martedì 7 gennaio 2014

Sei riflessioni sui social media per il 2014

[Vanityfair.it 02/01/2013]
Quindi, il Capodanno è andato, la parola più odiata dell’anno l’abbiamo eletta  - lovvo, per chi se la fosse persa – e io, che sono in montagna praticamente sempre senza connessione, ho scoperto con sollievo di non soffrire di sindrome FOMO ma di riuscire perfettamente a sopravvivere con qualche ora online al giorno anziché 24. In una delle due ore di connessione giornaliere, condivido alcuni spunti di riflessione – non previsioni, ché a tanto non mi azzardo – sull’evoluzione dei social media e soprattutto del nostro rapporto con loro per l’anno che arriva. Se invece amate chi prova a guardare il futuro e le previsioni le fa davvero, leggetevi quelle di Isaac Asimov per il 2014, scritte nel 1964. Buoni propositi non ne faccio, ma fate conto che siano i soliti: la dieta, lo sport, le sigarette, eccetera. Ah sì: la scritta della foto sopra era di cioccolato, l’ho mangiata, per buon auspicio. E buon anno.
1 Condividere meno, condividere con pochi Ce lo ha detto Nathan Jurgenson, ce lo conferma la direzione presa dai maggiori social media, sempre più impegnati a tutelare la privacy e a offrire possibilità per inviare messaggi privati a cancellare e modificare i contenuti. E’ finita l’era dell’apertura a tutti i costi e dei contenuti pubblicati per sempre, inizia quella della condivisione mirata, quasi ad personam, ed effimera. C’è chi dice che a soffrirne sarà soprattutto Facebook, già abbandonato in massa dagli adolescenti; vedremo.
2 Crederci davvero Il 75% delle Pmi europee è su internet e il 30% sui social, ma l’Italia è sotto la media Ue con il 67% ad avere un sito internet e il 25% (contro il 30%) ad utilizzare Facebook, Twitter o Youtube. (Dati Eurostat per il 2013, relativi alle imprese che hanno almeno 10 dipendenti.) In tutti gli ambiti, il cambiamento deve iniziare dall’alto. Se i grandi capi per primi non adottano i nuovi strumenti di comunicazione nel loro lavoro quotidiano, perché dovrebbero farlo tutti gli altri? Per una volta, non è un problema italiano: quasi il 70% dei 500 amministratori delegati più potenti al mondo, selezionati da Fortune, non hanno alcuna presenza sui social media. Del 30% che sceglie di esserci, quasi tutti (28%) lo fanno solo attraverso LinkedIn.
3 Esserci davvero Il 2014 sarà l’anno in cui le aziende dovranno fare una scelta: o fuori, o dentro. E visto che fuori dal web non si può stare, poiché coincide e coinciderà sempre più con il flusso delle altre attività, dovranno imparare a starci bene. Quindi, a non usare i social network come vetrine, brochure promozionali, canali unidirezionali, ma imparare finalmente a conversare e a rispondere. La strada da fare è molta: secondo uno studio Nielsen già nel 2012 più della metà dei consumatori si aspettava un servizio di customer care efficiente per risolvere problemi e controversie online. Oracle ha scoperto che l’81% degli utenti su Twitter attendono una risposta alle loro lamentele nello stesso giorno. A fronte di queste aspettative, una ricerca di Blogmeter ci dice che in Italia il numero delle aziende che segue i clienti sui social network è esiguo: il 2,4% di queste fornisce assistenza via Facebook e solo il 2% via Twitter. Secondo un altro studio di Sprout Social, nel 2013 le aziende hanno ricevuto in media il 175% in più di messaggi sui social rispetto al 2012. Il tasso di risposta ai messaggi, però,  è al di sotto del 20%, quindi 4 richieste su 5 restano a vagare nell’etere.
4 Tv, guardarla e non fidarsi. Poi commentare sui social
Secondo la VII Indagine di Demos-Coop “Gli Italiani e l’Informazione” per informarsi otto italiani su dieci scelgono ancora la televisione, anche se non si fidano più. Forse anche per questo cresce il numero di chi chi cerca notizie in Rete, percepita come libera e indipendente. La percentuale di chi usa Internet per informarsi è passata dal 31,7% del 2005 al 47,9% di oggi; la radio tiene ancora (39,5%), la carta stampata è cresciuta soltanto dello 0,1 per cento rispetto al 2012 (ferma al 25,4%). Va detto anche che la tv beneficia e beneficerà probabilmente sempre di più del fenomeno Social Tv.
5 Social, sempre più mobile A livello mondiale, il 60% circa di coloro che frequentano i social media lo fanno perlopiù in mobilità, su smartphone e tablet. Questo per dire che mentre da noi ci si balocca ancora con il dubbio amletico del Digital First, oltreoceano stanno già pensando – e da un po’ – al Mobile First.
6 Lavoro: se c’è, si trova online Tutti gli indicatori lo confermano: se volete trovare o cambiare lavoro, mettete mano ai vostri profili online e curate l’immagine che un selezionatore un po’ sgamato può ricomporre seguendo le tracce che lasciate sul web. Imparate a usare bene i social media come strumenti di comunicazione, non solo per pazzeggio, perché chi vi potrebbe assumere inizia a dare le competenze social per scontate. Ah, e non mentite: troppo facile scoprirvi. Altri suggerimenti qui.
Barbara Sgarzi

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