mercoledì 21 aprile 2010

Ecco il Post: un po' giornale, un po' blog, un po'..

[Rainews24 20/04/2010]

"Non dite a mia mamma che lavoro sul web, crede che io sia un giornalista". Chissà se Luca Sofri ha ripensato alla battuta di Elisabeth Lévy e Philippe Cohen: aprire oggi un portale di news on line in Italia resta, nonostante le promesse del web 2.0, una scomessa audace soprattutto per chi non ha alle spalle un gruppo editoriale. Ma eccolo qua, il Post: pulito, elegante nella testata e nell'impaginazione, ricco di contenuti e link. Sì, ma che cos'è, questo Post?

Oltre il giornale
"Il problema è che non ha un nome, una cosa così - ammette Sofri nell'editoriale che presenta il Post - Giornale online, si dice ancora, ma è un nome che allude a un tipo di contenitore di notizie che è stato molto ribaltato in questi anni ed è un nome che nasconde le vere dimensioni di questo cambiamento. Ci sono dei giornali online, sì: sono fatti come dei giornali di carta, a volte bene e a volte no, e sono online. Quello che vuole essere il Post, invece, è un’altra cosa. I suoi modelli sono americani, ma anche lì non sanno ancora come chiamarli".

Gli antenati del Post
Uno primo rapido sguardo al Post conferma l'ispirazione al modello dell'altro Post famoso sul web: non il Washington Post, ma l'Huffington Post. L'idea centrale è che nel mare magno dell'informazione on line conti molto la selezione delle news e una prima, rapida chiave interpretativa. La frequentazione di blog e social forum orienta poi la scelta di temi (issue, direbbe Arianna Huffington) magari ignorati dal grande flusso informativo dei media tradizionali ma discussi e cliccati sul web.

A caccia di storie
"Il Post è una cosa così - prosegue Luca Sofri - Per metà aggregatore (altro termine equivoco), per metà editore di blog. Ha una redazione che pubblica notizie, storie, informazioni raccogliendole in rete e nei media, e linkando e segnalando le fonti. E ha una famiglia di blog affidati ad autori di diverse qualità e competenze ma con cui il Post condivide un’ambizione di innovare la qualità delle cose italiane, nel suo piccolo (e loro l’hanno riconosciuta e ci hanno creduto). Per chi lo ha seguito finora (nove anni), il Post è Wittgenstein, ma di più. Più storie, più link, più idee, più blog".

Fare opinione
Insomma, sul Post non troverete l'inchiesta, lo scoop (ma quante volte l'avete trovato sul giornale che comprate in edicola?). Forse neppure l'intervista esclusiva. Il modello non è Pro Publica, il sito web che ha 'espugnato' il premio Pulitzer con un reportage sulle conseguenze dell'uragano Katrina. Ma non è neppure un semplice aggregatore di news modello Googlenews: l'ambizione, facendo ricorso ad un'immagine da 'vecchi media' è quella di diventare un 'secondo quotidiano', quello che comprate non per leggere le stesse news appena sentite alla radio o in tv ma per trovare una storia, un tema, un'opinione che nessuno vi aveva segnalato. Il tutto, gratis, sul web.

Chi mette la faccia, chi raccoglie i soldi
Intercettare tendenze e proporre argomenti: lo fanno, sul Post, anche alcune 'firme' come Paolo Virzì, Flavia Perina, Giovanni de Mauro, Giuseppe Civati, Filippo Facci o Andrea Romano. Poi ci sono cinque giovani redattori che hanno superato altre candidature giunte al Post via email, e poi c'è la raccolta pubblicitaria di Banzai, che mette la piattaforma e le conoscenze per pubblicare on line.

Il futuro è in serie B
Ma perché proprio la rete, il regno del giornalismo di serie B, dell'approssimazione, del gossip, delle mancate verifiche delle fonti, dei tweet che accostano la pastasciutta scolata troppo tardi all'incidente ferroviario con morti e feriti? Perché, e qui sta il merito di Luca Sofri, la rete è anche ricca di autenticità, entusiasmo, ottimismo, idee nuove e vecchie, dialogo e scontro. Ecco perché il Post, dice Sofri, convinto che il panorama dell'informazione italiana, scosso negli ultimi mesi da drastici tagli al budget, dal ridimensionamento delle redazioni, dall'impoverimento dei contenuti, dalla ricerca sempre più affannosa e omologante degli inserzionisti pubbliicitari in fuga possa trarre beneficio da iniziative come questa. Vorremmo, dice Sofri, "introdurre di più internet nel sistema dell’informazione italiana, migliorare la qualità e l’affidabilità delle news e del giornalismo, rivedere le gerarchie delle notizie a cui siamo abituati, raccontare cose interessanti e che cambiano il mondo (bel claim già preso da Wired)".

Buona strada
Da vecchi lettori di Wittgenstein e affezionati ascoltatori di Condor, l'augurio al Post non può essere che uno: che ne compaia on line, presto, un altro. E poi un altro ancora. Sarebbe questo il primo segnale che il pareggio di bilancio da raggiungere entro tre anni non è una chimera.

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