lunedì 26 settembre 2011

Questo mese, su SapereCoop, la rivista che Coop distribuisce agli insegnanti e alle scuole attraverso invii o incontri organizzati nei vari territori

[Corriere della Sera 24/09/2011]

«Facebook è il posto dove menti a chi conosci, Twitter è il posto dove sei sincero con gli sconosciuti». Postato su Twitter a maggio da Giulio Tolli, studente di ingegneria che aveva dieci anni nel 2000, e subito adottato dalla rete e rilanciato nell'etere - retweetted con parola tecnica.

La frase, nella sua compattezza assiomatica offre in effetti una sintesi suggestiva che sembra subito evocativa di verità, quasi come quelle dei baci Perugina d'antan, dell'era pre-Moccia per intenderci, e viene da chiedersi: come mai non ci avevo pensato prima? E rilancia il dibattito sui due social network principali in quanto ne mette a fuoco le diverse anime: perché se Facebook non è proprio il regno della menzogna, di sicuro è il luogo della rappresentazione un po' narcisista di sé dove tutto è permesso, anche qualche esagerazione, il mettersi qualche piuma, imbellire la realtà, aggiungere qualche piccola bugia o mezza verità senza paura di andare all'inferno, anche se papa Ratzinger nel suo discorso di gennaio di apertura alla Rete aveva invitato a «non mentire» nelle costruzione dei propri profili. Con la possibilità un po' barocca che offre ad ognuno di costruire le proprie identità Facebook risponde bene alle esigenze di quella che Zygmunt Bauman ha definito società fluida, che prevede la costruzione di continue nuove vite e rappresentazioni di sé seguendo un percorso di vita non più lineare ma flessibile e circolare. Alzi la mano chi su Facebook non si è allargato un po', non ha scelto con cura la foto più bella anche se non la più veritiera, non ha insomma costruito un po' l'Avatar di sé rappresentandosi al meglio.

Tutt'altro discorso per Twitter, regno della sintesi e dell'essenziale, perché già quell'obbligo a stare nelle 140 battute porta a mettersi un po' sull'attenti, a essere coincisi (fatto che aiuta a non raccontar bugie) e ad andare subito al nocciolo della questione anche quando non si tratta di pensieri, ma di emozioni e di privato. Cosa che hanno subito sfruttato i belli e famosi che hanno individuato in Twitter il medium per una comunicazione diretta su se stessi, che salta tutte quelle mediazioni del sistema giornalistico che - a dir loro - sono diventate una trappola. Basta pensare all'utilizzo accorto che ne ha fatto per prima Demi Moore fotografandosi in situazioni normali e quotidiane, persino abbruttenti (all'inizio fece scalpore l'immagine in cui le mancava un dente davanti), arrivando nel tempo a costruire un canale diretto di fiducia con il suo pubblico.

Giulio Tolli, l'autore della frase da cui siamo partiti, che è studente di ingegneria informatica e che intervalla allo studio i suoi pensieri su Twitter, Facebook, MySpace, precisa che su Facebook ci si mostra come gli altri vogliono che siamo. «Ma alla fine la platea degli amici di Facebook resta adolescenziale e meno stimolante. E quel che scrivi spesso casca nel vuoto, mentre su Twitter proprio perché parli a gente che non conosci, spesso a stranieri, sei più libero, più originale e ti confronti di più» dice con cognizione di causa perché avendo a volte postato la stessa frase sui due network, ha notato come su Twitter abbia avuto più risonanza.

Più chiusa e provinciale, dunque, seguendo il ragionamento, la platea di FB, più internazionale l'altra. Di sicuro, sostiene Stefano Menichini, direttore del quotidiano Europa , che usa da tempo i due network mischiando l'uso professionale a quello personale «non puoi mai farne un uso freddo, perché non funziona». Ma lei arriva a mentire? «Quello no, ma molti amici mi dicono che bravo papà sei perché parlo spesso di mio figlio, ho pubblicato molte foto con lui, anch'io mi metto qualche piuma» scherza, ma riconosce una certa prevalenza di Twitter per l'uso professionale: «È un continuo flusso di notizie e informazioni, un arricchimento e hai continui feedback. Per un giornalista si potrebbe dire quasi una continua riunione di redazione, in contatto con il mondo. L'importante è che poi consideri quello che ti arriva da lì come spunti e non punti di arrivo».

Simona Siri, giornalista e blogger, nonché social network addict, riconosce l'ambivalenza di fronte a Facebook, da una parte l'esibizionismo, dall'altra l'esigenza di confondere un po' le acque per non «dare le coordinate esatte di vita» e così confessa di mettere in atto strategie diversificatorie, piccoli depistaggi per non far capire in che luogo sia: ha anche fondato una pagina Fb, titolo «Fingere di prenotare e cancellare biglietti aerei». Mentre l'attrice Chiara Francini spesso indulge alle esigenze consolatorie della platea degli amici e, pur di non deluderli, annuncia scaramanticamente una giornataccia mentre tutto va benissimo.

Va oltre ed incrocia il tema della Grande memoria della Rete che non sa dimenticare, Fabrizio Rondolino, scrittore e autore tv. Dice che quando gli ricapitano davanti alcuni «stati» scritti da lui nel passato ha come un senso di straniamento, di alcuni è pentito amaramente, questo per esempio, scritto due anni fa quando Dario Franceschini successe a Veltroni: «Finalmente il Pd ha un segretario non post-comunista» («e la smentita è stata amara, si è rivelato un gruppettaro»).
La tendenza, ora, degli utilizzatori compulsivi di Fb e Twitter, è quella di unificare, con un solo clic, pubblicare su entrambi i network. E chissà allora che nel tempo anche la divisione fra menzogna e verità non si assottigli ancora. Nella rete, si sa, tutto va più veloce.

Maria Luisa Agnese

Nessun commento:

Posta un commento