[mentelocale.it 28/09/2010] I social network, da Facebook a YouTube passando per Twitter, non sono soltanto un nuovo modo di vivere Internet. Rappresentano anche un nuovo mondo con luccicanti meraviglie e insidie non sempre visibili. Ecco perché nascono professionalità specifiche per esplorare questi nuovi spazi sociali globali.
È il caso dei consulenti per i social media. Uno di loro è Federico Guerrini, nato a Milano nel 1972. Una figura eclettica che incarna la commistione di generi tipica del web: Guerrini, oltre a lavorare come consulente, è un giornalista e scrive libri. Probabilmente la persona più adatta per capire meglio il mondo dei social network.
Federico, iniziamo dalla fine: nel tuo ultimo libro Facebook Reloaded, analizzi il panorama italiano di Facebook dagli esordi ai giorni nostri. Cosa fanno gli italiani su Facebook? Cosa cercano?
«Gli italiani su Facebook, secondo le ultime rilevazioni, sono circa 16 milioni. È un fenomeno che riguarda tutte le fascie d'età (anche se le più numerose, in valore assoluto, sono quelle fra 19 e 24 anni e fra 36 e 45) e tutte le estrazioni sociali. I comportamenti quindi sono i più variegati: c'è chi lo usa per divertirsi con Farmville o ad altri giochi online, chi cerca di fare nuove conoscenze per scopi sentimentali e c'è anche una piccola ma agguerrita minoranza che lo usa per scopi professionali in senso lato».
Quali sono i tre consigli principali per un utilizzo consapevole di Facebook? Viceversa, cosa va assolutamente evitato?
«Il primo, direi, è quello di non accettare o inviare acriticamente richieste di amicizia. Spesso capita di aggiungere una persona e poi scordarsi di averlo nel proprio elenco di contatti. Si scrive perciò di tutto e di più sulla propria bacheca, dimenticandosi che c'è qualcuno che ci legge e non sappiamo nemmeno chi sia. Il secondo, è quello di creare delle liste di amici, con diversi livelli di permesso, in modo da rendere visibile i contenuti di volta in volta pubblicati solo ad alcuni e non ad altri. Il terzo è quello di controllare e aggiornare periodicamente le proprie impostazioni sulla privacy, magari escludendo determinate persone dalla visualizzazione delle nostra bacheca, senza che per questo sia necessario rimuoverle dall'elenco degli amici».
Come giornalista, quali sono le storie, i casi, i personaggi più emblematici dei social network che tu hai raccontato?
«Ti confesso che non mi piace il gossip associato ai social network, per cui non me ne occupo molto; ricordo però il caso di un hacker che aveva messo in vendita online un milione di credenziali di accesso a Facebook, rubate ai legittimi possessori, e anche il caso di un ragazzo che prima di suicidarsi aveva lasciato un messaggio in bacheca».
Secondo te Facebook è una moda di passaggio per divertirsi facendo amicizie oppure sta trasformando internet e il modo in cui comunichiamo?
«Beh, ormai direi che parlare di moda è improponibile. Facebook è online dal 2004, in Italia è esploso tardi, ma sono più di due anni che se ne parla in continuazione. Inoltre, il fatto di aver raggiunto ormai il mezzo miliardo e oltre di utenti, gli garantisce una tale massa critica che sarà difficile trovare un sostituto a breve. È chiaro che sta trasformando molto l'approccio a Internet, ha avvicinato alla Rete tante persone che prima la guardavano con sospetto e ha sostituito in parte l'approccio alle ricerche fondato sulle query di Google con un approccio basato sui consigli degli amici. Se sia un bene o un male non lo so. Per ora, direi che i lati positivi superano quelli negativi».
Si parla spesso di trovare lavoro grazie ai social media. Come si fa? Tu ci sei riuscito?
«In parte. Il contatto per il primo libro che ho scritto è nato proprio grazie a un social professionale, Xing. Una persona ha messo un annuncio cercando autori e io ho risposto. Avevo però esperienza di scrittura e di giornalismo, informatico e non, alle spalle. I social network sono uno straordinario strumento per ampliare i propri rapporti sociali e per raggiungere persone altrimenti inavvicinabili, però bisogna partire da una base, da qualche competenza acquisita sul campo».
Uno dei lati oscuri di Facebook è la tutela della privacy dei suoi membri. Hai scritto un libro anche su questo argomento, intitolato Proteggi la Privacy: quali sono i rischi che corrono i nostri dati online e come possiamo realmente difenderli?
«Ti ringrazio della domanda, è un argomento che mi sta particolarmente a cuore. È meglio chiarire che tutto quello che mettiamo online, in un modo o nell'altro, può essere rintracciato. E questo anche dopo molti anni: il concetto di oblio non esiste su Internet, almeno per il momento. Per quanto riguarda i dati sensibili, i consigli di base sono quello di scegliere una password, lunga e piena di numeri, punteggiatura e simboli. Alcune tecniche per crearne di simili e memorizzarle le racconto nel libro e le trovate anche nel mio blog privacy.blogosfere.it. Poi bisogna ricordarsi di cancellare periodicamente i cookie e la cache del browser e di usare sempre un firewall quando ci si connette. Piccole cose, che non servono contro un tentativo di penetrazione mirato, ma che evitano gli attacchi occasionali».
Hai scritto anche un libro dedicato Twitter, un social network che spopola in America ma non ancora da noi: cosa c'è di diverso rispetto a Facebook?
«Proprio mentre rispondo a questa domanda, Twitter sta cambiando pelle, avvicinandosi molto nell'aspetto e nelle funzionalità a Facebook. Quello che dovrebbe continuare a distinguerlo, è la lunghezza massima dei messaggi che si possono inviare: 140 caratteri di testo. Questo dà luogo a una comunicazione sincopata e senza fronzoli, ma anche senza molto spazio per comunicare emozioni. Quello che distingue Twitter è anche il fatto che la comunicazione è asimmetrica: si può seguire una persona anche se questa non ci segue; in Facebook, invece, l'amicizia è sempre reciproca».
Guardiamo alle novità. Le nuove tendenze sono i geo-social network, come Foursquare, ovvero social network basati sulla localizzazione geografica dei loro membri. Dopo tanti anni di rete globale, riscopriamo quant'è bello l'angolo di fronte e il vicino di casa?
«No, non mi pare che lo spirito di Foursquare o Gowalla o Places sia questo. Si propongono piuttosto come strumenti per individuare qualcosa nella folla, che sia un ristorante, un museo, una libreria. Le tracce lasciate dai nostri amici su una mappa, fungono da ideale filo d'Arianna anche per noi. Oppure possono essere usati per incontri estemporanei fra persone che si trovano momentaneamente vicine e hanno scoperto, magari su Facebook, di avere un qualche tipo di affinità fra loro. Per il momento, mi sembrano però uno strumento più utile per le aziende, per schedare ulteriormente i consumatori, che una vera esigenza per gli utenti».
Ultima domanda: secondo te qual è la prossima svolta epocale nei social media?
«Se lo sapessi, sarei ricco... A parte gli scherzi, di svolte in arrivo ce ne sono parecchie. Quella che mi sembra più di impatto, anche se i social media c'entrano fino a un certo punto, è relativa al cosiddetto internet delle cose e alla tecnologia Rfid. Gli oggetti comunicheranno sempre più fra loro e con noi e con la nostra rete di contatti su Internet. Dai cartelloni pubblicitari che ci riconosceranno quando gli passeremo davanti, agli innesti nel nostro corpo per motivi sanitari o di inserimento sociale. Saremo tutti sempre in Rete, anche senza bisogno di telefonini, un po' come i tecnodroidi di Nathan Never: spero un po' più belli e meno bellicosi».
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