[14/10/2012 Città Nuova Online]
I bambini sono oggi nativi digitali. Sembrano conoscere il mondo virtuale del web e cosa farci quasi di default.
Ma questo spazio non sempre è un luogo adatto a loro, alle loro giovani
menti, alla loro età, alla loro inesperienza del mondo, quello reale.
Spesso i genitori temono quello che possono fare in Rete tutto il
giorno. Ma da una parte non riescono, o non vogliono, staccarli dagli
schermi e dall’altra, troppo spesso, non sanno come difenderli durante
la navigazione.
Sensibilizzare figli e genitori a un uso consapevole di questi strumenti
si può. È l’ambizioso obiettivo che si pone il progetto "Safe Social Media". Abbiamo incontrato la dott.ssa Francesca Ranni, coordinatrice del progetto per l’associazione "Davide.it Onlus", capofila del progetto, che ci ha spiegato meglio in cosa consiste.
In cosa consiste "Safe Social Media"?
«Safe Social Media è un progetto finanziato dal programma dell'Unione europea Daphne III
e mira a prevenire e combattere la violenza presente nei social media,
strumenti oggi sempre più utilizzati da bambini e ragazzi. Iniziato a
gennaio 2011, è promosso da tre organizzazioni: l'associazione
"Davide.it", che da anni si occupa di tutela dei minori online, con sede
a Torino, "Intermedia consulting", con sede a Roma e l'organizzazione
spagnola "Cece". Finora ha visto coinvolti 6 mila adolescenti di oltre
cinquanta scuole medie e superiori italiane, con i loro genitori e
insegnanti. Un percorso analogo è stato fatto in Spagna».
Parliamo dei pericoli online: quali sono quelli più prossimi ai bambini e come evitarli?
«Le nuove tecnologie sono una grande risorsa, ma comportano anche dei
rischi, perché è più semplice entrare in contatto con contenuti
violenti, nocivi, per i quali i ragazzi non possiedono ancora i giusti
strumenti d'interpretazione. Il discorso vale sia per Internet che per i
videogiochi. Sui social network occorre scegliere con cura le persone
con cui entrare in relazione e pensare bene prima di postare foto o
commenti: tutto ciò che si mette su Internet rimane per sempre!
Attenzione anche alle azioni di cyberbullismo: i ragazzi non devono
contribuire alla loro diffusione, ma “spezzare la catena” e parlare con
gli adulti di cui si fidano».
Come ridurre i contenuti violenti non adatti ai più piccoli?
«Installare un buon filtro per la navigazione, che protegga da
contenuti nocivi e non adatti è un buon punto di partenza, ma è poi
fondamentale agire dal punto di vista educativo. Nell'indagine condotta
per "Safe Social Media" emerge che appena il 35 pe cento dei ragazzi
parla in famiglia di cosa succede online: un dato allarmante. I genitori
devono essere vicini ai propri figli anche in questo aspetto così
importante della loro vita, che occupa gran parte della giornata. Devono
parlare con loro, capire cosa fanno su Internet, quali siti
frequentano, come usano i social network e poi dare alcune semplici
regole, come fanno già nella vita reale. Per il mondo virtuale spesso
valgono gli stessi princìpi: non dare confidenza agli sconosciuti,
trattare con rispetto i propri amici, essere responsabili nel prendere
decisioni sono alcuni di questi».
Discrepanze generazionali. Come aiutare genitori e insegnanti a trasformarsi in protagonisti digitali?
«Siamo convinti che coinvolgere genitori e insegnanti, cioè le figure di
riferimento più importanti nell'educazione e nella crescita dei
ragazzi, sia fondamentale. Per questo "Safe Social Media" tenta un
approccio educativo congiunto, con incontri formativi destinati agli
adulti e materiale di approfondimento che è possibile reperire anche sul
sito web del progetto».
Il vostro è un progetto ambizioso. Quali sviluppi futuri prevede?
«Questa edizione del progetto durerà fino a gennaio 2013 e vedrà la
pubblicazione dei risultati dello studio che stiamo conducendo sugli
stili di vita digitali degli adolescenti italiani e spagnoli. Per il
futuro ci auguriamo, in presenza di adeguate risorse, di poter
coinvolgere sempre più ragazzi e offrire a sempre più famiglie
l'opportunità di una formazione su temi così importanti ma ancora
trascurati dai curricula scolastici tradizionali».
Eloisa De Felice
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