lunedì 24 ottobre 2011

Tutte le generazioni dei videogiochi

[La Stampa 24/10/2011] Una schermata nera, un’astronave stilizzata e un obiettivo vecchio come il mondo: colpire e affondare l’avversario. È il 1961, e in un laboratorio del Massachusetts Institute of Technology nasce, quasi per caso, il papà di tutti i videogiochi. Si chiama «Spacewar!» è spartano e rozzo. Per qualche mese non esce dalla aule del professor Steve Russell: mancano il pubblico e i supporti su cui farlo girare.

E poi: perché un docente in carriera dovrebbe sprecare tempo dietro una freccia che rimbalza da una parte all’altra del monitor?

Eppure, per chi si occupa di scrivere la storia dei videogame, bisogna partire da lì, da quella manciata di bit che si rincorrono su computer ancora giganteschi, per capire ciò che verrà: una cavalcata di mezzo secolo tra tecnologie e tuffi nel passato, idee folgoranti e flop leggendari. A 50 anni dalla creazione di «Spacewar!», arriva in libreria «1001 videogiochi da non perdere» (Atlante edizioni), enciclopedia con velleità da testo sacro compilata da Tony Mott, direttore-guru della rivista specializzata «Edge» e curata, nella versione italiana, da Andrea Dresseno, responsabile dell’archivio videoludico della Cineteca di Bologna.

Si parte con il primo, vero, successo nella storia dei videogame: «Pong», anno di nascita 1972, precursore di tutti i rompicapo della generazione Atari. Poi tocca ai classici: «Space Invaders», «Asteroids» e «Pac-Man» che con la loro grafica elementare hanno fatto la fortuna di Amiga, Sinclair e Commodore.

«I giochi di fine Anni 70 hanno segnato l’immaginario - dice Dresseno e creato un mondo riconoscibilissimo e indimenticabile, ma l’evoluzione più significativa è arrivata a metà Anni 80 con Super Mario». Tuta, berretto rosso e baffi, l’idraulico a 8 bit ci mette un lampo a trasformarsi in icona: con 200 milioni di copie vendute è ancora il giochino di maggior successo. Secondo Tony Mott spetta a «Super Mario 3» il titolo di miglior videogame della storia. Il peggiore? Il gioco di «E.T.», uscito nell’82 per sfruttare l’onda lunga del film di Spielberg.

Il simbolo della Nintendo è rinato un’infinità di volte, fino all’ultima incarnazione in 3D. «Super Mario», per i produttori, è la svolta: per la prima volta il mondo algido dei pc incontra quello colorato delle fiabe. Seguiranno altri titoli mitici: da «The Legend of Zelda» fino a «Final Fantasy».

La sbornia a base di elfi e pozioni magiche dura poco e negli Anni 90 dentro lo schermo piomba la realtà: «Halo», «Gran Turismo» e «Resident Evil» monopolizzano il mercato. «All’inizio - spiega Dresseno - lo schema era semplice. Un protagonista buono, un’invasione da evitare, un nemico nascosto. Una concezione molto occidentale del mondo».

È il periodo in cui le sale giochi fanno il pieno - oggi non esistono quasi più - il prezzo delle console scende, i genitori devono rinunciare al Tg della sera perché la tv è ostaggio dei baby-giocatori, gli stessi che continuano spendere, spinti da una nostalgia inarrestabile: il boom dei videogiochi non conosce crisi. Secondo l’Esa - l’associazione che riunisce i più grandi produttori americani- nel 2010 l’industria ha creato un giro di affari di oltre 25 miliardi di euro: il doppio di quanto incassato al botteghino dai film di Hollywood. All’inizio del Duemila irrompono le console dei giganti, Microsoft, Nintendo e Sony.

Il resto è storia recente: giochi in rete e piccoli culti tipo «Angry Birds», applicazione dei record che viaggia sugli smartphone. Inventato nel 2009 da tre studenti americani, «Angry Birds» è stato scaricato 100 milioni di volte: l’impero del «padre spirituale» vale 50 milioni di dollari, in primavera uscirà la versione cinematografica. Eppure - nonostante iPhone, Android e 3D - l’ossessione per la pallina che corre da una parte all’altra dello schermo resiste.

Per preservare le cartucce dei primi, rudimentali giochi, l’università del Maryland ha investito due milioni di dollari in una task force che ha l’obiettivo di creare l’archivio che salverà dall’oblio i vecchi passatempi di studenti e professori. Una missione fondamentale, dice il capo del progetto Matt Kirschenbaum, perché «la storia del nostro pianeta è impacchettata in mondi digitali e in fondo Super Mario ha la stessa dignità dei fratelli Karamàzov».

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