[La Stampa 06/06/2011] La dipendenza da Internet è una malattia nuova, destinata a crescere in parallelo allo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate. Un mondo con il quale misurarsi, cogliendone le opportunità e cercando anche di prevenirne i rischi. Ma è vero che il Web può danneggiare il cervello dei nostri figli? E quando bisogna staccare la spina del pc? A rispondere a queste e altre domande che sempre più spesso tanti genitori rivolgono ad esperti e psichiatri, è Federico Tonioni, nel libro «Quando Internet diventa una droga. Ciò che i genitori devono sapere» (Einaudi, pp. 214, euro 14,50).
L’autore, dirigente medico presso il Day Hospital di Psichiatria e tossicodipendenze del Policlinico Gemelli, in questo volume spiega le patologie che, soprattutto nel mondo degli adolescenti, sono legate alla diffusione di Internet. Queste pagine sono anche uno strumento per aiutare i genitori che, appartenendo a generazioni "pre-digitali", spesso non sono abituati a navigare in rete, e si scoprono impreparati alla comprensione dei disturbi che il mondo del Web può arrecare ai loro figli.
Sotto i riflettori finisce anche dimensione online del gioco d’azzardo e dei siti per adulti, patologie compulsive che coinvolgono persone di ogni età. «Ho avuto modo di ascoltare e condividere storie sofferte -spiega Tonioni- rivelazioni sconcertanti, idee deliranti. Ho imparato che chi manifesta una dipendenza patologica non vuole soffrire per forza ma vuole soffrire di meno. E che la droga per il tossicodipendente, come la cioccolata per la bulimica o il video poker per il giocatore d’azzardo, non sono desideri ma bisogni, che a volte travalicano la forza di volontà e la logica del pensiero».
Il volume passa in rassegna tutto il mondo di Internet: si va dai giochi di ruolo online ai social network, dal gioco d’azzardo on line ai siti per adulti. Ma si analizza anche la dipendenza da internet, descrivendo come cogliere i primi segnali di allarme, passando per la storia di ragazzi che si misurano ogni giorno con un mondo che «può sorprenderci da un momento all’altro perchè non ha confini e nessuno lo possiede del tutto». Inevitabile che stare davanti a un pc sottragga tempo alle relazioni vissute in famiglia.
«Ho ascoltato la mamma di una ragazza pronta a rompere il computer di sua figlia pur di tornare la sera a vedere un film tutti insieme -scrive Tonioni- o un papà che ha regalato a suo figlio, appena adolescente, una motocicletta in cambio della promessa, ovviamente non mantenuta, di diminuire il tempo trascorso su Internet». Ma ci sono anche genitori che, celandosi dietro nickname, contattano i figli su Facebook per conoscere e capire chi fossero veramente i loro amici.
Sul versante dei numeri, gli italiani on line sono passati da circa 13 milioni nel 2.000 a oltre 30 milioni nel 2.010, con una crescita di più del 50 per cento in soli dieci anni. Internet ha creato il «paradosso» di darci in tempo reale informazioni da ogni parte del mondo «e allo stesso modo di generare un sentimento di estraneità rispetto alla vita autenticamente vissuta».
Il fenomeno di riprendersi o essere ripresi con il cellulare o la webcam, con il fine di essere visibili agli altri attraverso la rete, è molto sviluppato e di moda. Anzi, «sembra essere un modo nuovo -rimarca Tonioni- per affermare e a volte ricercare la propria identità e il proprio diritto di esserci nel mondo. In altri termini: se sto su Internet esistò. Manifestazioni simile a quella delle scritte sui muri che si trovano in ogni città, segnali di presenza o di possibile malessere, che comunque sia, dovrebbero essere recepiti dagli adulti».
In molti casi, il dipendente da internet non usa il computer come uno strumento capace di ottimizzare le attività della vita, del lavoro o della scuola ma «come la soluzione a problemi spesso seri, che vengono aggirati ma non risolti». Navigando per ore e ore ci si allontana il più possibile dalla terra ferma, quasi senza accorgersene, come impigliati in una rete, attratti da «qualcosa di eccitante che di solito -spiega l’esperto- occupa la mente anche quando non si è connessi».
Il consiglio è non spezzare il filo del dialogo: «Non si può pensare di arginare i fenomeni di crescita dei figli, si può solo sperare di indirizzarli. Imporre un limite ha un senso solo se contemporaneamente si propone un’altra soluzione; per fare questo è necessario capire quali sono le esigenze che ci propongono i figli». Preoccupiamoci e interveniamo senza giudicare: «I figli non necessitano di essere spiati per essere capiti».
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