[La Repubblica 28/08/2013]
DA SEI SETTIMANE a poche ore. Chiedetelo a Rosete, Birungiste e Samuel,
tre dei piccoli congolesi arrivati soli e senza documenti al Bubukwanga
Transit Centre di Bundibugyo, in Uganda, se non fa differenza poter
riabbracciare prima possibile i propri cari. Evitando giorni di
separazione che si aggiungono ai già terribili shock del fuoco e del
sangue. Laggiù, in quel campo-profughi dimenticato dal mondo come tanti
altri a ogni latitudine, approdano ogni giorno bambini e giovani
separati dalle proprie famiglie a causa dei combattimenti fra truppe
governative della Repubblica Democratica del Congo e ribelli. Non è
ovviamente l'unico caso: in tutti i punti caldi del pianeta sorgono
enormi accampamenti e siti dove rifugiati e profughi provenienti dai più
diversi Paesi, dal Sudan alla Palestina, dal Ruanda al Kenya passando
per l'Etiopia, cercano di sfuggire a guerre e persecuzioni. È
un'autentica diaspora: ricongiungere figli e genitori o parenti è
infatti spesso un'impresa complessa se non titanica. Basti pensare, solo
per rimanere alla più stretta attualità, alla situazione siriana:
secondo l'Onu il numero di piccoli profughi ha toccato, dopo tre anni di
guerra civile, la cifra-monstre di un milione. Adesso una semplice app,
battezzata RapidFTR, promette di cambiare le cose. Almeno un po'.
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