[Roma Sette 28/10/2013]
Il nuovo presidente Maurizio Mensi ricorda le innovazioni tecnologiche
intervenute in questi anni nelle modalità di fruizione della tv: «Al
Comitato si affianchio famiglia e scuola» di Vincenzo Corrado (Agenzia Sir)
Quindici membri in rappresentanza di emittenti
radiotelevisive, associazioni di utenti e Istituzioni. È composto così
il Comitato Media e Minori, che si è insediato il 23 ottobre a Roma,
dopo quasi due anni di assenza. Ricostituito con decreto del 17 luglio
scorso su iniziativa del viceministro dello Sviluppo Economico con
delega alle comunicazioni, Antonio Catricalà, il Comitato ha il compito
di assicurare, attraverso un’attività di monitoraggio e di controllo,
l’applicazione del Codice di autoregolamentazione «Tv e Minori», nato
nel 2002 come atto di autodisciplina delle emittenti radiotelevisive e
successivamente diventato oggetto di un obbligo di legge per tutte le
emittenti attive in Italia. Ma compito del Comitato è anche promuovere
iniziative di educazione e sensibilizzazione all’uso corretto dei media,
rivolte a scuole, famiglie e al pubblico in generale. E non solo... Ne
parliamo con il nuovo presidente Maurizio Mensi, già avvocato dello
Stato, funzionario della Commissione europea e direttore del Servizio
giuridico dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ora
professore di diritto pubblico dell’economia e di diritto
dell’informazione e della comunicazione all’Università Luiss Guido Carli
di Roma.
Quali sono le principali questioni sul tappeto oggi per il Comitato?
«Il
primo compito sarà quello di esaminare le segnalazioni pendenti e, al
contempo, promuovere l’adeguamento e la revisione delle regole del
Codice al mutato quadro di riferimento tecnologico. Il Comitato deve,
infatti, diventare sempre più uno strumento al servizio del cittadino e
delle Istituzioni, in stretto raccordo con l’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni e i Comitati regionali delle comunicazioni, che sia
tale da assicurare una risposta tempestiva a tutte le segnalazioni,
attraverso un meccanismo d’interazione con il cittadino che sia
trasparente, rapido ed efficace».
Il Comitato è nato per un
settore radiotelevisivo analogico, dopo undici anni è chiamato ad
aggiornarsi, adeguandosi al mutato quadro tecnologico. In che modo
intervenire con strumenti efficaci e adeguati alle nuove tecnologie?
«Da
quando il Codice è stato sottoscritto sono trascorsi undici anni di
profonde innovazioni tecnologiche che consentono ora ai giovani di
costruire il proprio palinsesto in maniera del tutto autonoma e
indipendente dalla programmazione proposta dalle grandi reti generaliste
e tematiche. Otto milioni di ragazzi e bambini, circa il 13% della
popolazione, sono “nativi digitali” per i quali è soprattutto Internet
lo strumento di maggior utilizzo. Tuttavia, come emerge dai risultati di
una recente ricerca dell’organismo di regolamentazione inglese
(“Children and Parents: Media Use and Attitudes”), anche se la fruizione
di contenuti avviene attraverso nuovi dispositivi e non più attraverso
lo schermo tradizionale, la programmazione televisiva riveste un ruolo
fondamentale per i bambini di età compresa tra i 5 e i 15 anni. Ecco
perché, per non trovarsi a combattere una battaglia “di retroguardia”,
il Comitato dovrà sollecitare fin da ora l’aggiornamento delle regole
del Codice del 2002, per renderlo applicabile alle piattaforme dei
‘nuovi media’ e più in generale alla multimedialità, affinando tecniche e
modalità d’intervento in linea con i migliori esempi internazionali e
alla luce dei contenuti del Libro Verde comunitario sulla convergenza
d’imminente adozione».
I pronunciamenti del Comitato sono
quasi sempre visti come qualcosa di negativo, “in difesa di...”. È
possibile ribaltare il quadro e guardare al positivo che c’è?
«Sono
convinto che un impegno serio e realmente proficuo, non possa fondarsi
soltanto sull’impianto repressivo, ma su un’azione di promozione e
sensibilizzazione di una cultura che promuove e tutela l’infanzia. Non
è, infatti, sufficiente che la programmazione sia sicura, ma è
importante che sia anche di qualità. Occorre svolgere un’azione di
sostegno a programmi che propongano esempi positivi, stimolando i
giovani all’approfondimento, incentivando la cultura del ‘bello’ e del
‘buono’, e che siano portatori di valori positivi: la solidarietà, il
dialogo, il rispetto degli altri, l’educazione a una cittadinanza
responsabile. Soltanto in tal modo si potrà fornire un utile ausilio
alla famiglia, a cui è affidata la principale responsabilità educativa».
L’azione
del Comitato s’intreccia, per certi versi, con la “preoccupazione” cui
la Chiesa italiana sta dedicando questo decennio: l’educazione. Negli
Orientamenti pastorali viene chiesto, peraltro, di stringere
«un’alleanza fra i diversi soggetti». È uno sforzo condiviso?
«Senza
dubbio. Uno degli elementi qualificanti e distintivi dell’azione del
Comitato dovrà essere la promozione d’iniziative di educazione e
sensibilizzazione all’uso corretto dei media, straordinario ‘ambiente di
vita’ abitato soprattutto da giovani, da avviare e realizzare insieme
alla scuola e con il contributo di tutti gli attori del sistema. È
questa la sfida con la quale si misurerà il Comitato».
In sintesi, quali sono gli elementi-cardine per il lavoro futuro del Comitato?
«Il
Comitato orienterà la sua azione secondo tre principali elementi:
responsabilità, innovazione, educazione. Sono le famiglie, insieme alla
scuola, ad avere la fondamentale responsabilità di guidare e orientare i
propri figli al rispetto dei valori e delle regole, per un’educazione e
una formazione costruita su solide fondamenta. In tal senso, il
Comitato si concentrerà in particolare su azioni mirate, rivolte ai
minori, ai genitori e al pubblico in generale per l’uso corretto dei
media, da avviare e realizzare sul territorio insieme alle istituzioni
scolastiche»
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