici della vita di tutti i giorni potrebbero aiutare anche nella propria attività sul web.

Infatti, come si è diffidenti nei confronti di un'offerta troppo vantaggiosa praticata da un negoziante, altrettanto diffidenti bisognerebbe essere per un venditore online che potrebbe rendersi facilmente irreperibile. Inoltre, molti utenti sono giustamente gelosi del proprio numero telefonico, lo cedono con attenzione e ne chiedono la rimozione dagli elenchi pubblici. Nel caso della email spesso non c'è la medesima attenzione e l'indirizzo di posta elettronica viene utilizzato con leggerezza per la registrazione a servizi online, magari anche senza leggere con attenzione le condizioni d'uso.