[18/11/2013 La Repubblica]
D al tweet al racconto il passo è breve. Almeno per Evan Williams,
uno dei quattro cofondatori di Twitter. Il quale, dopo aver fatto una
fortuna con il social network della sintesi, ha deciso di andare oltre i
140 caratteri. E insieme al sodale Biz Stone, che lo ha accompagnato
anche nell’avventura di Twitter ora abbandonata da entrambi, ha fondato
Medium: una piattaforma a metà tra il blog e il social network, che
invita gli utenti a produrre e a leggere contenuti più estesi. «Storie
che contano - sottolinea Williams decisamente più lunghe di un tweet.
Con Medium stiamo provando a creare il luogo ideale per la condivisone
di storie e di idee. Contenuti di sostanza, che non possono essere
racchiusi in 140 caratteri, e che non sono stati pubblicati solo a uso e
consumo degli amici”, come invece accade spesso sui social network».
L’idea alla base di Medium, fondato circa un anno fa, è proprio quella
di rendere più semplice ed efficace la condivisione di contenuti di
maggiore ‘spessore’. E di permettere loro di diventare virali, proprio
come accade per le vignette e i memesu Twitter e Facebook. «Su Medium
trovano spazio molti argomenti diversi», sottolinea Williams, che della
start-up è anche Ceo e l’ha presentata in grande stile con un’ampia
intervista al mensile Wired, edizione americana. «Possono esserci post
di natura professionale o personale, di fiction o di non fiction. Su
Medium ci sono prospettive, idee e persino reportage giornalistici».
Per questo il servizio, invece di raccogliere i post per autore,
preferisce un raggruppamento sulla base dei temi trattati. E se da un
lato offre un’esperienza utente semplificata, con un’interfaccia
minimale che permette l’autopubblicazione in pochi semplici passi ,
dall’altro mette in campo un’importante limitazione: un algoritmo che
valuta la qualità dei contenuti editoriali e l’interesse suscitato
negli utenti. Una sorta di filtro che mette in luce i post ritenuti di
maggior qualità, a scapito di quelli individuati come di bassa fattura,
e che costituisce il vero valore aggiunto del nuovo servizio. A questo
si aggiunge una squadra di 40 editor e accordi con vari produttori di
contenuti professionali, fra cui Epic, azienda americana che si occupa
di trovare storie interessanti da trasformare in libri o film:
industrial writer, come li chiama Williams, contrapponendoli a blogger e
giornalisti della rete. La rivoluzione cui punta Medium, infatti, parte
dalla presa di coscienza che la comunicazione su Internet, oggi, premi
più la velocità e la praticità che la profondità. «Molti servizi hanno
avuto successo nell’aprire a tutti la possibilità di produrre contenuti e
condividerli - aggiunge il Ceo - ma ci sono stati meno progressi
nell’innalzamento della qualità dei contenuti prodotti ». Invertire la
tendenza non è semplice, ma secondo Williams è più che mai necessario:
«Le necessità economiche portano i siti di news ad attirare
l’attenzione degli utenti senza preoccuparsi della qualità editoriale».
Basta, dunque, con le notizie a base di sesso, sangue e soldi: «Stiamo
costruendo un sistema dove i buoni contenuti possono brillare e ad
avere attenzione. E c’è un pubblico per idee e storie che fanno leva su
qualcosa di più dei desideri di base degli esseri umani». Con Medium,
ha precisato ulteriormente il fondatore, «non stiamo tentando solo di
creare la piattaforma giusta per la condivisione. Ci sono già altri
servizi che danno questa possibilità. Ognuno può crearsi il proprio
blog, anche se pensiamo che la creazione di un blog non sia un’attività
per tutti. Il buco che cerchiamo di riempire è principalmente sul lato
della creazione». E dal punto di vista della creazione di contenuti, la
precedente esperienza professionale di Williams è sicuramente d’aiuto.
Nel curriculum del quarantenne americano, infatti, spicca, oltre a
Twitter, anche la fondazione di Blogger, il servizio per la
pubblicazione semplificata di blog, acquistato nel 2003 da Google.
Un’evoluzione che sembra tracciare un disegno preciso: Twitter ha aperto
la rete a chiunque avesse 140 caratteri da comunicare, Blogger a chi
volesse avere una presenza sul web più strutturata. Adesso Medium – il
cui nome sembra indicativo – si pone a metà tra i due modelli, fondendo
sistema editoriale e social network. Presentando funzioni, come il
commento dei singoli paragrafi e l’indicazione del tempo necessario per
la lettura, di cui non dispongono nemmeno le più avanzate piattaforme
di blog. Una forma di comunicazione che Williams ha contribuito a
lanciare qualcuno ritiene che lo stesso termine blog sia stato reso
popolare proprio da lui – ma che ai suoi occhi adesso sembrano segnare
il passo. «I blog spesso creano una cultura superficiale», dice il Ceo
sempre a Wired. «Parte della ragione per cui molti blog di tecnologia
sono di cattiva qualità è che le persone che ne scrivono i contenuti
non capiscono davvero la materia di cui si occupano. Le notizie, la
maggior parte delle volte, sono irrilevanti. E le persone preferirebbero
spendere il loro tempo consumando meno notizie e più idee». Tutto il
web, nella visione di Williams, è infestato di contenuti di bassa
qualità. Ce ne sono sui blog, ce ne sono su tutta la rete. E ce ne sono,
a volte, anche su Medium: il servizio, quest’estate, è stato
criticato per aver dato spazio a post offensivi, contrariamente
all’obiettivo dichiarato. «Anche su Medium abbiamo contenuti di scarsa
qualità», ammette Williams. «Ma stiamo lavorando per filtrarli e
lasciare spazio a quei grandi contenuti che sono presenti sulla
piattaforma e che senza Medium non vedrebbero la luce del sole». Alcune
cifre sui due maggiori social network, Facebook e Twitter. Ora si
aggiunge Medium per contenuti di qualità.
Valerio Maccari
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