[Panorama 02/01/2014]
La prima ammissione è arrivata dall’azienda stessa. A ottobre del
2013 il team di Facebook aveva affermato come gli utenti più giovani
fossero ai margini dell’ecosistema della piattaforma, con un utilizzo,
su base giornaliera, minore che in passato. Un fuggi fuggi confermato a dicembre da Statista
. Il “sentiment” pare essere quello di una saturazione globale di
Facebook, non solo in termini di persone iscritte quanto di contenuti.
Ecco qualche motivo che potrebbe bastare per convincervi a guardare
oltre il social network di Mark Zuckerberg.
A nessuno interessa leggere quello che fai
Un
calo di interesse che non riguarda i post in sé ma la forma in cui
vengono pubblicati. La lettura non basta più a soddisfare l’umana
curiosità e la voglia di pettegolezzo. Il 2013 ha dato uno scossone alla
condivisione di foto e video che possano raccontare, più di un paio di
righe di testo, cosa facciamo, con chi e perché. Non a caso il 2014 sarà l’anno di Instagram e Vine: ve lo avevamo detto .
Quanto conta (ri)tornare alla privacy?
La
realizzazione del paradosso più grande: andiamo su Facebook per
condividere ma ci preoccupiamo di quello che abbiamo condiviso. Il
pericolo maggiore è che sulla nostra bacheca compaiano link, foto e
contenuti dove siamo taggati ma dove non vorremmo mai essere, vuoi per
principio, vuoi per pudore (tranne che non siate tra i fan dei gattini).
Facebook, nel 2013, ha costretto le persone a controllare ogni singola
impostazione di privacy, portando molti a cancellarsi dal network o a
bloccare persone per non lasciare che invadessero la propria bacheca. Una serie di problematiche a cui Twitter non va incontro, pur rimanendo una rete globale.
Tu pubblichi, loro ti controllano
Alzate
la mano se non vi è capitato, almeno una volta, di vedere attivata la
funzione di localizzazione su Facebook mentre state inviando un post.
Una “casualità” che avviene spesso su Android dove, grazie all’ A-GPS,
l’app riesce a capire dove siamo, individuando la posizione
dall’intreccio delle celle telefoniche. Un paio di post geo-localizzati
possono raccontare a chi non vogliamo (parenti, amici, datori di lavoro)
dove ci troviamo e magari cosa stiamo facendo. Per questo non serve Facebook, basta Foursquare.
Tu NON pubblichi, loro ti controllano
Qualche giorno fa è saltata fuori la notizia che Facebook sia in grado di leggere anche quello che si è scritto ma poi cancellato
. A rivelarlo è ancora una volta il team di sviluppo che, durante il
mese di dicembre, ha pubblicato uno studio che spiega l’avvio di un
nuovo strumento di raccolta dati, in grado di leggere le frasi digitate
dagli utenti e poi rimosse, senza che siano state mai pubblicate. La
missione è quella di “capire perché gli utenti si auto-censurano” in
determinate circostanze e situazioni. Eppure esiste un social network dove potete dire tutto, senza paura di far male a nessuno: www.worldtruth.org .
Sei messo continuamente in discussione
“Avrà senso scrivere questo?”, “Chissà se in quella foto sono venuto bene?”, “Cosa penserà mia madre di questo post?”.
Queste sono alcune delle frasi che ci circolano in testa prima di
premere invio e pubblicare qualcosa. Facebook, più degli altri social
network, ci mette in discussione, praticamente sempre. Non possiamo
nemmeno fare i furbi e cancellare un contenuto pubblicato in piena
notte, da ubriachi, eccitati o stanchi. In poco meno di un minuto quel
contenuto, se di rilevanza (nel bene e nel male), viene ripreso,
catturato e ricondiviso. Un recente studio del Dipartimento di Scienze Comportamentali della Utah Valley
University ha evidenziato come gli utenti che passano più tempo su
Facebook non sono di certo le persone più felici al mondo. Di 400
studenti intervistati “coloro che hanno utilizzato di più il social
network erano concordi con l’affermare che le vite degli altri fossero
migliori, considerando meno bella la propria”. Un’iniezione di autostima può arrivare da CircleMe , il social network “delle passioni”.
Antonino Caffo
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