[VareseNews 28/12/2010] Tutti usiamo Facebook per condividere le nostre foto e i nostri pensieri con gli amici. Il celebre social network è diventato ormai una banca dati di profili dettagliatissimi: di ogni persona è possibile conoscere le abitudini, gli interessi, l'orientamento politico o la fede religiosa. C'è qualcuno che considera questa banca dati la cosa più preziosa al mondo: i responsabili delle risorse umane, chi in azienda dovrà decidere se assumervi o no.
Secondo una ricerca americana, nel 2007, già il 4% delle imprese usava i blog e i social network come Facebook per individuare i candidati ideali, specialmente nel settore informatico. I social network consentono infatti di cercare profili professionali anche molto dettagliati senza dover usare il telefono, ma semplicemente usando un motore di ricerca.
Un altro uso sempre più diffuso, però, è quello di sfruttare i social network per sapere qualcosa in più dei candidati, come le loro abitudini al di fuori del lavoro, i loro hobby, i loro interessi. Insomma, Facebook, Twitter e simili vengono usati per capire tutto quello che un curriculum non potrà mai dirci: quanto sia affidabile una persona nella sua vita professionale e non. Una ricerca del 2008 ha fatto emergere quella che è stata definita tecnica delle bandierine rosse: quando un responsabile delle risorse umane ha un elenco di candidati molto nutrito, può usare i social network per verificare che, dal punto di vista personale, un candidato non abbia abitudini che lo facciano apparire poco affidabile, o lontano dalla filosofia dell'azienda. Una foto scattata in un pub quando si è troppo ubriachi, ad esempio, non aiuterà. Un messaggio di stato inneggiante al duce, allo stesso modo, non vi aiuterà a lavorare in un'azienda con orientamenti politici.
Già in passato era abitudine degli esperti di risorse umane cercare il nome dei candidati su Google, ma con i social network è ora possibile avere uno spaccato più profondo della vita di una persona. Per questo è sempre importante, in questi anni, avere un controllo più consapevole della propria "reputazione on-line", decidendo consapevolmente quali foto e quali pensieri sia opportuno rendere pubblici.
Una buona soluzione consiste nell'impostare i propri profili come privati, e non pubblici. In alcuni casi, però, potrebbero non bastare. Come ha rilevato un'indagine del New York Times molte aziende hanno sviluppato trucchi per accedere comunque ai profili. In alcuni casi, ad esempio, chiedono a stagisti interni di diventare amici dei coetanei, per poter vedere i loro profili. La stessa Microsoft ha dichiarato di fare tesoro delle informazioni pubblicate sui social network dagli aspiranti collaboratori.
Non tutto è male, ovviamente: i social network sono un'arma a doppio taglio. Un brutto profilo potrà ostacolarci, ma è anche vero che un bel profilo, in cui traspaiono interessi rilevanti per un determinato impiego, potrà agevolarci. Per questo qualcuno ha visto il business e ha fondato una versione alternativa di Facebook specializzata unicamente nell'ambito del lavoro. Il social network si chiama LinkedIn ed è molto simile al più celebre Facebook. Chiunque può costruire un profilo, facendolo vedere solo ai colleghi. Solo che il profilo contiene sostanzialmente il nostro curriculum vitae e le relazioni a cui abbiamo partecipato, rendendoci più o meno appetibili dal punto di vista lavorativo. Già nel 2007 LinkedIn venivana utilizzato dalle aziende americane in cerca di buoni candidati nel 15% dei casi. Nel 2010 LinkedIn ha raccolto oltre 68 milioni di curricula, Gli italiani iscritti a LinkedIn sono quasi 1 milione.
Simone Gambirasio
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