A confronto studiosi delle tecnologie telematiche e dei media digitali. I prossimi passi: addio vecchia tv, scacco al diritto d’autore
PROSPETTIVE
«L’informazione è ricchezza.
Su Internet la qualità si paga»
A confronto studiosi delle tecnologie telematiche e dei media digitali. I prossimi passi: addio vecchia tv, scacco al diritto d’autore
Dalla ristretta rete Arpanet, creata nel 1969 per fini militari, alla sterminata galassia interattiva del Web 2.0, la Rete ha fatto molta strada. E certo un passo decisivo risale al 6 agosto 1991, vent’anni fa, quando il primo sito Web venne messo online da Tim Berners-Lee. «Al di là delle date simboliche—osserva Gino Roncaglia, docente dell’Università della Tuscia—la nascita del Web segna una svolta, perché rende possibile una comunicazione allargata da molti a molti. Prima c’erano canali verticali, come la stampa e la televisione, in cui pochi trasmettono l’informazione e molti la ricevono. Oppure canali orizzontali, tipo la posta e il telefono, in cui lo scambio è reciproco, ma tra pochi soggetti. Con il Web si passa a un processo reticolare, cui molte persone possono partecipare in veste di emittenti come di destinatari. E l’effetto si moltiplica circa dieci anni dopo, tra il 2001 e il 2002, quando nuovi programmi di gestione dei contenuti rendono ben più facile costruire un sito e prendere la parola». Illustrazioni di Chiara Dattola
Insiste su questo anche Angelo Raffaele Meo, ex presidente dell’Accademia delle Scienze di Torino: «La svolta del 1991 viene consacrata nel 2006, quando "Time", dovendo designare la persona dell’anno, mette in copertina un computer con uno schermo riflettente, in cui il lettore può specchiarsi, con la parola "You" (tu), per sottolineare che ciascuno, attraverso il Web, oggi è diventato artefice di comunicazione verso il mondo intero».
Secondo Vittorio Marchis, professore del Politecnico di Torino, la vera rivoluzione è stata però segnata dai motori di ricerca: «Quei dispositivi hanno permesso agli utenti di esplorare il Web inserendo semplici parole. Così il singolo navigatore può trovare il bandolo di ciò che gli interessa. Ma gli indici generati da Google sono spesso frutto di meccanismi condizionati dai flussi commerciali, perché la navigazione online viene monitorata, alla faccia della privacy e a vantaggio dei poteri economici».
Un altro punto critico di Internet è l’inattendibilità delle notizie. Ma secondo Roncaglia l’allarme è esagerato: «Ogni tecnologia può essere utilizzata male. Le stupidaggini girano fuori e dentro il Web, ma in Rete è più facile sbugiardarle. Wikipedia è un esempio di costruzione collaborativa aperta che permette di selezionare e filtrare le informazioni con meccanismi di controllo allargato che funzionano abbastanza bene. Nel complesso il bilancio è positivo: non a caso la Rete è il principale canale di circolazione dell’informazione scientifica».
Meo vede avanzare mutamenti radicali: «Con la diffusione dei video via Web, grazie alle fibre ottiche, la televisione tradizionale andrà a morire. Poi crescerà l’Internet delle cose. Tutti gli oggetti di cui ci serviamo saranno collegati online e potremo azionarli a distanza. Inoltre il Web sta cancellando il diritto d’autore, perché il contenuto di qualsiasi libro o filmato diventa rapidamente disponibile. La lotta alla pirateria è vana, perché si tratta di una pratica generalizzata, che la gente non avverte come illecita. Penso che il diritto d’autore, invenzione piuttosto recente, non sia un diritto naturale e comunque valga molto meno dei benefici universali che la società dell’informazione può produrre. Anche i brevetti sono ormai solo uno strumento in mano ai grandi poteri economici a danno delle piccole imprese ».
Anche Marchis ritiene cruciale il tema del copyright, ma è dubbioso sulla caduta delle barriere: «Oggi l’informazione è la principale fonte di ricchezza, più importante dell’energia, e si cerca di farla pagare anche in Rete, superando il principio del libero accesso. La pirateria dilaga per i contenuti di valore mediocre, ma si attivano sempre nuove restrizioni per i dati e le conoscenze di qualità. Capisco le esigenze economiche dell’editoria, ma temo la trasformazione del Web in un campo di battaglia, dove rischia di prevalere la legge del più forte».
Antonio Carioti
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